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bbiamo esaminato i polimorfismi comuni in due geni ampiamente studiati, il primo del sistema RAS, il secondo della sequenza fibrinolitica per valutare se la loro combinazione può avere un ruolo significativo sulla predisposizione alle complicanze nei soggetti con diabete di tipo 1 e di tipo 2.

Ciò nella ipotesi che, mentre il contributo del singolo gene può essere limitato (212), le informazioni più rilevanti sui geni coinvolti nella suscettibilità alla micro- e alla macroangiopatia diabetica possano essere ottenute esplorando la combinazione e l’interazione tra geni (213).

La combinazione degli effetti o l'interazione fra i polimorfismi dell’ID dell’ACE e del 4G5G promotore del PAI-1 è biologicamente plausibile. Infatti, l'espressione del PAI-1 è correlata all'espressione dell'ACE e il PAI-1, attraverso il suo ruolo di inibitore di proteasi, potrebbe fungere da collegamento fra il polimorfismo del gene dell'ACE e le complicanze diabetiche. Il PAI-1 è un inibitore importante degli attivatori del plasminogeno. E’ capace di promuovere l’azione antifibrinolitica e l'accumulo di matrice extracellulare inibendo l'attività della plasmina. L’omozigosi per l'allele D del gene dell'ACE è associata ad elevati livelli sierici (214) e ad alte concentrazioni tissutali (215) di ACE. Inoltre, è stato recentemente dimostrato che l'espressione dell’mRNA dell'ACE che si osserva in presenza dell'allele D è superiore a quella che si osserva in presenza dell'allele I e può influenzare localmente il sistema RAS (216). L'attività dell'ACE è coinvolta nella regolazione dei livelli di angiotensina II. Indipendentemente dal suo contributo alle variazioni emodinamiche che svolgono un ruolo chiave nella induzione del danno renale e vascolare, l'angiotensina II aumenta l’espressione del PAI-1 in numerosi tipi cellulari comprese le cellule endoteliali umane (217), le cellule muscolari lisce vascolari umane (218) e le cellule mesangiali umane (219). E’ stato dimostrato che la “up regulation”

dell'espressione del gene umano è regolata, nella trascrizione, dalla regione prossimale del suo promotore (da pb -87 a pb -45) che contiene diversi potenti siti di legame per fattori di trascrizione (220). Inoltre, il polimorfismo del 4G5G, ubicato 675 bp a monte del sito di inizio della trascrizione del gene del PAI-1, influenza la produzione di PAI-1. La produzione di PAI-1 è elevata negli omozigoti per l'allele 4G e bassa negli omozigoti per l'allele 5G. Effettivamente, entrambi gli alleli 4G e 5G legano un attivatore della trascrizione, mentre l'allele 5G lega anche un repressore della trascrizione. Di conseguenza, in assenza del legame con il repressore, la trascrizione del PAI-1 aumenta (221). Più importante, il polimorfismo 4G5G sembra influenzare l'effetto dell'attivazione del sistema RAS sulla produzione di PAI-1 (222, 223). Così, i dati disponibili suggeriscono un meccanismo biologico plausibile per gli effetti interattivi nella regolazione del PAI-1 fra le variazioni molecolari dell'ACE e i geni del PAI-1 (224).

Inoltre, i dati suggeriscono che i ben noti effetti dell’angiotensina II come fattore di crescita favorente la fibrosi, in gran parte mediati dal recettore AT1, possono essere potenziati dalla sua capacità di indurre il PAI-1 e di regolarne l’attività come una delle principali sequenze proteolitiche coinvolte nella degradazione della matrice (225).

