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Una volta identificata la formulazione appropriata per i termini di frizione si passa alle simulazioni: applicando però i termini di frizione al solo anello attuatore, in analogia con quanto fatto con modello ibrido per Fluent, i risultati sono diversi dalle aspettative; il coefficiente di potenza infatti risulta avere andamenti bizzarri in particolare quando il sotto- modello di stallo dinamico è attivo. Si riportano gli andamenti del coefficiente di potenza in funzione dell’angolo azimutale per le simulazioni con puro CFD e per SHYFEM disattivando in un caso lo stallo dinamico per gli elementi in downwind e nell’altro lasciandolo attivo.

Figura 67: confronto CP tra CFD e SHYFEM con e senza stallo downwind

Si nota come la situazione con stallo dinamico attivo risulti altamente instabile, sensibile a variazioni di velocità lungo l’anello che causano variazioni dell’angolo di attacco che seppur piccole influiscono negativamente sul comportamento generale, con creste e ventri continui sia in upwind che soprattutto downwind: si sceglie quindi di disattivare lo stallo dinamico in downwind poiché questo non comporterà un grosso errore dato che essendo il flusso rallentato dalla produzione già avvenuta in upwind, gli angoli di attacco downwind saranno più contenuti e di conseguenza è meno probabile che si verifichi lo stallo (soprattutto se a TSR medio alti). Disattivando lo stallo dinamico in downwind l’andamento della curva CP risulta meno soggetto a oscillazioni spurie (curva blu scuro) ma comunque

distante dal comportamento del puro CFD. Infatti la produzione downwind risulta eccessiva mentre quella upwind è inferiore rispetto al CFD: ciò si spiega poiché localizzando

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la frizione, e quindi la riduzione di velocità, solo sugli elementi dell’anello, i gradienti che si instaurano sono tali da modificare sia il flusso a valle sia quello a monte. Di conseguenza in upwind le pale si trovano un flusso prematuramente decelerato producendo quindi di meno e rallentano in minore entità il flusso. Tale flusso arriva in downwind con velocità più alta del dovuto, ivi causando una produzione eccessiva. Di seguito ci si riferirà a questo tipo di approccio, cioè quello con frizione applicata ai soli elementi dell’anello attuatore e stallo dinamico disattivato in downwind, come “Metodo A” (anche gli altri metodi elencati di seguito avranno stallo dinamico disattivato in downwind).

Per evitare questo inconveniente è stato tentato un diverso approccio (a cui ci si riferirà con “Metodo B”): applicare la frizione che si registra in upwind su tutto il semi-disco upwind dividendo il disco in 18 fasce orizzontali anziché localizzare la frizione soltanto sugli elementi dell’anello come mostrato in figura 68:

Figura 68: schema qualitativo dell'effetto di delocalizzazione della frizione upwind

In questo caso il calcolo della frizione viene fatto sull’elemento dell’anello, però poi il termine di frizione viene assegnato a tutti gli elementi del semi-disco upwind: i diversi elementi avranno diverso peso a seconda della loro area in base alla seguente relazione

𝑅 = 𝑅 𝑎𝑟𝑒𝑎

𝑎𝑟𝑒𝑎

In questo modo la somma complessiva della frizione di una fascia è pari a quella calcolata sull’elemento dell’anello.

Così facendo però si è evidenziata una criticità: poiché nella formulazione della frizione descritta nelle equazioni 12 e 13 compare a denominatore il termine |𝑈𝑉|, che è il modulo della velocità integrata lungo z, e a numeratore la U e la V rispettivamente per l’equazione lungo x e y, applicando tale approccio la frizione è calcolata sull’anello, quindi ha a denominatore il valore di |𝑈𝑉| degli elementi dell’anello, mentre applicandola alla celle del semi-disco verrà moltiplicato per una U o V che sono quelle degli elementi di griglia sui

