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Il divieto di sperimentazione sull’embrione, di clonazione e d

L’art. 13 della legge n. 40 consente la sperimentazione su embrioni umani solo al fine di perseguire finalità terapeutiche e diagnostiche

231 C. CASELLA, M. NIOLA, V. GRAZIANO, M. PATERNOSTER, P. DI

LORENZO, C. BUCCELLI, La PMA nel rapporto, cit., 1441

232 C. DIONISI, Prime note sulla disciplina legislativa della PMA, in La PMA: attualità bioetica e attualità giuridica. Atti di una giornata di studio, Partagées, a cura di Amodio P, Napoli, 2005, 63ss

233 C. CASELLA, M. NIOLA, V. GRAZIANO, M. PATERNOSTER, P. DI

LORENZO, C. BUCCELLI, La PMA nel rapporto, cit., 1441; G. B. DE MARINIS, Il ruolo della giurisprudenza nell’evoluzione della disciplina in tema di procreazione medicalmente assistita, Responsabilità civile e Previdenza, fasc.5, 2014, 1715B

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collegate alla sperimentazione stessa, che siano volte alla tutela della salute e allo sviluppo dell’embrione; aggiunge che ciò è possibile solo

se non ci sono metodologie alternative disponibili.

Il comma 1 infatti vieta “qualsiasi sperimentazione su ciascun

embrione umano”, mentre il comma 2 prevede l’eccezione al divieto

appena esposto. Il comma successivo enuncia particolari ipotesi di sperimentazione, definendo così il campo di applicazione del divieto generale di cui al comma primo234.

Con il termine “sperimentazione”235 si fa riferimento alla pratica e all’attività di sperimentare come metodo di ricerca e di verifica: significa “sottoporre ad esperimento”, che consiste nell’applicare, usare, mettere alla prova qualche cosa per accertarne e verificarne le capacità funzionali, la validità, l’efficacia e il rendimento. Quest’attività, se svolta su esseri umani, comporta sempre una manipolazione del corpo236.

Considerando il comma 2237, la nozione comprende non solo la ricerca sperimentale ma anche quella clinica, in quanto si può esimere qualcosa da punibilità solo se precedentemente è stata vietata238. In conseguenza a questo, l’articolo fa riferimento a qualsiasi attività di sperimentazione di ipotesi scientifiche non ancora consolidate, riferite a prospettive di cura di un embrione (ricerca clinica) o anche solo lo studio delle sue

234 Individuate di seguito; A. VALLINI, Illecito concepimento e valore del concepito, cit., 251

235 In Treccani.it

236 CASINI, M. CASINI, M.L. DI PIETRO, La legge 19 febbraio 2004, cit., 203 237 “La ricerca clinica e sperimentale su ciascun embrione…”

238 R. VILLANI, La Procreazione medicalmente assistita, cit., 199; CASINI, M.

CASINI, M.L. DI PIETRO, La legge 19 febbraio 2004, cit., 203. Il termine ricerca, a differenza di quello di sperimentazione può consistere in un’osservazione non invasiva

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caratteristiche (ricerca sperimentale). Ad essere scientifico- sperimentale è quindi sia il fine che il metodo utilizzato, il quale prevede dei requisiti che rendono seria un’attività comunque sperimentale – per definizione non definitiva, consolidata e generalizzata239. Bisogna chiarire come questa attività possa riguardare anche solo le fasi di formazione dello zigote, quando l’embrione non è ancora venuto ad esistenza.

A questa precisazione si ricollega la ratio sottesa al divieto in esame: la salvaguardia qui non è diretta tanto alla tutela del concepito, quanto piuttosto ad evitare strumentalizzazioni improprie dei processi vitali umani240. Si consentono quindi le pratiche, in linea con il comma secondo, quando la manipolazione sull’embrione è necessaria per un impiego immediato nella gravidanza.

Passando ad analizzare il comma terzo, si enunciano le pratiche di sperimentazione vietate; nel caso di inosservanza di una di queste disposizioni la pena prevista dal comma 4 viene aumentata, quindi sono fattispecie aggravanti rispetto al reato di cui al comma 1.

Alla lettera a) si vieta la produzione di embrioni umani per fini diversi da quello procreativo241.

