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Rivelatori a nanofili superconduttori paralleli

1.4 Hotspot plateau

1.5.1 Rivelatori a nanofili superconduttori paralleli

A questa prima classe di rivelatori appartengono i rivelatori del numero di fotoni incidenti a nanofili superconduttori (Photon number resolving detector, PND), sviluppati in collaborazione con il gruppo del Prof. Andrea Fiore attualmente situato presso l’Università Tecnologica di Eindhoven Tue, Olanda. All’inizio della nostra collaborazione questo gruppo lavorava presso l’Ecole Polytechnique Fédérale de Lausanne, EPFL.

1.5.1.1 Rivelatori del numero di fotoni incidenti a nanofili superconduttori (Photon number detector, PND)

In molti rivelatori di singolo fotone (tra i quali anche gli SSPD) l’assorbimento di un singolo fotone non è distinguibile da un evento in cui siano stati assorbiti un numero maggiore di fotoni, il che implica che non è possibile misurare direttamente il numero di fotoni presenti in un impulso luminoso se la durata dell’impulso è minore del tempo di risposta del rivelatore. Tuttavia rivelatori che siano in grado di risolvere il numero di fotoni incidenti sono necessari in diversi campi di ricerca delle comunicazioni quantistiche, dell’informazione quantistica e dell’ottica quantistica per due principali applicazioni: 1) per poter ricostruire la statistica dei fotoni che arrivano sul rivelatore tramite misure di ensamble, questo per esempio è il caso della caratterizzazione di sorgenti di luce non classiche come le sorgenti di singolo fotone [62] o le sorgenti di n-fotoni [63]; 2) per rivelare un eventuale attacco (photon numbers splitting, PNS)

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nella crittografia quantistica [64]. Nel secondo caso un rivelatore PND è necessario per poter eseguire misure single shot del numero di fotoni incidenti, utile in applicazioni come il computer quantistico con ottica lineare (linear-optics quantum computing) [65], ripetitori quantistici [66] o preparazione di stati quantici [67].

Rep. Rate (Hz) Dk (Hz) QE (%) NEP (W/Hz1/2) λ (nm) Mnoise Nmax T (K) Tipo di lettura

CIPD[122] 40 Nr 80 n.r 1550 Si N.R 4.2 Cryo JFET

QD-FET[127][128] 2·105 0.4 1.3 2·10-17 684 Si 3 4.2 Cryo MESFET

TES[123] 5·104 400 89 4 ·10-18 1550 Si 11 0.1 SQUID

PMT[129] 6.7·105 400 7 1·10-16 523 Si 9 300 Amp a Tamb

VLPC[63][130] 1.5·104 2·104 85 9·10-17 543 Si 10 6-7 Cryo preamp

MPPC[131] 104 1 4·104 25-65 7·10-16 400 Si 100-1600 300 Amp a Tamb

2D APD [124] 2·104 1.6·104 33 10-14 1064 NO 1024 246 Pluri canale

Multip.temp.[133][134] 104 nr 66 n.r 800 NO 8-16 300 2 canali

PND 8·107 0.15 2 4·10-18 1300 NO 6 2 Amp a Tamb

Tabella 3: Prestazioni riportate in letteratura per i rivelatori che hanno la capacità di risolvere il numero di fotoni

incidenti. Le prestazioni riportate sono: velocità (Rep. Rate) è la frequenza di lavoro utilizzata negli esperimenti riportati in letteratura che per questo motivo non rappresenta necessariamente la velocità massima possibile, Dk conteggi di buio, QE efficienza quantica, NEP: noise equivalent power, λ lunghezza d’onda dell’eccitazione ottica, Mnoise indica se il dispositivo è affetto dal fenomeno di moltiplicazione del rumore, Nmax numero massimo di fotoni rivelati, T temperatura di lavoro ed infine il tipo di lettura richiesta. N.r. sta per non riportato.

In questi anni diversi approcci sono stati suggeriti per lo sviluppo di rivelatori che siano in grado di risolvere il numero di fotoni assorbiti dal rivelatore, come i transistor ad effetto di campo (Field Effect transistors, FET) o i rivelatori ad integrazione della carica (charge integration

detectors) [122]-[128], in tutti i casi però questi dispositivi sono affetti da tempi di integrazione

molto lunghi che portano a larghezze di banda <1MHz. I TES (Transistion Edge Sensor [26], [123]) sono anche loro rivelatori superconduttori che esibiscono un’elevata efficienza, ma lavorano a temperature estremamente basse (~100mK) e sono caratterizzati, anche nel migliore dei casi, da tempi di risposta molto lunghi di alcune centinaia di nanosecondi. Altri approcci basati sui tubi fotomoltiplicatori (PMT [129]) ed i fotodiodi ad effetto a valanga (Avalanche

