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Per dissezione aortica si intende un evento patologico in cui il sangue lascia il normale lume del vaso, generalmente, attraverso una breccia della tonaca intima che ne dissocia le strutture lamellari producendo un falso lume, ma la dissezione della media accade anche in assenza di un danno intimale. È considerata dissezione aortica acuta quando il processo è iniziato da meno di 14 giorni, contrariamente è detta dissezione cronica. La precisa incidenza di questa patologia è spesso sottostimata, in virtù del fatto che molti casi rimangono non diagnosticati a causa della morte improvvisa che determina la stessa (circa il 2-3%); si stima che nella popolazione globale si attesti attorno a 3 casi per 100.000 persone l’anno78. Più colpito è il

sesso maschile in rapporto variabile da 2:1 a 4:179, rapporto che tende a pareggiarsi verso i 75

anni dove l’incidenza nei due sessi risulta pressoché uguale80. Il 90% dei pazienti sono uomini

tra i 40 e i 60 anni aventi come principali fattori di rischio l’ipertensione, anomalie vascolari, malattie del tessuto connettivo o patologie infiammatorie a carico dell’aorta.

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L’ematoma intramurale è invece una situazione considerata da molti precursore della patologia dissecante, originante dalla rottura dei vasa vasorum aortici che possono essere origine del danno anche in assenza di rottura intimale81. Questo coinvolge l’aorta ascendente

nel 30% dei casi, l’arco nel 10% e l’aorta discendente nel 60-70%82.

Eziopatogenesi

Come presentato nel precedente capitolo 3.1 per i fattori di rischio dell’aneurisma, l’aortopatia degenerativa e in secondo luogo malattie genetiche del connettivo, sono le più importanti cause di patologia aortica.

Figura 17

Per quanto riguarda l’aortopatia degenerativa, la degenerazione medio cistica è il quadro istologico che si presenta in circa il 20% dei pazienti con dissezione83. In questo caso

l’ipertensione rappresenta un nesso fondamentale poiché è essa stessa causa dell’aortopatia degenerativa e, allo stesso tempo, possibile occasione di lacerazioni dell’intima e inizio del processo di dissecazione.

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Le patologie del connettivo precedentemente descritte rientrano tutte in causa per l’origine di questa patologia; in particolare, dal 20 al 40% dei pazienti con sindrome di Marfan, sviluppa dissezione dell’aorta ascendente o dell’arco81.

Altre possibili cause sono rappresentate da bicuspidia aortica, che secondo uno studio di Larson ed Edwards ha un rischio 9 volte più frequente di sviluppare dissezione83, coartazione

aortica e la gravidanza, che, per motivi non del tutto chiariti, può portare alla dissezione

dell’aorta o dei suoi rami.

Per quanto riguarda l’origine dell’ematoma intramurale, l’ipotesi di Gore è quella che derivi dalla rottura di una placca aterosclerotica o dalla spontanea lacerazione dei vasa vasorum84.

Una volta creatosi il danno nella tonaca intima, avviene lo slaminamento fra i due terzi interni ed il terzo esterno della tonaca muscolare; a questo punto il sangue prosegue sia in direzione anterograda che retrograda formando un falso lume. La raccolta ematica tende a farsi strada rompendo una seconda volta la parete arteriosa, o a livello nuovamente dell’intima, formando in questo caso una breccia di rientro con cronicizzazione della dissezione, o a livello del versante avventiziale, con conseguente exitus del paziente quasi inevitabile.

Classificazione

Due sono le classificazioni della dissezione aortica universalmente utilizzate in cardiochirurgia. La prima introdotta da DeBakey85, successivamente modificata da Reul e Cooley86 con

l’introduzione dei sottotipi IIIa e IIIb, prevede la divisione in tre gruppi:

I. Quando il danno intimale è localizzato nella porzione prossimale dell’aorta ascendente e la dissezione coinvolge l’aorta ascendente, arco e discendente;

II. Quando è solo l’aorta ascendente implicata e la dissezione termina prossimalmente ai vasi brachiocefalici;

III. Quando la dissezione coinvolge il tratto toracoaddominale e occasionalmente si estende fino alle arterie iliache.

IIIa. Si presenta coinvolta solo l’aorta discendente toracica; IIIb. Si presenta coinvolta l’aorta discendente toracoaddominale.

La seconda classificazione, oggi maggiormente usata, è quella proposta dalla Stanford University87 che semplifica in solo due casi:

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Tipo A. in tutti i casi in cui è coinvolta l’aorta ascendente con o senza l’interessamento dell’arco e dell’aorta discendente (corrispondenti a DeBakey I e II);

Tipo B. nei casi in cui è coinvolta solo l’aorta discendente o l’arco aortico in senso retrogrado ma l’aorta ascendente non è mai coinvolta (corrispondenti a DeBakey III).

