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Il discorso politico come nucleo essenziale del Primo Emendamento

Con la sentenza Brandenburg, si ha una definitiva conferma del fatto che il discorso politico costituisca il nucleo essenziale della categoria di espressione protetta dal Primo Emendamento118. Ad esso viene riservato il

118 Un caso che articola l’assunto per cui l’espressione politica costituisce il nucleo essenziale del Primo Emendamento è Mills v. Alabama, 384 U.S. 214 (1966), pp. 218-219: “Whatever differences may exist about interpretations of the First Amendment, there is practically universal agreement that a major purpose of that Amendment was to protect the free discussion of governmental affairs. This, of course, includes discussions of candidates, structures and forms of government, the manner in which government is operated or should be operated, and all such matters relating to political processes”. Mills viene citato in molte decisioni successive, tra cui, e.g., Abood v. Detroit Board of Education, 431 U.S. 209

livello più alto di scrutinio da parte dei giudici. La pluralità dei costituzionalisti elabora gerarchie di valore delle diverse forme espressive che concordano tutte sulla posizione al grado più elevato dell’espressione politica.

Questa centralità del discorso politico deriva, come si è avuto modo di analizzare, da un primo ordine di fattori collegato al contesto storico in cui il Primo Emendamento nasce e si sviluppa. Tuttavia, allargando la prospettiva e adottando il punto di vista dell’interpretazione costituzionale, alla base della “preferred position”119 dell’espressione politica si rinviene l’ulteriore

motivo del prevalente ricorso all’argomento letterale nell’interpretazione del termine speech ai fini della tutela del Primo Emendamento.

6.1 Speech/Action

Letteralmente, speech è sinonimo di word, che significa parola, espressione verbale, e si contrappone ad action, azione, condotta, che di conseguenza dovrebbe restare esclusa dalla protezione costituzionale120.

(1977): “It is no doubt true that a central purpose of the First Amendment ‘was to protect the free discussion of governmental affairs.’” . Si veda anche, e.g., Young v. Am. Mini

Theatres, Inc., 427 U.S. 50 (1976), p. 70, secondo cui esiste una gerarchia dei valori coperti

dal Primo Emendamento, dove l’espressione politica è “paramount” e l’espressione sessuale o pornografica è “of little value”.

Sostiene che il discorso politico sia di primaria importanza, C.R. Sunstein, Democracy

and the Problem of Free Speech, cit. Al contrario, sostiene che sia la protezione della libertà

individuale, non la politica, a formare il nucleo essenziale del Primo Emendamento, C.E. Baker, Human Liberty and Freedom of Speech, 1989. Tra coloro i quali, invece, sostengono che il dissenso sia la chiave per comprendere il Primo Emendamento, vedi S.H. Shiffrin,

The First Amendment, Democracy, and Romance, 1990.

119 Murdock v. Pennsylvania, 319 U.S. 105 (1943), p. 115.

120 Si ricorda che argomenti simili in merito alla chiarezza del dettato costituzionale vengono usati dai c.d absolutists del Primo Emendamento, sostenitori di una interpretazione di tipo letterale e della distinzione speech/action.

Come scriveva Thomas Emerson, “l’idea centrale di un sistema di libertà di espressione è che una distinzione fondamentale debba essere tracciata tra condotta che consiste in ‘espressione’ e condotta che consiste in ‘azione’”121.

L’idea che l’espressione si distingua dall’azione è radicata nella teoria costituzionale tradizionale, anche se non sono mancate formulazioni dottrinali in senso contrario, e fornisce la giustificazione per la tutela dell’espressione entro il Primo Emendamento122.

Un tale approccio nominalista serve indubbiamente, in prima battuta, per una preliminare ed approssimativa operazione di delimitazione dei confini che separino la clausola del free speech da altre disposizioni costituzionali, individuando così il proprium della libertà di espressione123.