La lettera b) vieta la selezione degli embrioni o dei gameti a scopo eugenetico e gli interventi, che attraverso procedimenti artificiali, alterano il patrimonio genetico o ne predeterminano le caratteristiche genetiche. Questi sono consentiti quando raggiungono finalità

239 F. GIUNTA, Diritto di morire e diritto penale. I termini di una relazione problematica, Riv. it. Dir. proc. Pen., 1997, 74

240 A. VALLINI, Illecito concepimento e valore del concepito, cit., 252 ss.; A.

TIGANO, La rilevanza penale, cit., 141 ss. Per tesi opposta: ritiene l’intera disposizione diretta alla tutela della vita embrionale

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terapeutiche o diagnostiche. La pratica di selezione eugenetica consiste nella scelta di gameti o embrioni più adatti ad un miglioramento di un patrimonio genetico di un individuo, non dell’embrione stesso242. Questo ha come effetto quindi il mancato trasferimento dell’embrione o del gamete non selezionato. Con “alterazione del patrimonio

genetico” si allude alla pratica di rielaborazione delle componenti del

patrimonio genetico di un embrione, mentre la predeterminazione delle caratteristiche genetiche riguarda la selezione tra le componenti stesse. Non si vanno ad alterare le caratteristiche degli embrioni, che rimangono le stesse che si sono generate naturalmente; al più si può parlare di una tendenza a predeterminare le caratteristiche genetiche del nato, a differenza di quanto indicato nella norma243.

La lettera c) vieta interventi di clonazione a fini procreativi e di ricerca, che avvengono mediante trasferimento di nucleo, di scissione precoce dell’embrione o di ectogenesi. Con l’espressione “clonazione” si fa riferimento alla produzione, naturale o artificiale, di copie di individui, cellule o geni identici tra loro rispetto al corredo cromosomico244. L’articolo richiama nello specifico due diverse tecniche di clonazione: la scissione precoce, che simula il fenomeno naturale della gemellarità monozigotica245 e la clonazione nucleare, la quale simula le fasi di

242 G. ROCCHI, Procreazione assistita: sanzioni e controlli Produrre uomini,

cit., 264 s.

243 A. VALLINI, La diagnosi e selezione preimpianto: da illecito penale a questione deontologica. eterogenesi dei fini di un legislatore irragionevole, Riv. it. medicina legale (dal 2012 Riv. it. medicina legale e dir. sanitario), fasc.6, 2011, 1405

244 C.A. REDI, La clonazione: aspetti scientifici, in AA.VV., Il governo del corpo, cit., 265

245 consiste nel sottrarre all’embrione una cellula nello stadio totipotente, in modo

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sviluppo di un embrione246. Queste tecniche sono vietate, come già

individuato, sia a fini procreativi che di ricerca: in prima battuta si vieta la clonazione riproduttiva, quella destinata a creare un individuo a partire da una cellula clonata. Questi interventi sono incriminati dall’art. 12, co. 7, il quale prevede una sanzione piuttosto elevata247. Il fatto di aver previsto per questa aggravante un delitto autonomo fa si di poter individuare una ratio ulteriore rispetto a quella già richiamata per l’articolo in esame, quale la non manipolabilità dell’embrione. La previsione tutela la dignità umana, riferita sia all’individuo ottenuto dalle pratiche, sia alla donna; per quest’ultima la tecnica è rischiosa e oltretutto non necessaria248.

La lettera c) vieta anche la clonazione terapeutica, diretta a produrre cellule staminali embrionali per finalità appunto terapeutiche. Queste tecniche potrebbero essere utilizzate al fine di trovare terapie per malattie molto gravi, per studiare come l’embrione possa essere influenzato da anomalie cromosomiche durante il suo sviluppo e come questo determini poi delle patologie, per verificare le proprietà

246 trasferendo il nucleo di una cellula somatica in un oocita privata del proprio

induce artificialmente lo sviluppo della “nuova” cellula; G. ROCCHI, Statuto e tutela dell’embrione, cit., 282

247 Supra, cap. II, par. 7; A. VALLINI, Illecito concepimento e valore del concepito, cit., 262

248 A. VALLINI, Illecito concepimento e valore del concepito, cit., 269 s.; C.A.

REDI, Libertà di ricerca, bioetica e cellule staminali, in laprocreazioneassistita.it, 1; questa tutela potrebbe perdere di pregnanza nel corso nel tempo, alla luce di nuove scoperte scientifiche; vedi anche Protocollo aggiuntivo alla Convenzione di Oviedo sui diritti umani e la biomedicina, 1997, che proibisce la clonazione di essere umani; vedi sul punto anche Carta europea dei Diritti Fondamentali, art. 3.2

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farmacologiche e gli effetti tossici delle molecole… 249

Sempre alla lettera c) troviamo il divieto di porre in essere la condotta di ectogenesi, per gli stessi fini appena analizzati per le altre pratiche richiamate. Questa condotta, che nella pratica non è ancora realizzabile, fa riferimento alla possibilità di sviluppo del concepito in un ambiente extracorporeo250.

Infine la lettera d) del comma terzo vieta “la fecondazione di un gamete

umano con uno di specie diversa e la produzione di ibridi e chimere”251.

