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L’approccio delle 5 A

6. ANALISI DEI RISULTATI

6.3 L’approccio delle 5 A

L’approccio delle 5A è un insieme di interventi che consistono nel: chiedere al paziente se fuma (ASK), raccomandare di smettere (ADVISE), identificare se il paziente è motivato a smettere (ASSESS), aiutarlo a smettere (ASSIST) e pianificare follow-up (ARRANGE) (Scanlon, 2006).

Numerosi articoli e studi, fra cui quelli di Sarna et al. (2016), Sarna et al. (2014), Reid et al. (2010), Porter (2013), Scanlon (2006), Chaney & Sheriff (2012) e Cato, Hyun & Bakken (2014), raccomandano vivamente a tutti gli operatori sanitari l’approccio delle 5A sui pazienti fumatori poiché esso ha dimostrato di aumentare le capacità del paziente di vincere la dipendenza dal tabacco ed è relativamente facile da implementare (Scanlon, 2006).

Negli USA, in Cina e in Repubblica Ceca si stanno promuovendo delle linee guida per il trattamento della dipendenza da nicotina tramite l’approccio delle 5A, sollecitando tutti i professionisti della salute a svolgere brevi interventi di disassuefazione sui fumatori (L. P. Sarna et al., 2014); tuttavia molti non lo conoscono o non ne seguono le linee guida (L. Sarna et al., 2016).

Uno studio svolto in Canada sull’applicazione dell’approccio delle 5A, denominato modello “Ottawa”, ha dimostrato che il tasso di astinenze raggiunte della durata di 6 mesi è stato in assoluto il più alto Reid et al. (2010).

Questo metodo dovrebbe quindi essere incluso nella storia del paziente fumatore e nella sua anamnesi fisica a ogni visita e degenza (Porter, 2013).

6.3.1 Accertare lo stato di fumatore e valutare il grado di dipendenza

Secondo Chaney e Sheriff (2012) è opportuno che gli infermieri accertino lo stato di fumatore del paziente a ogni visita. Lo screening dell’uso del tabacco e della dipendenza sono infatti cruciali per ridurre il tasso di fumatori (Cato et al., 2014).

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Durante un consulto o un ricovero bisogna chiedere al paziente se fuma, quante sigarette al giorno, quale marca, quanti anni aveva quando ha iniziato, quanti tentativi per smettere ha fatto, perché sono falliti, quanti membri della famiglia fumano e se ha delle patologie correlate al fumo (Scanlon, 2006). L’assessment e la revisione dello stato di fumatore dovrebbero essere di routine (Hakesley-Brown, 2007). Quello iniziale dovrebbe essere sensibile e appropriato (Hakesley-Brown, 2007). Per valutare il grado di dipendenza dalla nicotina si consiglia il Test di Fagerström, uno strumento affidabile e valido che fornisce informazioni utili per personalizzare gli interventi di cessazione dal fumo (Chaney & Sheriff, 2012). Numerosi autori di linee guida affermano che accertare il grado di dipendenza possa fornire la consapevolezza della dipendenza (sia fisica che psicologica) e aiutare così a personalizzare la pianificazione degli interventi (Scanlon, 2006). Gli infermieri devono poter disporre dell’anamnesi medica e familiare completa del paziente, annotando eventuali malattie respiratorie, cardiache o tumorali, e sintomi come produzione di espettorato, tosse, respiro corto, infezioni respiratorie ricorrenti e intolleranza all’esercizio (Chaney & Sheriff, 2012). Sia Chaney & Sheriff (2012) che Hakesley-Brown (2007) raccomandano di chiedere ai pazienti che hanno già alle spalle dei fallimenti quanti tentativi hanno fatto, per quanto tempo sono riusciti a smettere, quali problemi hanno interferito nel raggiungimento dell’obiettivo e quali sono le ragioni della ricaduta.

