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L'EVOLUZIONE NORMATIVA E GIURISPRUDENZIALE IN TEMA DI PMA: PROFILI DI LEGITTIMITA' E TUTELA PENALE

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UNIVERSITA’ DI PISA

Dipartimento di Giurisprudenza

Corso di Laurea Magistrale in Giurisprudenza

Tesi di Laurea

L’EVOLUZIONE NORMATIVA E

GIURISPRUDENZIALE IN TEMA DI PMA:

PROFILI DI LEGITTIMITA’ E TUTELA PENALE

Il Candidato

Il Relatore

Chiara Orsini Chiar.ma Prof.ssa

Venafro Emma

(2)

(3)

III

INDICE

PREMESSA………. 1

CAPITOLO I OGGETTO DI TUTELA DELLA L. N. 40/2004 IN MATERIA DI PMA 1. Definizione di “embrione”………... 4

2. L’embrione viene considerato persona?... 8

2.1 Valutazioni della Corte Cost……….. 9

2.2 Previsioni legislative sul punto……… 12

3. La tutela dell’embrione a livello costituzionale e i bilanciamenti necessari……….. 17

3.1 Bilanciamento tra gli interessi dell’embrione e quelli della donna……….. 18

3.2 Bilanciamento tra gli interessi dell’embrione e la libertà di ricerca scientifica………... 22

CAPITOLO II LA PROCREAZIONE MEDICALMENTE ASSISITITA NELLA L. N. 40/2004 1. Definizione di “procreazione medicalmente assistita”………..………..……… 26

2. Il diritto a procreare e ad avere figli……….. 28

3. La finalità terapeutica della L. n. 40/2004………. 33

4. Requisiti di accesso alla pratica di PMA………... 36

4.1 Requisiti oggettivi……… 36

4.2 Requisiti soggettivi……….. 38

a) Le coppie………. 39

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IV

c) Richiedenti di sesso diverso……… 40

d) Coppie coniugate o conviventi……… 41

e) Età potenzialmente fertile………... 43

f) Richiedenti entrambi viventi……… 45

4.3 Il consenso informato………..………. 46

5. No al divieto di concepimento: diritto alla parità di trattamento (profili di incostituzionalità dei requisiti di accesso) ……… 50

5.1 Relativamente ai single………..…………... 52

5.2 Relativamente ai minorenni………. 53

5.3 Relativamente agli omosessuali………... 54

5.4 Relativamente a fecondazione post-mortem……… 55

6. Disposizioni concernenti la tutela del nascituro……… 55

6.1 Lo status giuridico del nascituro………..………… 56

6.2 Il divieto di disconoscimento della paternità e il divieto di anonimato della madre………. 58

7. Il sistema sanzionatorio………..………... 62

CAPITOLO III L. N. 40/2004 AL VAGLIO DEI PRINCIPI COSTITUZIONALI 1. Premessa………..………..……… 69

2. Il divieto di sperimentazione sull’embrione, di clonazione e di diagnosi pre-impianto………..……….. 70

3. I limiti all’applicazione delle tecniche sugli embrioni……... 80

3.1 Il divieto di crioconservazione………. 80

3.2 Il limite di tre embrioni……… 83

4. Considerazioni sui profili di incostituzionalità dei divieti…. 85 4.1 Relativamente al reato di sperimentazione sull’embrione (soffermandoci sul problema della clonazione e della diagnosi pre-impianto)………. 85

(5)

V

5. Giurisprudenza relativa ai divieti di cui al capo VI della L. n. 40/2004………..……… 91 5.1 Il Tribunale di Catania e l’ordinanza del 3 maggio 2004 sulla diagnosi pre-impianto………..……….. 92 5.2 Il parere del Tribunale di Cagliari del luglio 2005 e

l’ordinanza n. 369/2006 della Corte Cost……….. 99 5.3 La sentenza del Tribunale di Cagliari e l’ordinanza del Tribunale di Firenze del 2007……….. 104 5.4 La sentenza del Tar del Lazio n. 398 del 2008: l’

annullamento delle Linee Guida del Ministero della Salute del 2004………..………... 115 5.5 La sentenza della Corte Cost. n. 151/2009 sulla

