• Non ci sono risultati.

Incidenza delle aortiti nella patologia dell'aorta ascendente: studio basato sull'analisi clinico patologica di espianti chirurgici

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Incidenza delle aortiti nella patologia dell'aorta ascendente: studio basato sull'analisi clinico patologica di espianti chirurgici"

Copied!
96
0
0

Testo completo

(1)

1

Dipartimento di Ricerca Traslazionale e delle Nuove Tecnologie in Medicina e Chirurgia Direttore Prof. Gaetano Pierpaolo Privitera

Dipartimento di Patologia Chirurgica, Medica, Molecolare dell’area critica Direttore Prof. Riccardo Zucchi

Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale Direttore Prof. Corrado Blandizzi

CORSO DI LAUREA IN MEDICINA E CHIRURGIA

Incidenza delle Aortiti nella patologia dell’aorta toracica

ascendente: studio basato sull’analisi clinico patologica di

espianti chirurgici

Relatore

Candidato

Prof. Uberto Bortolotti

Paolo Ballestracci

(2)
(3)

3

INDICE

1. Introduzione

1.1 Storia della chirurgia dell’aorta toracica

2. Anatomia Aorta

2.1 Macroscopica 2.2 Istologia

3. Patologie dell’aorta toracica

3.1 Aneurismi 3.2 Dissezioni 3.3 Aortiti

4. Tecniche diagnostiche

4.1 Radiografia del torace 4.2 Tomografia computerizzata 4.3 Risonanza magnetica

4.4 Ecocardiografia transtoracica e transesofagea 4.5 Tomografia ad emissione di positroni

5. Trattamento chirurgico

5.1 Indicazioni

5.2 Tecniche chirurgiche

5.3 Una importante innovazione: la Protesi Valsalva 5.4 Prospettive future

6. Esperienza della Cardiochirurgia di Pisa: Le aortiti in pazienti con aneurisma dell’aorta ascendente 6.1 Introduzione 6.2 Materiali e Metodi 6.3 Risultati 6.4 Discussione 6.5 Conclusioni 6.6 Appendice Bibliografia

(4)

4

1. Introduzione

La chirurgia del cuore e dei grandi vasi ha da sempre rappresentato un’ardua sfida, che ogni chirurgo, fino ai primi del novecento, riteneva pressoché impossibile affrontare. Nello specifico la chirurgia dell’aorta ascendente è strettamente legata alla crescita della cardiochirurgia che, a differenza di altre branche della chirurgia, ha vissuto un articolato sviluppo durante tutto il Novecento e ha portato a comprendere le complessità della fisiologia del cuore permettendo, grazie allo sviluppo di nuove tecniche e tecnologie, interventi creduti impossibili anche dai più illustri chirurghi dell’ottocento.

Storia della chirurgia dell’aorta toracica

Nella seconda metà del diciannovesimo secolo la chirurgia ha subito una notevole svolta grazie all’introduzione di due fondamentali metodologie: l’anestesia e l’antisepsi.

L’uso dell’anestesia si diffuse dopo la pubblica dimostrazione dell’anestesia con etere avvenuta il 16 Ottobre 1846 al Massachusetts General Hospital di Boston: l’odontoiatra William Green Morton indusse l’anestesia generale in un paziente di 20 anni durante un intervento di rimozione di una malformazione vascolare al collo, eseguito dallo scettico dottor John Collins Warren, che dopo l’intervento esclamò sorpreso ai numerosi presenti: “Signori,

qui non c’è alcun inganno”1.

L’antisepsi fu adottata in chirurgia soprattutto per l’opera di Joseph Lister, all’epoca professore di chirurgia all’Università di Glasgow. Quest’ultimo, nel 1867, pubblicò una serie di articoli su Lancet con i risultati dei suoi esperimenti eseguiti con varie soluzioni di acido fenico o fenolo che, cosparso su ferite, medicazioni e strumenti chirurgici, riduceva l’insorgenza di complicanze infettive post operatorie2. Inoltre obbligò i chirurghi a lavarsi le mani prima di

ogni intervento e fece spruzzare nell’aria soluzioni antisettiche per purificare l’ambiente delle sale operatorie. Come avvenne anche per Ignaz Semmelweis, che per primo propose semplici misure igieniche per far fronte alla febbre puerperale alla Clinica Ostetrica di Vienna3, i suoi

metodi non furono inizialmente riconosciuti, anzi vennero derisi dalla comunità scientifica. Negli anni successivi, la validità delle sue teorie fu confermata, oltre che dai notevoli risultati clinici, anche dalle scoperte nel campo della batteriologia di Robert Koch, premio Nobel per la medicina 1905.

(5)

5

Da allora tali metodiche furono universalmente adottate in Europa e in Nord America e ogni campo della chirurgia ebbe un grande impulso con l’affermazione di varie scuole chirurgiche alle quali fanno ancora riferimento metodologie attuali.

Tra queste si possono citare: la scuola di chirurgia dell’Università di Vienna di Christian Albert Theodor Billroth, grande pioniere nell’ambito della chirurgia addominale; la scuola di chirurgia dell’Università di Berna del Professor Emil Theodor Kocher, premio Nobel per la medicina nel 1909 grazie ai i suoi studi sulla fisiologia della tiroide; il Royal College of Surgeons in Gran Bretagna, nel quale spiccò Sir James Paget.

Di contro, la cardiochirurgia non ebbe in questi anni nessun impulso. Come testimoniato dalle parole di due dei massimi esponenti della chirurgia dell’ottocento, il citato professor Billroth e l’inglese Sir Stephen Paget, figlio del predetto James, veniva diffidato chiunque avesse osato praticare la chirurgia cardiaca. Il Professor Billroth, nel 1883, appunto, diceva: “Un chirurgo

che tenti di suturare il cuore merita di perdere la stima dei propri colleghi”, mentre Sir Paget,

conosciuto per la “Seed and soil theory” sulla diffusione delle metastasi, pochi anni dopo ribadiva con queste parole: “Con la pretesa di operare il cuore, la chirurgia ha raggiunto i limiti

imposti dalla natura e nessun nuovo metodo o scoperta potrà superare le difficoltà che aspettano il gesto chirurgico sul cuore”.

Nel caso specifico questi influenti personaggi del mondo della chirurgia non furono per nulla lungimiranti. Infatti il 9 settembre 1896, a Francoforte sul Meno il dottor Ludwig Rehn eseguì quello che è generalmente considerato il primo intervento cardiochirurgico della storia: egli suturò una lacerazione della lunghezza di circa un centimetro e mezzo sulla superficie cardiaca di un giovane giardiniere colpito da una coltellata al torace durante una rissa4.

Nonostante ciò dovettero trascorrere molti decenni prima che si sviluppassero tecniche e tecnologie affinché la cardiochirurgia si affermasse arrivando alla realtà attuale. Di fondamentale importanza è l’opera di due medici, Alexis Carrel e Karl Landsteiner, entrambi Nobel per la medicina, i quali, a cavallo del ‘900, introdussero rispettivamente, la sutura dei vasi sanguigni e le trasfusioni di sangue. Interventi a cuore chiuso furono proposti in quegli anni da Eliott Cutler e Henry Souttar per la correzione della stenosi mitralica reumatica5,6

affrontata e migliorata negli anni ’40 dello scorso secolo da Charles Bailey, Dwight Harken e Russell Brock.

Anche se queste metodologie furono imprescindibili per la crescita dalla cardiochirurgia, non si ebbe accesso alle le cavità cardiache fino all’introduzione della circolazione extracorporea,

(6)

6

fondamentale per lo sviluppo della cardiochirurgia moderna. Essa è attribuita a John “Jack” Gibbon che dal 1930 al Massachussetts General Hospital negli Stati Uniti, ideò ed iniziò a sperimentare, insieme alla moglie Mary Hopkinson, una macchina che consentisse una circolazione artificiale e l’ossigenazione del sangue. Con l’aiuto ingegneristico della IBM, Gibbon riuscì a costruire nel 1949 la macchina Gibbon-IBM modello I, presto seguita dal modello II, che ne migliorava le prestazioni di ossigenazione7; nel maggio del 1952 Gibbon

presentò l’esito degli esperimenti con tale macchina all’American Association for Thoracic Surgery.

Grazie alla circolazione extracorporea, Gibbon eseguì, il 16 maggio 1953 a Philadelphia, il primo intervento, con esito positivo, su una ragazza di 18 anni, affetta da gravissimo scompenso cardiaco, alla quale era stato diagnosticato un difetto interatriale. L’anno precedente, il medesimo intervento su una bambina di 15 mesi, non ebbe successo a causa dell’errore nella diagnosi (dall’autopsia venne riscontrato che invece di un difetto interatriale vi era un grosso dotto arterioso pervio).

