AFASIA
Immaginate che improvvisamente tutte le persone intorno a voi si mettano a parlare una lingua a voi sconosciuta; non siete più in grado di capire cosa vi dicono e non riuscite a far loro capire quello che dite.
Siete spaventati, non sapete cosa fare e inoltre vi rendete conto di essere in ospedale. Si avvicina gente ignota (apparentemente un medico e infermieri), vi parlano ma non siete in grado di chiedere e di capire cosa stanno dicendo. Pian piano ci si rende conto che non è il mondo che è cambiato, siete voi ad essere cambiati. Non lo sapete, ma siete diventati afasici. Da quel momento in poi inizia una lunga strada in salita per riprendere a parlare.
Qualsiasi attività mentale, come parlare, ricordare un fatto appena avvenuto o riconoscere una persona, dipende dalla normale attività di parti più o meno delimitate e definite del cervello che entrano in funzione quando parliamo,
1 N. Basaglia, M. R. Magnarella, M. Cosma: Diario di bordo (2° edizione – 2008)
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ascoltiamo o ricordiamo un fatto. L’afasia è un disturbo del linguaggio dovuto alla lesione delle cosiddette “aree del linguaggio”.
La persona afasica è affetta dalle conseguenze di un danno cerebrale, generalmente localizzato nella metà sinistra del cervello.
Il linguaggio umano è il più raffinato e il più duttile sistema di comunicazione dell’uomo; ci permette di parlare di cose presenti, passate o future, di cose vere o inventate, utilizzando solo alcune decine di suoni coi quali vengono formate migliaia di parole collegate tra di loro da alcune regole grammaticali. Nelle nostre culture, accanto al linguaggio parlato si è sviluppato da secoli un linguaggio scritto che ci permette di trasmettere graficamente i segni linguistici. Proprio l’afasia, provoca disturbi più o meno gravi, a seconda della grandezza della lesione, nel parlare, nel capire, nel leggere e nello scrivere. Vi sono persone afasiche che non sono più in grado di leggere o di scrivere, di parlare o di capire, ma la vicinanza tra loro delle aree deputate a queste funzioni e i loro stretti rapporti funzionali fanno sì che nella maggior parte dei casi l’afasia si manifesti come un disturbo di tutte le funzioni linguistiche.
C’è inoltre da ricordare che l’afasia è SEMPRE il risultato di una lesione al cervello che provoca la morte delle cellule nervose nelle zone cerebrali danneggiate; questa lesione in genere, soprattutto nei ragazzi, è dovuta principalmente da un trauma cranico (causato da un incidente stradale).
Attualmente, in Italia, il numero di persone afasiche che presentano, come conseguenza, disturbi del linguaggio conseguenti a traumi cranici, è altissimo e questo problema tende, di anno in anno, ad aumentare sempre di più.
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L’afasia è quindi un disturbo relativamente frequente, più frequente addirittura di altre malattie molto più note come la sclerosi multipla o il morbo di Parkinson, ma di afasia non si parla quasi mai, in quanto è un disturbo delle volte ignoto al grande pubblico.
Non vi è oggi un unico modello di sistematizzazione dei disturbi afasici; la maggior parte dei medici e dei logopedisti fa comunque riferimento ad una classificazione dei disturbi afasici basata sugli errori che i soggetti compiono nei vari comportamenti verbali (parlare, scrivere, capire, leggere e ripetere). Le più importanti forme cliniche contemplate da questa classificazione sono:
Afasia globale: con questo tipo di afasia l’eloquio non risulta affatto
fluente, tanto da sopprimere letteralmente le parole e così risulta compromessa anche la comprensione del linguaggio. L’afasia globale viene definita come una grave alterazione del linguaggio, poiché viene intaccata la produzione della parola, l’elaborazione e la comprensione stessa. Si ha questo tipo di afasia specie nel primo periodo dopo un danno cerebrale.
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Afasia di Broca: la scrittura, la lettura e il semplice linguaggio spontaneo
risultano gravemente compromessi. La parlata è quasi telegrafica e le poche frasi sono spesso prive di senso compiuto e mancanti di articoli, preposizioni ed avverbi.
Afasia di Wernicke: il nome deriva dall’area cerebrale compromessa
dalla lesione. Infatti, un danno a livello della regione di Wernicke, genera disturbi della produzione e della comprensione del linguaggio; il paziente infatti, elabora un codice linguistico particolare e tutto suo, talvolta incomprensibile. Ovviamente commette degli errori, ad esempio dicendo
“topo” al posto di “toro (parafasia fonemica) oppure sbagliando completamente dicendo “candela” al posto di “macchina” o “scimmie”
al posto di “piccioni” (parafasia verbale).
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Afasia anomica: è un particolare tipo di afasia fluente che si caratterizza
per l’incapacità da parte del paziente a trovare i termini esatti con cui esprimersi o per completare la frase. La sensazione riferita dai pazienti è come di “avere sempre la parola sulla punta della lingua”.
