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DISPOSIZIONI URGENTI PER FAVORIRE IL RILANCIO DELL'OCCUPAZIONE E PER LA SEMPLIFICAZIONE DEGL

APPENDICE Testo della legge delega

DISPOSIZIONI URGENTI PER FAVORIRE IL RILANCIO DELL'OCCUPAZIONE E PER LA SEMPLIFICAZIONE DEGL

ADEMPIMENTI A CARICO DELLE IMPRESE

capo 1

Disposizioni in materia di contratto di lavoro a termine e di apprendistato

Art. 1

(Semplificazione delle disposizioni in materia di contratto di lavoro a termine)

l . Al decreto legislativo 6 settembre 2001, n. 368, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 1:

1)al comma 1: le parole da "a fronte" a "di lavoro." sono sostituite dalle seguenti: "di durata non superiore a trentasei mesi, comprensiva di eventuali proroghe, concluso fra un datore di lavoro o utilizzatore e un lavoratore per lo svolgimento di qualunque tipo di mansione, sia nella forma del contratto a tempo determinato, sia nell'ambito di un contratto di somministrazione a tempo determinato ai sensi del comma 4 dell'articolo 20 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276. Fatto salvo quanto disposto dall'articolo 10, comma 7, il numero complessivo di rapporti di lavoro costituiti da ciascun datore di lavoro ai sensi del presente articolo, non può eccedere il limite del 20 per cento dell'organico complessivo. Per le imprese che occupano fino a cinque dipendenti è sempre possibile stipulare un contratto di lavoro a tempo determinato.'

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3)il comma 2 è sostituito dal seguente: "2. L'apposizione del termine di cui al comma 1 è priva di effetto se non risulta, direttamente o indirettamente, da atto scritto."

b) all'articolo 4, comma 1, secondo periodo, le parole da: "la proroga" fino a: "si riferisca" sono sostituite dalle seguenti: "le proroghe sono ammesse, fino ad un massimo di otto volte, a condizione che si riferiscano'

2. All'articolo 20, comma 4, del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, i primi due periodi sono soppressi e al terzo periodo dopo le parole: "della somministrazione" sono inserite le seguenti: "di lavoro.

Art. 2

(Semplificazione delle disposizioni in materia di contratto di apprendistato)

1. Al decreto legislativo 14 settembre 2011, n. 167, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all'articolo 2:

l) al comma l, la lettera a) è sostituita dalla seguente: "a) forma scritta del contratto e del patto di prova;'

2) al comma l , la lettera i) è abrogata;

3) i commi 3-bis e 3-ter sono abrogati;

b)all'articolo 3 è aggiunto, in fine, il seguente comma: "2-ter. Fatta salva l'autonomia della contrattazione collettiva, in considerazione della componente formativa del contratto di apprendistato per la qualifica e per il diploma professionale, al lavoratore è riconosciuta una retribuzione che tenga conto delle ore di lavoro effettivamente prestate nonché delle ore di formazione nella misura del 35% del relativo monte ore complessivo.'

c) all'articolo 4, al comma 3, le parole: è integrata," sono sostituite dalle seguenti: , può essere integrata,".

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2. All'articolo 1 della legge 28 giugno 2012, n. 92, il comma 19 è abrogato.

capo 11

Misure in materia di servizi per il lavoro, di verifica della regolarità contributiva e di contratti di solidarietà

Art. 3

(Elenco anagrafico dei lavoratori)

1. All'articolo 4, comma 1, del decreto del Presidente della

Repubblica 7 luglio 2000, n. 442, le parole: "Le persone" sono sostituite dalle seguenti: "I cittadini italiani, comunitari e stranieri regolarmente soggiornanti in Italia".

2. All'articolo 2, comma 1, del decreto legislativo 21 aprile 2000,

n. 181, le parole: "nel cui ambito territoriale si trovi il domicilio del medesimo", sono sostituite con le seguenti: "in qualsiasi ambito territoriale dello Stato".