PhotoDiode, APD), come i contatori di fotoni alle lunghezze d’onda del visibile (Visible Light Photon Counter, VLPC [63], [130]) o le matrici bidimensionali di APD [124], [131] o i rivelatori

basati sul multiplexing temporale [133], [134], non sono sensibili all’arrivo di fotoni con lunghezze d’onda tipiche delle telecomunicazioni ed in più sono affetti da un elevato numero di conteggi di buio e da tempi di reset molto lunghi. Infine le matrici di rivelatori di singoli fotoni

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comportano la necessità di dover utilizzare complesse elettroniche di lettura [124], [135]. Il nostro approccio invece propone di utilizzare il multiplexing spaziale di una matrice di SSPD connessi tra di loro in parallelo, in modo da ottenere in uscita dal dispositivo un singolo impulso la cui ampiezza è proporzionale al numero di fotoni assorbiti. In questo modo i rivelatori del numero di fotoni incidenti a nanofili paralleli (PND) superano gli altri dispositivi esistenti in termini di semplicità, sensibilità (NEP), velocità (repetition rate), e di moltiplicazione rumore (multiplication noise,Mnoise) dovuta alla connessione di diversi elementi insieme (vedi Tabella 3)

1.5.1.2 Principio di funzionamento dei PND

L’idea alla base dei PND è quella di sfruttare l’elevata sensibilità degli SSPD, connettendone un numero Np in parallelo, per poter contemporaneamente rivelare l’arrivo di un numero massimo di

fotoni che è legato al numero Np di elementi in parallelo vedi Fig. 22. Quindi l’elemento attivo

anche in questo caso è un nanofilo di NbN spesso pochi nanometri (3 5nm), largo 100nm e disposto a meandro (per ulteriori dettagli sulla fabbricazione vedi capitolo 3). Ogni sezione agisce come un vero e proprio SSPD, in cui come visto nei paragrafi precedenti, l’arrivo di un singolo fotone causa la temporanea espulsione della corrente che fluisce al suo interno verso il circuito esterno di lettura, generando un impulso misurabile ai capi dell’uscita del rivelatore. In particolare nei PND la corrente che viene espulsa da ogni sezione può sommarsi, dando luogo ai capi dell’uscita del dispositivo ad un impulso la cui ampiezza è proporzionale al numero di fotoni assorbiti (come vedremo anche nel capitolo della caratterizzazione ottica). Chiamiamo per i=1,...,Np la corrente di polarizzazione che fluisce attraverso ciascuno degli Np elementi in

parallelo quando il rivelatore si trova stabilmente nello stato superconduttivo. Polarizzando il circuito con un generatore di tensione VB connesso in serie con una resistenza di polarizzazione

RB, (vedi capitolo 4 per lo schema equivalente del circuito utilizzato per la caratterizzazione

ottica), la corrente di polarizzazione totale del dispositivo (che si trova sempre nella fase superconduttiva) è IB= VB/RB. La corrente di polarizzazione di ogni elemento sarà data da

. Se tutte le sezioni sono identiche tra di loro, ciascuna caratterizzata da una corrente critica , la transizione dallo stato superconduttivo a quello normale dell’intero dispositivo avrà luogo quando la corrente di polarizzazione IB supererà il valore critico dato da . In

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della larghezza o dello spessore del nanofilo), ogni elemento è caratterizzato da una propria corrente critica (maggiori informazioni sull’argomento sono discusse in [116]) e quindi la corrente di polarizzazione può essere aumentata solo fino a quando la corrente che scorre attraverso ogni elemento non supera il valore della corrente critica locale , in questo caso la corrente critica totale del dispositivo è data da . Consideriamo ora che il k-esimo nanofilo sia quello caratterizzato dalla corrente critica minore . Finché aumentando la corrente di polarizzazione , la corrente che fluisce in ogni elemento del parallelo è data da: . Non appena però si raggiunge la condizione il valore della corrente che circolerà attraverso tutte le altre sezioni sarà uguale a . Se a questo punto si continua ad aumentare la corrente di polarizzazione il k-esimo nanofilo transisce dallo stato superconduttivo a quello normale, mentre tutti gli altri rimangono allo stato superconduttivo. Se la corrente IB non

è tale da far transire anche la successiva sezione allora le N-1 sezioni possono ridistribuire tra di loro l’eccesso di corrente in modo da far tornare il k-esimo nanofilo allo stato superconduttivo. Questa dinamica di ridistribuzione della corrente può essere applicata ad ogni nanofilo in questo modo è possibile polarizzare correttamente ogni sezione parallela in prossimità della propria corrente critica . Definiamo come QEi=QE( ) (dove ) come l’efficienza quantica di ogni sezione dipendente dalla corrente di polarizzazione normalizzata. A questo punto sappiamo che QEi sarà massima quanto più la corrente di polarizzazione del dispositivo (IB) è vicina ad IC.

