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DISCUSSIONE DEI RISULTATI

Tutti gli studi e gli articoli sono unanimi nell’affermare che gli infermieri hanno un ruolo determinante e imprescindibile nel controllo del tabacco, e che questa mansione fa parte delle loro priorità. Come emerso dal background, il numero di tabagisti e di persone che ogni anno muoiono a causa degli effetti del fumo sull’organismo è ancora eccessivo, e per questo motivo la lotta contro il fumo deve far parte dei principali compiti di tutti i professionisti della salute. Inoltre, come riportato dal DSM-5 e dall’ICD- 10, la dipendenza da tabacco è riconosciuta come una malattia e pertanto dev’essere diagnosticata e trattata adeguatamente.

Fra le varie figure ospedaliere gli infermieri sono molto rispettati, considerati e rappresentano una fonte fidata in ambito di consulenza, in particolar modo perché hanno una stretta vicinanza col paziente. I risultati confermano che ricevere consigli adeguati da parte di un infermiere può accrescere il tasso di probabilità di cessazione del 50%; tuttavia la mancanza di tempo, di conoscenze, di familiarità, di preparazione e di abilità, sono ostacoli evidenti che impediscono il buon funzionamento degli interventi di disassuefazione.

Numerosi studi hanno dimostrato che offrendo agli infermieri dei programmi formativi di allenamento e di educazione sulle strategie evidence-based, vi è stato un aumento importante d’interventi, contribuendo a ottenere un impatto positivo sul tasso di disassuefazione.

Solamente uno studio non è stato in grado di comprovare che un allenamento specifico ha avuto un impatto significativo sulla cessazione del fumo; è però stato sottolineato

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che questo risultato è derivato verosimilmente dalla mancanza di tempo e dal mancato riconoscimento dei tabagisti.

È emerso molto palesemente che fumare è un ostacolo per gli infermieri fumatori perché associato ad atteggiamenti negativi, a un minor coinvolgimento e disponibilità personali. Essi possono inoltre essere percepiti dai colleghi come meno operosi a causa delle frequenti pause, per questo motivo è indispensabile aumentare e migliorare le strategie di controllo del tabacco fra i collaboratori, tramite l’ausilio di risorse globali che offrano una concreta assistenza agli interessati.

Per aiutare i pazienti a smettere di fumare è di grande importanza la collaborazione con gli altri professionisti della salute.

Secondo molteplici articoli, l’ospedalizzazione rimane un momento unico e prezioso per identificare, coinvolgere e iniziare un trattamento con i pazienti fumatori. Nei settings ospedalieri ci sono restrizioni sull’uso del tabacco e spesso sono presenti servizi specializzati.

La maggior parte degli autori e delle linee guida consigliano l’utilizzo dell’approccio delle 5A: un metodo completo e facile da implementare, che comprende numerosi interventi efficaci per aumentare i tassi di astinenza. Il primo intervento, ritenuto il più importante, consiste nell’accertare lo stato di fumatore e la dipendenza da nicotina durante ogni visita/degenza. Senza debellare la dipendenza, sia fisica che psicologica, è difficile che una persona riesca a interrompere l’uso di tabacco, dunque occorre prevenire e gestire adeguatamente i sintomi dell’astinenza per accrescere le possibilità di disassuefazione. In seguito, bisogna raccomandare al paziente di smettere, indicando i benefici della disassuefazione, sottolineando i rischi legati al fumo e motivandolo con la tecnica del rinforzo positivo. Il modello transteoretico di DiClemente e Prochaska propone diverse fasi per comprendere se il paziente è motivato o meno a smettere, e come intervenire. Concordare un termine, negoziare un piano d’azione adattato alle caratteristiche individuali del paziente e assicurare la presenza di un supporto, sono i prossimi passi. Il Counselling, intervento citato in numerosi articoli, permette al paziente di sviluppare abilità di coping, di imparare tecniche di riduzione dello stress e di trovare un supporto sociale. È emerso come la paura di aumentare di peso possa rappresentare un problema per il paziente; in questo caso gli si possono indicare delle strategie per evitarlo, come ad esempio sostituire il fumo con altre attività.

Sebbene gli infermieri non hanno l’autorizzazione a prescrivere medicamenti possono comunque consigliane l’utilizzo. Nei risultati è stato evidenziato più volte che i sostituti nicotinici rappresentano un ottimo aiuto nella disassuefazione in quanto diminuiscono i sintomi legati all’astinenza, raddoppiando il tasso di successo di riuscire a smettere di fumare. Altri medicamenti utili sono la Vareniclina e il Bupropione. Una combinazione di più metodi/interventi ha dimostrato avere più successo, rispetto all’utilizzo di uno solo, anche se spesso un fumatore necessita comunque di più tentativi prima di riuscire a smettere in modo definitivo. Per garantire dei tassi più alti di disassuefazione a lungo termine bisogna però continuare a prendere a carico il paziente anche dopo la dimissione, tramite dei follow-up, in particolare nelle prime 4 settimane.

