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LICENZIEMENTO ECONOMICO E DISCIPLINARE

Il capo I reca disposizioni in materia di contratto di lavoro a termine e di apprendistato.

LICENZIEMENTO ECONOMICO E DISCIPLINARE

Nel caso in cui si accerti un illegittimo licenziamento per motivi economici o disciplinari (licenziamento per giustificato motivo e giusta causa), il datore di lavoro non è obbligato a reintegrare il lavoratore sul

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posto di lavoro (sia che si tratti di una piccola impresa sia grande) però deve dare un risarcimento al lavoratore di un importo che cresce all’aumentare dell’anzianità di servizio, da qui il nome del nuovo contratto. Infatti si chiama “a tutele crescenti” perché i lavoratori in caso di licenziamento riceveranno un indennizzo (una somma in denaro) con tutele crescenti all’aumentare degli anni di anzianità. In particolare i datori di lavoro devono dare due mensilità per ogni anno di anzianità di servizio, con un minimo di 4 ed un massimo di 24 mesi. Quindi, anche se un lavoratore è stato assunto da poco tempo (ad esempio da un anno) l’azienda dovrà corrispondere comunque 4 mensilità (ossia lo stipendio di 4 mesi), che rappresenta il minimo previsto. La normativa precedente in caso di impugnazione del licenziamento da parte del lavoratore il giudice poteva obbligare l’azienda a reintegrare il dipendente, con il contratto di lavoro a tutele crescente non è più così.

Esistono delle eccezioni. Esclusivamente nel caso di licenziamento per giustificato motivo soggettivo o per giusta causa in cui in giudizio venga dimostrata l’insussistenza del fatto materiale contestato al lavoratore (il fatto non sussiste), il giudice annulla il licenziamento e condanna il datore di lavoro al reintegro del lavoratore e al pagamento di una indennità pari al numero di mensilità trascorse dal momento del licenziamento a quello del reintegro; il datore di lavoro dovrà versare anche i contributi previdenziali e assistenziali relativi allo stesso periodo. In ogni caso però l’indennità non può essere superiore a 12 mensilità. Inoltre per questo caso specifico il lavoratore può anche decidere di avere un indennizzo al posto del reintegro negli stessi termini previsti per il licenziamento discriminatorio spiegato di seguito.

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LICENZIAMENTO DISCRIMINATORIO nullo o intimato in forma orale

Il licenziamento discriminatorio è sempre illegittimo. Quindi se un giudice accerta che il licenziamento è avvenuto per una forma di discriminazione del dipendente, ordina al datore di lavoro il reintegro del lavoratore sul posto di lavoro e obbliga anche a dare un risarcimento del danno. In particolare il lavoratore ha 30 giorni di tempo per decidere dopo la sentenza se incassare un indennizzo al posto del reintegro o optare per il reintegro più risarcimento. Se il lavoratore non riprende servizio entro 30 giorni e non segnala la scelta di optare solo per il risarcimento, il rapporto di lavoro si intende risolto. Il risarcimento non può essere inferiore a 5 mensilità e per quantificarlo si parte dall’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto e si contano le mensilità dal giorno del licenziamento fino al giorno del reintegro. Fermo restando il diritto al risarcimento del danno (che è comunque dovuto) il lavoratore può decidere di non tornare a lavorare ma di optare per una indennità che è pari a 15 mensilità. Con questa scelta ovviamente poi il rapporto di lavoro viene concluso. Questa disciplina si applica sia ai casi di licenziamento discriminatorio sia ai casi di nullità del licenziamento previsti per legge, sia nel caso in cui il licenziamento sia stato intimato verbalmente e non in forma scritta.

Può accadere che l’azienda provi a licenziare un lavoratore segnalando una causa di tipo economico oppure disciplinare per nascondere invece un motivo diverso legato ad una forma di discriminazione (ad esempio per il credo religioso). È il giudice che dopo aver analizzato il singolo caso identifica il tipo di licenziamento e interviene per far applicare la legge prevista in casi di licenziamenti illegittimi.

109 LICENZIAMENTI COLLETTIVI

Per quanto riguarda i licenziamenti collettivi, in base al decreto, in caso di violazione delle procedure (art. 4, comma 12, legge 223/1991) o dei criteri di scelta (art. 5, comma 1), si applica sempre il regime dell’indennizzo monetario che vale per gli individuali (da un minimo di 4 ad un massimo di 24 mensilità). In caso di licenziamento collettivo intimato senza l’osservanza della forma scritta la sanzione resta quella della reintegrazione, così come previsto per i licenziamenti individuali.

Le nuove discipline previste dal decreto si applicano anche ai datori di lavoro che svolgono senza fine di lucro attività di natura politica, sindacale, culturale, di istruzione oppure di religione o di culto. Per le piccole imprese la reintegra resta solo per i casi di licenziamenti nulli e discriminatori e intimati in forma orale. Negli altri casi di licenziamenti ingiustificati è prevista un’indennità crescente di 1 mensilità per anno di servizio con un minimo di 2 e un massimo di 6 mensilità.

In caso di licenziamento dei lavoratori, al fine di evitare di andare per vie legali, il datore di lavoro può offrire al lavoratore, entro i termini di impugnazione stragiudiziale del licenziamento, un importo di ammontare pari a una mensilità per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a due e non superiore a 18 mensilità, mediante consegna al lavoratore di un assegno circolare. Questa somma in denaro non costituisce reddito imponibile ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e non è assoggettato a contribuzione previdenziale. L’accettazione dell’assegno da parte del lavoratore comporta l’estinzione del rapporto di lavoro alla data del licenziamento e la rinuncia alla impugnazione del licenziamento.