crioconservazione e sul limite di tre embrioni………. 120 5.6 Giurisprudenza successiva alla sentenza n. 151/2009: l’ordinanza del Tribunale di Bologna del 2009 e di Salerno del 2010………. 123 5.7 Il caso “Costa e Pavan c. Italia” di fronte alla Corte EDU sulla diagnosi pre-impianto………..……… 128 5.8 Le ordinanze seguenti del Tribunale di Cagliari del 2012 e di Roma del 2013………..………... 130 5.9 La sentenza del Tribunale di Firenze del 2012 sulla

sperimentazione di embrioni……… 135 5.10 Il caso “Parrillo c. Italia” di fronte alla Corte EDU del 2014 sulla sperimentazione di embrioni……….. 139 5.11 La sentenza della Corte Cost. n. 96/2015 (su ricorso del Tribunale di Roma) e l’ordinanza seguente del Tribunale di Milano………..……… 143

BIBLIOGRAFIA………..………..…………. 149 SITOGRAFIA………..………..……….. 164

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VI

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1

PREMESSA

La presente tesi intende affrontare il tema della procreazione medicalmente assistita (PMA).

E’ questo un argomento che nel tempo ha assunto sempre maggior rilievo, grazie ai progressi in campo medico scientifico degli ultimi anni1, che hanno consentito forme di fecondazione alternative a quelle naturali.

A fronte di queste nuove possibilità procreative l’ordinamento italiano si è dovuto dotare di un’adeguata regolamentazione legislativa, che indichi le tecniche di fecondazione artificiale praticabili e fissi i limiti necessari non più inquadrabili dalle leggi naturali2. È stata così emanata nel 2004 la L. n. 40, “Norme in materia di procreazione medicalmente

assistita”. Con questo lavoro si intende quindi inquadrare il fenomeno

della PMA in Italia, con specifico riferimento alla normativa appena individuata.

La prima questione che necessita un approfondimento attiene al riconoscimento della soggettività giuridica in capo all’embrione, in quanto presupposto della legge stessa. Facendo riferimento alla giurisprudenza della Corte Costituzionale su questo tema (Sentenza Corte Cost. n. 27/1975; sentenza Corte Cost. n. 26/1981; sentenza Corte Cost. n. 35/1997) si arriverà a qualificare l’embrione come personalità

in fieri e quindi a riconoscerlo quale soggetto non titolare di una

soggettività piena, ma dimidiata in ragione del suo sviluppo futuro. Si parte dalla definizione di “embrione umano”, per arrivare a riconoscere una qualche soggettività giuridica all’embrione stesso.

1 M.G. CABITZA, Lo statuto dell’embrione: tra dignità umana e progresso scientifico, in Diritto di Famiglia e delle Persone (II), fasc.2, 1 giugno 2018, 620

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2

Questo ha come conseguenza imprescindibile il bilanciamento con altri diritti di pari rango costituzionale3, che in rapporto alla PMA sono riferiti sia alla donna coinvolta nel trattamento terapeutico, che alla libertà di ricerca scientifica.

Nel secondo capitolo invece la trattazione si sposta sull’analisi approfondita della L. n. 40/2004, partendo da quella che è la definizione di “procreazione medicalmente assistita”. Viene fatta una panoramica su quelli che sono i principi e le finalità terapeutica che la legge ha, in vista anche di quelli che sono i requisiti, sia soggettivi che oggettivi, richiesti per l’accesso; la fecondazione artificiale infatti viene praticata nel momento in cui una coppia non può procreare naturalmente, a causa di problemi di infertilità o sterilità. Il capitolo affronta anche la tematica della tutela giuridica apprestata al nascituro, nonché individua il sistema sanzionatorio in materia di PMA. Con riferimento ai requisiti di accesso previsti nella normativa l’esposizione vuole andare a sottolineare quanto questi risultino stringenti. In conseguenza a questa forte limitazione si prospettano profili di incostituzionalità della normativa stessa, che non consente ad alcuni soggetti impossibilitati a procreare naturalmente l’accesso a questo tipo di pratica terapeutica. Di seguito il capitolo terzo parte con l’individuare i divieti posti al capo VI della normativa del 2004 in tema di procreazione medicalmente assistita (divieto di sperimentazione sull’embrione, di clonazione e di diagnosi preimpianto; divieto di crioconservazione e limite di produzione di tre embrioni da impiantare contemporaneamente). Anche rispetto a questo punto vengono individuati i profili di incostituzionalità che la norma pone: il Legislatore non ha effettuato un ragionevole bilanciamento tra la tutela della dignità dell’embrione e la libertà di ricerca scientifica; quest’ultima è stata compressa quasi totalmente per evitare manipolazioni sull’embrione. Sarà proprio la

