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Disegno e realizzazione dei contatti elettrici e dei marker per il riallineamento

Capitolo 3 Processo di nanofabbricazione

3.6 Disegno e realizzazione dei contatti elettrici e dei marker per il riallineamento

Il primo passo nella fabricazione di tutti i nostri dispositivi consiste nella realizzazione dei contatti elettrici e dei marker di riallineamento mostrati in Fig. 66

Fig. 66: Disegno dei contatti elettrici adattati a 50Ω utilizzati per la caratterizzazione di

tutti i nostri dispositivi; in figura inoltre sono indicati con le frecce rosse sia i marker di riallineamento negli step successivi, sia i contatti elettrici dei quatro dispositivi inseriti in ogni chip.

Ogni chip misura 2x1,5mm2 e permette di alloggiare quattro dispositivi per la caratterizzazione (indicati in figura con le frecce rosse) e quattro strutture di test utilizzate per il monitoraggio del processo di nanofabbricazione (frecce gialle). I contatti elettrici dei quattro dispositivi sono tutti adattati alla linea di trasmissione coplanare a 50 Ω. In Fig. 66 inoltre è possibile notare sia i quattro marker utilizzati per il riallineamento dei passi successivi di litografia elettronica (frecce rosse in figura e speculari) sia la suddivisione in campi del disegno (vedi paragrafo 2.1). Nel nostro caso i disegni (o pattern) sono stati realizzati tramite un programma di CAD (LASI 7). Questo programma ci consente di uscire con un file nel formato GDS II, un formato che è riconosciuto dai programmi di conversione del disegno in istruzioni base dell’apparato per la litografia elettronica. Ogni disegno, per esigenze litografiche, è diviso in strati (layer), ognuno contenente una parte del disegno iniziale. Dal punto di vista funzionale il pattern per esempio di un SSPD si può considerare diviso in due parti: il layer dei contatti elettrici (pad Fig. 66) e quello

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contenente solo i meandri degli SSPD (vedi paragrafi successivi). Prima di inoltrarci nella descrizione del processo litografico riteniamo opportuno una breve descrizione della procedura da seguire per l’esposizione litografica tramite il sistema di litografia elettronica EBPG 5HR:

Fig. 67: Diagramma di flusso della procedura da seguire per l’utilizzo dell’EBPG 5HR

Come già spiegato nel primo paragrafo il disegno è realizzato mediante il programma LASI e tramite varie trasformazioni è portato in un formato compatibile con l’EBPG 5HR tramite un programma di conversione (CATS). È in questa fase che si deve comunicare al programma con quale risoluzione s’intende realizzare il disegno, nel nostro caso specifico dei contatti elettrici la risoluzione impostata è di 10 nm (che determina il campo di scrittura di 320 m, vedi paragrafo 2.1) con una tensione d’accelerazione per gli elettroni di 100 kV. Si usa un’apertura di 400 µm e si imposta una corrente grande (200 nA). alla quale corrisponde un diametro del fascio di elettroni delle dimensioni di 200 nm. Si seleziona per il layer dei contatti elettrici un passo di scrittura Bss= 0.1 m, in questo modo siamo in grado di andare più veloci senza perdere

risoluzione nella litografia. Fatto questo il programma automaticamente suddivide il disegno in campi di scrittura (paragrafo 2.1). A questo punto per effettuare l’esposizione bisogna creare un

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file di comandi che la macchina deve eseguire per riprodurre opportunamente il disegno. Alcuni comandi sono di fondamentale importanza come per esempio la dose e la matrice che definisce sia il numero sia la disposizione con cui si vuole ripetere l’esposizione.