Da citare, negli stessi anni, i lavori di Michael DeBakey, che ideò una pompa di tipo roller per la trasfusione diretta del sangue e la macchina costruita dal Alexis Carrell e Charles Lindbergh per la perfusione degli organi isolati, entrambi, come affermato dallo stesso Gibbon8 ,di

ispirazione per la sua opera.

Negli anni successivi vi furono continui miglioramenti e ricerche, in particolare quelle di Wilfred Bigelow sull’ipotermia durante la circolazione extracorporea, di Dogliotti-Costantini per quanto riguarda l’ossigenazione e di molti altri; rilevante l’impronta di Clarence Walton Lillehei che ideò ed eseguì la circolazione crociata e successivamente, insieme a Richard De Wall, costruì il sistema pompa-ossigenatore elicoidale, ridisegnata da Denton Cooley con la sua famosa “coffee pot”. Entro la fine del 1956 molti centri negli Stati Uniti ed in Europa crearono programmi di cardiochirurgia in circolazione extracorporea che portò alla rapida diffusione di questa tecnica e diede un notevole impulso alla realtà delle moderne tecniche di cardiochirurgia a cuore aperto.

Entrando nello specifico della chirurgia dell’aorta, possiamo individuare il primo grosso contributo alla moderna chirurgia degli aneurismi in Rudolph Matas che nel 1902 a New Orleans descrisse l’intervento di endoaneurismoraffia9 divenendo un’autorità riconosciuta nel

campo della chirurgia vascolare. In precedenza, già altre tecniche erano state sperimentate da John Hunter, sir Astley Cooper e Alfonso Corradi, che basarono la loro azione sulla legatura

(7)

7

o coagulazione dell’aneurisma. Tra la fine degli anni ’40 e l’inizio degli anni ’50 ebbe discreta diffusione una tecnica che prevedeva il tentativo di prevenire la rottura dell’aneurisma avvolgendolo in un tessuto non espandibile: lo stesso Albert Einstein fu operato nel 1948 con questa tecnica al Jewish Hospital di Brooklyn. Tra il 1951 e il 1953 la Mayo Clinic pubblicò una serie di risultati su una tecnica chirurgica di aortoplastica e avvolgimento con la fascia lata10.

Nel 1944 Clarence Crafoord , per primo eseguì un intervento di resezione e anastomosi di un tratto di aorta discendente di un paziente di 11 anni colpito da coartazione aortica di grado severo11, subito replicato da Robert Gross12 di Boston, il quale, resosi conto della possibilità di

casistiche nelle quali il tratto coartato fosse eccessivamente lungo impedendo così di rianastomizzare i due tratti di aorta, iniziò ad applicare una tecnica utilizzando protesi vascolari costituite da vasi omologhi prelevati da pazienti deceduti per trauma. Il primo successo con tale tecnica fu eseguito il 24 maggio 1948 e fu successivamente replicato numerose volte13. Le grandi potenzialità conseguenti all’utilizzo degli omoinnesti furono

comprovate quando, a Parigi, Charles Dubost e colleghi descrissero il primo caso di successo di resezione di aneurisma dell’aorta addominale e restituzione del flusso vascolare mediante innesto di un segmento di aorta toracica precedentemente asportato a giovane donna deceduta14. In seguito molti altri, tra cui Swan, Lam, Aglram, Bahnson, De Bakey e Cooley,

adottarono la medesima tecnica su aorta addominale e aorta discendente.

In questi stessi anni emerse inoltre la problematica delle complicanze dovute al danno ischemico provocato dall’arresto del flusso durante la procedura; queste erano generalmente correlate alla durata del clampaggio aortico e alla estensione della lesione aneurismatica. Per tale motivo dalla metà degli anni ’50 furono proposti interventi che prevedevano metodi di protezione di varia complessità che andavano dalla semplice ipotermia del paziente15, all’uso

di shunt passivi a monte e a valle dell’aneurisma, fino all’utilizzo della circolazione extracorporea16. Ciò permise di operare anche l’aorta ascendente prima non chirurgicamente

aggredibile per non intaccare la perfusione cerebrale durante la procedura.

Nel 1956 Cooley e DeBakey eseguirono con successo la prima moderna operazione per aneurisma dell’aorta ascendente in circolazione extracorporea, consistente nella sostituzione del tratto aneurismatico mediante graft vascolare omologo17. L’anno successivo DeBakey e

colleghi applicarono la tecnica per un aneurisma dell’arco18. La tecnica degli innesti vascolari

omologhi incominciò dopo breve tempo a presentare una serie di problematiche: in primis legate alle difficoltà del loro reperimento, dalla occlusione trombotica e dal deterioramento

(8)

8

strutturale che portava presto a degenerazione aneurismatica; per tale motivo si concentrò la ricerca sull’introduzione di condotti vascolari costituiti di materiali che nel tempo fossero esenti dai problemi insorti.

Grazie all’intuizione del giovane chirurgo Arthur Voorhees , il quale studiò la possibilità che i fattori della coagulazione del sangue, depositati su una trama di tessuto potessero favorire la proliferazione endoteliale e stimolare la formazione di una membrana naturale, sperimentò condotti vascolari in Vinyon-N (polyvinyl chloride), che potessero essere impiantati19.

Aneddoticamente il primo utilizzo clinico di una protesi vascolare è raccontato da Sheldon M. Levin che riferisce di un paziente arrivato nel 1953 al Pronto Soccorso del Columbia Presbyterian Hospital il quale lamentava un lancinante dolore addominale. Prontamente diagnosticata la rottura di aneurisma addominale fu portato in sala operatoria dove Blakemore, Voorhers e lo stesso Levine, in mancanza di un omoinnesto disponibile, utilizzarono una protesi artificiale che Voorhes stava sperimentando nel vicino laboratorio della Columbia University20. A questo primo caso seguirono nel 1954 altri 16 casi operati da

Blakemore e Voorhers con condotti in Vinyon-N21. Qualche tempo dopo la società Union

Carbide cessò la produzione del tessuto Vinyon-N e quindi la ricerca dovette ripartire per concentrarsi su un nuovo materiale compatibile. Furono sperimentati vari materiali, fibre di Ivalon, Orlon, Rayon e Nylon, ma nessuno di questi risultò particolarmente adatto. Fu DeBakey a rendersi conto che il tessuto maggiormente indicato era il Dacron22, acquistato quasi

casualmente per proprio conto in un emporio di Houston, cucendolo con la macchina da cucire della moglie23. Grazie all’incontro con il professore di ingegneria tessile Thomas Edman della

University of Pennsylvania, DeBakey realizzò una macchina che permise di confezionare industrialmente le protesi vascolari, che da lì in poi ebbero una diffusione universale.

Un accenno deve essere fatto alle tecniche di riparazione endovascolare degli aneurismi aortici che ispirati dalle tecniche percutanee, di Charles Theodore Dotter prima, di Andreas Gruentzig poi, portarono all’utilizzo di condotti vascolari montati su stent che potevano essere fermati alle pareti dell’aorta sotto e sopra l’aneurisma; importanti in questo senso furono i lavori di Nicholas Volodos24,25 a Kiev e Juan C. Parodi a Buenos Aires26. Dopo i successi ottenuti

per gli aneurismi dell’aorta addominale Michael Dake, radiologo della Stantford University, pubblicò nel 1994 i risultati dei primi impianti di endoprotesi in aorta toracica, denominati con l’acronimo TEVAR (Thoracic Endovascular Aortic Repair)27.

(9)

9

Ovviamente queste tecniche non erano esenti da complicanze, per cui la cardiochirurgia ha continuato la ricerca in nuove tecnologie e tecniche ibride che segneranno i futuri progressi della chirurgia dell’aorta.

(10)

10

2. Anatomia dell’aorta toracica

L’aorta è il principale vaso del corpo umano che, durante un’intera vita, trasporta circa 200 milioni di litri di sangue in tutti i distretti corporei. Per la sua elasticità l’aorta ha il ruolo di “seconda pompa” durante la diastole trasformando l’energia cinetica del sangue proveniente dal ventricolo sinistro in energia potenziale elastica, questo permette la perfusione coronarica e la comparsa del flusso laminare. Nell’adulto il diametro dell’aorta ascendente non supera i 40 mm, ma, proprio per questa funzione, va fisiologicamente incontro a progressiva dilatazione; questo è influenzato da variabili quali età, genere, corporatura e pressione sanguigna e si attesta un fisiologico tasso di espansione aortica di circa 0,9 mm nell’uomo e 0,7 mm nella donna per decade di vita28.