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quali è applicata: queste celle riceveranno via via un flusso più rallentato perciò U e V si discosteranno progressivamente sempre più dai valori registrati sull’anello; di conseguenza viene commesso un errore (di sottostima della frizione) nelle equazioni Shallow Water tanto maggiore quanto più ci si allontana dagli elementi dell’anello, tant’è che l’entità complessiva della frizione risulta pari al caso con frizione sul solo anello, nonostante con Metodo B le prestazioni della turbina siano di molto aumentate (verrà mostrato meglio nel prosieguo Tabella 2). Si potrebbe ipotizzare allora di calcolare sull’anello solo la parte del termine di frizione che non dipende dalle velocità integrate, in particolare il termine:

𝑛 𝑖𝑐𝑜𝑢𝑛𝑡∗

1

2ℎ𝑐𝑊 (𝐶 + 𝐶 ) 𝑎𝑟𝑒𝑎

e successivamente dividere per |𝑈𝑉|e moltiplicare per U o V tutti calcolati sulla cella che ospiterà parte della frizione; ciò non è ragionevole poiché il metodo a fasce orizzontali mostra un’altra fragilità: non si ha la certezza di considerare le celle interne una e una sola volta poiché si applicano strisce orizzontali ad una griglia con elementi triangolari irregolari il cui baricentro ora può essere spostato verso l’alto e ora verso il basso. Di conseguenza si è deciso di optare per un metodo alternativo di applicazione della frizione (di seguito “Metodo C”) che desse la garanzia di considerare le celle interne una sola volta.

A questo scopo la routine viene modificata facendo calcolare portanza e resistenza su tutti gli elementi, sia quelli dell’anello attuatore sia quelli interni ad esso, come se la pale transitassero anche per questi elementi: così facendo viene calcolata la frizione propria di ogni elemento di griglia.

Vengono effettuati due cicli do, uno che spazza i soli elementi dell’anello attuatore e uno che spazza gli elementi interni: la zona turbina viene divisa virtualmente in fasce orizzontali e agli elementi interni appartenenti al semi-disco upwind viene assegnato un valore di angolo azimutale θ pari a quello della capofila del semi-anello upwind (Fig.69), così facendo la produzione di potenza in direzione azimutale segue l’andamento dettato dal semi-anello upwind, riuscendo ad applicare in maniera coerente la frizione ad una superficie più ampia

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Per gli elementi del semi-disco downwind invece, se si adottasse il valore di θ del semi- anello upwind risulterebbe un rallentamento eccessivo del flusso specialmente nella fascia centrale della turbina che è la zona dove la produzione di potenza è maggiore, in questo modo sul semi-anello downwind risulterebbe una produzione inferiore al dovuto. Si potrebbe allora pensare di assegnare agli elementi del semi-disco downwind appartenenti ad una certa fascia, l’angolo azimutale della capofila sul semi-anello downwind, ma anche questo anticiperebbe la produzione facendo sì che il semi-anello downwind sia investito da un flusso eccessivamente e precocemente rallentato non consentendo di avere la giusta produzione sull’anello: perciò l’approccio adottato consiste nell’assegnare ad ogni elemento downwind il valore di θ proprio dell’elemento, calcolato in base a semplici considerazioni geometriche (Fig.70). In questo modo lungo ogni fascia downwind il θ si avvicina progressivamente al valore che si registra nel semi-anello downwind: immaginando di suddividere il semi-disco downwind in fasce verticali, man mano che ci si avvicina al semi- anello downwind si registrano prestazioni simili a quelle dell’anello, mentre più ci si trova vicini alla zona centrale e più le fasce verticali saranno interessate da angoli theta prossimi a 180° e 360° avendo quindi prestazioni ridotte: questo evita di attenuare eccessivamente e prematuramente il flusso che altrimenti arriverebbe in downwind già rallentato.

Figura 70: schema qualitativo di assegnazione dell'angolo θ agli elementi del semi-disco downwind

Assegnare la frizione su ogni elemento a partire da portanza e resistenza ivi calcolate, come se la pala virtualmente transitasse anche all’interno del disco comporta però delle asimmetrie poiché la fascia centrale ospita più elementi rispetto alle fasce più laterali, di conseguenza la sottrazione di quantità di moto risulta eccessiva al centro della turbina e ridotta ai lati anche a causa del minore numero di elementi presenti: a questo scopo quindi si incrementa il numero di elementi in modo da rendere la turbina virtualmente quadrata moltiplicando il numero di elementi (nel calcolo della frizione) per un fattore 1,2732 che rappresenta il rapporto tra l’area di un quadrato di lato 2R e un disco di raggio R.

