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È ovvio che la condizione metabolica più tipica del diabete, cioè il difetto di secrezione e/o d’azione dell’insulina, abbia suscitato interesse anche per la potenziale relazione con la progressione della complicanza renale, soprattutto alla luce di un aumentato grado di insulino-resistenza nei pazienti con diabete di tipo 2 e micro o macroalbuminuria rispetto a quelli normoalbuminurici (78). In questo scenario, un ruolo è stato attribuito al gene del GLUT-1 (figura 7), il trasportatore del glucosio espresso nel rene, importante nella patogenesi del danno renale da iperglicemia perché mediatore della aumentata espressione di TGF-β e, conseguentemente dell’accumulo di matrice mesangiale (79). Il polimorfismo più studiato di questo gene è l’XbaI, inizialmente descritto come associato alla nefropatia diabetica in una coorte di pazienti cinesi con diabete di tipo 2 (80). Questa osservazione non è però stata confermata da altri Autori che hanno studiato pazienti con diabete di tipo 1 di etnia caucasica (81).

Figura 7. Gli effetti lesivi dell’iperglicemia sono caratteristicamente riscontrabili in quei tessuti che, come il

rene, non sono dipendenti dall’insulina per l’ingresso del glucosio nella cellula e, quindi, non sono in grado di ridurre il trasporto di glucosio in funzione dell’incremento dei livelli extracellulari di quest’ultimo. Al contrario, l’espressione del GLUT-1, il principale trasportatore di glucosio a livello glomerulare, è risultata aumentata in glomeruli di ratti e topi diabetici. Inoltre, topi db/db portatori di un transgene antisenso per GLUT-1 sono risultati protetti dallo sviluppo di nefropatia diabetica, mentre l’iperespressione transgenica di GLUT-1, guidata da un promotore modificato della b-actina, in glomeruli di topi db/m non diabetici ha prodotto lo sviluppo di proteinuria ed espansione mesangiale, caratteristici della nefropatia diabetica. Queste osservazioni hanno portato a ipotizzare che l’aumentata espressione di GLUT-1 a livello glomerulare alimenti il metabolismo intracellulare di glucosio e, di conseguenza, amplifichi i fenomeni di glucotossicità che accompagnano l’iperglicemia cronica. L’incremento del metabolismo intracellulare di glucosio per la via glicolitica comporta un aumento della generazione, del trasporto nei mitocondri e dell’ossidazione attraverso il ciclo di Krebs di piruvato, con generazione di NADH e FADH2. Questo comporta un accelerato flusso di elettroni lungo la catena respiratoria mitocondriale, con conseguente aumento del gradiente protonico e della produzione di superossido. Quest’ultimo a sua volta determina danno del DNA, attivazione dell’enzima riparatore poli (ADP- riboso) polimerasi (PARP), che ribosila e quindi inibisce l’enzima gliceraldeide fosfato deidrogenasi (glyceraldeyde phosphate dehydrogenase, GAPDH), favorendo così la diversione dalla via glicolitica verso

altre vie. Queste vie, la cui attivazione è stata dimostrata a livello renale e di altri tessuti bersaglio delle complicanze in modelli animali di diabete, comprendono la via delle esosamine, la sintesi de novo di diacilglicerolo con attivazione della protein kinase C (PKC), la produzione del precursore dei prodotti avanzati della glicazione (advanced glycation endproducts, AGE) metilgliossale, con conseguente accumulo di AGE, e la via dei polioli. A loro volta, l’attivazione della PKC viene favorita dall’attivazione della via dei polioli e delle esosamine e dalla formazione di AGE, mentre lo stress ossidativo risulta da modificazioni dello stato redox associate all’attivazione della via dei polioli e all’attivazione della PKC, via NADPH ossidasi, così come all’autossidazione del glucosio e dei prodotti iniziali di glicazione e all’interazione degli AGE con i propri recettori. La generazione di specie reattive dell’ossigeno (reactive oxygen species, ROS) attraverso queste vie è capace di innescare vie di segnale redox-sensibili che conducono all’attivazione della mitogen-activated protein kinase (MAPK) e quindi di fattori di trascrizione quali activated protein (AP)-1 e nuclear factor kB (NFkB).