Come spiegato, grazie al meccanismo dinamico di ridistribuzione della corrente, sappiamo che ogni nanofilo è polarizzato il più vicino possibile alla sua corrente critica. Quando un fotone viene assorbito da una delle Np sezioni, opportunamente polarizzate, darà luogo in essa alla

formazione di una zona resistiva attraverso l’intera sezione del nanofilo con una probabilità data dalla sua efficienza quantica. A causa dell’immediato aumento della resistenza del nanofilo, la sua corrente sarà espulsa al di fuori di esso e si ridistribuirà tra le Np-1 sezioni ancora

superconduttive e la resistenza di carico esterna Rout dell’amplificatore ad alta frequenza. Questo

effetto porta al fatto che, se le sezioni in cui si ha simultaneamente un evento di assorbimento sono N (in un intervallo di tempo che deve essere molto minore del tempo di rilassamento della corrente), parte della loro corrente si somma ai capi dell’uscita del dispositivo e quindi sul carico esterno. Il dispositivo è in grado di risolvere il numero di fotoni incidenti se l’ampiezza dell’impulso di corrente ai capi di Rout dovuto alla transizione delle N sezioni è n volte

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altre parole il dispositivo sarà in grado di risolvere il numero di fotoni incidenti se la corrente di perdita I0 che viene assorbita da ogni sezione non transita è trascurabile rispetto alla corrente di

polarizzazione. I0 non solo causa una diminuzione dell’ampiezza del picco di risposta abbassando

il segnale utile per l’amplificazione esterna (peggiorando così il rapporto segnale rumore elettrico introdotto dagli amplificatori), ma aumenta la corrente che circola negli elementi del PND che si trovano ancora allo stato superconduttivo causandone eventualmente la transizione allo stato resistivo. Quindi la corrente di perdita introduce un limite massimo alla corrente di polarizzazione permessa per ottenere un funzionamento stabile del dispositivo.

Fig. 22: a) Circuito equivalente di un N-PND con resistenze serie. Le n sezioni transite in seguito all’assorbimento

di un fotone son rappresentate in rosa tutte attraversate dalla stessa corrente If, mentre quelle che si trovano ancora allo stato superconduttivo sono in verde tutte con la stessa corrente Iu. Iout invece è la corrente che scorre attraverso la resistenza d’ingresso degli amplificatori. b) circuito semplificato dello stesso N-PND, dove i due insiemi di sezioni transite e non sono stati sostituiti dai rispettivi circuiti equivalenti di Thévenin.

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I0 dipende dal rapporto tra l’impedenza di ogni elemento in parallelo Zi e l’impedenza d’uscita

Rout. Dato che Zs in un superconduttore è data solo dall’induttanza cinetica Lcin, trovare il giusto

compromesso tra I0 e il corretto funzionamento del dispositivo è molto complicato. Allo scopo di

ridurre le difficoltà in fase di progettazione, si è pensato di introdurre in serie ad ogni elemento una resistenza (R0, vedi capitolo 3 per i dettagli sulla fabbricazione). In questo modo l’impedenza

di ogni ramo del parallelo è dato da Zs=jωLcin+R0, quindi Io può essere minimizzata variando

opportunamente le dimensioni del nanofilo (e quindi la sua induttanza cinetica) e quelle della resistenza serie R0 alla quale è imposto solo il limite di dover essere R0≤Rout=50Ω.

Fig. 22 mostra il modello elettrico equivalente di un PND, costituito da N sezioni in parallelo, utilizzato in [136] per effettuare delle simulazioni che ci hanno permesso di identificare i parametri ottimali per la realizzazione dei nostri rivelatori. In Fig. 22 ogni sezione viene rappresentata come un serie di una resistenza R0, da noi introdotta per controllare la problematica

legata alla corrente di perdita, un’induttanza L0 che tiene conto del’induttanza cinetica del

nanofilo quando si trova nello stato superconduttivo e un parallelo tra un interruttore che si apre per simulare l’arrivo di un fotone e la conseguente formazione di una zona resistiva di resistenza RHS. Per tutte le sezioni transite si assume che siano attraversate dalla stessa corrente If, come

anche tutte le sezioni non transite in cui scorre la corrente Iu. Rimandiamo ai capitoli 3 e 4 per la

discussione dei risultati ottenuti con i rivelatori realizzati grazie all’ottimizzazione condotta tramite le simulazioni.