Anche in questo caso la ratio del divieto risiede nella tutela della dignità, intesa qui quale specificità del genere umano, per il quale bisogna evitare una strumentalizzazione impropria dei processi vitali umani252. Qui le tecniche sono vietate se perseguono fini di ricerca, terapeutici e diagnostici253. Dobbiamo portare all’attenzione i possibili sviluppi futuri della norma, correlata alle evoluzioni scientifiche che potrebbero verificarsi. La previsione infatti definisce al comma 3 fattispecie aggravanti tipizzate, così da non poter più prevedere fatti ulteriori, anche nel caso in cui ci siano degli sviluppi scientifici in questo campo254.

249 C.A. REDI, La questione delle cellule staminali. Il quadro scientifico, in

AA.VV., Il governo del corpo, cit., 1087 ss.

250 A. VALLINI, Illecito concepimento e valore del concepito, cit., 282

251 P. VEZZOSI, Si può clonare un essere umano?, Bari, 2003, 22. Per ibridi si

intende essere viventi il cui genoma deriva dalla fusione di patrimonio genetico di individui di specie diversa; per chimere organismi composti da cellule geneticamente di specie diversa

252 F. MANTOVANI, Problemi penali delle manipolazioni genetiche, cit., 667 253 A. VALLINI, Illecito concepimento e valore del concepito, cit., 283

254 per possibili sviluppi vedi A. VALLINI, Illecito concepimento e valore del concepito, cit., 284 ss.

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Un tema che si ricollega all’art. 13 sul divieto di sperimentazione sugli embrioni umani e che merita particolare attenzione attiene al ricorso

alle tecniche di diagnosi pre-impianto (c.d. PGD).

La diagnosi pre-impianto è una tecnica diagnostica255 che consente di individuare - in fasi molto precoci di sviluppo - la presenza di malattie genetiche o di alterazioni cromosomiche negli embrioni; quest’ultimi sono generati in vitro da coppie a elevato rischio riproduttivo e la diagnosi viene compiuta prima del loro impianto in utero. Si consente così il trasferimento solo di embrioni privi di anomalie. La PGD, quindi, permette di evitare il ricorso all’aborto terapeutico256 nel momento in cui la coppia non vuole dar vita ad un figlio malato. Ciò è positivo per la gestante, poiché la pratica è spesso devastante dal punto di vista psicologico e non sempre accettato dal punto di vista etico/morale257.

Nessuna norma incriminatrice della legge n. 40/2004 richiama espressamente la fattispecie della PGD, quindi sono sorti in giurisprudenza orientamenti opposti circa la sua ammissibilità. Da un lato infatti la legge sulla PMA sembra vietare la pratica: all’art. 13 viene individuato un divieto generale di sperimentazione su embrioni umani258, per poi ammettere la ricerca clinica e sperimentale sull'embrione solo se rivolta in via esclusiva alla tutela e allo sviluppo di quel singolo embrione259; la tecnica diagnostica poteva ricadere tra

255 A. VALLINI, Illecito concepimento e valore del concepito, cit., 287;

POMPIANO, Diagnosi pre-impianto e tutela dell’embrione: un equilibrio ancora precario, Europa e Diritto Privato, fasc.1, 2016, 210

256 L. n. 194/1978, norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione

volontaria di gravidanza, artt. 4 e 5

257 In diagnosipreimpianto.it, Diagnosi Genetica Preimpianto (PGD) 258 L. n. 40/2004, art.13, co. 1

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le pratiche di sperimentazione sugli embrioni umani non orientata a tutelare la salute, in quanto l’embrione malato non viene guarito ma eliminato. Inoltre si vieta la selezione degli embrioni a scopo eugenetico260 e le tecniche di scissione precoce261, le quali sono utilizzate per la selezione delle cellule nella diagnosi 262 . La stessa legge però all'art. 14, co. 5, prevede che chi intende sottoporsi alla PMA, quando richiesto, deve essere informato in merito al numero degli embrioni prodotti da trasferire in utero e anche relativamente al loro stato di salute.

Questo articolo va correlato con l’art. 6, co. 1, il quale riconosce a chi lo richiede il diritto ad essere informati in ogni fase circa gli effetti collaterali – sanitari e psicologici – derivanti dall’applicazione delle tecniche, sulle probabilità di successo e sui rischi derivanti dalle stesse263.

Di conseguenza va precisato che una seria informazione sulla salute degli embrioni viene da ricerche cliniche e sperimentali con finalità diagnostiche, le quali non possono che tradursi in pratiche di diagnosi pre-impianto264.