L’anamnesi sociale e alimentare devono essere considerate, includendo le informazioni riguardanti il consumo di alcol, caffè e tè, in quanto i fumatori tendono ad avere un consumo elevato di queste sostanze (Chaney & Sheriff, 2012). È necessario accertare anche lo stato psicologico, perché la depressione nei fumatori è due volte più comune e spesso associata all’insuccesso nel trattamento della disassuefazione (Chaney & Sheriff, 2012). L’esame fisico deve includere un accurato assessment, rivolgendo particolare attenzione ai segni vitali (Chaney & Sheriff, 2012). L’infermiere è chiamato a esaminare il naso, le orecchie, la bocca, i denti, le labbra e la faringe, annotando qualsiasi irritazione (Chaney & Sheriff, 2012). Le caratteristiche fisiche di un fumatore evidenziano: denti gialli, dita macchiate, gengivite, pelle odorante di fumo e produzione di espettorato (Chaney & Sheriff, 2012). È importare valutare anche la presenza di dispnea, di tosse, di sibilo espiratorio (Chaney & Sheriff, 2012). La profondità, il ritmo e la frequenza respiratoria devono essere osservate (Chaney & Sheriff, 2012). Bisogna valutare la presenza di ipertensione arteriosa, di aritmie cardiache e la diminuzione della circolazione periferica (Chaney & Sheriff, 2012). Infine, è importante registrare il peso del paziente (Chaney & Sheriff, 2012). Gli infermieri dovrebbero far eseguire una spirometria, un controllo dei lipidi e del colesterolo, per individuare eventuali altri fattori di rischio per malattie cardiache oltre al fumo (Chaney & Sheriff, 2012). Lo studio di Sarna et al. (2016) ha evidenziato che la maggioranza degli infermieri s’informa sullo stato di fumatore del paziente, ma solo pochi, successivamente, intervengono nella fase di disassuefazione. Sono necessari ulteriori progetti formativi per incoraggiare gli infermieri a promuovere attivamente gli interventi di disassuefazione dal fumo (L. Sarna et al., 2016). Nonostante l’accertamento e la valutazione del grado di dipendenza siano considerati gli interventi più importanti, sono probabilmente quelli svolti con meno frequenza (Scanlon, 2006). La disposizione di una cura sensibile ai pazienti fumatori all’ammissione, garantisce in primo luogo la prevenzione e il trattamento dei sintomi dell’astinenza, migliorando il comfort del paziente, e facilitano la compliance con il trattamento mentre si accresce la probabilità della disassuefazione dal fumo (Reid et al., 2010).

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Lo screening dell’uso del tabacco e il trattamento per la disassuefazione rimangono gli approcci clinici preventivi più efficaci, economicamente vantaggiosi e di successo (Cato et al., 2014).

6.3.2 Raccomandare al paziente di smettere

Anche se il paziente non dimostra alcun interesse a voler rinunciare al fumo bisogna sempre e comunque raccomandargli di smettere (Hakesley-Brown, 2007). Esporre i benefici della disassuefazione, rispettivamente i rischi per la salute legati al consumo di tabacco in maniera ferma e chiara, fornendo della documentazione di supporto esaustiva, può incentivare il paziente a smettere (Hakesley-Brown, 2007).

In termini di motivazione, gli infermieri hanno un ruolo cruciale grazie all’utilizzo di tecniche come il rinforzo positivo (Kazemzadeh et al., 2016). Sebbene non abbiano molto tempo per il Counselling, possono sensibilizzare i pazienti semplicemente suggerendo loro di smettere di fumare (Kazemzadeh et al., 2016).

Qualora la struttura abbia un servizio di tabaccologia, bisogna informare il paziente e dirgli che la struttura ha una politica smoke-free e che fumare è proibito ovunque tranne nelle aree designate (Scanlon, 2006).

6.3.3 Valutare se il paziente è motivato a smettere

La prima componente di questa fase consiste nell’accertare la reale intenzione del paziente a voler smettere di fumare (Scanlon, 2006).

Per aiutarlo nel raggiungimento di questo traguardo è importante capire in quale fase del suo percorso motivazionale si trova (Scanlon, 2006). Scanlon (2006) propone l’impiego del modello transteoretico di DiClemente e Prochaska (1983) che illustra le 5 fasi che il fumatore attraversa nel processo di disassuefazione dal fumo:

1) Pre-contemplazione: la persona non ha nessun interesse a smettere di fumare; non ne vede il bisogno e non intende fare sacrifici.

2) Contemplazione: confrontata a eventi socio-affettivi, magari legati ai pericoli e ai rischi del fumo, la persona inizia a considerare l’idea di smettere, ma necessita di più informazioni e di Counselling; ha ancora delle ragioni per continuare.

3) Determinazione: la persona realizza che smettere di fumare è benefico e crede sia possibile farlo. Inizia a concretizzare un piano d’azione per smettere, e a richiedere assistenza.

4) Azione: la persona smette di fumare, ma esige di costante sostegno e rinforzo positivo.

5) Mantenimento: la persona non fuma e resiste all’impulso di fumare per almeno 6 mesi. Riesce a gestire le tentazioni ma necessita ancora di supporto per non ricadere.

6) Ricaduta: la persona ricominciare a fumare.

Le fasi del modello transteoretico identificano il punto di transizione di un individuo durante un avvenimento che cambia la vita (Scanlon, 2006). Questo modello dimostra che smettere di fumare è un processo e non un singolo evento (Scanlon, 2006).