Art.4

(Semplificazioni in materia di documento di regolarità contributiva) l . A decorrere dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 2, chiunque vi abbia interesse verifica con modalità esclusivamente telematiche ed in tempo reale la regolarità contributiva nei confronti dell’INPS, dell'INAIL e, per le imprese tenute ad applicare i contratti del settore dell'edilizia, nei confronti delle Casse edili. L’esito dell'interrogazione ha validità di 120 giorni dalla data di acquisizione e sostituisce ad ogni effetto il Documento Unico di Regolarità Contributiva (DURC), ovunque previsto, fatta eccezione per le ipotesi di esclusione individuate dal decreto di cui al comma 2.

2. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e, per i profili di competenza, con il Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione, sentiti INPS e INAIL, da emanarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione, sono

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definiti i requisiti di regolarità, i contenuti e le modalità della verifica nonché le ipotesi di esclusione di cui al comma 1. Il decreto di cui al presente comma è ispirato ai seguenti criteri:

a) la verifica della regolarità in tempo reale riguarda i pagamenti

scaduti sino all'ultimo giorno del secondo mese antecedente a quello in cui la verifica è effettuata, a condizione che sia scaduto anche il termine di presentazione delle relative denunce retributive e comprende anche le posizioni dei lavoratori con contratto di collaborazione coordinata e continuativa anche a progetto che operano nell'impresa;

b) la verifica avviene tramite un'unica interrogazione negli archivi

dell’ INPS, dell’ INAIL e delle Casse edili che, anche in cooperazione applicativa, operano in integrazione e riconoscimento reciproco, indicando esclusivamente il codice fiscale del soggetto da verificare;

c) nelle ipotesi di godimento di benefici normativi e contributivi

sono individuate le tipologie di pregresse irregolarità di natura previdenziale ed in materia di tutela delle condizioni di lavoro da considerare ostative alla regolarità, ai sensi dell'articolo l, comma 1175, della legge 27 dicembre 2006, n. 296.

3. L'interrogazione eseguita ai sensi del comma l, assolve

all'obbligo di verificare la sussistenza del requisito di ordine generale di cui all'articolo 38, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163, presso la Banca dati nazionale dei contratti pubblici, istituita presso I Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, dall'articolo 62-bis del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82. Dalla data di entrata in vigore del decreto di cui al comma 2, sono inoltre abrogate tutte le disposizioni di legge incompatibili con i contenuti del presente articolo.

4. Il decreto di cui al comma 2 può essere aggiornato annualmente

sulla base delle modifiche normative o della evoluzione dei sistemi telematici di verifica della regolarità contributiva.

5. All'articolo 31, comma 8-bis, del decreto-legge 21 giugno 2013,

n. 69, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98, le parole: "in quanto compatibile" sono soppresse.

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6. All'attuazione di quanto previsto dal presente articolo, le

amministrazioni provvedono con le risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente e, comunque, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Art. 5

(Contratti di solidarietà)

1. All'articolo 6 del decreto-legge 1 0 ottobre 1996, n. 510, convertito,

con modificazioni, dalla legge 28 novembre 1996, n. 608, dopo il comma 4 è inserito il seguente: "4-bis. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, sono stabiliti criteri per la individuazione dei datori di lavoro beneficiari della riduzione contributiva di cui al comma 4, entro i limiti delle risorse disponibili. Il limite di spesa di cui all'articolo 3, comma 8, della legge 23 dicembre 1998, n. 448 e all'articolo 1, comma 524, della legge 23 dicembre 2005, n. 266, a decorrere dall'anno 2014, è pari ad euro 15 milioni annui.

Art. 6

(Entrata in vigore)

il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana e sarà presentato alle Camere per la conversione in legge.

il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sarà inserito nella Raccolta ufficiale degli atti normativi delta Repubblica italiana. E' fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo osservare.

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BIBLIOGRAFIA

Consulenti del lavoro (2015): ‘I nuovi centri per l’impiego’ Dati Istat sull’occupazione (2016)

Dati INPS sull’occupazione (2016)

Documento CGIL (2015): ‘Legge delega e decreti attuativi’

Documento CGIL (2015): ‘Cosa prevede la nuova cassa integrazione’ Documento CGIL (2015): ‘Lavoro a tempo indeterminato o nuove forme di precariato?’