Una recente metanalisi ha cercato di fare chiarezza su questi risultati contraddittori, esaminando cinque studi condotti su pazienti caucasici e uno su una popolazione asiatica. La metanalisi, pur documentando la grande eterogeneità di questi studi, conferma l’esistenza di un’associazione tra nefropatia diabetica e GLUT-1 (82). Recentemente è stato descritto un nuovo polimorfismo (A–2841T) nella flanking region 5’ del gene che codifica per GLUT-1, esaminato in 288 diabetici di tipo 1 e 101 controlli (83). È stata identificata una maggiore frequenza del genotipo TT2841 in pazienti nefropatici rispetto a quelli non complicati con lunga durata di malattia. Recentemente, nel contesto del GENEDIAB STUDY, è stata rilevata, in una ampia coorte di soggetti con diabete tipo 1, una associazione tra genotipo Gly 82 Ser del gene del RAGE (Receptor for Advanced Glycation End products) e nefropatia avanzata (84), mentre un altro polimorfismo dello stesso gene è stato associato ad un ridotto rischio di eventi ischemici a livello cardiaco (85).

Tra i geni coinvolti nella regolazione del metabolismo lipidico, interessanti per la loro relazione con la nefropatia diabetica appaiono essere quello che codifica per ApoE, e il

gene della paraoxonasi. ApoE consiste di tre isoforme (E2, E3 ed E4), codificate da tre alleli: e2, e3 ed e4 nell’esone 4 del gene. Ampi studi caso-controllo e studi familiari che hanno utilizzato il TDT descrivono un aumentato rischio di nefropatia in diabetici di tipo 1 portatori dell'allele e2 (86). Uno studio di follow-up, volto a confermare tali risultati, ha effettivamente dimostrato che questo allele è un fattore di rischio prognostico sia di sviluppo sia di progressione di nefropatia nei diabetici di tipo 2 di razza giapponese (87), nonché un marcatore di più rapido declino della funzionalità renale in pazienti di razza caucasica con diabete di tipo 2 e nefropatia conclamata (88). Altro gene che ha recentemente suscitato interesse è quello della paraoxonasi, un enzima che previene l’ossidazione delle low density lipoproteins (LDL) in vitro. Tra i polimorfismi presi in esame, appaiono interessanti il polimorfismo Met54Leu della paraoxonasi (PON)-1 e il Cys311Ser della PON-2. In adolescenti diabetici di tipo 1, il gene Ser/Ser della paraoxonasi-2 risultava significativamente più frequente nei microalbuminurici rispetto ai normo e, tra i normo, più frequente in coloro che avevano l’AER nel range superiore di normalità (89). Fra i tre geni che codificano per la paraoxonasi, per due polimorfismi del PON-2 (PON2-311 e PON2-148) è stata documentata un’associazione significativa (e indipendente dai tradizionali fattori di rischio) con la nefropatia diabetica in una coorte di 229 pazienti con diabete tipo 2 (90).

Recentemente il polimorfismo funzionale Ala54Thr del gene FABP2, codificante per una proteina espressa negli enterociti e responsabile dell’assorbimento degli acidi grassi a lunga catena, è stato genotipizzato in 1.042 pazienti brasiliani con diabete di tipo 2 (91). La prevalenza del genotipo TT era maggiore nei pazienti con danno renale incipiente o conclamato rispetto ai pazienti con funzionalità renale preservata. Questa osservazione è stata poi confermata in un secondo campione indipendente di 483 pazienti caucasici con proteinuria o insufficienza renale cronica. In diabetici tipo 2 di origine cinese è stata documentata una interessante interazione tra geni coinvolti nel metabolismo lipidico nella

modulazione del rischio di nefropatia diabetica. Un polimorfismo della lipasi epatica capace di rallentare la clearence dei remnant ricchi in trigliceridi interagisce con i polimorfismi di ApoE e della apolipoproteina C3 nel modulare il rischio di nefropatia (92). Interazioni analoghe sono state osservate anche tra ApoE, apolipoproteina C3 e polimorfismi della lipoproteinlipasi (93).

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