Per meglio illustrare la grande varietà dei disturbi del linguaggio, ecco qui riportata la descrizione fatta da alcune persone afasiche di una figura che rappresenta una stanza nella quale una donna lavora a maglia, un uomo in poltrona legge il giornale, un bambino gioca con le costruzioni e una bambina guarda la televisione mentre un gatto gioca con il gomitolo di lana:
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a) “Cosa vediamo qua? E la ragazzi la quota perché ho difficoltà qui dove poggiano i bambini che legano le bambine qua che portano le prese quelle per le lampade solite che però non guardano. Le bimbe hanno mosso la vista delle gio gio giovani che passano qui la vista con tutta la presa dei bambini e la chiusura.”
b) “Normerugia dormore sircora mori chiari brava bravo qui nustase dormire doce seluta chelone sosteli iusta questo cocchieri no no nola questi e basta basta.”
c) “Il cane che gioca con… non so come si chiama… della padrona che sta lavorando a maglia. Qui c’è la televisione però è staccato il … come si dice … il dietro insomma … la bambina che guarda e
Come si vede da questi esempi, la produzione afasica può assumere forme molto diverse e tale diversità è riscontrabile anche nelle difficoltà di comprensione, di lettura e di scrittura.
2.1 Riabilitazione, ruolo del logopedista e prospettive di recupero
Il trattamento riabilitativo può iniziare anche precocemente ma nelle prime settimane dopo l’evento traumatico, il quadro afasico è estremamente variabile ed
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è difficile decidere come intervenire. Dopo 3-4 settimane è possibile fare una valutazione approfondita che può essere utilizzata come punto di partenza per una riabilitazione motivata.
La riabilitazione naturalmente non è qualcosa che può essere “dato” al soggetto afasico che lo “riceve” così come si può dare un farmaco ad un soggetto che ha la polmonite; il farmaco è di per sé efficace indipendentemente dalla volontà del paziente; al contrario, la riabilitazione è un processo che richiede l’attiva partecipazione di tutte le parti in causa. Non vi sono “ricette” sicure; ci sono degli interventi che sono razionalmente collegati al deficit che si vuole trattare.
L’efficacia della riabilitazione dipende da numerosi fattori di cui i più evidenti sono la competenza del professionista, la partecipazione attiva del soggetto afasico e dei suoi familiari, e l’intensità e la durata del trattamento.
Naturalmente, prima di iniziare un trattamento riabilitativo si deve fare una valutazione, il più possibile approfondita, dei disturbi del soggetto da trattare. I risultati della valutazione sono il punto di partenza del trattamento. Alla presa in carico di un nuovo soggetto, il logopedista dovrebbe spiegare ai familiari in che cosa consiste il disturbo afasico del loro congiunto, quali sono le sue specifiche difficoltà e in che modo è possibile migliorarne la comunicazione.
Il logopedista (per una riabilitazione si ha bisogno del logopedista cognitivo che si occupa delle funzioni di memoria e del logopedista del linguaggio che si occupa di afasia, quindi di disturbi della parola) deve ovviamente avere una solida base di conoscenze e sapere come e quando metterle in atto ma la riabilitazione va
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oltre l’applicazione di conoscenze; si esplica in un rapporto tra due persone di cui una, il terapista, guida il rapporto.
Una parte essenziale delle relazioni tra essere umani si esplica nella conversazione che è alla base di quasi tutti i nostri rapporti interpersonali. La maggior parte delle conversazioni infatti, avviene senza intoppi. Parlando con una persona afasica non è invece raro che l’interlocutore non riesca a capire quello che gli viene detto perché la persona afasica non trova le parole, può dire una parola al posto di un’altra o fa altri errori. Per svolgere bene il suo lavoro quindi, è necessario che il logopedista capisca cosa gli vuol comunicare la persona afasica e per capire bene deve saper “ascoltare”.
Capire una frase vuol dire anche capire l’intenzione del parlante, capire perché quella frase è stata detta, cosa intendeva ottenere il parlante con quella frase. Per capire le intenzioni profonde di una persona afasica che ha delle difficoltà ad esprimersi, dobbiamo essere in sintonia con lei e soprattutto ascoltarla con attenzione e interesse per capire cosa intenda veramente dire, mettendosi dal suo punto di vista e mettendo, almeno momentaneamente, il nostro punto di vista tra parentesi. Nulla è più frustrante, anche per una persona normale, di un interlocutore che ascolta distrattamente, pensando ad altro.