2.1 Macroscopica

Anticamente definita “l’arteria magna”, l’aorta è divisa anatomicamente in una parte toracica e in una parte addominale. L’aorta toracica si estende dalla base del ventricolo sinistro e risale obliquamente, ventralmente e verso destra. A livello della seconda articolazione sternocostale assume un tragitto ad arco con concavità inferiore portandosi verso sinistra e all’indietro proseguendo sino allo iato diaframmatico seguendo la colonna vertebrale, da lì continua come aorta addominale fino alla biforcazione delle arterie iliache comuni.

L’aorta toracica è ulteriormente suddivisa nei segmenti ascendente, arco e discendente.

(11)

11

L’aorta ascendente, lunga circa 5-7 cm, decorre dalla base del ventricolo sinistro e si porta in alto e verso destra fino alla seconda articolazione sternocostale. È formata da due parti distinte: il segmento inferiore, chiamato radice aortica o bulbo aortico, che inizia a livello dell'anulus fibroso aortico e si estende fino alla giunzione senotubulare, e la porzione superiore o aorta ascendente propriamente detta, che si estende dalla giunzione senotubulare sino all’origine del tronco anonimo.

Con il termine di radice aortica si intende quell’unità morfo-funzionale costituito da molteplici componenti che interagiscono e si articolano tra di loro: le tre cuspidi della valvola aortica con i loro margini di inserzione sulle pareti aortica e ventricolare, i triangoli interleaflet e i seni di Valsalva (destro, sinistro e posteriore o non coronarico) che permettono la completa escursione dei lembi valvolari aortici durante la sistole e da dove originano le due arterie coronarie.

Figura 4 Aortic root

In particolare dal seno di Valsalva sinistro emerge, nella maggioranza della popolazione, il tronco coronarico comune che dopo alcuni millimetri si divide in coronaria interventricolare

(12)

12

anteriore o discendente anteriore e circonflessa; dal seno di Valsalva destro emerge la coronaria destra.

La radice aortica ha rapporti complessi con le camere cardiache e le altre strutture. Fra seno aortico coronarico destro, non coronarico e la parete anteriore dell’atrio destro si frappone la porzione di parete aortica che, protrudendo all’interno dell’atrio, forma il torus aorticus. Comunemente il punto di origine della radica aortica, ovvero la giunzione ventricolo-arteriosa, è considerata l’anulus aortico o basal ring. La definizione di ciò è tuttavia complessa e ancora oggi dibattuta: per il chirurgo corrisponde a quello che è chiamato “anulus chirurgico”, rappresentato dalla linea di inserzione delle cuspidi della valvola aortica, a livello del quale vengono suturate le protesi valvolari; per l’anatomista invece è quella zona in cui il miocardio termina lasciando spazio alla parete aortica; per l’ecocardiografista infine corrisponde al piano passante per il punto più basso (nadirs) delle cuspidi valvolari29.

Figura 5 Le diverse definizioni di Anulus aortico

Ciò deriva dal fatto che l’inserzione della valvola aortica, a differenza della valvola polmonare interamente ancorata alla parete muscolare, è solo in parte circondata da tessuto muscolare del ventricolo sinistro, la regione a cavallo della commissura fra la cuspide coronarica sinistra e la non coronarica infatti si inserisce nello scheletro fibroso del cuore, formando la cosiddetta “continuità mitro-aortica”.

In prospettiva di correzione chirurgica della radice aortica va tenuto in considerazione che la zona fra seno non coronarico e seno coronarico destro è clinicamente molto importante poiché le fibre del sistema di conduzione, partendo dal nodo atrioventricolare posto all’apice del triangolo di Koch, attraversano questa regione formando il fascio di His, che passa al di

(13)

13

sotto del setto membranoso30. Un danno in questa zona può ledere temporaneamente o

permanentemente il sistema di conduzione, rendendo necessario l’impianto di un pacemaker.

L’arco dell’aorta si estende dall’origine del tronco anonimo o brachiocefalico portandosi all’indietro e verso sinistra, circondando il peduncolo polmonare di sinistra e seguendo la superficie della trachea, fino al lato sinistro della quarta vertebra toracica, in corrispondenza dell’inserzione del legamento arterioso di Botallo, che corrisponde a un restringimento del vaso detto istmo aortico. Da questo tratto di aorta nascono il tronco anonimo, l’arteria carotide comune sinistra e l’arteria succlavia sinistra.

Ciò è vero nel 75% della popolazione poiché esistono notevoli variabilità individuali che riguardano il decorso e i rami collaterali.

Per quanto riguarda il decorso due alterazioni possono essere l’arco aortico doppio e la

curvatura destra dell’arco.

Figura 6 Principali alterazioni dell'arco aortico

Tre invece sono le più comuni variazioni sui rami collaterali31:

• Origine comune del tronco brachiocefalico e l’arteria carotide comune sinistra chiamato Arco bovino, più frequente tra gli individui africani e rilevato nel 15% circa della popolazione generale;

• Origine dell’arteria carotide comune sinistra dalla carotide comune destra; • Origine dell’arteria carotide comune sinistra dal tronco brachiocefalico. Possono essere presenti inoltre rami aggiuntivi originanti direttamente dall’arco:

(14)

14

• Arteria tiroidea ima, originante altre volte dal tronco brachiocefalico o dalla carotide comune destra;

• Arteria vertebrale sinistra, originante anche dalla carotide comune sinistra o dall’arteria succlavia sinistra;

• Raramente l’arteria succlavia destra e la carotide comune destra possono avere origine indipendente.

In uno studio del 1975 Nizankowski e colleghi hanno individuato addirittura 25 alterazioni anatomiche dell’origine dei rami dell’arco aortico32; in ogni caso abbondano in letteratura

report di anomalie singolari che rappresentano tutt’oggi una sfida per la cardiochirurgia in ambito pediatrico e non.

L’aorta discendente è situata nel mediastino posteriore decorrendo addossata ai corpi vertebrali dalla quarta alla dodicesima vertebra dove attraversa lo iato diaframmatico e si continua nell’aorta addominale. Stacca come rami collaterali: le arterie bronchiali, le arterie mediastiniche, le arterie pericardiche, le arterie intercostali e l’arteria frenica superiore. Ci sono 9 paia di arterie intercostali il cui ramo destro è più lungo rispetto al sinistro a causa del decorso dell’aorta discendente sul lato sinistro delle vertebre. Attraverso questi rami l’aorta fornisce la vascolarizzazione di esofago, polmoni, muscoli toracici, ghiandole mammarie e soprattutto midollo spinale; è comprensibile dunque che un blocco del flusso in questo distretto può causare importanti danni ischemici a cui la chirurgia ha cercato di ovviare per premettere la riparazione dell’aorta.

2.2 Istologia

L’aorta è biologicamente un vero e proprio organo, costituito istologicamente da tre tonache: intima, media ed avventizia.

(15)

15

Figura 7 Rappresentazione schematica delle tonache aortiche Figura 8 Preparato istologico di Aorta con le tre tonache

La tonaca intima ha uno spessore di 100-130 micrometri e rappresenta circa un sesto dello spessore della parete. Essa è costituita da uno strato endoteliale, pavimentoso semplice, che poggia su una lamina basale e da uno strato subendoteliale, costituito da connettivo con fibre elastiche e collagene intrecciate, rari fibroblasti e macrofagi. Si individua un ulteriore lamina elastica interna, formata da più lamine elastiche fenestrate, che si pongono in rapporto con le cellule muscolari lisce della tonaca media.

Le cellule endoteliali sono cellule di forma poligonale, ricche di vescicole del plasmalemma e contengono una quantità variabile di filamenti citoplasmatici. Tali cellule sono ampiamente interconnesse mediante una combinazione fortemente organizzata di complessi di giunzione occludenti, aderenti e comunicanti che garantiscono numerose proprietà: mantenimento di permeabilità selettiva, regolazione del tono vascolare, regolazione del sistema infiammatorio ed immune, angiogenesi, regolazione dell’interazione tra leucociti e tessuti, integrazione della traduzione di specifici segnali, produzione ed attivazione di fattori che inducono il rilasciamento del vaso, produzione ed attivazione di fattori di costrizione.

In particolare nell’interazione con i leucociti, le cellule endoteliali vengono attivate ed esprimono molecole di adesione sulla loro superficie, quali selectine e recettori per integrine, in grado di legare specifici ligandi presenti sulla superficie dei leucociti stessi. A questo punto, le integrine, espresse sulla superficie del leucocita, legano i recettori integrinici della cellula endoteliale attivata ICAM-1 e VCAM-1, facendo aderire saldamente il leucocita. L’aggregazione di molecole ICAM e VCAM sulla cellula endoteliale indotta dall’adesione, provoca una complessa serie di eventi molecolari che favoriscono lo stravaso del leucocita33.