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Allo stesso tempo è necessario allungare le strisce laterali tanto da renderle lunghe quanto quella centrale: si moltiplica quindi la frizione di un elemento per un fattore correttivo

𝑅 = 𝑅 ∗ 2𝑅

𝑐𝑜𝑟𝑑𝑎

dove con corda si indica effettivamente la corda geometrica del disco identificata come in figura 71.

𝑐𝑜𝑟𝑑𝑎 = 2 𝑅 − 𝑑𝑖𝑠𝑡 𝑑𝑖𝑠𝑡 = |𝑌 − 𝑌 | Figura 71: schema qualitativo per l'individuazione della corda

Il fattore correttivo vale 1 per gli elementi della zona centrale mentre aumenta man mano che ci si allontana dal centro della turbina. In questo modo il rallentamento imposto al flusso avviene in maniera omogenea e non falsamente ridotto via via che ci si allontana dal centro a causa del minor numero di elementi a cui viene applicata la frizione.

Si riportano quindi i grafici in funzione dell’angolo azimutale relativi al coefficiente di potenza, alla velocità assoluta del flusso e alla componente y della velocità entrambe calcolate sugli elementi dell’anello attuatore per i Metodi A, B e C (figure 72, 73, 74 rispettivamente) per diversi TSR in particolare 2,7 4 e 1,2. Nei grafici si riportano gli andamenti ottenuti con CFD, con modello ibrido utilizzato in Fluent (UDF nei grafici) e modello ibrido implementato in SHYFEM.

Per il Metodo A si nota soprattutto l’eccessiva produzione registrata in downwind, naturale conseguenza dell’andamento del modulo della velocità sull’anello attuatore: in upwind si registrano velocità eccessivamente ridotte mentre in downwind velocità ancora alte a causa della mancata produzione upwind. Si nota inoltre che con Metodo A viene a mancare completamente la componente y di velocità in upwind.

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Con Metodo B invece quasi per tutti i TSR considerati la produzione upwind risulta eccessiva: questo dovrebbe portare però ad una frizione maggiore, cosa che invece non accade a causa dei limiti già spiegati di questo tipo di approccio. Il fatto di applicare la frizione agli elementi a valle dell’anello attuatore, disaccoppiando il calcolo di λ dall’ubicazione della frizione, comporta l’introduzione di errori di sottostima della frizione stessa di conseguenza alla grande produzione upwind non corrisponde una grande frizione: il flusso che arriva in downwind risulta ancora molto energico, quasi come con Metodo A, infatti l’entità dei termini di sorgente è simile nei due casi (si veda tabella 2).

Il Metodo C invece restituisce un ottimo andamento del coefficiente di potenza se confrontato con il corrispondente modello ibrido di Fluent (UDF nei grafici), andamento soddisfacente anche al variare dei TSR. Anche il comportamento del modulo della velocità sull’anello attuatore segue abbastanza fedelmente l’andamento ottenuto con UDF di Fluent. In questo caso inoltre si riesce ad assecondare meglio anche la componente y della velocità: si ricorda che mentre per il modello ibrido di Fluent i termini di sorgente x e y sono calcolati in base alle forze che si registrano proiettate in tali direzione, di conseguenza il calcolo è preciso per ogni direzione, in SHYFEM invece si utilizza un unico valore di R che verrà moltiplicato poi per U o V per le equazioni x e y rispettivamente: in SHYFEM quindi avendo un unico valore del coefficiente di frizione sarà impossibile ottenere valori precisi di attenuazione per l’una e per l’altra direzione (si rimanda alle tabella 2 e 3 per l’entità dei termini di sorgente); adottando il Metodo C di applicazione della frizione si è in grado di conferire una componente y alla velocità.