35 Storia naturale

La dissezione aortica acuta è un evento drammatico e la storia naturale dei pazienti è primariamente in relazione al tipo e all’estensione della patologia, nonché alla natura e severità delle complicanze che ne potrebbero conseguire.

Nei pazienti con dissezione del tipo A di Stanford vi è un bassissimo tasso di sopravvivenza che nella fase iniziale è inferiore al 40%, che poi costantemente cala; il rischio di mortalità ha dunque un rapido decremento in fase precoce seguito da un plateau. Nel tipo B di Stanford, invece, la sopravvivenza iniziale si aggira intorno al 90%, rimanendo costante per i successivi due anni, registrando infine un brusco calo a causa di un incremento del rischio di mortalità. Infatti il coinvolgimento dell’aorta ascendente o dell’arco è il principale fattore di rischio della morte precoce nei pazienti con dissezione acuta. L’ipertensione è un altro fattore che incide sfavorevolmente sulla prognosi così come le dimensioni dell’aorta dissecata88. Al contrario, la

completa o quasi trombosi del falso lume sembra ridurre il rischio di susseguente rottura e morte89.

Figura 19

La maggior parte dei pazienti soccombe a causa della rottura del falso lume nella fase acuta con conseguente emopericardio e tamponamento cardiaco. Altre possibili conseguenze della dissezione possono essere: la rottura del setto interatriale con conseguente ematoma che potrebbe esitare in una fistola tra aorta e atrio destro o il blocco della conduzione senoatriale; estensione della dissezione lungo le coronarie con occlusione delle stesse e quindi infarto miocardico acuto; distorsione delle commissure aortiche e conseguente insufficienza valvolare. Le complicanze in fase tardiva possono sopraggiungere per la rottura del vaso o a causa di disfunzione d’organo secondaria all’occlusione di rami collaterali, in particolare,

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quando è coinvolto l’arco o la discendente, la complicanza principale è l’estensione della dissezione o l’occlusione dei tronchi sovraortici. I pazienti che sopravvivono all’evento acuto continuano ad avere un aumentato rischio di mortalità poiché, data la persistenza del falso lume, che va gradualmente incontro a dilatazione aneurismatica, rischia di rompersi anche mesi o anni dopo l’episodio acuto. Inoltre una nuova dissezione può coinvolgere tratti di aorta adiacenti a quello colpito precedentemente.

Clinica

Il quadro clinico dei pazienti con dissezione aortica si presenta molto complesso, occorre quindi notevole esperienza e pronto inquadramento diagnostico per un rapido intervento che migliori le chance di sopravvivenza del paziente. Nella dissezione acuta il sintomo più frequentemente riportato è un dolore, a volte riferito come lancinante, altre come trafittivo o generalizzato, in sede interscapolare, ma può essere presente anche in sede precordiale, irradiato al collo o alle braccia. Per questo motivo la diagnosi differenziale può essere confusa con sindromi coronariche acute. Altri segni e sintomi della dissezione possono essere causati dall’occlusione dei maggiori collaterali aortici; come precedentemente detto l’occlusione dei tronchi sovraortici può causare sincope o ictus dal 5 al10% dei pazienti con dissezione di tipo I90. Nel 30% dei casi, una dissezione coinvolgente l’arteria succlavia sinistra, può portare alla

perdita di polso, pallore ed infine ischemia dell’estremità dell’arto superiore. In una percentuale ancora inferiore di pazienti (dal 2 al 5%), a causa della separazione dal lume aortico delle arterie intercostali, si può sviluppare paraplegia91. Oliguria o anuria si presentano

con l’occlusione dell’origine delle arterie renali.

3.3 Aortiti

In generale il termine aortite indica un quadro patologico che prevede l’infiammazione della parete aortica; alcune di queste sono esclusive dell’aorta, ma in altri casi il processo vasculitico si estende anche ai rami maggiori. Il coinvolgimento nel processo infiammatorio dell’aorta ascendente è, come già descritto, responsabile dell’insorgenza di aneurismi e dissezioni. Tuttavia, recenti studi, cercano di collocarle in un quadro patologico a sé stante per consentire una diagnosi precoce e quindi garantire possibilità terapeutiche che possano evitare l’intervento chirurgico o migliorare l’outcome post operatorio.