6.3.4 Fornire consigli, strategie e raccomandare l’uso della terapia farmacologica

L’assistenza consiste in colloqui motivazionali dove l’infermiere discute con il paziente dei suoi sentimenti contrastanti, permettendogli di arrivare ad una decisione (Scanlon, 2006). Incorpora tecniche come pesare i pro e i contro del fumare, o porre domande aperte dove il paziente si sente libero di esprimere le proprie riflessioni (Scanlon, 2006). Può essere utile revisionare i periodi precedenti di astinenza per determinare cosa può

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aiutare o ostacolare il prossimo tentativo, identificando problemi futuri e creando un piano per risolverli (Scanlon, 2006).

Per aiutare concretamente il paziente a smettere, l’infermiere deve concordare un termine, patteggiare un programma che proponga strategie adattate alla persona, e assicurarsi che il paziente abbia il supporto sociale adeguato (famiglia, amicizie, eccetera.) (Hakesley-Brown, 2007). Spesso viene data poca importanza al ruolo delle persone vicine al paziente, in realtà la loro presenza è determinante nel supportare la persona durante il processo di disassuefazione (Kazemzadeh et al., 2016). Hakesley- Brown (2007) ritiene che negoziare un piano d’azione aumenti le possibilità di successo, in quanto il paziente partecipa attivamente al raggiungimento del suo risultato.

Secondo Kazemzadeh (2016), sarebbe conveniente sviluppare un programma personalizzato e adattato alle caratteristiche individuali del paziente (anni di consumo, quantitativo giornaliero, livello educativo e circostanze familiari).

I fumatori hanno 4 volte più probabilità di smettere se ricevono un supporto comportamentale (Chaney & Sheriff, 2012). La terapia comportamentale è altamente efficace nell’aiutare i pazienti a smettere, ma solo moderatamente valida nello stabilire un cambiamento prolungato (Chaney & Sheriff, 2012). Essa prevede conversazioni telefoniche, o Counselling individuale o di gruppo (Chaney & Sheriff, 2012). Il Counselling fornito durante l’ospedalizzazione gioca un ruolo chiave e può rinforzare i fumatori a sviluppare abilità di coping, a imparare tecniche di riduzione dello stress e a trovare un supporto sociale al di fuori del trattamento (Chaney & Sheriff, 2012; Kazemzadeh et al., 2016). Gli infermieri che lavorano nell’ambito acuto sono in una posizione esclusiva e privilegiata per fornire Counselling e offrono un servizio 24 ore su 24, 7 giorni su 7 (Scanlon, 2006). Inoltre, i pazienti all’interno del setting acuto sono spesso fisicamente debilitati, sofferenti, emotivamente vulnerabili, e disposti a valutare la propria situazione ricercando maggiori consigli su come migliorare la salute (Scanlon, 2006).

Secondo Chaney e Sheriff (2012), gli infermieri devono incoraggiare i propri pazienti a dichiarare pubblicamente il loro tentativo di smettere di fumare, inclusa la data, e a rendere le loro abitazioni smoke-free. Siccome l’atto di fumare è associato a una vastità di trigger (fattori scatenanti), gli infermieri devono svolgere una particolare rieducazione sui comportamenti sani, insegnando ai pazienti come rimpiazzare il desiderio di fumare con altre attività ed esercizi (Chaney & Sheriff, 2012). Aiutare il paziente a identificare eventi stressanti prima che avvengano e sviluppare strategie di coping per superare l’urgenza di fumare, è essenziale; sessioni dedicate alla respirazione profonda, alle tecniche di rilassamento e alla riduzione dello stress sono indispensabili (Chaney & Sheriff, 2012 ; Porter, 2013). Anche l’attività fisica può rivelarsi di grande aiuto nella disassuefazione, in quanto riduce i cravings, i sintomi dell’astinenza e l’aumento di peso (Chaney & Sheriff, 2012).

La paura di prendere peso è una barriera che impedisce a molti fumatori di smettere (Chaney & Sheriff, 2012). Sia Porter (2013) che Chaney & Sheriff (2012) sostengono che bisogna informare i fumatori sulla probabilità di aumentare da 2 a 5 kg durante il processo di disassuefazione.

È stato dimostrato che la terapia cognitivo-comportamentale è un approccio efficace per perdere peso e per prevenirne un aumento (Chaney & Sheriff, 2012).

Se nonostante il Counselling, gruppi di supporto o modificazioni comportamentali il paziente non riesce a smettere di fumare, sono disponibili i sostituti nicotinici (Porter, 2013).