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3

dottrina, e la giurisprudenza, ad individuare nel corso degli anni questi profili di incostituzionalità della norma, specificando i vulnus legislativi e richiedendo proficui interventi del Legislatore nazionale sul punto. Vengono passate in rassegna le numerose pronunce emesse dai giudici delle leggi, dalla Corte Costituzionale e dalla Corte EDU sui dibattiti riguardo ai rigidi limiti e ai divieti previsti, grazie alle quali la legge ne uscirà profondamente riformata.

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4

CAPITOLO I

OGGETTO DI TUTELA DELLA L. N. 40/2004 IN

MATERIA DI PMA

1. DEFINIZIONE DI “EMBRIONE”

La prima questione da dover affrontare nella trattazione sulla legge del 19 febbraio 2004 n. 40 in tema di procreazione medicalmente assistita riguarda l’oggetto di tutela della normativa stessa. Bisogna individuare quale è la tutela a cui le norme sono orientate e definire, seppur in linea di principio, che cosa merita tutela in riferimento all’embrione4. È infatti proprio quest’ultimo a rappresentare nel contesto della L. n. 40/2004 l’oggetto di tutela; la normativa si sostanzia in un

Embryonenschutzgesetz – legge a tutela dell’embrione, in quanto la regolamentazione, con tutti i divieti e i limiti che questa pone e di cui ci occuperemo più avanti, sono previsti per evitare pregiudizio sull’oggetto stesso5.

Le pratiche di procreazione medicalmente assistita 6 infatti contemplano attività che vanno dalla formazione dell’embrione, fino ad arrivare ad una manipolazione dello stesso per finalità di ricerca, per

4 G. LOSAPPIO, Bioetica e diritto penale. Le disposizioni penali del testo unico delle proposte di legge sulle tecniche di procreazione assistita, Ind. Pen., 1999, 667; K. SUMMERER, Le nuove frontiere della tutela penale della vita prenatale, riv. it. Dir. proc. Pen., 2003, 1258 s

5 A. VALLINI, Illecito concepimento e valore del concepito. Statuto punitivo della procreazione, principi, prassi, Torino, 2012, 174; E. DOLCINI, La lunga marcia della fecondazione assistita. La legge 40/2004 tra Corte Costituzionale, Corte EDU e giudice ordinario, in Riv. it. dir. e proc. pen., fasc.2, 2011, pag. 428 6 Da qui anche “PMA”

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5

accertamenti diagnostici, senonché per l’esecuzione della stessa tecnica procreativa7.

Non dobbiamo dimenticare che i soggetti coinvolti nella pratica sono però diversi: accanto all’embrione troviamo la coppia generatrice, con particolare attenzione da rivolgere alla gestante, i medici ed il personale ostetrico, nonché i biologi e i ricercatori, che negli ultimi anni stanno svolgendo maggiori attività di ricerca e indagine8. Data quindi

l’esistenza di una pluralità di protagonisti, ne consegue che vengano in gioco altrettanti interessi, molti di rilevanza costituzionale. Per questo ci occuperemo di far luce sul bilanciamento operato dal Legislatore tra i molteplici interessi meritevoli di tutela.