Come vedremo più avanti questo processo, sarà coinvolto nella patogenesi delle aortiti. La superficie dell’endotelio si differenzia nella parte rivolta verso il flusso sanguigno rispetto a quella a contatto con i tessuti. Nella parte rivolta verso il sangue, un rivestimento filamentoso

(16)

16

dello spessore di 50-60 Å, definito strato endocapillare è costituito da mucopolisaccaridi o da una pellicola adsorbita di fibrina che ricopre la membrana delle cellule endoteliali; inoltre, la carica negativa delle cellule endoteliali impedisce l’aggregazione e l’agglutinazione intravasale. Dalla parte tissutale, l’endotelio poggia su una sottile lamina basale microfibrillare mediante una matrice amorfa dello spessore di 300-500 Å. La lamina basale di circa 400-800 Å è principalmente costituita da collagene di tipo III e IV.

Nell’uomo, approssimativamente un quarto dello spessore totale della parete, è rappresentato dallo strato subendoteliale, che contiene tessuto connettivo lasso, fibre elastiche orientate in senso longitudinale, sparsi fibroblasti e poche cellule muscolari lisce allungate, anch’esse a decorso prevalentemente longitudinale.

La lamina elastica interna, al microscopio ottico, è poco distinta come struttura separata; al microscopio elettronico, invece, appare come la prima lamella elastica che si fonde con la tonaca media.

La tonaca media è la tonaca di spessore maggiore nella parete aortica e ne costituisce circa il 90%. Misura 500 micrometri ed è essenzialmente costituita da 40-70 lamelle muscolo-elastiche concentriche formate da grossi fasci elastici nastriformi fenestrati, intrecciati tra loro, e da pochi fasci di connessione situati fra le lamine, poste alla distanza di 5-15 micrometri34. Queste ultime sono inframezzate a sostanza fondamentale amorfa, dove si

trovano cellule muscolari lisce allungate e ramificate, connesse alle lamelle elastiche adiacenti per mezzo di microfibrille e collagene. Tali cellule producono le fibre elastiche, le fibre collagene e la sostanza fondamentale. Ha una struttura in grado di riassorbire le forze emodinamiche esercitate dalla sistole cardiaca coordinando le tensioni contrattile ed elastica in risposta alle sollecitazioni meccaniche che ne consentono la resistenza a pressioni elevate ed il ritorno alle dimensioni iniziali durante la diastole35.

Poco si conosce della biologia cellulare e molecolare della tonaca media dell’aorta e del turn over delle sue componenti; sembra che le fibre elastiche siano costituenti perenni, mentre le cellule muscolari lisce e la matrice interstiziale siano soggette a ricambio.

Le fibre elastiche sono le principali componenti della tonaca media dell’aorta. Sono formate da microfibrille che servono da impalcatura su cui si deposita l’elastina. Queste ultime sono costituite da fibrillina, una glicoproteina extracellulare; essa, come vedremo in seguito, risulta alterata in una malattia ereditaria piuttosto comune, la sindrome di Marfan, provocando la

(17)

17

formazione di fibre elastiche anomale e quindi la possibile comparsa di dissezioni ed aneurismi.

L’elastina garantisce un’organizzazione strutturale tale da conferire alle fibre elastiche la proprietà di essere facilmente distensibili e tornare alla loro lunghezza originale quando cessa la forza deformante36. Le fibre collagene invece, limitano la distensione dell’aorta in risposta

all’aumento di pressione intramurale conferendo resistenza alla parete arteriosa37.

La lamina elastica esterna non appare evidente all’osservazione al microscopio ottico ma è apprezzabile a forte ingrandimento come una lamella discontinua.

La tonaca avventizia è uno strato relativamente sottile. Contiene fasci di fibre collagene ed elastiche a decorso longitudinale-elicoidale con sparsi fibroblasti, mastociti e rare cellule muscolari lisce. Nel suo contesto sono presenti inoltre piccole arterie (vasa vasorum), vene, linfatici e nervi.

(18)

18

3. Patologie dell’aorta toracica

Nell’ambito di questa trattazione ci soffermeremo solo sulle patologie ad andamento cronico che possono essere sottoposte a correzione chirurgica in elezione, elencate nella tabella sottostante.

Figura 9 Patologie dell’aorta toracica

3.1 Aneurismi

Gli aneurismi sono la condizione patologica coinvolgente l’aorta toracica che più frequentemente richiede il trattamento chirurgico. Quando un aneurisma interessa una parete arteriosa assottigliata ma intatta viene chiamato aneurisma vero; al contrario un falso

(19)

19

la formazione di un ematoma extravascolare che comunica con il lume (ematoma pulsante). Un’altra distinzione importante riguarda la conformazione dell’aneurisma che può essere

sacciforme, nel caso venga interessata solo parte della circonferenza del vaso, o fusiforme,

quando invece ne è interessata tutta la circonferenza.

L’incidenza di questa patologia si attesta intorno 5,9 casi per 100.000 abitanti l’anno e rappresenta la 13° causa di morte negli Stati Uniti38. Tra il 1987 e il 2002, in uno studio sulla

popolazione svedese, Olsson e colleghi hanno rilevato un aumento di prevalenza di questa patologia che da 10,7 casi su 100.000 abitanti per gli uomini e 7,1 casi su 100.000 abitanti per le donne si è passati a 16,3 per gli uomini e 9,1 per le donne39. Ciò è attribuito al miglioramento

delle tecniche di imaging, che perfezionando la capacità diagnostica, ha permesso di rilevare forme ancora asintomatiche la cui prevalenza è stimata essere compresa fra 0,16% e 0,34%40.

In ogni caso, prima dell’evento acuto il 95% degli aneurismi è asintomatico; talvolta nelle fasi più avanzate è apprezzabile un soffio da rigurgito aortico, ma solo se è interessata l’aorta ascendente41.

L’età media di insorgenza è compresa fra 59 e 69 anni, e il sesso maschile risulta essere maggiormente interessato, con un rapporto M:F variabile da 2:1 a 4:1.

Comorbidità spesso presenti in questi pazienti sono: ipertensione, coronaropatia, BPCO, e insufficienza cardiaca congestizia. I pazienti con aneurisma dell’aorta presentano inoltre un rischio aumentato di eventi cardiovascolari, la maggior parte dei quali non direttamente collegata all’aneurisma stesso, ma probabilmente dovuta ai comuni fattori di rischio, come fumo, ipertensione e vie patologiche, come l’infiammazione42. Infatti questi soggetti hanno un

rischio di mortalità a 10 anni per eventi cardiovascolari 15 volte maggiore rispetto al rischio di morte per aneurisma43. Nonostante una correzione ottimale del difetto, il rischio

cardiovascolare aumentato rimane42.

Eziopatogenesi

L’eziopatogenesi dell’aneurisma si basa sul rimodellamento dinamico a cui le pareti vascolari sono sottoposte al fine di mantenere la propria integrità attraverso la sintesi, la degradazione e la riparazione costanti della matrice extracellulare. Un’alterazione di questi meccanismi comporta quindi un indebolimento della parete arteriosa che, insieme all’aumento della pressione laterale del sangue, porta alla dilatazione aneurismatica.

(20)

20

Come rappresentato nella precedente tabella, questa categoria comprende una molteplicità di eziologie: aneurismi correlati a sindromi genetiche e a disordini congeniti degenerativi, infiammatori, post traumatici, meccanici e anastomotici.

Gli aneurismi correlati a malattie congenite o dello sviluppo sono generalmente compresi nel quadro di malattie congenite, quali le sindromi di Marfan, di Loyes-Dietz e di Ehlers-Danlos. Hanno un picco di incidenza per età bimodale, con un primo picco giovanile senza predilezione di sesso correlato a bicuspidia aortica e coartazione istmica e un secondo picco in età senile con predominanza per il sesso maschile e associato a ipertensione.

• La Sindrome di Marfan è una malattia autosomica dominante causata da una mutazione del gene FNB1 che provoca difetti nella sintesi della Fibrillina-1, un'importantissima glicoproteina del tessuto connettivo che costituisce il supporto strutturale per le microfibrille, contenuta nel tessuto elastico della tonaca media dell’aorta. Proprio a causa di questa mancanza di microfibrille nella tonaca media, si ha la dilatazione aneurismatica dell’aorta con alta probabilità di rottura o dissezione44.

• La sindrome di Loyes-Dietz, malattia autosomica dominante descritta recentemente, caratterizzata dall'associazione tra aneurismi dell'aorta, ipertelorismo (aumento della distanza interoculare), palatoschisi e/o ugola bifida e tortuosità generalizzata delle arterie. Sono state identificate mutazioni patogenetiche nei geni TGFBR1 e TGFBR2, localizzati, rispettivamente, sui cromosomi 9q33 e 3p2245 che causano anomalie

dell’elastina e del collagene di tipo I e III. La maggior parte di questi pazienti hanno l’aneurisma della radice aortica a spesso consegue la dissezione; possono sviluppare inoltre aneurismi di altri vasi46.