In ogni caso le Linee Guida del Ministero della Salute (c.d. LG) del 2004 sembravano aver risolto il problema, poiché prevedevano che le indagini di cui all'art. 14 comma 5 dovevano essere “di tipo

260 L. n. 40/2004, art.13, co. 3 lett. b) 261 L. n. 40/2004, art. 13, co. 3 lett. c)

262 A. VALLINI, Illecito concepimento e valore del concepito, cit., 288; E.

DOLCINI, La lunga marcia della fecondazione assistita, cit., 428

263 A. VALLINI, Illecito concepimento e valore del concepito, cit., 297 s. 264 E. DOLCINI, La lunga marcia della fecondazione assistita, cit., 428;

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osservazionale”; di conseguenza nessuno spazio residuo per indagini

genetiche pre-impianto.

La restrizione operata dalle suddette LG sul tema però avrà vita breve, in quanto con la sentenza n. 398/2008 il TAR del Lazio ha annullato la previsione per illegittimità265: il tribunale nello specifico ha ritenuto che le LG 2004 fossero affette da vizio di eccesso di potere, in quanto contrastanti con la legge n. 40/2004 della quale fanno applicazione. Secondo il criterio della gerarchia delle fonti infatti le Linee Guida hanno il compito di intervenire attraverso disposizioni tecniche sul tema della legge di riferimento, senza però andare a disciplinare la materia coperta da riserva di legge – nel caso specifico la PMA266. Le LG vengono infatti qualificate come atti ministeriali di natura regolamentare e quindi fonti di rango secondario, inferiori alla legge, fonte di rango primario. Come conseguenza di questa statuizione abbiamo quindi il venir meno della prescrizione contenuta nelle LG 2004, in quanto è andata a creare ex novo il divieto di effettuare la diagnosi preimpianto. Attualmente quindi non c’è nessuna valida ragione per negare che l’art. 14, e il corrispondente art. 6 comma 1, affermino il diritto alle migliori e più esatte prestazioni diagnostiche disponibili, funzionali ad un consenso informato e ad un esercizio dell’autodeterminazione sanitaria, consapevole e responsabile. L’art. 14 infatti è diretto alla tutela della salute della donna che si sottopone a una pratica di PMA.

265 Infra, cap. III, par. 5.4

266 M. SESTA, La procreazione medicalmente assistita tra legge, Corte Cost., giurisprudenza di merito e prassi medica, in Atti del convegno tenutosi a Milano il 30 settembre 2009, Cinque anni di applicazione della legge sulla procreazione medicalmente assistita: problemi e responsabilità, 2010, 843.

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Bisogna inoltre considerare gli effetti indiretti creati dalla sentenza n. 151/2009 della Corte Costituzionale267, così da poter affermare che attualmente sono state riaperte le porte alle pratiche di diagnosi pre- impianto.

Oltre a ciò bisogna aggiungere che le pratiche di diagnosi pre-impianto non possono ricadere all’interno dell’art. 13, in quanto mancherebbe il requisito essenziale previsto al comma 1, quale il carattere sperimentale della condotta, il quale va a caratterizzare anche tutte le fattispecie tipiche aggravanti previste al comma 3268.

Infine la legge n. 40/2004, riconoscendo la validità della legge n. 194/78, che ha come finalità la salvaguardia della salute psichica ed esistenziale della madre a fronte dell’impatto con gravi malattie o malformazioni del feto, non può ritenere eugenetiche le pratiche che rispondono alla stessa ratio della norma sull’aborto269.

In conseguenza di questa apertura non incorreranno in responsabilità né la madre né il medico che diventano parte integrante della diagnosi. La PGD attualmente trova valida applicazione in relazione a patologie genetiche molto comuni nella popolazione italiana, tra cui Beta- Talassemia, Anemia Falciforme, Emofilia A e B, Distrofia Muscolare di Duchenne-Becker, Distrofia Miotonica, Fibrosi Cistica, Atrofia Muscolare Spinale (SMA) e X-Fragile270. Ad accedere a questa

diagnosi sono solo coppie affette da sterilità o infertilità, in quanto la pratica rientra comunque tra quelle di PMA; la nozione è qui estesa a quelle coppie che possono concepire, ma non possono avere figli

267 Infra, cap. III, par. 5.5

268 A. VALLINI, Procreazione, cit., 658; C. CASINI, M. CASINI, M.L. DI

PIETRO, La legge 19 febbraio 2004, cit., 206

269 A. VALLINI, Illecito concepimento e valore del concepito, cit., 302 270 In diagnosipreimpianto.it, Diagnosi Genetica Preimpianto (PGD)

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perché hanno problemi genetici che impediscono loro di portare a termine la gravidanza.

Saranno individuati i problemi generati dalla norma, sia in relazione al possibile contrasto con norme costituzionali, che alle esclusioni che questi divieti pongono in essere271.

3. I LIMITI ALL’APPLICAZIONE DELLE TECNICHE SUGLI

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