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3.2.2

DECRETO

SUGLI

AMMORTIZZATORI

SOCIALI

Il decreto prevede un sostanziale riordino della normativa in materia di ammortizzazioni sociali in caso di disoccupazione involontaria e di ricollocazione dei lavoratori disoccupati. Il minimo comune denominatore di queste forme di ammortizzatori sociali è il richiamo al c. 2 dell’art. 38 della Costituzione in quanto destinatari saranno i soggetti che hanno perso il posto di lavoro involontariamente. Danno diritto al sostegno anche le dimissioni rassegnate per maternità, per giusta causa, per molestie sessuali nei luoghi di lavoro, per mancato pagamento della retribuzione, per mobbing e per comportamento ingiurioso del superiore gerarchico verso il dipendente. La prestazione interviene anche in caso di risoluzione consensuale del rapporto di lavoro se dovuta al trasferimento del dipendente ad una sede distante 50 km dalla sua residenze o alla procedura conciliativa.

Le principali misure, oggetto della normativa, in tema di ammortizzatori sociali sono:

NASPI

La NASPI (Nuova prestazione di Assicurazione Sociale per l’Impiego), in sostituzione degli attuali sussidi di disoccupazione (Aspi e mini-Aspi), è disciplinata dall’art. 1 dello schema di decreto legislativo in attuazione della L. n. 183/2014.Destinatari sono i lavoratori dipendenti, con esclusione dei dipendenti a tempo

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indeterminato delle pubbliche amministrazioni e gli operai agricoli a tempo determinato o indeterminato.

I lavoratori beneficiari devono presentare, altresì, i seguenti requisiti: devono aver perso involontariamente il posto di lavoro, per un periodo temporale proporzionale alla storia contributiva del lavoratore, fino ad un massimo di 24 mesi per chi abbia lavorato negli ultimi quattro anni, che diventeranno 18 mesi dal 1° gennaio 2017.

L’importo di questo ammortizzatore sociale è rapportato alla retribuzione imponibile ai fini previdenziali degli ultimi quattro anni. L’indennità mensile è pari al 75% dello stipendio (se questo è pari o inferiore a 1.195 euro nel 2015, cifra poi rivalutata annualmente); se la busta paga invece è superiore, l’importo della Naspi cresce fino a un massimo di 1.300 euro. La Naspi viene erogata mensilmente, per un numero di settimane pari alla metà delle settimane di contribuzione degli ultimi quattro anni. Ai fini della durata, non sono considerati i periodi contributivi che hanno già garantito l’erogazione delle prestazioni di disoccupazione. L’indennità viene ridotta progressivamente nella misura del 3% al mese a decorrere dal primo giorno del quarto mese di fruizione.

Per usufruire di questo particolare ammortizzatore sociale, la domanda deve essere inviata all'INPS in via telematica, entro il termine di decadenza pari a 68 giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro.

La Naspi è condizionata alla permanenza dello stato di disoccupazione e alla partecipazione costante e regolare alle iniziative di attivazione lavorativa, nonché ai percorsi di riqualificazione professionale proposti dai servizi competenti.

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Il lavoratore avente diritto alla Naspi può avvalersi della liquidazione anticipata in un’unica soluzione presentando all'Inps, a pena di decadenza, domanda di partecipazione in via telematica entro 30 giorni dalla data di inizio dell’attività lavorativa.

Il decreto distingue le conseguenze per il lavoratore che instauri un rapporto di lavoro subordinato o intraprenda un’attività lavorativa autonoma in corso di fruizione della Naspi.

Nel caso di lavoro subordinato:

- se il reddito annuale è superiore al reddito minimo escluso da imposizione: la prestazione decade;

- se il reddito è inferiore: la prestazione resta in vigore.

Nel caso di lavoro autonomo:

- se il reddito è inferiore al limite utile ai fini della conservazione dello stato di disoccupazione: deve dichiarare all’INPS, entro un mese dall’inizio dell’attività, il reddito annuo che prevede di trarne, con riduzione pari all’80% del reddito previsto; dopo la presentazione della dichiarazione dei redditi l’Istituto ricalcolerà la riduzione di cui sopra.

ASDI

L’ASDI (Assegno di disoccupazione) è uno degli ammortizzatori sociali, introdotto in via sperimentale e disciplinato dall’art. 16 del decreto di attuazione della L. n. 183/2014.

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Destinatari dell’ASDI sono: coloro che abbiano esaurito la Naspi per l’intera sua durata entro il 31 dicembre 2015; si ritrovino senza occupazione; si trovino in condizioni di grave difficoltà economica. Sarà erogato, a partire dal 1° maggio 2015, per una durata massima di sei mesi e per un importo pari al 75% dell’ultimo trattamento percepito ai fini della Naspi.

L’importo dell’Assegno di disoccupazione sale invece in base al carico familiare del lavoratore, la misura dell’aumento verrà però stabilità da un apposito decreto attuativo che il governo emanerà. La corresponsione è subordinata all'adesione obbligatoria ad un progetto personalizzato redatto dai Centri per l’Impiego, pena la decadenza dal beneficio.

Al finanziamento dell’ASDI si provvede mediante le risorse del Fondo istituito nello stato di previsione del Ministero del Lavoro e delle politiche sociali, che consta di 200 milioni per il 2015 e di 200 milioni per il 2016.