Documento de ‘Il Sole 24 ore’ (2015): ‘La riforma Renzi che cambia il mondo del lavoro’

Documento de ‘Il Sole 24 ore’ (2015): ‘I decreti attuativi’

Documento Confindustria (2015): ‘Legge delega e decreto Poletti’ Documento Uil (2015): ‘I nuovi contratti e le tutele crescenti’

Ministero del lavoro e delle politiche sociali (2015): ‘Il mondo del lavoro cambia’

Simone Ferro (2016): ‘Mercato del lavoro, bilancio di un anno’ Tabelle e grafici de ‘Il Sole 24 ore’

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CONCLUSIONI

Le due riforme in effetti hanno avuto un grosso impatto, direi quasi rivoluzionario, sui rispettivi ambiti di applicazione. L’esempio che più risalta agli occhi è l’abolizione dell’art 18 dello Statuto dei lavoratori, per anni simbolo di scontri sociali e ideologici. In passato si era più volte cercato di eliminarlo, o quanto meno di riformarlo, ma lo scontro tra le rappresentanze sindacali e il governo aveva sempre portato ad un nulla di fatto. Stavolta le cose sono andate diversamente.

Ma quanto queste riforme hanno inciso sulla vita di pensionati e lavoratori? E le imprese e lo Stato che ruolo giocano in questo scenario?

Vari sono stati i fattori che hanno condizionato la nascita di queste due riforme. Il rispetto del rapporto deficit/PIL, la competitività del nostro Paese, un sistema previdenziale non più sostenibile nel lungo periodo; erano motivo di richiami frequenti e ufficiali da parte dell’Ue all’Italia. L’Europa chiedeva all’Italia di uniformarsi agli standard vigenti nell’unione, gli italiani erano considerati un popolo di ‘privilegiati’ in ambito di welfare state, privilegio che andava oltre le loro possibilità e che influiva sulla vita e sulla competitività all’interno dell’Unione Europea.

Anche altri istituti mondiali di primissimo piano come l’OCSE e il Fondo Monetario Internazionale, per non parlare delle maggiori agenzie di rating come MODIS, FITCH e STANDARD & POOR’S, con le loro previsioni e i loro ammonimenti sulla sostenibilità del nostro stato sociale, hanno avuto un ruolo importante.

Tutto questo per dire che gli interessi che queste due riforme hanno intaccato non riguardano solo il nostro Paese, ma vanno ben oltre. Le trasformazioni e le conseguenze del nostro sistema previdenziale e del nostro sistema lavorativo venivano seguite con particolare interesse, perché uno degli Stati con maggiori tutele per lavoratori e pensionati, e maggior impedimenti per le imprese stava per subire un profondo mutamento.

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La legge del sistema previdenziale ha avuto come beneficio primario quello di riordinare i conti pubblici dello Stato, prevedendo un risparmio a regime nel 2040 di 90 miliardi di euro. Non solo si dà ossigeno ai nostri conti pubblici, ma si cerca di mettere al riparo il nostro sistema previdenziale da eventuali default di lungo periodo, mettendo in crisi tutto il sistema pensionistico.

L’innalzamento dell’età pensionabile, l’aumento delle aliquote di contribuzione, sono state le leve utilizzate per raggiungere l’obiettivo. Tuttavia, va altresì notato che l’aumento dei requisiti per andare in pensione potrebbe comportare un blocco del turn over per i più giovani nel mondo del lavoro. In un momento delicato come quello che stiamo attraversando, dove la crisi si è attenuata ma non è scomparsa, e dove i posti di lavoro aumentano in modo minore rispetto alle attese, questo provvedimento rischia di frenare l’occupazione giovanile.

Le donne in special modo, categoria sempre poco tutelata, subiscono un innalzamento dell’età pensionistica non di poco conto, arrivando nel 2020 a dover lavorare come il sesso maschile.