Malgrado la plausibilità dell'ipotesi non siamo stati in grado di mettere in evidenza alcuna interazione significativa del polimorfismo ID dell'ACE con il polimorfismo del promotore 4G5G del PAI-1 nell'influenzare il rischio di complicanze micro- e macrovascolari nel diabete sia di tipo 1 che di tipo 2. Soltanto nei soggetti diabetici di tipo 1, la presenza dell'allele D sembra essere necessaria per definire la relazione fra l’omozigosi 4G del PAI- 1 e le complicanze microvascolari. Infatti, nel diabete di tipo 1 il genotipo 4G4G era più frequente ed il genotipo 5G5G meno rappresentato nei soggetti con aumentata escrezione urinaria di albumina rispetto ai normoalbuminurici. Allo stesso modo, il 4G4G era più frequente nei pazienti con retinopatia proliferante o avanzata piuttosto che nei diabetici di tipo 1 con danni retinici iniziali o con assenza di retinopatia. Di conseguenza,

sia i soggetti con complicanze avanzate sia gli individui con danni microvascolari incipienti avevano più alta frequenza del genotipo omozigote 4G e frequenza più bassa del genotipo 5G5G rispetto al gruppo esente da complicanze. Tutte queste relazioni erano significative o più evidenti nei soggetti portatori dei genotipi DD o ID, ma non negli individui con il genotipo II. Tuttavia, è necessario osservare che il gruppo II è, come prevedibile in una popolazione caucasica, quello meno rappresentato. D'altra parte, è interessante precisare che in un'analisi di regressione logistica multipla il rapporto fra nefropatia e polimorfismo 4G5G del PAI-1 è indipendente dai valori di pressione arteriosa e dall’HbA1c almeno nei maschi con diabete di tipo 1. Allo stesso modo è stato osservato un ruolo indipendente del 4G5G del PAI-1 sia per la retinopatia proliferante sia per la presenza di complicanze microvascolari avanzate.

Con l'eccezione di un'associazione fra polimorfismo 4G5G del PAI-1 e nefropatia conclamata nelle donne, soprattutto nelle donne che avevano sviluppato precocemente la nefropatia conclamata, non abbiamo potuto replicare nei nostri soggetti diabetici di tipo 2 l'osservazione fatta nel diabete di tipo 1, cioè l’osservazione di un ruolo indipendente almeno marginalmente significativo del gene PAI-1 in relazione al rischio di complicanze microvascolari avanzate.

Per quanto riguarda le complicanze cardiovascolari, nel diabete di tipo 1, ma non in quello di tipo 2, la frequenza del genotipo 4G4G era significativamente più alta nei soggetti con patologia cardiovascolare rispetto a quelli senza danni cardiovascolari. Infine, abbiamo osservato che nei nostri diabetici di tipo 2, ma non in quelli di tipo 1, il genotipo II dell'ACE è risultato più frequente nei normotesi così come nei soggetti esenti da patologia cardiovascolare.

La possibilità di eterogeneità clinica è un punto importante negli studi genetici quando la definizione precisa del fenotipo è essenziale. In un tentativo di superare questo problema, tutta l'analisi statistica è stata effettuata separatamente per il diabete di tipo 1 e quello di

tipo 2. I diabetici di tipo 1 sono stati definiti come soggetti con diagnosi antecedente all'età di 31 anni con documentazione di ininterrotto trattamento insulinico dal momento della diagnosi, mentre i diabetici di tipo 2 sono stati definiti come gli individui con diagnosi successiva all'età di 35 anni senza necessità di trattamento con insulina per almeno due anni dopo la diagnosi. Nel diabete di tipo 1 è improbabile che la nefropatia derivi da cause diverse dal diabete. Ciò è in contrasto con il diabete di tipo 2 in cui circa il 30% dei pazienti con albuminuria persistente può avere struttura glomerulare normale o glomerulopatie non diabetiche soprattutto quando la retinopatia diabetica è assente (226). Ciò potrebbe almeno in parte spiegare perchè l'associazione che abbiamo potuto individuare fra varianti di PAI-1 e nefropatia o complicanze microvascolari avanzate nei soggetti con diabete di tipo 2 era più debole rispetto a quella osservata nel diabete di tipo 1. D’altra parte, il risultato dell'analisi di associazione non è cambiato quando i pazienti senza retinopatia (14%) sono stati esclusi dal gruppo dei soggetti con diabete di tipo 2 e albuminuria persistente.