Naturalmente il disturbo afasico non colpisce soltanto la persona direttamente interessata ma colpisce anche tutti coloro che hanno dei rapporti con lei proprio perché non è più in grado di usare normalmente il linguaggio per interagire con gli altri. L’impatto dell’afasia sui familiari è devastante, anche perché una persona afasica non è più in grado di dimostrare di non avere difficoltà in altri campi: la
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memoria, per esempio, può essere perfettamente integra ma la persona afasica non è in grado di condividere i suoi ricordi e al familiare riesce difficile valutare se e cosa ricorda. Ci si trova quindi di fronte ad una persona nuova con la quale non si riesce ad entrare facilmente in contatto e non si sa quanto della persona che si conosceva è tuttora presente in questa “nuova” persona. Di conseguenza, la persona afasica, i familiari e il logopedista sono parti attive nel processo di riabilitazione. L’attiva e convinta partecipazione di tutte le parti in causa garantisce la massima efficacia del trattamento riabilitativo.
Non si sa quali caratteristiche del deficit afasico della persona possano influire in modo significativo sul recupero del linguaggio ma coinvolgere la persona afasica in situazioni di conversazione è sicuramente un fatto positivo. Perché questa conversazione risulti utile e non troppo gravosa per la persona afasica bisogna mettere in atto delle strategie:
Per farsi capire ci si deve rivolgere alla persona afasica in modo diretto e sottolineare quello che si dice con dei gesti che in qualche modo
“traducono” in un linguaggio diverso quello che si dice
Cosa importantissima è di non usare frasi troppo lunghe e complesse
Un’altra regola importante è quella di non ignorare quello che il malato dice anche se è sbagliato o incompleto
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La cosa più importante è il tempo: le persone afasiche si confondono se si
parla loro troppo in fretta e necessitano di tempo per trovare le parole.
Occorre quindi fare domande semplici e lasciare alla persona afasica tempo per capire e tempo per formulare la risposta.
Questo disturbo afasico tende comunque, con il passare del tempo, a migliorare spontaneamente nella maggior parte delle persone afasiche. L’afasia tuttavia non regredisce mai in modo rapido e improvviso; il recupero infatti è un processo lento e graduale, di cui è difficile prevedere l’entità. Oggi si ritiene che le possibilità di recupero dipendano essenzialmente dall’estensione della lesione e dalla gravità iniziale di afasia. L’importanza dell’ampiezza della lesione è dovuta al fatto che la parte necrotizzata del cervello non si rigenera. Dopo un iniziale periodo di assestamento, la lesione resta invariata e non si riduce, ma il nostro sistema nervoso centrale ha una certa plasticità, ed è proprio grazie a questa plasticità che è dovuto il recupero funzionale. A volte l’evoluzione è molto favorevole e il disturbo afasico regredisce completamente (o quasi) nel giro di qualche mese; nella maggior parte dei casi, tuttavia, il recupero è solo parziale.
Dopo alcuni mesi dall’evento traumatico comunque, il quadro afasico del malato si stabilizza. Recupero che si ottiene in ospedale e, in parte, anche al di fuori della struttura. È infatti quando il malato torna a casa che si ha un ulteriore recupero che, almeno in parte, è dovuto al fatto che le persone afasiche non vivono in un vuoto linguistico; vivono in una società che parla la loro stessa lingua e, nel corso
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della giornata, vengono sollecitati a parlare o capire quanto loro detto, a leggere e scrivere.
IN QUALE MOMENTO SI PUO’ PRENDERE IN CONSIDERAZIONE LA POSSIBILITA’ DI UN REINSERIMENTO SCOLASTICO E/O LAVORATIVO?
Questo momento varia da caso a caso; in genere comunque si riesce a stabilire abbastanza presto, durante il percorso riabilitativo, se la persona avrà possibilità di riprendere le proprie attività scolastiche e/o lavorative. Bisogna ovviamente ricordare che la possibilità di reinserimento a scuola o al lavoro non dipende solo dalla situazione clinica della persona, ma anche da altri fattori, come il tipo di scuola o di lavoro, la motivazione della persona e il sostegno che essa può ricevere. È necessario che tale momento non sia troppo prematuro, in quanto si rischierebbe di impedire alla persona di sfruttare in pieno le sue potenzialità di recupero. A tal proposito, dottori e logopedisti fanno principalmente riferimento ad alcuni criteri base per la formulazione delle proposte di reinserimento scolastico o lavorativo. Sono infatti da prendere in considerazione:
Le conseguenze che il danno cerebrale ha avuto sulla persona e l’handicap che ne consegue;
Le condizioni di vita e l’equilibrio psichico precedente al danno cerebrale;
Le risorse presenti in quel momento nell’ambiente di vita della persona.2
2 L. Modena, A. Basso: Afasia, la perdita della parola (A.IT.A – Associazioni Italiane Afasici) N. Basaglia, M. R. Magnarella, M. Cosma: Diario di bordo (2° edizione – 2008)
A. Ferri, Il ripristino delle funzioni colpite nelle lesioni cerebrali , (www.laboratorioneurocognitivo.it)
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