Se si passa all’analisi dei profili di velocità che si registrano a 0.75 D a monte della turbina (Fig.75) e a 1D a valle (Fig.76) per il solo TSR ottimale di 2,7, si nota che per la situazione a monte Metodo A e C si equivalgono e riprendono abbastanza fedelmente l’andamento della UDF in Fluent nonché del CFD, mentre il Metodo B comporta una ridotta attenuazione della velocità del flusso: questo perché, come già accennato, l’entità dei termini di sorgente in questo caso è simile al Metodo A ma con Metodo B tali sorgenti sono spostate più indietro non consentendo quindi di modificare il flusso a monte come si dovrebbe.

Il flusso a valle della turbina invece risulta più vicino alla UDF e CFD per Metodo A e B mentre il con Metodo C la scia risulta più stretta e rallentata al centro (si guardi l’andamento della Ux): questo poiché mentre in upwind la componente y della velocità risulta buona con Metodo C (Fig. 74), in downwind essa ha un’entità minore rispetto agli altri due metodi perciò non riesce ad allargare la scia seppur di poco.

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Figura 77: Metodo C confronto della produzione di potenza per diversi TSR

Per le considerazioni fin qui fatte il Metodo C risulta il più vicino alla UDF utilizzata in Fluent sia per quanto riguarda le prestazioni della turbina sia come distribuzione della velocità lungo l’anello attuatore, di conseguenza risulta il metodo più idoneo per l’analisi con SHYFEM. In figura 77 si riportano le prestazioni della turbina per un ampio range di TSR: il comportamento di SHYFEM di poco si discosta nei diversi casi da quello della UDF.

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[N/m3] Sorgenti x Sorgenti y Sorgenti totali CP medio

TSR 2,7 UDF 46˙897 33˙271 80˙168 0.45 Metodo A 76˙000 11˙200 87˙200 0.52 Metodo B 81˙943 11˙967 93˙910 0.66 Metodo C 74˙618 11˙518 86˙136 0.43 TSR 4 UDF 39˙079 51˙375 90˙454 0.33 Metodo A 87˙767 21˙133 108˙900 0.38 Metodo B 105˙193 26˙730 131˙923 0.70 Metodo C 83˙242 18˙737 101˙979 0.33 TSR 1,2 UDF 16˙004 22˙582 38˙586 0.16 Metodo A 36˙087 1˙709 37˙796 0.16 Metodo B 39˙931 1˙573 41˙504 0.19 Metodo C 35˙722 1˙520 37˙242 0.19

Tabella 2: riepilogo entità dei termini di sorgente per i diversi metodi comparati con UDF di Fluent

In tabella 2 viene mostrata l’entità dei termini di sorgente per i diversi metodi a diversi TSR: si nota che il Metodo B ha sorgenti complessivamente alte (anche se paragonabili al Metodo A nonostante il Metodo B abbia prestazioni notevolmente maggiori) ma il flusso upwind non viene attenuato a sufficienza poiché tali termini di frizione sono spostati troppo indietro, di conseguenza la grande frizione non è dovuta all’elevata produzione upwind ma piuttosto alla eccessiva produzione downwind.

In generale si nota la grande differenza nella distribuzione x y delle sorgenti se paragonate ai risultati ottenuti con Fluent, dovuta al limite in SHYFEM di avere un’unica formulazione di λ sia lungo x che lungo y.

[N/m3] Sorgenti x Sorgenti y Sorgenti totali CP medio

TSR 1,2 Metodo C UDF 16˙004 35˙722 22˙582 1˙520 38˙586 37˙242 0.16 0.19 TSR 1,7 Metodo C UDF 23˙063 49˙795 33˙330 3˙425 56˙393 53˙220 0.28 0.29 TSR 2,3 Metodo C UDF 29˙681 65˙200 42˙803 7˙292 72˙484 72˙492 0.40 0.40 TSR 2,7 Metodo C UDF 46˙897 74˙618 33˙271 11˙518 80˙168 86˙136 0.45 0.43 TSR 2,85 Metodo C UDF 35˙425 77˙248 46˙865 12˙946 82˙290 90˙194 0.44 0.44 TSR 3,2 Metodo C UDF 36˙857 84˙372 48˙781 17˙072 101˙444 85˙638 0.42 0.40 TSR 4 UDF 39˙079 51˙375 90˙454 0.33 Metodo C 83˙242 18˙737 101˙979 0.33

