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Il distacco dall’autoritarismo etico del codice

Diritto penale e dimensione affettiva: interazioni e problema normativo

2. Gli approcci della dottrina giuridica

2.3. Il distacco dall’autoritarismo etico del codice

Rocco

Alla luce di quanto evidenziato da Falzea, nella sfera normativa il sentimento tende ad emanciparsi da una dimensione psicologica: il richiamo a fatti emozionali finisce per tradurre l’interesse normativo verso il particolare valore, o assetto valoriale, cui il sentimento si rivolge.

È questa l’impostazione seguita dal codice, ed è sulla base di tale consapevolezza che la dottrina penalistica ha analizzato il fenomeno.

Ne troviamo conferma in uno studio dedicato al problema del bene giuridico. Nell’esporre la problematica relativa alle ipotesi in cui determinate fattispecie positive sembrerebbero essere “prive” di bene giuridico, e rivolgersi esclusivamente alla tutela di principi etici, si osserva che “con la realizzazione di un fatto che contrasta

con quelle norme etiche si urta in pari tempo, o si può urtare, contro i sentimenti di quella parte della popolazione che in quei principi morali crede, o che addirittura attribuisce loro tale rilevo da averne, come forza politica o culturale organizzata, difesa la conservazione al rango di valori penali 94.

Offendere valori può significare offendere i sentimenti di chi crede in quei valori: questa, in sintesi, la motivazione che, secondo l’Autore, sarebbe a fondamento di norme quali, ad esempio, quelle a tutela del pudore e del sentimento religioso. Si creerebbe in tal modo, quantomeno in prima istanza, una base di legittimità, ancorando il substrato dell’offesa ad una prospettiva personalistica di danno, o comunque non meramente moralistica95.

Il riferimento a sentimenti appare in questo senso come una mediazione concettuale volta ad incentrare, almeno formalmente, il fuoco del disvalore su un bene della persona. Non si tratta di un soluzione appagante, in quanto, rileva successivamente lo stesso Autore, resta aperto il problema della necessità e meritevolezza di pena: la considerazione che l’offesa ad un sentimento sia un criterio di per sé sufficiente a fondare il ricorso alla

94 F.ANGIONI, Contenuto e funzioni del concetto di bene giuridico, Milano, 1983, pp. 130 ss.

sanzione penale sembra “cozzare contro un naturale senso

di proporzione e di misura96.

Ad ogni modo, la tensione verso una prospettiva

personalistica di danno è a fondamento dell’impostazione teorica rinvenibile negli studi sulle fattispecie a tutela della religione, del pudore, e, seppure con differenze, dell’onore. Le posizioni degli autori concordano sostanziamente sull’esigenza di attuare modelli normativi funzionalmente e assiologicamente orientati nella direzione tracciata dal legislatore costituente: è nella valorizzazione di profili personalistici che si attua il distacco dai modelli ideologici e culturali della codificazione fascista.

Con riferimento ai delitti di religione, viene sottoposto a critica il modello del cosiddetto “bene di civiltà” e del sentimento religioso collettivo. L’approdo finale è di segno abrogazionista, ossia a sostegno di un sistema penale privo di fattispecie poste specificamente a presidio del sentimento religioso. Tuttavia, Siracusano afferma che un riorientamento in senso personalistico potrebbe realizzarsi tramite una tutela del sentimento religioso individuale, la quale sembra rappresentare in questo senso l’unica forma di intervento compatibile con i principi costituzionali. In primo luogo perché, inteso come tensione verso qualsiasi ideale di trascendenza, esso traduce una manifestazione della coscienza che rappresenta un’espressione della personalità dell’individuo97; e di conseguenza, “al bene

giuridico sentimento religioso individuale si addice, di regola, una protezione penale dalle caratteristiche fondamentalmente “liberali”; o perlomeno dai tratti più aperti e tolleranti possibile98, tale dunque da attribuirgli

96 ID., ivi, p. 132.

97 P.SIRACUSANO, I delitti in materia di religione, op. cit., p. 272. 98 ID., ivi, p. 277.

un “respiro” costituzionale che viceversa non è riconducibile al paradigma del cosiddetto “bene di civiltà”. Anche il comune sentimento del pudore, e i reati contro la cosiddetta “moralità pubblica”, sono oggetto, negli anni ‘80, di un’analisi che, orientata a spezzare i legami con il moralismo del codice fascista, sostiene una riconversione in termini personalistici del bene oggetto di tutela: dalla “moralità pubblica” alla riservatezza sessuale di quanti non intendano fruire di un certo tipo di manifestazioni. Presupposto teorico di un simile sviluppo è che lo Stato, in una società liberale e pluralista, non debba ergersi a tutore della virtù99.

Si tratta di una risposta al moralismo conservatore che impregnava l’universo applicativo delle fattispecie a tutela del cosiddetto “comune sentimento del pudore”. Un cambio di direzione a sostegno di diritti di libertà che trovano riconoscimento nel pluralismo di valori fatto proprio dalla Carta Costituzionale, e che risultavano compressi dai modelli di intervento del codice Rocco.

Nel distacco da un’ottica di tutela incentrata sulla moralità pubblica, il problema del sentimento recupera parte del legame con l’individualità: da una dimensione estrinseca e impersonale, legata a convenzioni su scala collettiva, si ritorna su un terreno che ha a che fare con le libertà dell’individuo.

Si inquadra in questa direzione la dettagliata analisi di Fiandaca. La critica alle istanze moralistiche e l’asserita incompatibilità con il sistema costituzionale inducono a ricercare altri profili di lesività: può l’offesa al buon costume ritenersi socialmente dannosa in virtù del fatto che la violazione di regole di etica sociale potrebbe produrrebbe un’offesa a sentimenti? La risposta è in senso

negativo: “non sarebbe sufficiente asserire che il danno

provocato dai comportamenti contrari al buon costume consiste nell’ “offesa ai sentimenti” […] nel passaggio dal

bene moralità al bene sentimento, il mutamento della dimensione qualitativa dell’oggetto della tutela è appena percepibile: quest’ultimo finisce infatti col trasferirsi nel riflesso psicologico di una regola etica di condotta100.