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I medicamenti in prima linea per il trattamento della disassuefazione sono i sostituti nicotinici, che contengono nicotina senza sostanze cancerogene, rilasciando 1/3 o 2/3 della concentrazione prodotta da una sigaretta (Chaney & Sheriff, 2012). Intervengono diminuendo i sintomi dell’astinenza associati alla disassuefazione (Scanlon, 2006). Le gomme alla nicotina producono meno aumento di peso, rispetto ad altri sostituti nicotinici, probabilmente a causa della manipolazione orale (Chaney & Sheriff, 2012). Il consumo medio di questi medicamenti è di 12 settimane ma può essere prescritto anche per oltre 9 mesi, se necessario (Chaney & Sheriff, 2012). È stato clinicamente dimostrato che i sostituti nicotinici raddoppiano il tasso di successo e, raccomandati parallelamente al Counselling, aumentano ulteriormente le probabilità di abbandono del tabacco (Rice et al., 2013). I sostituti nicotinici devono essere considerati un buon contributo ma non un rimpiazzo degli interventi infermieristici (Rice et al., 2013).

Altri medicamenti primari sono la Vereniclina e il Bupropione, che riducono i cravings, e i sintomi d’astinenza durante la disassuefazione (Chaney & Sheriff, 2012). I tassi di disassuefazione possono essere migliorati con la combinazione di medicamenti (Chaney & Sheriff, 2012). Una revisione sistematica condotta in Cina ha rivelato che la terapia farmacologica sola, o in combinazione al Counselling, migliora i tassi di disassuefazione (L. Sarna et al., 2016). L’efficacia aumenta quando l’infermiere promuove e incoraggia l’aderenza terapeutica; per raggiungere questo obiettivo bisogna fornire al paziente indicazioni scritte e verbali sull’uso, sul dosaggio e sugli effetti collaterali (Chaney & Sheriff, 2012).

Scanlon (2006) consiglia di evitare il consumo di alcol durante la disassuefazione, poiché c’è un’alta correlazione tra consumo e ricaduta, in particolare nelle prime due settimane, e di ridurre il consumo di caffè che raddoppia i livelli plasmatici di caffeina nel sangue.

Secondo Kazemzadeh et al. (2016) e Chaney & Sheriff (2012), una combinazione di più metodi ha spesso maggiore successo di una singola procedura. Il miglior approccio implica interventi multipli e un continuo supporto da parte del professionista della salute (Chaney & Sheriff, 2012 ; Kazemzadeh et al., 2016). Come indicano i risultati dello studio di Kazemzadeh (2016), le consultazioni sono maggiormente persuasive se accompagnate da materiale come libri, opuscoli o video educativi per revisionare e fornire tecniche di rinforzo.

Secondo lo studio di Targhetta et al. (2011), la consegna sistematica di opuscoli all’ammissione non è rilevante; è meglio avvisare i pazienti che c’è del materiale disponibile e consegnarlo su richiesta.

6.3.5 Proporre e pianificare follow-up

Nelle prime quattro settimane di astinenza dal fumo, è fondamentale pianificare dei follow-up ambulatoriali (Porter, 2013). Durante questi incontri si discute con il paziente dei suoi progressi (o di eventuali problemi) e gli si forniscono consigli; si verificano i miglioramenti della pressione e della saturazione del sangue, del colesterolo e si eseguono test per rilevare la presenza di monossido di carbonio e di cotinina (metabolita della nicotina) nella saliva, nel siero e nelle urine (Kazemzadeh et al., 2016 ; Porter, 2013). Durante i follow-up è opportuno usare con il paziente un linguaggio semplice, comprensibile e incoraggiante, ribadendo gli effetti positivi prodotti dall’interruzione del fumo, congratulandosi con lui per i risultati ottenuti e valutando sempre il rischio di ricaduta (Porter, 2013). I follow-up possono essere svolti anche tramite contatti telefonici regolari, discutendo progressi e impedimenti incontrati dal paziente (Porter, 2013). Sono auspicate almeno 6 telefonate, specialmente nelle prime settimane dopo la dimissione (Kazemzadeh, 2016). L’infermiere deve inoltre aiutare il

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paziente a identificare un supporto sociale facilmente accessibile in caso di bisogno (Porter, 2013).

Secondo Sarna et al. (2016), bisognerebbe potenziare l’impegno per formare gli infermieri sulle strategie evidence-based, in particolare sul bisogno di assistenza e di follow-up per prevenire le ricadute dopo l’ospedalizzazione. L’utilizzo di tecnologie innovative permette la gestione e lo svolgimento di follow-up regolari, per un ampio numero di fumatori già dimessi (Reid et al., 2010).

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