Prima quindi di occuparci dell’applicazione della legge sulla PMA, dobbiamo chiarire che cosa si indica con la nozione di “embrione”. Le definizioni offerte dagli scienziati sono tra loro discordanti9: secondo alcuni, per esempio, con embrione in senso stretto dobbiamo far riferimento all’embrioblasto, un minimo frammento di un ammasso cellulare, c.d. trofoblasto, il quale è indirizzato a dar vita alla placenta trascorsi almeno quattro giorni dalla fecondazione10; secondo altri, invece, l’embrione è “l’organismo che si sviluppa dal momento della fecondazione”, dando, quindi, una definizione più generale11. Secondo altri ancora se ne parla a partire dall'attivazione dell'oocita (dal primo

7 A. VALLINI, Illecito concepimento e valore del concepito, cit., 173-174 8 R. COLOMBO, embrione umano, in disf.org (documentazione interdisciplinare di scienza e fede), 2002

9 G. BENAGIANO in Enciclopedia Treccani-Dizionario di medicina, 2010, il

quale parla di una “difficoltà di definizione embriologica” data da un’origine non univoca dell’embrione stesso

10 D. NERI, La bioetica in laboratorio, Bari, 2001, 31

11 G. MILANO, C. PALMERINI, La rivoluzione delle cellule staminali, Milano,

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contatto, cioè, tra gamete maschile e gamete femminile), senonché dalla penetrazione dello spermatozoo nell'oocita oppure dalla fusione dei genomi (l'ootide, cioè l'oocita fecondato a due pronuclei, non sarebbe dunque un embrione), oppure ancora dall'avvio della divisione cellulare e cosi via12.

Rivolgiamo allora lo sguardo alla legge n. 40/2004, la quale non risulta però esaustiva sul punto, anzi nulla dispone espressamente. Un riferimento in tal senso si può ricavare dall’art. 6, co. 313, il quale

prevede la possibilità di revoca del consenso degli aspiranti genitori rispetto alle pratiche di PMA, fino al momento della fecondazione dell’ovulo. Questa previsione sembra così indicare il momento in cui viene a formarsi un “nucleo di valore” non più nella disponibilità dei genitori, che merita quindi una tutela più pregnante14 . Questa previsione sembra quindi propendere per una lettura ampia della nozione, che individua l’entità come l’”oocita penetrato o attivato” dallo spermatozoo, nella fase iniziale della fecondazione. La designazione coincide anche con altre previsioni contenute nella legge n. 40/2004, che distinguono nettamente gli embrioni dai gameti, non prevedendo nessuna entità intermedia: l’art. 13, co. 3, lett. b) vieta una stessa attività in riferimento sia ai gameti che agli embrioni, mentre

12 C. FLAMIGNI, introduzione a E. DOLCINI, Fecondazione assistita e diritto penale, Milano, 2004, 9 ss.; E. DOLCINI, Fecondazione assistita e diritto penale, cit., 105 ss.

13 “…La volontà può essere revocata da ciascuno dei soggetti indicati dal presente comma fino al momento della fecondazione dell'ovulo”

14 D. BARTOLETTI, F. MARENGHI, A. VALLINI, Norme in materia di procreazione medicalmente assistita, in Leg. Pen., 2005, 10; G. ROCCHI, Statuto e tutela dell’embrione, in Produrre uomini. Procreazione assistita: un’indagine multidisciplinare, Firenze, 2006, 198; A. BELLELLI, La sperimentazione sugli embrioni: la nuova disciplina, Familia, 2004, 986

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7

all’art. 14, co. 1 troviamo il divieto di crioconservazione degli embrioni e al co. 8 la possibilità di crioconservazione dei gameti. L’embrione discende quindi dall’unione di due gameti, l’oocita femminile e lo spermatozoo maschile attraverso quello che è il processo di fecondazione15. Il momento della fecondazione dà vita ad una nuova cellula, non identificabile né con l’oocita né con lo spermatozoo (c.d. “anfimissi”), che si forma circa 22 ore dopo dal primo contatto tra i due gameti.

È in questo preciso istante che anche la scienza biomedica che si occupa della riproduzione e dello sviluppo dell’uomo vede l’inizio dell’esistenza umana, facendo leva sul concetto di “irripetibilità” dell’embrione. Questa prima cellula che si forma infatti è dotata di una propria individualità genetica, data dalla presenza di un genoma16 specifico. Quest’ultimo infatti garantisce all’entità formatasi una propria identità specifica e individuale, differente da qualsiasi altro individuo della specie umana17. Lo zigote che quindi si forma a seguito di fecondazione, sia naturale che artificiale, sarà dotato di un proprio patrimonio genetico unico e non riscontrabile in nessun’altra vita umana18.