Finita questa fase si passa alla preparazione del campione. Dopo aver verificato che la superficie di nitruro di niobio sia sgombra da impurezze vi si spalma sopra il resist, per questa prima esposizione si è utilizzato il PMMA usando uno spinner a 6000 giri al minuto per 60 s e poi posto per 5 minuti su una piastra termica a 170°C per uno spessore finale del resist di circa 0.9 μm. Per caricare il campione nell’EBPG 5HR si deve montare il campione su di un apposito porta campioni. Nel sistema sono presenti più porta campioni ognuno adatto per campioni di dimensioni diverse, nel nostro caso per le prove è stato utilizzato il porta campioni per i wafer da due pollici, mentre per i campioni finali è stato usato quello adatto ad alloggiare campioni con dimensioni variabili tra ~ 4cm ed alcuni mm. Dopo aver montato il campione sul porta campioni si passa a verificare la planarità e l’altezza del substrato da esporre rispetto al piano di focalizzazione del fascio di elettroni. Durante la fase di scrittura, l’EBPG 5HR regola automaticamente la messa a fuoco usando dei “marker” di riferimento posizionati ad una specifica coordinata sul porta-campioni e ad una determinata altezza che definisce il piano focale degli elettroni. Durante la messa a fuoco il sistema è in grado inoltre di controllare l’altezza del campione tramite un interferometro laser e correggere eventuali errori locali di planarità e di altezza con una tolleranza di 10µm/mm per la planarità e di ±50 µm per il piano focale. Prima di caricare il portacampioni l’altezza rispetto al piano focale e la planarità vengono misurate, per mezzo di un micrometro digitale prodotto dalla Mitutoyo, e regolate tramite delle viti micrometriche posizionate sul porta-campioni. Infine si pone il porta campioni sotto un microscopio ottico, dotato di un misuratore delle coordinate X e Y del portacampioni, tramite il quale si prendono le coordinate relative della posizione del campione rispetto alla Faraday-Cup, le cui coordinate sono fisse e note per ogni porta campioni. La Faraday-Cup viene utilizzata per la lettura della corrente del fascio di elettroni IB. A questo punto si può introdurre il campione

nella camera di carico del sistema.

Quando la pressione in camera arriva ad un valore di ~1.2x10-7mbar il sistema da il consenso per introdurre il campione nella camera di esposizione. Finita la fase di carico si devono impartire al sistema i comandi da eseguire per l’esposizione, innanzitutto il nome del disegno che si vuole riprodurre, le sue dimensioni, le coordinate relative del centro del campione, l’area totale esposta e l’area occupata da ogni singolo chip. Da questi valori il sistema automaticamente definisce il

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numero di volte che dovrà ripetere il disegno del chip (matrix field). Infine si deve dire alla macchina con che dose elettronica (μC/cm2) si vuole che sia esposto il disegno e con che corrente. Per capire la dose giusta da usare sono state compiute diverse prove e poiché l’EBPG permette di incrementare la dose per ogni chip siamo partiti da un intervallo di valori più ampio che poi si è ristretto di volta in volta fino a trovare la dose giusta, che nel nostro caso specifico variava da un minimo di 600 μC/cm2 fino ad un massimo di 700 μC/cm2. Finita l’esposizione si estrae il campione dalla macchina e si procede allo sviluppo. Come anticipato nel paragrafo 2.1, nel caso specifico del PMMA si usa MIBK diluito 1: 2 con alcool isopropilico per 2’. Dopo lo sviluppo si osserva al microscopio ottico il capione per verificare l’avvenuta esposizione e se lo sviluppo è andato a buon fine. Finita la fase dello sviluppo si carica il campione nell’evaporatore, si aspetta che il vuoto arrivi ad un valore di circa ~1.5x10-7mbar. Poiché nel nostro caso il primo materiale da evaporare è il titanio (Ti) possiamo anche cominciare l’evaporazione con pressioni leggermente più alte: questo materiale infatti durante l’evaporazione adsorbe le particelle residue in camera (come nelle pompe getter) e il risultato è che la pressione dopo pochi istanti scende rapidamente fino a~10-8mbar. La presenza del titanio nella realizzazione dei contatti è dovuta alla scarsa capacità di adesione dell’oro, per questo motivo in un primo momento si era pensato di evaporare un sottile strato di cromo (Cr), ma visto che rendeva la rimozione del materiale in eccesso molto difficoltosa si è passati ad utilizzare il titanio (Ti) come materiale aggrappante. Gli spessori depositati sono 100 Å per il titanio e di 600 Å di oro con una velocità di evaporazione per entrambi di 3 Å/sec. Finita la deposizione si procede al rientro in azoto per poter estrarre il campione dal sistema di evaporazione. Si procede alla rimozione del materiale in eccesso (lift-

off), immergendo il campione in un backer contenente dell’acetone. Per facilitare lo scioglimento

del PMMA si spruzza dell’acetone sul substrato, in modo da unire oltre all’effetto chimico di scioglimento del resist da parte del solvente anche un effetto meccanico. Quando si reputa di aver rimosso tutto il materiale in eccesso si toglie il campione dal backer e lo si sciacqua in acqua deionizzata, lo si asciuga con un flusso di azoto ed infine si verifica la buona riuscita del lift-off con il microscopio ottico.

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