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L’epidemiologia delle aortiti, come distinte entità, si basa su pochi studi. Le vasculiti hanno una distribuzione mondiale con maggior prevalenza fra gli asiatici; in uno studio condotto in Giappone si è rilevata un’incidenza di 0,01 per 100.000 persone all’anno92, mentre negli Stati

Uniti e in Europa l’incidenza si attesta a 1-3 nuovi casi per milione di abitanti l’anno.

In uno studio condotto da Rojo-Leyva e colleghi, eseguito su 1204 pazienti sottoposti a chirurgia dell’aorta, si è rilevato che 168 (14%) avevano un’infiammazione dell’aorta e 52 (4,3%) erano affetti da un’aortite idiopatica93. Più recentemente, in un’analisi della Cleveland

Clinic, condotta da Svensson e colleghi su 7551 casi, si è riscontrato che il 12% di essi erano colpiti da aortite infiammatoria94. Rimane comunque significativa la quota di pazienti

asintomatici per i quali è difficile individuarne l’incidenza nella popolazione generale; per questo è importante la ricerca di nuovi markers (di imaging e biologici) che consentano una diagnosi precoce.

Eziopatogenesi

Ad oggi, la classificazione eziologica delle aortiti, è ancora in fase di elaborazione poiché non ne esiste una generalmente accettata da tutti gli autori.

Una classificazione proposta da Bossone et al.95 suggerisce la divisione in due gruppi, in base

38 Figura 20 Eziologia delle aortiti secondo Bossone95.

Nel gruppo delle aortiti non infettive, le più comuni forme sono le precedentemente descritte

arterite a cellule giganti e malattia di Takayasu che, se pur rare, hanno una prevalenza di circa

220 casi per milione di abitanti in Gran Bretagna96.

La prima, più frequente in donne caucasiche con età maggiore ai 50 anni, è spesso clinicamente silente fino allo sviluppo di aneurisma o dissezione; alcuni studi post mortem e di imaging suggeriscono che questa aortite potrebbe essere più frequente di quanto ci si aspetti essendo stata rinvenuta in quasi la metà dei casi97. Nella malattia di Takayasu invece,

per il frequente coinvolgimento dei tronchi sovraortici, la comparsa di sintomi è più precoce; in questa patologia, che colpisce più frequentemente donne asiatiche con meno di 40 anni, l’infiammazione può progressivamente occludere il lume dei vasi secondariamente all’ispessimento intimale e coinvolgere l’aorta, specialmente quella addominale, con stenosi o aneurisma. Altri tipi di aortite appartenenti a questo gruppo sono associate alla malattia di

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Behçet, alla spondilite anchilosante, alla sindrome di Cogan e alla recentemente descritta Aortite IgG4-correlata.

Un sottogruppo particolare delle periaortiti croniche include la fibrosi retroperitoneale

idiopatica, l’aneurisma addominale infiammatorio, che hanno la peculiarità di essere limitate

ai tessuti periaortici, altri casi correlati possono essere disturbi neoplastici, traumi, chirurgia o radioterapia, o secondari all’assunzione di alcune droghe. Nello specifico la sindrome post

impianto è una condizione osservata dopo il trattamento endovascolare per aneurismi aortici

che consiste in una fase infiammatoria acuta, 48-72 ore dopo la procedura, con emoculture negative, leucocitosi, incremento della PCR e disturbi della coagulazione98.

Il gruppo delle aortiti infettive colpisce prevalentemente anziani e soggetti con placche aterosclerotiche o aneurismi che favoriscono un’infezione secondaria. In uno studio della Mayo Clinic, condotto su 29 casi tra 1976 e il 1999, è stato riscontrato che i principali agenti infettivi coinvolti sono batteri Gram-positivi (Stafilococco, Enterococco e Streptococco) e

bacilli Gram-negativi (specialmente Salmonella)99che hanno soppiantato l’aortite luetica,

causata da Treponema Pallidum, principale responsabile delle aortiti in epoca pre-antibiotici. Eccezionalmente si sono osservate aortiti causate da Mycobacterium Tubercolosis nei paesi in via di sviluppo100. Aortiti di origine micotica sono rare e non devono essere confuse con gli

aneurismi micotici, che descritti nel 1885 da William Osler a cui fu data una definizione sbagliata per la morfologia simil-micotica di aneurismi infettivi in pazienti con endocardite. Anche altri autori quali Maleszwski101, Gornik e Creager102, hanno esposto una classificazione

delle aortiti in base alla loro eziologia infettiva o non infettiva, descrivendo le principali caratteristiche antomo-patologiche e cliniche.

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Aortiti non infettive

Aspetti Clinici Caratteristiche anatomo-

patologiche Aortite a cellule giganti

Più frequente in donne con età > 50 anni.