• La sindrome di Ehlers-Danlos comprende un eterogeneo gruppo di condizioni caratterizzate da vari difetti della sintesi del collagene III47. La mutazione responsabile

è quelladel gene COL3A1 (in posizione 2q31). La fragilità delle pareti dei vasi sanguigni che caratterizza questa sindrome fa sì che la comparsa di aneurisma sia poco frequente, mentre più spesso si va incontro a rottura o dissezione dell’aorta; inoltre la fragilità dei tessuti può certamente complicare il trattamento chirurgico48.

Altre condizioni genetiche in cui si può osservare con meno frequenza la comparsa di aneurismi o dissezioni sono le sindromi di Turner, di Beals, di Noonan e del rene policistico.

(21)

21

La condizione più frequentemente associata ad aneurisma dell’aorta ascendente è

l’aneurisma degenerativo, caratterizzato da diversi cambiamenti istopatologici che hanno

come comune denominatore la degenerazione della tonaca media (precedentemente chiamata medionecrosi cistica o degenerazione medio cistica49), che spesso non è possibile

distinguere e classificare; per questo motivo i patologi hanno coniato il termine di patologie

aortiche degenerative non infiammatorie50. Caratteristiche istologiche di questa patologia

sono la frammentazione e perdita di cellule muscolari lisce nella tonaca media con comparsa di aree di infiammazione e apoptosi51. In questo caso la dilatazione è solitamente confinata al

tratto prossimale dell’aorta ascendente che, coinvolgendo i seni di Valsalva e l’anulus aortico, si associa spesso a rigurgito valvolare.

La aterosclerosi dell’aorta è la condizione che più frequentemente si presenta negli aneurismi degenerativi coinvolgenti aorta toracica e addominale52, tipica dei maschi dopo i 60 anni. La

causa della dilatazione è attribuita ad anormali processi di proteolisi, alla presenza di enzimi sierici proteolitici e alla mancanza di elastina e collagene53. Si può dunque notare una perdita

di elasticità probabilmente responsabile dell’aumento della pressione differenziale, che si osserva normalmente negli anziani e correlata con la comparsa di aneurismi degenerativi. Istologicamente, l’invecchiamento della parete aortica è caratterizzato da una frammentazione dell’elastina e dalla necrosi delle miocellule (medionecrosi) con aumento del collagene. L’aumento del rapporto collagene-elastina contribuisce alla perdita di distensibilità osservata fisiologicamente. Si assiste inoltre all’invecchiamento dell’intima, contraddistinto dall’insediamento di monociti (cellule schiumose o “foam cell”), che danno luogo alla formazione di ateromi e placche aterosclerotiche, con successiva ulcerazione ed incrostazioni di trombi e precipitati di calcio54. Tuttavia, il reale ruolo della aterosclerosi nello sviluppo degli

aneurismi non è stato ancora chiaramente compreso. Studi indicano che la placca aterosclerotica induce un’atrofia della tonaca media, in parte con un meccanismo di compressione e in parte per un meccanismo diretto di proteolisi indotta dalla componente flogistica. L’ipertensione spesso associata, contribuisce anch’essa alla genesi dell’aneurisma, a causa dell’aumento pressorio. Si ritiene inoltre che esista una predisposizione familiare dovuta a una diminuita capacità di inattivare le metalloproteinasi prodotte dai macrofagi, che sono in elevata concentrazione nella placca fibroateromasica55.

(22)

22

Figura 10 Dilatazione dell’aorta ascendente con insufficienza aortica da necrosi cistica e frammentazione elastica della tonaca media.

Gli aneurismi dell’aorta toracica di derivazione post traumatica coinvolgono spesso l’aorta discendente prossimale e si possono presentare molti anni dopo l’evento traumatico; nel complesso rappresentano una piccola percentuale dei pazienti con aneurisma dell’aorta toracica.

Quando l’evento acuto non provoca la morte o interventi chirurgici a seguito della transezione acuta, solitamente a livello del ligamento arterioso, lo stravaso di sangue nei tessuti periaortici porta alla distruzione della parete che si dilata. Questo sangue può rimanere in comunicazione con l’aorta e creare un ematoma pulsante contenuto nella tonaca avventizia o nei tessuti mediastinici. Ne risulta la creazione di uno pseudoaneurisma che facilmente può andare incontro a rottura a causa dell’aumento dello stress parietale.

Gli aneurismi di origine infiammatoria possono comparire in pazienti affetti da Arterite a cellule giganti, Arterite di Takayasu, malattia di Kawasaki, e malattia di Behçet.

• L’Arterite a cellule giganti, precedentemente conosciuta come arterite di Horton, è la forma più comune di vasculite negli anziani di Stati Uniti ed Europa. Consiste in un’infiammazione cronica, spesso granulomatosa, delle arterie di ogni calibro; quelle principalmente colpite sono quelle craniche, in particolare quelle temporali, le arterie vertebrali e l’arteria oftalmica56. Caso particolare riguarda il coinvolgimento dell’aorta

che prende il nome di Aortite gigantocellulare. Le cause di questa patologia sono tuttora da definire anche se gran parte degli studi ipotizza un iniziale risposta

(23)

23

immunitaria mediata da cellule T verso un antigene sconosciuto diretto contro la parete vascolare; è probabile anche un coinvolgimento della citochine proinfiammatorie e di risposte immunitarie umorali anticellule endoteliali57. Tali

ipotesi sono supportate dalla caratteristica reazione granulomatosa, da una correlazione con determinati aplotipi HLA di classe II e da una risposta terapeutica agli steroidi. Importante la diagnosi differenziale con la malattia di Takayasu poiché, pur avendo quadri clinici ed istologici simili, questa patologia colpisce prevalentemente soggetti sopra i 50 anni58. Le classiche lesioni istologiche sono caratterizzate da un

ispessimento intimale nodulare con un’infiammazione granulomatosa della media che porta alla frammentazione della lamina elastica; presente anche un infiltrato di cellule T (CD4+ e CD8+) e macrofagi. Nel 75% dei campioni bioptici si riscontrano inoltre cellule giganti multinucleate; in altri casi i granulomi e le cellule giganti sono rari o assenti e le lesioni mostrano solo una panarterite aspecifica con ricco infiltrato infiammatorio59.

• L’Arterite di Takayasu fa parte delle vasculiti granulomatose che si manifesta con un ispessimento fibroso transmurale dell’aorta, in particolare dell’arco e grave restringimento luminale delle diramazioni vascolari maggiori57. Le lesioni aortiche

condividono diverse caratteristiche cliniche e istologiche con l’Aortite gigantocellulare. Infatti a livello istologico la malattia comporta un ispessimento irregolare della parete dei vasi con iperplasia intimale; possono essere presenti inoltre vari gradi di infiltrato di cellule mononucleate a partire dall’avventizia soprattutto intorno ai vasa vasorum, fino all’infiammazione granulomatosa ricca di cellule giganti con necrosi a chiazze nella tonaca media. La causa e la patogenesi sono sconosciute, ma si sospetta in coinvolgimento di meccanismi autoimmunitari poiché tradizionalmente associata a un particolare sottotipo di aplotipo HLA frequentemente presente nella popolazione giapponese56.

• La malattia di Kawasaki è la principale causa di cardiopatia acquisita nei bambini (80% dei soggetti colpiti è di età inferiore ai 4 anni) che si associa ad un arterite che interessa vasi di grandi, medie e piccole dimensioni. Le principali arterie colpite sono le coronarie, più raramente l’aorta e i grandi vasi. La causa è una reazione ritardata da

(24)

24

ipersensibilità delle cellule T ad un antigene ancora sconosciuto, che provoca la produzione di citochine e l’attivazione dei macrofagi che si accompagna all’attivazione policlonale di linfociti B. Ciò porta alla formazione di autoanticorpi diretti contro le cellule endoteliali e muscolari lisce con conseguente vasculite acuta60. Le lesioni sono

istologicamente caratterizzate da necrosi e infiammazione massiva che interessa tutto lo spessore della parete. Nella fase cronica della malattia le lesioni, andando incontro a guarigione, possono esitare in un 20% dei casi in un ispessimento intimale ostruente o nella dilatazione aneurismatica61.