15 Sentenza Corte di Giustizia dell’Unione Europea, Grande Chambre, 18 ottobre

2011, “brustle c. Greenpeace”, che definisce embrione umano “qualunque ovulo umano fin dalla fecondazione”, quello “non fecondato in cui sia stata impiantato il nucleo di una cellula umana matura e qualunque ovulo umano non fecondato che, attraverso partenogenesi, sia stato indotto a dividersi e svilupparsi”

16 Il genoma è la struttura informazionale determinata dalle sequenze

nucleotidiche del DNA

17 R. COLOMBO, Lineamenti per uno statuto biologico dell’embrione umano,

in disf.org, 2002

18 In raccomandazioni dell’Assemblea parlamentare del consiglio d’Europa, n.

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I mutamenti che interverranno nelle fasi seguenti di vita non andranno in alcun modo ad incidere su questa “irripetibilità” del genoma, in quanto legati sempre a fattori esterni con cui l’organismo viene in relazione19.

La legge in esame, quindi, ricostruisce il concetto di vita umana proprio partendo dalle risultanze della scienza biologica e genetica20. Da questo ultimo momento la tutela del concepito passa alla legge n. 194/1978 sull’interruzione volontaria di gravidanza.

2. L’EMBRIONE VIENE CONSIDERATO PERSONA?

L’individuazione esatta dell’embrione non coincide però

necessariamente con la nascita di una “nuova persona”. Si è aperto un forte dibattito circa la possibilità di riconoscere come “persona” l’embrione stesso, quindi come organismo titolare di una qualche soggettività giuridica.

La disputa è data in primo luogo dal fatto che l’embrione è capace di svilupparsi solo con l’ausilio del corpo della madre, quindi non possiede una piena autonomia evolutiva; inoltre neanche la Costituzione viene in soccorso, dato che non indica con precisione il momento dal quale si può iniziare a parlare di “vita umana” e quindi di “persona”; oltre a ciò non tutto quello che è oggetto di reato è persona. Si arriva quindi alla risoluzione del “caso” considerando sia il livello di

nazionale per la Bioetica, Identità e statuto dell’embrione umano, 1996, in bioetica.governo.it

19 A. SERRA, Fondamenti biologici del “diritto alla vita”, in Jus, 1975, 344 ss. 20 G. BONI, La legge n. 194/1978: “derive” applicative di una legislazione da rivedere, in Dir. famiglia, fasc.2, 2008, 821

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tutela garantito dal legislatore con la legge ordinaria sia la giurisprudenza sostenuta dalla Corte Costituzionale.

2.1 Valutazioni della Corte Costituzionale

Partiamo dalle valutazioni compiute dalla Corte Costituzionale sul punto in questione.

In tempi più risalenti le pronunce su questi temi hanno riguardato la legge sull’interruzione volontaria di gravidanza, L. n. 194/197821.

Va per prima cosa ricordato come la legge posta al vaglio della Consulta si occupi del feto e non dell’embrione. I due non sono concetti sovrapponibili poiché il feto si pone nella fase di gestazione, ulteriore e diversa rispetto alla fase di fecondazione, in cui il feto è dotato di un’individualità più pregnante e in cui le possibilità di “divenire altro” rispetto alla figura del “nato” sono quasi azzerate22. In aggiunta la Corte ha qui qualificato l’embrione come “persona in divenire”, sostenendo che “non esiste equivalenza fra il diritto non solo alla vita ma anche

alla salute proprio di chi è già persona, come la madre, e la salvaguardia dell'embrione che persona deve ancora diventare”23. E ancora, le pronunce sono innovative poiché consentono una sorta di liberalizzazione dell’aborto, ammettendo al di là dei casi in cui si riscontrasse un pericolo grave e attuale per la salute e la vita della gestante la possibilità di procedere con la soppressione del feto stesso, che abbiamo detto si trova in uno stato molto più avanzato rispetto all’embrione24.