Si spiegano così gli sforzi della Corte nel distinguere la parola da tutte le altre forme espressive rappresentate dall’azione, compito particolarmente complesso poiché l’espressione, almeno quella verbale, è essa stessa una forma di azione124, allo stesso modo certe azioni, anche non verbali, possono

essere espressive125. “Espressione e condotta, messaggio e mezzo, sono

121 T.I. Emerson, The System of Freedom of Expression, 1970, p. 17. Per una critica al fare della distinzione speech/action la base su cui fondare teoreticamente la tutela del Primo Emendamento, che si spinge fino al punto di sostenere che il Primo Emendamento “non ha alcun senso” se per avere senso “si deve dichiarare che l’espressione non è una specie di azione, o è una forma particolare di azione a cui mancano gli aspetti di azione che fanno sì che sia oggetto di regolazione”, si veda Stanley Fish, There’s No Such Thing as Free

Speech and It’s a Good Thing Too, in Boston Rev., 1992, p. 23.

122 A. Adler, Inverting the First Amendment, cit.

123 L’interpretazione letterale distingue, con una prima operazione di delimitazione di confini tra le varie fattispecie costituzionali, il Primo Emendamento da altre previsioni costituzionali che usano, ad esempio, le parole “action”, “travel”, “property”, “contract”. Si veda F. Schauer, Categories and the First Amendment: A Play in Three Acts, in 34 Vand. L.

Rev. 265, 1981.

124 “All communication except perhaps that of extrasensory variety involves conduct”, sostiene L.H. Tribe, American Constitutional Law, Mineola-New York, The Foundation Press Inc., 1988, p. 827.

inestricabilmente legati in tutti i comportamenti comunicativi”126. “Ogni

modo di agire espressivo è “100% azione e 100% espressione”127. Allora, la

Corte si basa, sì, su questa distinzione, ma data l’estrema difficoltà di discernere le due componenti, non ne ha mai fornito una giustificazione articolata e coerente, con il risultato che ogni fatto che si presenta davanti ai giudici “può venire appeso quasi casualmente alla molletta ‘speech’ o alla molletta ‘action’ a seconda di come ritengano opportuno”128.

La distinzione ha prodotto una giurisprudenza caotica perché è imperfetta, essendo il confine tra espressione ed azione estremamente labile e poroso. Ciò nonostante, la distinzione speech/action continua ad occupare un ruolo centrale tra i teorici costituzionali del Primo Emendamento129,

anche se da più parti ne viene criticata l’utilità e l’accuratezza130.

kernel of expression in almost every activity a person undertakes – for example, walking down the street or meeting one’s friends at a shopping mall – but such a kernel is not sufficient to bring the activity within the protection of the First Amendment”.

126 L.H. Tribe, American Constitutional Law, cit., p. 827. 127 J.H. Ely, Flag Desecration, cit., pp. 1495-1496. 128 L.H. Tribe, American Constitutional Law, cit., p. 827.

129 Si vedano T.I. Emerson, cit., pp. 9-17, dove sostiene che la distinzione espressione/condotta sia la chiave per capire il Primo Emendamento; M.B. Nimmer, The

meaning of Symbolic Speech Under the First Amendment, in 21 U.C.L.A. L. Rev. 29, 1973,

pp. 30-38, in cui stabilisce la centralità della distinzione “content/conduct”. Anche chi ne riconosce i limiti, continua comunque a sostenerne l’utilità, E.J. Eberle, The Architecture of

First Amendment Free Speech, in 2011 Mich. St. L. Rev. 1191, 2011, pp. 1216-1220. Anche

chi ne riconosce la persistenza, ne mette comunque in evidenza i limiti, L.H. Tribe,

American Constitutional Law, cit., pp. 825-832: “the persistent but oversimplified

distinction between speech and conduct”.

130 Shiffrin, The First Amendment, Democracy adn Romance, cit., pp. 9-45, dove critica la distinzione tra contenuto comunicativo e condotta non comunicativa come “organizing principle” del diritto del Primo Emendamento; J.H. Ely, Flag Desecration, cit., pp. 1490-1496, in cui obietta la distinzione speech/conduct; R. Post, Recuperating First

Amendment Doctrine, in 47 Stan. L. Rev. 1249, 1995, pp. 1250-1260, 1273-1277, in cui

nota “the crude and undeveloped state of anlysis for dividing speech e action”; H. Kalven Jr., The Concept of Public Forum: Cox v. Louisiana, in Sup. Ct. Rev. 1, 1965, pp. 22-23, in cui descrive la debolezza di qualsiasi distinzione tra “speech pure” and “speech plus”, commentando la decisione Cox v. Louisiana, 379 U.S. 559 (1965), pp. 564-566, in cui si

6.2 L’inadeguatezza dell’argomento letterale

Tuttavia, ci si rende conto facilmente che, seguendo una simile interpretazione, si lascerebbe fuori dalla copertura dell’emendamento gran parte delle espressioni ad oggi tutelate. L’accezione letterale è inidonea sia per difetto (underinclusive), ma anche per eccesso (overinclusive) poiché comprende nella tutela certe azioni che l’uomo della strada non percepirebbe come forme espressive.