La legge Fornero passerà alla storia anche per il caso degli esodati. Questo problema, creatosi da un mancato raccordo tra la legislazione previdenziale e quella lavorativa, ha creato una categoria che sta pagando un prezzo enorme. L’impossibilità di tornare a lavoro, a causa di accordi presi tra i sindacati e la singola azienda e, contemporaneamente la mancanza dei requisiti previdenziali secondo la legge Fornero, hanno portato questi lavoratori (per l’esattezza 125000), in un limbo legislativo, risolto dopo otto salvaguardie.

Per quanto riguarda il jobs act, questo sembra non accontentare completamente neanche quelli favorevoli alla riforma. Partendo da una situazione in cui i lavoratori italiani godevano, a livello europeo, delle maggiori tutele e assistenze, il jobs act le ha scardinate avvicinando la legislazione sul lavoro italiana a quella vigente nell’UE. Chi pensa che il jobs act abbia aperto nuove prospettive di investimento nel nostro Paese, (attraverso l’elasticità contrattuale che lega datori di lavoro e subordinati; attraverso gli incentivi fiscali legati alle assunzioni; attraverso procedure di licenziamento “più facili”) lamenta che il dispositivo non abbia aggredito in maniera più coraggiosa alcune tutele legate soprattutto ai licenziamenti collettivi, disciplinati in maniera

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diversa dai licenziamenti individuali, oppure la eccessiva rigidità delle ‘tutele crescenti’ che scattano dopo i 36 mesi nel contratto a tempo indeterminato. Si sottolineava inoltre il fatto che le nuove regole venivano applicate solamente ai contratti post legge e non anche a quelli ante.

La riforma, inoltre, ha esteso alcune tutele, come la CIGS o la CIGO, a categorie che prima non erano tutelate, come i contratti a collaborazione (i co.co.co e i co.co.pro.); l’estensione del congedo di maternità e parentale anche ai lavoratori autonomi; l’apertura del part time a chi ha patologie gravi.

Bisogna sottolineare che l’aumento della platea di chi gode delle tutele previste non è accompagnato dall’aumento delle risorse destinate a questi. Infatti i fondi messi a disposizione restano pressoché identici a quando la platea di riferimento era minore (e già a quel tempo si diceva che le risorse erano insufficienti). Come dire che i commensali aumentano, ma la torta rimane sempre la stessa.

I contratti stipulati dall’entrata in vigore della legge godono si delle stesse tutele dei contratti stipulati precedentemente, ma in maniera meno consistente. La CIGS prevista con la nuova normativa anche per altre categorie contrattuali, nei casi di ristrutturazione aziendale o di ramo d’azienda, per i nuovi contratti non è garantita, così come in caso di licenziamento, a chi è stato assunto con il jobs act toccherà, in caso di licenziamento senza reintegro, un indennizzo minimo di 4 mensilità annuali, invece che delle 18 dei contratti precedenti. I soli casi di reintegrazione del posto di lavoro riguarderanno i licenziamenti orali, discriminatori, nulli per i quali risulta evidente la difficoltà di fornire prova certa in giudizio.

Il nuovo contratto a tempo indeterminato, nonostante il suo diffuso utilizzo, non riesce a sostituire totalmente come si pensava il contratto a tempo determinato, in virtù anche della recente modifica. Infatti, in caso di primo contratto a tempo determinato questo può essere rinnovato, dal momento della stipula, per ben 5 volte ogni 6 mesi, con durata massima 36 mesi. Al termine del semestre, in caso di non rinnovo, il rapporto cessa automaticamente, senza il pagamento di nessun indennizzo. Al contrario in presenza di un contratto a tempo

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indeterminato, il datore di lavoro, in caso di licenziamento, dovrebbe pagare un indennizzo (seppur esiguo) stabilito dal giudice, al dipendente.