Può manifestarsi con cefalee, claudicatio o perdita del visus

Infiltrato infiammatorio granulomatoso, coinvolgente la

tonaca media, con un numero variabile di cellule multinucleate

giganti. Può presentare inoltre infiltrato linfoplasmocitico

Aortite di Takayasu

Frequente in donne asiatiche con età minore di 50 anni. Può decorrere asintomatica o con complicazioni come TIA o ictus.

Nella fase acuta appare identico alla GCA. Nella fase cronica vi è una sostituzione fibrosa di aree

della tonaca media con inspessimento fibrotico

dell’intima.

Granulomatosi con Poliangioite

Si presenta in pazienti tra i 65 e i 70 anni senza prevalenza di sesso.

Compare in maniera sistemica colpendo polmoni, reni, testa e

collo.

Inspessimento periaortico o avventiziale, necrosi a carta

geografica e infiltrato granulomatoso nella tonaca media. Possono essere presenti cellule giganti multinucleate ed essere coinvolti anche i vasa

41 Sarcoidosi

Colpisce pazienti tra i 20 e i 40 anni con un interessamento

multiorgano.

Infiltrato granulomatoso senza segni di necrosi spesso associato a fibrosi nella tonaca avventizia o

nei tessuti periaortici.

Aortite IgG4 correlata

Tipica di pazienti con età superiore ai 50 anni. Può comparire in maniera asintomatica o correlata ad altre

patologie come pancreatite autoimmune, colangite

sclerosante, fibrosi retroperitoneale, ecc.

Presenza di elevati livelli sierici di IgG4. Comparsa di infiammazione non granulomatosa associata a

fibrosi storiforme nel contesto della parete aortica

Aortiti infettive

Aortite sifilitica

Tipica dello stadio tardivo della sifilide e spesso associata a insufficienza valvolare aortica.

Infiltrati linfoplasmocitici predominanti nella tonaca media

e avventizia, talvolta associati a endoarterite obliterativa dei vasa

vasorum aortici.

Aortite piogenica

Causata da microrganismi come

Stafilococco aureo, Streptococco spp, Salmonella spp o altri batteri

Gram - e raramente miceti.

Presenza di neutrofili e danno vascolare.

Figura 21 Principali aspetti clinici e anatomo-patologici delle aortiti secondo Maleszwski101.

42 Classificazione

Come precedentemente detto, la classificazione delle aortiti non è univoca ed è dibattuta da diversi autori. Una classificazione morfologica, che prende in considerazione la localizzazione della patologia nell’ albero aortico, è stata suddivisa in 4 sottogruppi94,95:

• Tipo I: l’aortite coinvolge la maggior parte dell’aorta ascendente, l’arco e una lunghezza variabile dell’aorta discendente o toraco-addominale. I tronchi sovraortici sono variabilmente coinvolti ma spesso la carotide è compromessa fino alla biforcazione.

• Tipo IIa: le lesioni vascolari sono confinate all’aorta ascendente e i rami prossimali sono variamente interessati.

• Tipo IIb: contiene aspetti del tipo IIa con focale compromissione dell’aorta discendente.

• Tipo III: la patologia coinvolge l’aorta discendente e toraco-addominale con variabile implicazione dei rami sovraortici e delle arterie renali. Può coesistere dilatazione, ateroma o aterosclerosi.

• Tipo IV: include un gruppo di aneurismi infiammatori sotto diaframmatici con variabile interessamento delle arterie viscerali.

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A livello anatomopatologico si classificano le aortiti in base a 4 pattern, definiti secondo il Consensus statement sulle patologie chirurgiche dell’aorta, in base alla composizione dell’infiltrato infiammatorio e alla presenza di necrosi103:

• Pattern composto da infiltrati gigantocellulari granulomatosi che consistono in agglomerati di macrofagi epitelioidi attivati con spesso presente anche una componente linfoplasmocitica. Aree di necrosi possono essere presenti e indicative di patologie sottostanti quali la Vasculite reumatoide o la arterite di Takayasu; in caso di ritrovamento clinico-sierologico di microrganismi, può essere ricondotto anche a infezione micobatterica o micotica. Se nei granulomi è assente la necrosi, questo quadro può essere suggestivo di sarcoidosi.

• Pattern di aortite composto da linfoplasmociti senza componente granulomatosa. Meno comune del precedente, è primariamente associato a infiammazioni sifilitiche o IgG4-correlate.

• Pattern di aortite flogistico misto in cui sono rilevate sostanziale quantità di molti tipi di cellule infiammatorie: macrofagi linfociti, plasmacellule, eosinofili, mastociti e neutrofili. La componente granulomatosa non è presente in questi casi, al contrario della necrosi, che vi è spesso associata. Questo pattern infiammatorio è suggestivo di patologie quali la sindrome di Cogan, la malattia di Behçet o la policondrite recidivante.