• La malattia di Behçet è una vasculite multisistemica recidivante cronica tipica dei paesi asiatici che riguarda solitamente il sistema venoso, con trombosi nel distretto femoro-iliaco, la vena cava inferiore e superiore. Le trombosi arteriose e gli aneurismi colpiscono soprattutto i vasi polmonari, raro il coinvolgimento dell’aorta. Sebbene l'origine non sia nota, si suppone che alcune infezioni (in particolare, da Streptococcus sanguis) o altre cause ambientali inneschino la predisposizione genetica, scatenando i sintomi della malattia, con attacchi infiammatori sporadici, suggestivi di disturbi autoinfiammatori da reazioni crociate con antigeni della mucosa orale. L'antigene HLAB5101 si associa alla malattia di Behçet nel 50-70% dei pazienti e i livelli anomali delle citochine (come IL-6, TNF-α, IL-8, IL-12, IL-17 e IL-21) hanno un ruolo nella sua patogenesi62.

Gli aneurismi di origine infettiva dell’aorta toracica sono rari63 e in netta diminuzione nel

corso degli ultimi anni grazie al miglioramento della terapia antibiotica64. Una delle cause di

maggior riscontro è la deposizione di batteri circolanti su una tonaca intima già affetta da patologie o aterosclerosi conseguente un episodio di endocardite65. Infezioni intraluminali in

un preesistente aneurisma degenerativo possono comparire dopo un episodio di batteriemia o altri processi infettivi; lo stesso può avvenire su protesi precedentemente impiantate causando falsi aneurismi.

Storicamente i più frequenti erano gli aneurismi sifilitici, caratterizzanti la sifilide terziaria: in questa fase si viene a formare un’endoarterite obliterante dei vasa vasorum aortici, che conduce a un danno ischemico della tonaca media con perdita localizzata di fibre elastiche e cellule muscolari, cui segue una reazione di flogosi e cicatrizzazione. L’aorta perde così la sua

(25)

25

elasticità e può dilatarsi formando l’aneurisma. Attualmente i principali organismi coinvolti sono Staphylococcus Aureus seguito da Staphylococcus Epidermidis, Salmonella e altre famiglie di Streptococcus66. Gli aneurismi di origine micotica sono rari ma documentati67.

Classificazione

Da un punto di vista anatomico è possibile distinguere quattro tipi di aneurismi: aorta ascendente, arco aortico, aorta discendente e toracoaddominale.

L’aneurisma dell’aorta ascendente rappresenta il 45% dei casi e può interessare qualunque tratto compreso fra anulus valvolare aortico e origine del tronco anonimo ed è generalmente di tipo degenerativo.

Quello dell’arco aortico, 10% dei casi, interessa invece il tratto di aorta compreso fra l’emergenza del tronco anonimo e la succlavia sinistra, è prevalentemente associato alla patologia aterosclerotica, è spesso sacciforme e tende ad estendersi sia all’aorta ascendente che discendente.

I casi in cui è coinvolta l’aorta discendente, circa il 35%, si estendono dall’emergenza della succlavia sinistra allo iato diaframmatico. Possono essere conseguenza di patologia aterosclerotica o di dissezione. Questi sono ulteriormente divisi secondo la classificazione di Safi in tre tipi68:

A. Esteso dall’arteria succlavia sinistra fino al VI spazio intercostale B. Esteso dal VI spazio intercostale fino al XII (sovra diaframmatico)

C. Interessante tutta l’aorta discendente toracica, dall’arteria succlavia sinistra fino al XII spazio intercostale

(26)

26 Figura 11 Classificazione di Safi

L’aneurisma toracoaddominale rappresenta il 10% dei casi, è dovuto in gran parte a processi degenerativi aterosclerotici. Questo è stato ulteriormente descritto da Crawford in quattro sottotipi69 che si estendono:

I. Da sotto la succlavia sinistra al tratto immediatamente superiore al tripode celiaco o di fronte all’emergenza della mesenterica superiore e sopra l’origine delle renali

II. Da sotto la succlavia sinistra alla biforcazione aortica III. Dal VI spazio intercostale alla biforcazione aortica IV. Dal XII spazio intercostale alla biforcazione aortica

(27)

27 Figura 12 Classificazione di Crawford

Storia naturale

Al contrario del gran numero di dati sulla storia naturale dell’aneurisma addominale, non sono disponibili molti studi sugli aneurismi dell’aorta toracica, ciò dipende primariamente dal fatto che, fino ai tempi recenti, non erano universalmente disponibili test diagnostici non invasivi, sufficientemente accurati nel valutare la progressione delle dimensioni dell’aneurisma toracico.

In tre dei più grandi studi sugli aneurismi dell’aorta toracica è emerso che la più comune causa di morte è la rottura dell’aneurisma, presentatasi dal 42% al 70% in pazienti non sottoposti ad intervento chirurgico38,64,70. È stato inoltre notato che le dimensioni sono correlate al rischio

di rottura: maggiore è il diametro, maggiore è il rischio di rottura. Infatti secondo la legge di Laplace la tensione che si viene a esercitare sulla parete di un vaso è direttamente proporzionale al raggio e alla pressione interna (Tensione = Pressione x Raggio), per cui aumentando il raggio aumenta anche la tensione a cui è sottoposta la parete.

Uno studio condotto da Coady ha mostrato come la dimensione media di un aneurisma alla rottura o al momento di una dissezione è di circa 6,0 cm per l’aorta ascendente e di 7,2 cm negli aneurismi dell’aorta toracica discendente o nei toracoaddominali71.

(28)

28 Figura 13

Il rischio di rottura a cinque anni aumenta di cinque volte per aneurismi toracici con 6 o più cm di diametro70.

Figura 14 Grafico che rappresenta la curva di sopravvivenza in pazienti con aneurisma avente diametro > 6 cm

Altri studi si sono focalizzati, oltre che sulle dimensioni dell’aneurisma, anche su quanto incida il tasso di crescita sulla probabilità di rottura. Hirose e colleghi hanno infatti dimostrato che gli aneurismi toracici aumentano di dimensioni più velocemente rispetto a quelli addominali ( 4,2

(29)

29

contro 2,8 mm per anno); gli aneurismi dell’ arco sono quelli con un tasso di crescita più elevato(5,6 mm per anno)72. In particolare, si è notato che la crescita di aneurismi in sindromi

familiari è di circa 2,1 mm per anno, nella sindrome di Marfan è di 0,5-1 mm per anno, mentre nella malattia di Loeys-Dietz è di 10 mm per anno 73.

La rottura è spesso preceduta da sintomi che, come riportato da Bickerstaff e colleghi, una volta comparsi portano a rottura entro due anni38.

Recentemente, più che la dimensione in senso assoluto dell’aneurisma, Davies74 ha introdotto

un nuovo parametro che correla in maniera stretta con il rischio di dissezione, rottura e morte: l’ASI. Si tratta dell’Aortic Size Index, ciè il rapporto che si ottiene facendo il rapporto fra il diametro dell’aneurisma e il BSA. Fra tutti i parametri a disposizione questo è quello che meglio correla con il rischio di complicanze. I pazienti vengono in questa maniera stratificati in tre fasce di rischio:

o ASI < 2,75 cm/m2 il rischio di eventi avversi è basso;

o 2,75 cm/m2 < ASI < 4,25 cm/m2 il rischio è moderato, con incidenza annua di eventi di circa 8%;

o ASI > 4,25 cm/m2 il rischio è elevato, compreso fra il 20% e il 25%.

Figura 15

Come già detto, l’ipertensione è un fattore di rischio per la dilatazione aortica, sicuramente importante causa dello stress parietale anche se non è stata dimostrata una chiara

(30)

30

correlazione tra tasso di crescita dell’aneurisma e ipertensione; comunque è stato dimostrato che il controllo della pressione sistemica mediante la somministrazione di farmaci β-bloccanti ha ridotto la progressione della dilatazione aortica in paziente con la sindrome di Marfan e ha rallentato il tasso di crescita in pazienti con dissezione aortica cronica75. Gli stessi risultati sono

stati ottenuti anche tramite farmaci bloccanti recettori della angiotensina e ACE inibitori su pazienti con sindrome di Marfan, benché sia sconosciuto l’effetto su pazienti con altre patologie aortiche76. Non è stato dimostrato che l’uso di statine e la cessazione all’abitudine

al fumo siano associate alla diminuzione della mortalità a lungo termine per rottura aneurismatica o a riduzione del tasso di progressione dell’aneurisma toracico77.

Clinica

Come già detto precedentemente, la maggior parte degli aneurismi toracici sono asintomatici fino all’evento acuto e, spesso, sono riscontrati durante test per altre problematiche.

I sintomi correlati si sviluppano, di solito, tardivamente nel corso della dilatazione dell’aorta e sono il risultato delle compressioni causate dall’aneurisma sulle strutture del mediastino; possono essere: raucedine e tosse come risultato dello stiramento del nervo laringeo ricorrente sinistro, stridori e difficoltà respiratoria per la compressione della trachea, disfagia dovuta al restringimento ab estrinseco del lume dell’esofago, dispnea causata dalla pressione sul parenchima polmonare, edema dalla compressione della vena cava superiore. Pazienti con la dilatazione dell’aorta ascendente presentano, con elevata frequenza, un soffio da rigurgito aortico risultato del progressivo allargamento dell’anulus e quindi insufficienza valvolare, che, come noto, può dar luogo a un quadro di sovraccarico ventricolare sinistro fino a portare a un vero e proprio scompenso cardiaco.