Uno studio è stato in grado di dimostrare che i sistemi informatizzati possono facilitare le mansioni degli infermieri (come mancanza di tempo, allenamento e scarsa familiarità con le risorse), influenzandone l’aderenza all’utilizzo delle linee guida per lo screening. La lotta contro il tabacco come strategia di prevenzione è imprescindibile, e questi interventi dovrebbero essere implementati in tutte le strutture sanitarie in maniera sistematica. Questo permetterebbe di diminuire le patologie correlate al fumo, le ospedalizzazioni e i tassi di mortalità, con un risparmio incisivo sui costi socio-sanitari. La sfida rimane quella di riuscire a incorporarli nella quotidianità.

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7.1 Raccomandazioni per la ricerca e per la pratica

Tramite questa revisione ho voluto indagare e comprendere quali fossero gli interventi infermieristici attuabili nei confronti dei pazienti fumatori. Tengo a precisare che, avendo analizzato solo un numero limitato di articoli, gli interventi citati all’interno del mio lavoro di tesi non possono essere ritenuti completi ed esaurienti. Ricercando ed esaminando tutta la letteratura disponibile sull’argomento, sicuramente ne emergerebbero molti altri. Non ho inoltre indicato, volontariamente, quale fosse quello ritenuto migliore poiché non esiste un unico provvedimento adatto a tutti, ma occorre combinarne diversi, personalizzarli ed adattarli il più possibile alle esigenze paziente.

In Ticino, sebbene esistano degli infermieri specializzati nell’ambito della tabaccologia, al momento l’argomento non è affrontato durante la formazione di base. Introdurlo all’interno del Bachelor rappresenterebbe un grande passo avanti a livello formativo. Ritengo fondamentale che gli allievi infermieri siano coinvolti e responsabilizzati sul tema della dipendenza dal fumo: bisognerebbe far capire loro quali sono le sue reali conseguenze, quali implicazioni può avere su un infermiere (scontro con i principi e con i ruoli) e in che modo possono aiutare i pazienti fumatori nel processo di disassuefazione durante la loro pratica professionale.

7.2 Limitazioni

Per determinare la qualità della revisione bibliografica e la pertinenza dei risultati riscontrati, ho deciso di fare riferimento ai criteri di valutazione proposti da Pomponio e Calosso (2005):

1) Quesito: la revisione risponde ad uno specifico quesito clinico?

Il quesito di ricerca che mi sono posta è il seguente: “Quali sono gli interventi che l’infermiere può mettere in atto per sensibilizzare un paziente ospedalizzato o ambulatoriale sul tema del fumo e per aiutarlo a smettere di fumare?”. Esso dovrebbe essere comprensibile ed emergere sia dalla lettura del titolo, che da quella dell’abstract.

2) Selezione degli articoli: gli articoli utilizzati per la redazione della revisione sono stati selezionati secondo criteri appropriati?

Per verificare questo criterio bisogna fare riferimento al capitolo 4. concernente l’applicazione della metodologia, dove vengono spiegati il metodo utilizzato per la valutazione degli articoli, i criteri di inclusione e le strategie di ricerca della letteratura.

3) Ricerca degli articoli: la ricerca degli studi da inserire nella revisione è stata sufficientemente esaustiva da rendere poco probabile l’omissione di studi rilevanti?

Anche in questo caso è opportuno ricorrere al capitolo 4. relativo all’applicazione della metodologia. È basilare che l’autore ricerchi la letteratura nelle principali banche dati evitando di limitarsi unicamente a studi in lingua inglese.

Personalmente ho ricercato la bibliografia nelle principali banche dati fornite dalla SUPSI e nonostante avessi incluso anche articoli in italiano e francese, quelli poi selezionati per la revisione sono stati unicamente in inglese.

4) Valutazione degli articoli: la qualità degli studi inseriti nella revisione è stata opportunamente valutata?

L’autore deve utilizzare ed esplicitare un metodo per valutare la qualità degli studi selezionati per la revisione.

Come strumento di valutazione qualitativa ho utilizzato la “Quality rating scale” di Zangaro e Soeken (2005).

40 5) Riproducibilità del protocollo:

Per ridurre al minimo la probabilità di commettere errori, nelle varie fasi di ricerca è auspicabile che la revisione bibliografica sia effettuata da almeno due ricercatori. In questo caso ho scelto di svolgerla da sola.

6) Omogeneità degli studi reperiti: i risultati degli articoli selezionati per la revisione sono simili tra loro?

Qualora i risultati si rivelassero molto discordanti tra loro, l’autore dovrebbe riconsiderarli. Essi possono tuttavia risultare diversi per numerose ragioni come, ad esempio, per il tipo di campione considerato, o per l’anno di pubblicazione. Per quanto mi concerne, tutti gli articoli che ho selezionato per la revisione hanno riportato dati molto simili.

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