Per migliorare il più possibile la definizione dei fenotipi, i soggetti con complicanze microvascolari incipienti non sono stati raggruppati, almeno in una prima analisi, nella presunzione di una progressione quasi inesorabile, con i soggetti con complicanze avanzate. Ciò ha potuto essere particolarmente rilevante per la microalbuminuria impiegata per la definizione della nefropatia diabetica incipiente. In effetti, neppure nel diabete di tipo 1 la microalbuminuria predice la nefropatia diabetica con l'accuratezza originalmente suggerita (227), mentre anche la regressione spontanea della microalbuminuria è considerata frequente in alcuni (228), ma non in tutti, gli studi più recenti (229).

Infine, un approccio diverso nel classificare o “fenotipizzare” i soggetti è stato impiegato confrontando i soggetti che in relazione alla durata del diabete possono essere considerati ai limiti estremi della predisposizione. Quindi, in una prima analisi l’inclusione

dei soggetti di controllo, ma non dei casi, era limitata in base alla durata del diabete, mentre in una seconda analisi la limitazione per durata è stata applicata sia ai soggetti di controllo (soggetti esenti da complicanze malgrado il diabete di lunga durata) sia ai casi (presenza di complicanze malgrado breve durata del diabete) (230). Anche queste analisi, che hanno ridotto ovviamente il numero di soggetti inclusi negli studi di associazione, non sono riuscite a rivelare associazioni genetiche diverse o più forti e interazioni rilevanti con altri fattori di rischio non altrimenti evidenti.

A nostra conoscenza, questo è il primo report che mira a studiare se i polimorfismi dell’ACE e del PAI-1 hanno effetti sinergici su micro- e macroangiopatia nel diabete di tipo 1, mentre almeno due studi hanno esaminato lo stesso problema nei soggetti con diabete di tipo 2 (231, 232). Kimura e coll. (231) hanno dimostrato che nei soggetti giapponesi con diabete di tipo 2 il genotipo DD dell'ACE e la sua interazione con il genotipo 4G4G del PAI-1 sono fattori di rischio indipendenti per la macroangiopatia, ma non per la nefropatia diabetica, suggerendo che la “genotipizzazione” per PAI-1 e ACE, particolarmente in pazienti con nefropatia diabetica avanzata, possa essere utile nel predire gli eventi collegati con la macroangiopatia (231). Inoltre, in un piccolo gruppo di pazienti cinesi diabetici di tipo 2 il genotipo 4G4G del PAI-1 è stato associato indipendentemente con un rischio aumentato per nefropatia in presenza di un effetto sinergico con l'allele D dell'ACE (232). Diversamente, nel nostro studio non è stata osservata alcuna interazione fra varianti dell’ACE e del PAI-1 nei soggetti caucasici diabetici sia di tipo 1 che di tipo 2. Sebbene anche i dati provenienti da meta-analisi siano controversi (144, 233), sembra che se il polimorfismo ID dell’ACE influenza realmente il rischio per la nefropatia diabetica nei soggetti sia di tipo 1 che di tipo 2 (144), l'associazione fra l'allele D e i danni renali è più forte (144) o presente soltanto nei pazienti asiatici diabetici di tipo 2 (233) mentre è debole (144) se non del tutto assente in quelli caucasici (233). La meta-analisi non mostra associazioni del polimorfismo ID con la retinopatia diabetica. Nell'insieme, queste