I pazienti con aneurisma dell’arco, possono riferire dolore al collo e alla mandibola mentre quelli con il coinvolgimento dell’aorta discendente o del tratto toracoaddominale presentano dolore inter scapolare o alla schiena, dolore addominale, più raramente dolore simil pleuritico a sinistra o dolore alla spalla, nel medesimo lato, a causa dell’irritazione del emidiaframma sinistro.

Segni clinici diretti della presenza di aneurisma toracico sono insoliti. In tempi non remoti, una massa pulsante della parte anteriore della gabbia toracica era il primo segno dell’aneurisma sifilitico dell’aorta ascendente; in casi estremi è stata documentata l’erosione dello sterno e la rottura che esitava in fatali emorragie. Una massa pulsante si può presentare

(31)

31

anche in pazienti con aneurisma toracoaddominale, segni di embolizzazione da ateroma o trombo provenienti da aneurismi o causati da una severa aterosclerosi dell’aorta alle estremità inferiori (Sindrome del dito blu) possono essere, occasionalmente, la prima indicazione di una patologia aortica severa.

In fase acuta il segno patognomico è rappresentato da un dolore in sede toracica anteriore, a volte definito profondo, altre diffuso, altre ancora lancinante, che preannuncia l’imminente rottura aneurismatica.

3.2 Dissezioni aortiche croniche e ematomi intramurali

Per dissezione aortica si intende un evento patologico in cui il sangue lascia il normale lume del vaso, generalmente, attraverso una breccia della tonaca intima che ne dissocia le strutture lamellari producendo un falso lume, ma la dissezione della media accade anche in assenza di un danno intimale. È considerata dissezione aortica acuta quando il processo è iniziato da meno di 14 giorni, contrariamente è detta dissezione cronica. La precisa incidenza di questa patologia è spesso sottostimata, in virtù del fatto che molti casi rimangono non diagnosticati a causa della morte improvvisa che determina la stessa (circa il 2-3%); si stima che nella popolazione globale si attesti attorno a 3 casi per 100.000 persone l’anno78. Più colpito è il

sesso maschile in rapporto variabile da 2:1 a 4:179, rapporto che tende a pareggiarsi verso i 75

anni dove l’incidenza nei due sessi risulta pressoché uguale80. Il 90% dei pazienti sono uomini

tra i 40 e i 60 anni aventi come principali fattori di rischio l’ipertensione, anomalie vascolari, malattie del tessuto connettivo o patologie infiammatorie a carico dell’aorta.

(32)

32

L’ematoma intramurale è invece una situazione considerata da molti precursore della patologia dissecante, originante dalla rottura dei vasa vasorum aortici che possono essere origine del danno anche in assenza di rottura intimale81. Questo coinvolge l’aorta ascendente

nel 30% dei casi, l’arco nel 10% e l’aorta discendente nel 60-70%82.

Eziopatogenesi

Come presentato nel precedente capitolo 3.1 per i fattori di rischio dell’aneurisma, l’aortopatia degenerativa e in secondo luogo malattie genetiche del connettivo, sono le più importanti cause di patologia aortica.

Figura 17

Per quanto riguarda l’aortopatia degenerativa, la degenerazione medio cistica è il quadro istologico che si presenta in circa il 20% dei pazienti con dissezione83. In questo caso

l’ipertensione rappresenta un nesso fondamentale poiché è essa stessa causa dell’aortopatia degenerativa e, allo stesso tempo, possibile occasione di lacerazioni dell’intima e inizio del processo di dissecazione.

(33)

33

Le patologie del connettivo precedentemente descritte rientrano tutte in causa per l’origine di questa patologia; in particolare, dal 20 al 40% dei pazienti con sindrome di Marfan, sviluppa dissezione dell’aorta ascendente o dell’arco81.

Altre possibili cause sono rappresentate da bicuspidia aortica, che secondo uno studio di Larson ed Edwards ha un rischio 9 volte più frequente di sviluppare dissezione83, coartazione

aortica e la gravidanza, che, per motivi non del tutto chiariti, può portare alla dissezione

dell’aorta o dei suoi rami.

Per quanto riguarda l’origine dell’ematoma intramurale, l’ipotesi di Gore è quella che derivi dalla rottura di una placca aterosclerotica o dalla spontanea lacerazione dei vasa vasorum84.

Una volta creatosi il danno nella tonaca intima, avviene lo slaminamento fra i due terzi interni ed il terzo esterno della tonaca muscolare; a questo punto il sangue prosegue sia in direzione anterograda che retrograda formando un falso lume. La raccolta ematica tende a farsi strada rompendo una seconda volta la parete arteriosa, o a livello nuovamente dell’intima, formando in questo caso una breccia di rientro con cronicizzazione della dissezione, o a livello del versante avventiziale, con conseguente exitus del paziente quasi inevitabile.

Classificazione

Due sono le classificazioni della dissezione aortica universalmente utilizzate in cardiochirurgia. La prima introdotta da DeBakey85, successivamente modificata da Reul e Cooley86 con

l’introduzione dei sottotipi IIIa e IIIb, prevede la divisione in tre gruppi:

I. Quando il danno intimale è localizzato nella porzione prossimale dell’aorta ascendente e la dissezione coinvolge l’aorta ascendente, arco e discendente;

II. Quando è solo l’aorta ascendente implicata e la dissezione termina prossimalmente ai vasi brachiocefalici;

III. Quando la dissezione coinvolge il tratto toracoaddominale e occasionalmente si estende fino alle arterie iliache.

IIIa. Si presenta coinvolta solo l’aorta discendente toracica; IIIb. Si presenta coinvolta l’aorta discendente toracoaddominale.

La seconda classificazione, oggi maggiormente usata, è quella proposta dalla Stanford University87 che semplifica in solo due casi:

(34)

34

Tipo A. in tutti i casi in cui è coinvolta l’aorta ascendente con o senza l’interessamento dell’arco e dell’aorta discendente (corrispondenti a DeBakey I e II);

Tipo B. nei casi in cui è coinvolta solo l’aorta discendente o l’arco aortico in senso retrogrado ma l’aorta ascendente non è mai coinvolta (corrispondenti a DeBakey III).

(35)

35 Storia naturale

La dissezione aortica acuta è un evento drammatico e la storia naturale dei pazienti è primariamente in relazione al tipo e all’estensione della patologia, nonché alla natura e severità delle complicanze che ne potrebbero conseguire.

Nei pazienti con dissezione del tipo A di Stanford vi è un bassissimo tasso di sopravvivenza che nella fase iniziale è inferiore al 40%, che poi costantemente cala; il rischio di mortalità ha dunque un rapido decremento in fase precoce seguito da un plateau. Nel tipo B di Stanford, invece, la sopravvivenza iniziale si aggira intorno al 90%, rimanendo costante per i successivi due anni, registrando infine un brusco calo a causa di un incremento del rischio di mortalità. Infatti il coinvolgimento dell’aorta ascendente o dell’arco è il principale fattore di rischio della morte precoce nei pazienti con dissezione acuta. L’ipertensione è un altro fattore che incide sfavorevolmente sulla prognosi così come le dimensioni dell’aorta dissecata88. Al contrario, la

completa o quasi trombosi del falso lume sembra ridurre il rischio di susseguente rottura e morte89.

Figura 19

La maggior parte dei pazienti soccombe a causa della rottura del falso lume nella fase acuta con conseguente emopericardio e tamponamento cardiaco. Altre possibili conseguenze della dissezione possono essere: la rottura del setto interatriale con conseguente ematoma che potrebbe esitare in una fistola tra aorta e atrio destro o il blocco della conduzione senoatriale; estensione della dissezione lungo le coronarie con occlusione delle stesse e quindi infarto miocardico acuto; distorsione delle commissure aortiche e conseguente insufficienza valvolare. Le complicanze in fase tardiva possono sopraggiungere per la rottura del vaso o a causa di disfunzione d’organo secondaria all’occlusione di rami collaterali, in particolare,

(36)

36

quando è coinvolto l’arco o la discendente, la complicanza principale è l’estensione della dissezione o l’occlusione dei tronchi sovraortici. I pazienti che sopravvivono all’evento acuto continuano ad avere un aumentato rischio di mortalità poiché, data la persistenza del falso lume, che va gradualmente incontro a dilatazione aneurismatica, rischia di rompersi anche mesi o anni dopo l’episodio acuto. Inoltre una nuova dissezione può coinvolgere tratti di aorta adiacenti a quello colpito precedentemente.

