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Il ruolo infermieristico nella disassuefazione dal fumo

6. ANALISI DEI RISULTATI

6.1 Il ruolo infermieristico nella disassuefazione dal fumo

Gli infermieri, il più grande numero di professionisti della salute in tutto il mondo, occupano un’importante posizione nel controllo del tabacco e possono fare la differenza nel ridurre il tasso di fumatori; sono all’avanguardia nella prevenzione e sono posizionati in modo esclusivo per potenziare le strategie di cessazione (Rice, Hartmann-Boyce & Stead, 2013; Smith, 2010).

Secondo Smith (2010), le ragioni sono numerose:

1. Sono almeno 17 milioni gli infermieri in tutto il mondo, e rappresentano il più grande gruppo di professionisti della salute.

2. Gli infermieri hanno contatti regolari e molto stretti con i pazienti: un’opportunità preziosa che permette loro di capire se il paziente è fumatore, di conoscere il rapporto che ha con il fumo e se ha la necessità di avere un supporto (ad esempio Counselling, e/o follow-up) nel caso in cui sia intenzionato a smettere. 3. Gli infermieri sono attivi in prima linea nel Primary health care e sono ben

posizionati a intervenire nelle varie fasi della vita dei pazienti.

4. Gli infermieri sono molto rispettati, apprezzati e considerati per la loro professionalità ed esperienza; rivestono un ruolo sanitario-sociale determinante nell’ambito della salute pubblica e rappresentano una fonte fidata alla quale molti pazienti si rivolgono per ricevere consigli.

5. Numerosi studi hanno dimostrato che gli infermieri possono mettere in atto interventi mirati per la disassuefazione dal fumo.

Anche Sarna et al. (2016), Kazemazadeh et al. (2016) e Chaney & Sheriff (2012), ritengono che gli infermieri hanno una posizione privilegiata nell’aiutare i tabagisti a smettere di fumare e nell’educarli sui rischi legati al fumo. Nello staff ospedaliero essi lavorano in prima linea nel trattamento e possono essere efficaci nel pianificare e implementare interventi di disassuefazione, nel fornire informazioni, consigli e assistenza durante i tentativi di disassuefazione (Chaney & Sheriff, 2012; Kazemzadeh, Manzari & Pouresmail, 2016; L. Sarna et al., 2016). Inoltre, la leadership in questo campo sta crescendo (L. Sarna et al., 2016). Numerosi articoli, tra cui quello di Cato, Hyun & Bakken (2014) e quello di Porter (2013), hanno dimostrato che ricevere consigli adeguati su come smettere di fumare da parte di un infermiere può accrescere il tasso di probabilità di cessazione del 50%. Una revisione di 49 studi randomizzati conferma che i fumatori assistiti anche in minima parte da infermieri sono più propensi a smettere di fumare, rispetto a quelli che non ricevono nessun tipo d’aiuto (L. P. Sarna et al., 2014).

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L’evidenza mette però in luce che gli interventi brevi, forniti da infermieri che combinano la disassuefazione dal fumo con altri compiti infermieristici, è meno efficace degli interventi più lunghi svolti da colleghi specializzati aventi un ruolo nella promozione della salute o nella riabilitazione cardiaca (Rice et al., 2013).

Cato, Hyun & Bakken (2014) e Scanlon (2006), hanno identificato degli ostacoli che impediscono la messa a punto di interventi per la disassuefazione, in particolare per gli infermieri che lavorano nei reparti acuti, fra i quali: mancanza di tempo, di conoscenze, di familiarità, di preparazione e di abilità su come aiutare i pazienti a smettere (Cato, Hyun, & Bakken, 2014).

Numerosi studi indicano che generalmente gli infermieri si sentono competenti a insegnare e a consigliare, ma meno a svolgere determinati interventi (Cato et al., 2014). Necessitano di più formazione e allenamento per mettere in pratica interventi di disassuefazione (Cato et al., 2014). Per costruire la capacità di supporto, è infatti fondamentale che i professionisti della salute siano educati sulle strategie evidence- based (L. Sarna et al., 2016; Smith, 2010). Secondo Sarna et al. (2014) i professionisti della salute, che ricevono una preparazione mirata sugli interventi da realizzare per la cessazione del fumo, sono maggiormente propensi a intervenire sui fumatori rispetto agli altri. Una meta-analisi eseguita su 8 studi ha confermato che svolgere un programma educazionale per i professionisti della salute ha un impatto positivo sulla disassuefazione (L. P. Sarna et al., 2014). Anche l’OMS ritiene che i professionisti della salute dovrebbero essere istruiti sulle strategie evidence-based di disassuefazione dal fumo (L. Sarna et al., 2016).

Secondo Smith (2010), Cato et al. (2014) e Kazemzadeh, Manzari & Pouresmail (2016), per svolgere questo ruolo critico gli infermieri necessitano di adeguate risorse, di allenamento e devono essere familiarizzati con le linee guida, in modo da rafforzare le loro abilità per integrarle nella pratica. Se l’allenamento include inoltre l’utilizzo di tecnologie all’avanguardia, esso può rivelarsi più efficace (Cato et al., 2014).