osservazioni potrebbero contribuire almeno in parte a spiegare perchè non siamo riusciti a confermare nella nostra popolazione caucasica composta da individui diabetici sia di tipo 1 sia di tipo 2 l'interazione fra i polimorfismi dell'ACE e del PAI-1. Alcuni (234-237), ma non tutti (238-239) gli studi hanno trovato associazioni fra il polimorfismo ID e la patologia macrovascolare; alcuni studi (238, 240, 241) ma non tutti (242), suggeriscono un’associazione dell'allele D con l’ipertensione. Nel nostro studio è stata osservata una debole ma significativa associazione fra il polimorfismo ID e le malattie cardiovascolari (particolarmente evidente nei soggetti con microalbuminuria) e l'ipertensione (più forte nei soggetti con albuminuria aumentata) nei diabetici di tipo 2, ma non in quelli di tipo 1. Raramente (143) è stata descritta un'associazione fra la variante ID dell’ACE e la retinopatia diabetica. Numerosi studi (243, 244) e meta-analisi (144) non hanno trovato alcuna associazione fra polimorfismo ID dell’ACE e retinopatia nei diabetici sia di tipo 1 (243) che di tipo 2 (244). Nondimeno, studi di familiarità puntano al possibile ruolo dei fattori genetici nel conferire la predisposizione alla retinopatia nel diabete sia di tipo 1 (8) che di tipo 2 (245). Nessuna o una minima influenza del gene del PAI-1 sullo sviluppo della retinopatia diabetica è stata trovata in un gruppo eterogeneo di diabetici caucasici di tipo 1 e di tipo 2 studiati da Mansfield e coll. (170) o in un piccolo gruppo pazienti caucasici diabetici di tipo 2 studiati da Broch e coll. (246) così come in 210 soggetti Euro- Brasiliani diabetici di tipo 2 recentemente osservati da Santos e coll. (136). In un più grande gruppo di diabetici tipo 1, studiato da Tarnow e coll. (171) non è stata osservata alcuna differenza nella distribuzione del genotipo del PAI-1 fra i pazienti con retinopatia proliferante, retinopatia diabetica semplice o assente, nel gruppo nefropatico o normoalbuminurico. Tuttavia, negli indiani Pima con diabete di tipo 2 è stata osservata una più alta prevalenza di retinopatia nei soggetti con i genotipi 4G/4G e 4G/5G rispetto a quelli con il genotipo 5G5G (162). Le differenze sono rimaste significative dopo aggiustamento per età, sesso, BMI, durata del diabete ed emoglobina glicata. I nostri

risultati si aggiungono alle informazioni disponibili sul ruolo del gene del PAI-1 nel determinismo della microangiopatia diabetica. Nei nostri pazienti con diabete di tipo 1, il genotipo 4G4G è stato associato con un aumentato rischio di retinopatia, una più alta prevalenza di nefropatia di qualunque grado e una frequenza aumentata di complicanze incipienti o avanzate. Nell'analisi di regressione logistica, almeno nei maschi, l'associazione con la nefropatia era significativa quando era controllata per pressione arteriosa e HbA1c, due dei più importanti fattori di rischio di queste complicanze. Nello stesso tipo di analisi, l'associazione con la retinopatia proliferante era indipendente dalla durata del diabete e dal controllo glicemico, principale causa di danni retinici. Infine, anche l'associazione con la presenza di almeno una complicanza microvascolare in fase avanzata era significativa quando sono state considerate durata del diabete e HbA1c. Per quanto riguarda il diabete di tipo 2 soltanto l'associazione fra 4G4G e nefropatia era statisticamente significativa, essenzialmente soltanto nelle femmine, ma un ruolo chiaro per la variante del PAI-1 indipendente da altri parametri quali durata del diabete, HbA1c e pressione arteriosa non è mai emerso nel rapporto con le complicanze microvascolari quando studiato mediante analisi di regressione multipla.

In sintesi, il polimorfismo ID dell'ACE è associato significativamente sia con la macroangiopatia sia con l’ipertensione nel diabete di tipo 2, ma non in quello di tipo 1. Il polimorfismo ID dell'ACE non sembra essere correlato alle complicanze microvascolari nel diabete sia di tipo 1 che di tipo 2. Questi dati, supportati da uno studio molto ampio recentemente pubblicato (247), non escludono un ruolo per l'allele D nella progressione della nefropatia diabetica (248) e nella modulazione dell’evoluzione del coinvolgimento renale durante l'inibizione dell'enzima di conversione dell'angiotensina (247-249). Il polimorfismo 4G5G (genotipo 4G4G) del PAI-1 è associato significativamente con un rischio aumentato per la nefropatia, per la retinopatia proliferante e per le complicanze

microvascolari avanzate indipendentemente dalla durata del diabete, dalla pressione arteriosa e dal controllo glicemico nel diabete di tipo 1, ma non nel diabete di tipo 2. Né nel diabete di tipo 1, né in quello di tipo 2 abbiamo potuto evidenziare alcuna interazione rilevante fra i polimorfismi ID dell’ACE e 4G5G del PAI-1 in relazione al rischio di complicanze micro- e macrovascolari.

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