Clinica

Il quadro clinico dei pazienti con dissezione aortica si presenta molto complesso, occorre quindi notevole esperienza e pronto inquadramento diagnostico per un rapido intervento che migliori le chance di sopravvivenza del paziente. Nella dissezione acuta il sintomo più frequentemente riportato è un dolore, a volte riferito come lancinante, altre come trafittivo o generalizzato, in sede interscapolare, ma può essere presente anche in sede precordiale, irradiato al collo o alle braccia. Per questo motivo la diagnosi differenziale può essere confusa con sindromi coronariche acute. Altri segni e sintomi della dissezione possono essere causati dall’occlusione dei maggiori collaterali aortici; come precedentemente detto l’occlusione dei tronchi sovraortici può causare sincope o ictus dal 5 al10% dei pazienti con dissezione di tipo I90. Nel 30% dei casi, una dissezione coinvolgente l’arteria succlavia sinistra, può portare alla

perdita di polso, pallore ed infine ischemia dell’estremità dell’arto superiore. In una percentuale ancora inferiore di pazienti (dal 2 al 5%), a causa della separazione dal lume aortico delle arterie intercostali, si può sviluppare paraplegia91. Oliguria o anuria si presentano

con l’occlusione dell’origine delle arterie renali.

3.3 Aortiti

In generale il termine aortite indica un quadro patologico che prevede l’infiammazione della parete aortica; alcune di queste sono esclusive dell’aorta, ma in altri casi il processo vasculitico si estende anche ai rami maggiori. Il coinvolgimento nel processo infiammatorio dell’aorta ascendente è, come già descritto, responsabile dell’insorgenza di aneurismi e dissezioni. Tuttavia, recenti studi, cercano di collocarle in un quadro patologico a sé stante per consentire una diagnosi precoce e quindi garantire possibilità terapeutiche che possano evitare l’intervento chirurgico o migliorare l’outcome post operatorio.

(37)

37

L’epidemiologia delle aortiti, come distinte entità, si basa su pochi studi. Le vasculiti hanno una distribuzione mondiale con maggior prevalenza fra gli asiatici; in uno studio condotto in Giappone si è rilevata un’incidenza di 0,01 per 100.000 persone all’anno92, mentre negli Stati

Uniti e in Europa l’incidenza si attesta a 1-3 nuovi casi per milione di abitanti l’anno.

In uno studio condotto da Rojo-Leyva e colleghi, eseguito su 1204 pazienti sottoposti a chirurgia dell’aorta, si è rilevato che 168 (14%) avevano un’infiammazione dell’aorta e 52 (4,3%) erano affetti da un’aortite idiopatica93. Più recentemente, in un’analisi della Cleveland

Clinic, condotta da Svensson e colleghi su 7551 casi, si è riscontrato che il 12% di essi erano colpiti da aortite infiammatoria94. Rimane comunque significativa la quota di pazienti

asintomatici per i quali è difficile individuarne l’incidenza nella popolazione generale; per questo è importante la ricerca di nuovi markers (di imaging e biologici) che consentano una diagnosi precoce.

Eziopatogenesi

Ad oggi, la classificazione eziologica delle aortiti, è ancora in fase di elaborazione poiché non ne esiste una generalmente accettata da tutti gli autori.

Una classificazione proposta da Bossone et al.95 suggerisce la divisione in due gruppi, in base

(38)

38 Figura 20 Eziologia delle aortiti secondo Bossone95.

Nel gruppo delle aortiti non infettive, le più comuni forme sono le precedentemente descritte

arterite a cellule giganti e malattia di Takayasu che, se pur rare, hanno una prevalenza di circa

220 casi per milione di abitanti in Gran Bretagna96.

La prima, più frequente in donne caucasiche con età maggiore ai 50 anni, è spesso clinicamente silente fino allo sviluppo di aneurisma o dissezione; alcuni studi post mortem e di imaging suggeriscono che questa aortite potrebbe essere più frequente di quanto ci si aspetti essendo stata rinvenuta in quasi la metà dei casi97. Nella malattia di Takayasu invece,

per il frequente coinvolgimento dei tronchi sovraortici, la comparsa di sintomi è più precoce; in questa patologia, che colpisce più frequentemente donne asiatiche con meno di 40 anni, l’infiammazione può progressivamente occludere il lume dei vasi secondariamente all’ispessimento intimale e coinvolgere l’aorta, specialmente quella addominale, con stenosi o aneurisma. Altri tipi di aortite appartenenti a questo gruppo sono associate alla malattia di

(39)

39

Behçet, alla spondilite anchilosante, alla sindrome di Cogan e alla recentemente descritta Aortite IgG4-correlata.

Un sottogruppo particolare delle periaortiti croniche include la fibrosi retroperitoneale

idiopatica, l’aneurisma addominale infiammatorio, che hanno la peculiarità di essere limitate

ai tessuti periaortici, altri casi correlati possono essere disturbi neoplastici, traumi, chirurgia o radioterapia, o secondari all’assunzione di alcune droghe. Nello specifico la sindrome post

impianto è una condizione osservata dopo il trattamento endovascolare per aneurismi aortici

che consiste in una fase infiammatoria acuta, 48-72 ore dopo la procedura, con emoculture negative, leucocitosi, incremento della PCR e disturbi della coagulazione98.

Il gruppo delle aortiti infettive colpisce prevalentemente anziani e soggetti con placche aterosclerotiche o aneurismi che favoriscono un’infezione secondaria. In uno studio della Mayo Clinic, condotto su 29 casi tra 1976 e il 1999, è stato riscontrato che i principali agenti infettivi coinvolti sono batteri Gram-positivi (Stafilococco, Enterococco e Streptococco) e

bacilli Gram-negativi (specialmente Salmonella)99che hanno soppiantato l’aortite luetica,

causata da Treponema Pallidum, principale responsabile delle aortiti in epoca pre-antibiotici. Eccezionalmente si sono osservate aortiti causate da Mycobacterium Tubercolosis nei paesi in via di sviluppo100. Aortiti di origine micotica sono rare e non devono essere confuse con gli

aneurismi micotici, che descritti nel 1885 da William Osler a cui fu data una definizione sbagliata per la morfologia simil-micotica di aneurismi infettivi in pazienti con endocardite. Anche altri autori quali Maleszwski101, Gornik e Creager102, hanno esposto una classificazione

delle aortiti in base alla loro eziologia infettiva o non infettiva, descrivendo le principali caratteristiche antomo-patologiche e cliniche.

(40)

40

Aortiti non infettive

Aspetti Clinici Caratteristiche

anatomo-patologiche Aortite a cellule giganti

Più frequente in donne con età > 50 anni.

Può manifestarsi con cefalee, claudicatio o perdita del visus

Infiltrato infiammatorio granulomatoso, coinvolgente la

tonaca media, con un numero variabile di cellule multinucleate

giganti. Può presentare inoltre infiltrato linfoplasmocitico

Aortite di Takayasu

Frequente in donne asiatiche con età minore di 50 anni. Può decorrere asintomatica o con complicazioni come TIA o ictus.

Nella fase acuta appare identico alla GCA. Nella fase cronica vi è una sostituzione fibrosa di aree

della tonaca media con inspessimento fibrotico

dell’intima.

Granulomatosi con Poliangioite

Si presenta in pazienti tra i 65 e i 70 anni senza prevalenza di sesso.

Compare in maniera sistemica colpendo polmoni, reni, testa e

collo.

Inspessimento periaortico o avventiziale, necrosi a carta

geografica e infiltrato granulomatoso nella tonaca media. Possono essere presenti cellule giganti multinucleate ed essere coinvolti anche i vasa

Riferimenti

Documenti correlati

with neutralino-nucleon elastic cross sections fitting well the results of the dark matter direct search experiments DAMA/LIBRA and CRESST.. It is worth stressing that light

• Known sources much smaller than this typical size can be considered point-sources and can be used to measure the angular response and the gain.. • Several kinds can

Come si puntualizzava nella sezione dedicata alla Revisione della Letteratura di questa tesi, un elemento analizzato da Baxandall per delineare il period eye era stata

calcestruzzo alleggerito_ 11 cm 23.vespaio areato con igloo 24.. aula cucina didattica per

[r]

Anche in questo caso, seppur con il riconoscimento di diritti idrici per i palestinesi e con la previsione di pompaggi estivi ed invernali per i giordani (grazie alla firma di

Initial aorta (A) visible in a parasternal long- axis scan, between left auricle (LA) and right ventricle (RV).. LV,

La fase alveolare inizia nelle ultime settimane di gravidanza..Si formano nuovi sacculi e, da loro, i primi alveoli. Alla nascita si sono formati 1/3 dei circa 300 milioni di