La semplificazione del numero delle tipologie contrattuali auspicata, è stata realizzata a metà. Restano vive ancora forme contrattuali che fanno vivere un senso di forte precarietà al lavoratore, e in alcuni casi il loro utilizzo è addirittura aumentato. Un esempio sono voucher, nati nel 2003 con il ministro del lavoro Damiano con lo scopo di combattere forme di schiavitù e di lavoro nero, sono stati adattati anche alla quotidianità. Infatti, dalla data di applicazione del jobs act ad oggi sono arrivati a 85 milioni. L’ improvviso aumento è spiegato, oltre che dalla sua non più straordinarietà di applicazione, dall’aumento del reddito dichiarabile annualmente con l’utilizzo di questo strumento (si è passati da 3500 euro a 7000 euro). Il voucher, a differenza delle altre tipologie contrattuali, è l’unica a non prevedere ferie, malattia e trattamento di fine rapporto.

Il demansionamento unilaterale del dipendente per generici motivi di riorganizzazione addotti dall’imprenditore e l’introduzione della video sorveglianza tramite dispositivi elettronici che sottopongono il lavoratore a monitoraggio costante durante la prestazione lavorativa e anche oltre, rappresentano motivo di deterioramento qualitativo delle condizioni di lavoro del dipendente, con grave incidenza negativa sulla professionalità e sulla dignità stessa della prestazione.

Per quanto riguarda le risorse destinate agli ammortizzatori sociali (che come si è già detto la platea di chi ne può usufruire è aumentata ma le risorse sostanzialmente sono rimaste uguali a prima) curioso è il caso del contratto di ricollocazione. Originariamente doveva favorire il reinserimento dei lavoratori, grazie a una dote economica che il lavoratore avrebbe ricevuto dal centro dell'impiego per pagare una nuova agenzia del lavoro, oltre all'affiancamento da parte di un tutor per la ricerca di una nuova occupazione. In seguito fu spostato nel nuovo decreto sugli ammortizzatori sociali, per essere cancellato dal decreto sulle politiche attive, introducendo al suo posto l'assegno di ricollocazione. Quest'ultimo però, è uno strumento molto più inefficacie

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del precedente, essendo valido solo per chi perso il lavoro da più di 6 mesi.

In tema di strutture create per semplificare e agevolare i vari iter burocratici, notevole è stato lo sforzo di accomunare sotto un’unica agenzia le informazioni riguardanti i senza lavoro, in modo che non solo nella propria provincia o regione di appartenenza venga visualizzata la propria inattività. Oltre alla creazione di una super agenzia nazionale, si dotano di più poteri anche gli organi dirigenziali ad essa appartenenti, in modo da rendere più snelle le varie procedure. Quindi riformando gli strumenti di politiche attive, si dà più importanza all’aspetto della struttura e degli organismi che agli strumenti applicativi di lotta al precariato, che restano sostanzialmente i medesimi.

In un periodo turbolento come questo per il nostro Paese queste due riforme hanno cercato di dare delle prime risposte a un sistema che a detta di tutti era insostenibile. Da un lato un sistema previdenziale che pesava troppo sul bilancio italiano, dall’altra un mercato del lavoro che stentava a decollare da dopo la crisi. Oltretutto neanche le politiche della comunità europea ci hanno aiutato, politiche che essenzialmente mirano a far rispettare agli stati membri i vincoli stabiliti.

Mentre la legge Fornero ha dato respiro ai nostri conti pubblici, il jobs act ha dato un forte contributo per rianimare il mercato del lavoro nel nostro Paese. Nuove tipologie contrattuali, la riorganizzazione della disciplina dei licenziamenti, la semplificazione burocratica, sono tutti elementi che hanno riattivato il meccanismo di assunzione da parte delle imprese. Nonostante questa ripresa occupazionale, soprattutto nel settore dei subordinati, molto resta da fare per far crescere salari e stipendi, e per far ripartire il mercato del lavoro degli autonomi.

Troppo presto per dire se la direzione intrapresa è giusta o no, alcuni segnali ci sono, resta da vedere se nel lungo periodo verranno confermati. La speranza è che sia per i lavoratori che per i pensionati del nostro Paese il futuro si riveli più roseo del passato recente.