Allora non basta una semplice riconduzione della situazione concreta entro la fattispecie astratta speech: il procedimento dovrà complicarsi. Dopo aver individuato il caso concreto, si dovrà valutare l’intervento legislativo e gli interessi ad esso sottesi, per poi bilanciare tali interessi statali con quelli del Primo Emendamento. Un’analisi del Primo Emendamento acquista senso compiuto solo se nell’analisi vengono considerati i valori coinvolti. Per colmare l’indeterminatezza della norma costituzionale, si deve lasciare entrare nel procedimento interpretativo la dimensione extra letterale, meta- giuridica, che rimanda ai valori. Sembra a questo punto che il bilanciamento costituisca l’unica reale alternativa per i giudici.

Il limite dell’argomentazione letterale si presenta subito alla prova dei casi. L’inadeguatezza dell’analisi testuale e la conseguente insufficienza della distinzione speech/action, infatti, risulta evidente in relazione a tutte quelle forme espressive denominate symbolic speech o expressive conduct, contenenti sia elementi di espressività che elementi di non espressività, che

la Corte si trova a dover affrontare a partire dal caso Stromberg v.

California131 del 1931.

La categoria del discorso simbolico merita, al fine di fornire alla libertà artistica un quadro normativo di riferimento, un trattamento separato (si rimanda infra, parag. 8); per il momento, basti anticipare come la Corte abbia trovato il modo di affrontare il problema mantenendo un seppur instabile appiglio all’argomento letterale, tramite il ricorso ad una nozione di “words equivalent”, equivalente delle parole, intendendo azioni con contenuto proposizionale, comunicativo, come può essere percepito l’incendio della bandiera nazionale132.

Il riferimento alle parole, però, non sarà più sufficiente, e a dire il vero nemmeno necessario, in quei casi controversi che avranno ad oggetto opere d’arte astratta, il cui valore risiede nel non voler comunicare alcun messaggio razionale133, o addirittura nella disgiunzione cognitiva tra

l’immagine e il significato delle parole che la accompagnano134.

Il diritto costituzionale americano135 non è ancora arrivato ad elaborare

delle spiegazioni che possano giustificare la protezione dell’arte entro il Primo Emendamento per il suo valore in sé136, non rappresentativo, per la

131 Stromberg v. California, 283 U.S. 359 (1931). 132 Texas v. Johnson, 491 U.S. 397 (1989).

133 Si pensi alle opere di Pollock o a gran parte dell’arte contemporanea (cfr. Hurley v.

Irish-American Gay, Lesbian & Bisexual Group of Boston, cit.). Cfr. “Artworks should not

mean but be”, A. MacLeish, Ars Poetica, 1926.

134 Penso all’opera di Magritte, La trahison des images.

135 Secondo Tushnet, il diritto dei marchi, invece, sarebbe riuscito ad elaborare delle spiegazioni in tal senso (si veda M.V. Tushnet, Art and the First Amendment, cit.). Alcuni giuristi ci hanno provato (si veda infra, parag. 13).

136 Il famoso “art for art’s sake”. Cfr. Piarowski v. Illinois Community College, 759 F.2d 625 (7th Cir. 1985), p. 628. All’opera non viene concessa alcuna protezione poiché non

contenente alcun messaggio politico ma era solo un esempio di arte per l’arte. nahmod nota 156

sua natura unica e peculiare, certamente distante dal core dell’espressione politica razionale, comunicativa, discorsiva, a cui si è da sempre voluta assimilare. Vedremo più avanti, allora, se e come la Corte abbia riconosciuto simili casi e ne abbia saputo fornire delle basi giustificative.

7. La tutela dell’arte sulla base della sua somiglianza con il discorso