• Pattern con infiltrato di neutrofili con estesa necrosi associata. Questo aspetto istologico suppurativo è largamente associato ad infezioni batteriche e, in rari casi, funginee.

Per le aortiti che non rientrano in questi pattern classificativi, è raccomandata la descrizione degli aspetti dell’infiltrato infiammatorio, includendo i tipi di cellule presenti, la presenza ed estensione della necrosi o di aree cicatriziali.

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Figura 23 Pattern infiammatori per aortiti e periaortiti. (A–C) Pattern granulomatosi/ a cellule giganticomposto da gruppi di macrofagi epitelioidi (A), cellule giganti (B), e/o granulomi compatti e ben formati (C). (D) Pattern linfoplasmocitico. (E) Pattern infiammatorio misto. (F) Pattern suppurativo.

Storia naturale

La progressione delle aortiti è ad oggi un fatto abbastanza sconosciuto, infatti un gran numero di casi asintomatici e la relativa modernità delle tecniche diagnostiche non ha consentito una chiara definizione della storia naturale di questa patologia. Come sappiamo le aortiti sono tra le principali cause di aneurisma ma anche dissezione, ematoma intramurale e trombosi dell’aorta.

In uno studio, condotto da Subramanyan e colleghi su 88 pazienti affetti da aortite di Takayasu, sono state rilevate quattro maggiori complicanze dell’aortite: ipertensione (presente nel 76%), retinopatia (52%), formazione di aneurismi (18%) e insufficienza aortica (24%). Altre

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complicanze diagnosticate sono: insufficienza mitralica (11%), cardiomiopatia dilatativa (4%) fino allo scompenso cardiaco o alla disfunzione ventricolare104.

La progressione della malattia è stata studiata da Ishikawa che, prendendo in considerazione i valori della VES, ha valutato che l’intervallo fra la diagnosi e la comparsa delle complicanze fosse relativamente breve (8,2 anni). Inoltre ha valutato che il decesso o la comparsa di eventi acuti durante il follow up non è sempre dipendente dalla severità della VES alla diagnosi105.

Clinica

L’aortite non presenta segni specifici se non quelli dovuti alle complicanze; infatti dolore toracico, perdita di polso periferico, deficit neurologici, o altri sintomi vascolari si possono presentare all’insorgenza della dissezione o alla rottura dell’aneurisma. Altre manifestazioni non specifiche, come febbre, perdita di peso e alterazioni dello stato generale possono comparire nel quadro clinico. Quando l’aorta ascendente è coinvolta con una dilatazione, può comparire un soffio da rigurgito aortico accompagnato a un polso piccolo e tardo.

Pur non esistendo analisi del sangue specifiche, alti valori di VES e PCR, possono porre sospetto nella diagnosi, tuttavia questi valori possono risultare alterati anche in molte altre patologie, in particolare reumatiche e neoplastiche. La miosina del muscolo liscio è stata dimostrata elevata in pazienti con danno della parete aortica anche se, a causa della bassa specificità, l’uso clinico per le aortiti non è ottimale106.

In caso di aortite infettiva, risulta importante identificare, tramite emoculture, il patogeno. Esse risultano positive nel 50-85% dei pazienti, mentre nel 76% il microrganismo può essere isolato. La pentaxina-3 (PTX3) è un nuovo promettente biomarker di aortite infiammatoria che appartiene alla famiglia delle pentaxine come la PCR ed è selettivamente prodotta da cellule vascolari endoteliali, macrofagi e neutrofili. Un recente studio di Ishihara et al., hanno dimostrato che ITX3 è più specifico di PCR nell’infiammazione delle arterie. Inoltre i livelli di PTX3 si sono dimostrati non correlati con la dose di steroidi (usati nel trattamento di vasculiti), suggerendo che questo biomarker riflette l’attività della patologia107. In una recentissima

review sui biomarkers sierologici per arterite gigantocellulare, vengono indicati tra i parametri da ricercare, oltre VES e PCR, anche fibrinogeno, aptoglobina e amiloide sierica A, proponendo che la misurazione seriata delle proteine di fase acuta potrà, nel prossimo futuro, fornire una base solida per la diagnosi di questa patologia. Nello stesso lavoro sono inoltre proposti innumerevoli parametri che possono venire utilizzati per la diagnosi e il monitoraggio a lungo

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termine, derivanti dall’utilizzo di metodiche immunologiche quali ELISA e tecnologia Luminex xMAP108.

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