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In tabella 3 si riporta l’entità dei termini di sorgente per il Metodo C ai diversi TSR: si nota come complessivamente l’entità della decurtazione risulta confrontabile con quella ottenuta con UDF di Fluent discostandosi al massimo di un 10% ( unico caso critico per TSR 3,2 dove ci si discosta di circa un 20%) ciò garantisce il rispetto del bilancio energetico: in Fluent infatti l’entità della decurtazione è calcolata in modo rigoroso a partire dall’ammontare delle forze x e y. Sempre in tabella 3 è riportato anche il valore di CP medio: i valori ottenuti con

SHYFEM e UDF ai diversi TSR sono molto simili, di conseguenza il modello adottato ben si presta alla simulazione della turbina per un ampio range di condizioni operative.

I settaggi utilizzati per le simulazioni SHYFEM sono brevemente riassunti nella seguente tabella:

Time step (idt) 1 s

Tempo di fine simulazione (itend) 1500 s

Flusso 1680 m3/s

Frizione Ireib 5 czdef 0,02

Forzanti esterne NO

Tabella 4: settaggi delle simulazioni SHYFEM

Per SHYFEM i settaggi sono impostati nel file .str. Per verificare le varie sezioni del file di setup di SHYFEM, fare riferimento al manuale [50] [47]. Di seguito alcune indicazioni sulle sezioni di maggiore interesse: nella SECTION TITLE si riporta nella prima riga una descrizione della simulazione, nella seconda riga il nome che si vuole dare alla simulazione e nella terza riga il nome del file di griglia da utilizzare; il file di griglia richiamato nel file str non è quello con estensione .grd bensì deve essere un file con estensione .bas.

Nella sezione SECTION PARAMETER vengono assegnati alcuni parametri: nel caso in esame ad esempio non ci sono forzanti esterne come l’azioni del vento o la forza di Coriolis (icor = -1), mentre la frizione al fondale è imposta mediante il parametro ireib uguale a 5 e czdef (cioè il valore di default che viene assegnato a λ) è fissato a 0,002: per tutto il dominio dunque si tiene conto di un valore costante del drag coefficient mentre per gli elementi della turbina il λ è calcolato come in Eq. 11.

Non viene utilizzato nessuno schema per la turbolenza (iturb=0) e non si tiene conto di trasporto e diffusione di temperatura e salinità (ibarcl=0).

Il time step è fissato ad un secondo ma non viene mantenuto costante: impostando itsplt uguale a 2 infatti, il time step viene variato in modo da mantenere stabile il calcolo; viene sempre assegnato il time step più grande possibile basandosi sul valore massimo fissato per il numero di Courant (coumax in questo caso 0,9).

I boundary sono identificati nella SECTION BOUNDARY: per ognuno vengono riportati i valori degli identificativi dei nodi percorrendo il bordo del dominio in senso antiorario. Il

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tipo di boundary, assegnato in ingresso ed uscita per le simulazioni in questione, è ibtyp 2 per il quale viene imposto un flusso di 1680 m3/s, che si ottiene moltiplicando la velocità del

flusso desiderata (in questo caso 1,75 m/s) per la sezione trasversale di passaggio (6,4 m di altezza per 150 m di larghezza). Il flusso è imposto positivo al boundary sinistro (ingresso) e negativo al boundary destro (uscita), in modo da indurre un campo costante di velocità orizzontale. I boundary aperti sono dunque due, necessari a riprodurre il campo medio di velocità.

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Capitolo 4

Analisi di sensitività alla griglia

Nel presente capitolo verranno testate diverse griglie con risoluzione crescente ed uniforme su tutto il dominio; in questo caso non è presente nelle griglie un anello attuatore preformato, così da poter valutare come risponde il modello se applicato ad una griglia non perfettamente pensata per ospitarlo.

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