Lo studio condotto da Targhetta et al. (2011), tuttavia, non è stato statisticamente in grado di dimostrare che l’attuazione di una specifica sessione di allenamento sugli interventi di disassuefazione da parte dello staff medico ha avuto un impatto significativo sul tasso di disassuefazione tra i pazienti ospedalizzati. Al contrario, l’esecuzione di un supporto medio-intenso ai fumatori è risultato fuori portata per medici e infermieri (Targhetta et al., 2011). Una possibile spiegazione è la mancata identificazione dei fumatori, oppure la carenza di tempo da parte dello staff troppo impegnato su altri fronti (Targhetta et al., 2011). Tuttavia questa sessione di allenamento ha migliorato l’avvicinamento al paziente, rendendolo più disponibile a smettere di fumare (Targhetta et al., 2011). Secondo questo studio sono necessarie nuove strategie, che includano anche un team specializzato in problemi di dipendenza (Targhetta et al., 2011). Lo studio condotto da Sarna et al. (2014) ha invece messo in luce che dopo la partecipazione a un programma educativo, focalizzato sul ruolo infermieristico nel supportare gli interventi di disassuefazione, numerosi infermieri si sono adoperati maggiormente incrementando la frequenza e la fiducia dei pazienti. Il programma è stato invece meno efficace per gli infermieri fumatori (L. P. Sarna et al., 2014). Infatti, Sarna et al. (2014), ritiene che fumare risulti un ostacolo anche fra i collaboratori professionisti, in quanto alla messa in atto di interventi di disassuefazione sono associati atteggiamenti negativi e un diminuito coinvolgimento personale. Questa considerazione implica la necessità di supportare maggiormente la disassuefazione dal fumo, in primis tra i professionisti della salute (L. P. Sarna et al., 2014).

Siccome gli infermieri rappresentano un modello e un esempio di salute, è importante che non fumino (Smith, 2010). Fumare rappresenta una questione controversa, in modo

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particolare se influenza il comportamento professionale (Smith, 2010). Alcune ricerche suggeriscono infatti che coloro che fumano sono meno disponibili a intraprendere le attività di promozione della salute con i pazienti fumatori e sminuiscono gli effetti dell’utilizzo del tabacco (Smith, 2010). Uno studio condotto negli USA ha rivelato inoltre che gli infermieri fumatori danno la percezione di lavorare meno perché fanno più pause e passano meno tempo con i pazienti (Smith, 2010).

Secondo Smith (2010), il tasso di infermieri fumatori rimane intollerabilmente alto. Sono necessarie azioni strategiche per il controllo della dipendenza da tabacco, in modo particolare riguardo alla fornitura di materiale informativo-educativo, all’assistenza e al supporto (Hakesley-Brown, 2007; Smith, 2010). È essenziale che questo problema venga risolto affinché gli infermieri possano occupare la loro legittima posizione come figure dominanti e credibili nella lotta contro il tabagismo (Smith, 2010). Alcune ricerche hanno confermato che i professionisti che hanno preso parte ad un’iniziativa di disassuefazione sono stati successivamente più produttivi e disponibili nell’elargire consigli (Hakesley-Brown, 2007).

Il controllo del tabacco rimane un’importante priorità nella pratica degli infermieri e varie organizzazioni internazionali hanno già avviato delle discussioni politiche su questo argomento (Smith, 2010). Esistono risorse globali accessibili per aiutare gli infermieri; ad esempio nel 2003 è stata lanciata negli USA l’iniziativa “Tobacco Free Nurses” per accrescere e sostenere gli sforzi nel controllo del tabacco (Smith, 2010). Si tratta di una piattaforma che fornisce agganci a numerose risorse ed è stato il primo programma nazionale creato per aiutare i collaboratori a smettere di fumare (Smith, 2010). Internazionalmente, l’OMS gioca un ruolo considerevole nel diffondere informazioni e programmi educativi (Smith, 2010).

Secondo Porter (2013), accrescendo la comprensione delle statistiche, delle conoscenze di patofisiologia e la consapevolezza degli effetti nocivi sulla salute, gli infermieri potrebbero contribuire notevolmente alla disassuefazione dal fumo, migliorando la qualità di vita dei pazienti e diminuendo i costi della salute.

Nonostante gli sforzi di molti gruppi professionali, rimangono ancora molte sfide da affrontare in merito alla lotta contro il consumo di tabacco legato alla professione infermieristica (Smith, 2010).

Gli infermieri che lavorano nelle cure primarie e ambulatoriali hanno l’opportunità di svolgere questo tipo di assistenza sanitaria (Porter, 2013). Secondo Hakesley-Brown (2007), per offrire un servizio valido di disassuefazione, è però importante anche collaborare con altre figure professionali.

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