21 Sentenza Corte Cost. n. 27/1975; sentenza Corte Cost. n. 26/1981; sentenza

Corte Cost. n. 35/1997

22 M. MANETTI, La questione dell’embrione nel quadro dei principi costituzionali, in costituzionalismo.it, 7 giugno 2005, 1 ss.

23 Sentenza Corte Cost. n. 27/1975, cit.

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Di fronte a queste vicende non si può che ammettere come la Corte Costituzionale abbia riconosciuto al concepito una personalità non piena; viene riconosciuta infatti una qualche soggettività giuridica tenendo però in considerazione le sue peculiarità25. Il concepito viene infatti visto come entità non discostabile dalla madre: dal momento di fecondazione – come già detto in precedenza – si forma sì una cellula diversa dai gameti e dotata di un proprio materiale genetico, ma dipendente funzionalmente dal corpo della donna. Senza questa profonda interazione biologica tra l’embrione e la madre il primo non ha infatti nessuna prospettiva di vita futura26. Come appena visto infatti la gestante può ricorrere alla pratica abortiva, dimostrando così proprio quella “dipendenza infungibile” che intercorre tra il corpo della donna e l’embrione stesso. Quest’ultimo quindi non è ancora una “persona”, in quanto il percorso è ancora in atto ed è soggetto perciò a possibili variabili – pensiamo per esempio anche alla possibilità che la cellula formatasi e dotata di una sua autonomia, seppur limitata, data dalla presenza di un patrimonio genetico, entro due settimane dalla fecondazione si separi dando vita a due gemelli omozigoti27 . Si è dimostrato come sia possibile che l’embrione non arrivi a diventare

25 A. VALLINI, Illecito concepimento e valore del concepito, cit., 184; M.G.

CABITZA, Lo statuto dell’embrione, cit., 620

26 R. DULBECCO, “Camera dei deputati, Commissione XII, Affari sociali, indagine conoscitiva sulla procreazione medicalmente assistita”, resoconto della seduta del 14 ottobre 1997 dei Premi Nobel, in camera.it, 197; D. NERI, La bioetica in laboratorio, cit., 24 ss.; P. VINEIS, Equivoci bioetici, Torino, 2006, 14

27 C. FLAMIGNI, Le tappe dell’evoluzione biologica, in AA.VV., Il governo del corpo, Milano, 2011, 1292 ss.

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“persona” in ogni caso, in quanto esistono molte condizioni e possibilità28.

Parlando di embrione come “persona che ancora deve diventare” si limita la sua tutela rispetto a quello che sarà l’evoluzione nel tempo dell’embrione stesso. Solo se questo diventerà persona vedrà riconoscersi piena soggettività giuridica29; per il momento viene garantita una tutela più pregnante a chi persona lo è già, come appunto la donna stessa. La tutela della sua salute, come visto con le possibilità di aborto, va a prevalere infatti sul diritto di vita del concepito.

Questa tesi non viene abbandonata dalla Corte Costituzionale neanche negli anni seguenti, quando si trova a dover valutare la legge sulla PMA, n. 40 del 2004.

Con la sentenza n. 151 del 200930 la Corte elimina il limite di produzione di tre embrioni da impiantare nell’utero della donna contemporaneamente e ammette la possibilità per la donna di “scegliere” gli embrioni da impiantare, al fine di non generare figli affetti da malattie geneticamente trasmissibili. Non si pronuncia quindi espressamente sulla natura dell’embrione, ma si può ricavare indirettamente come la tutela della donna prevalga sul diritto di vita del concepito, in quanto quest’ultimo non ancora è persona. La donna non è tenuta a garantire in modo incondizionato una prospettiva di vita futura dell’embrione, potendo selezionare quali

28 Si pensi per esempio alla possibilità di aborto spontaneo della donna, quindi la

probabilità di non veder sorgere nessuna persona oltre la possibilità già vista della nascita di due o più gemelli, quindi più persone

29 C. FLAMIGNI, M. MORI, La legge sulla procreazione medicalmente assistita. Paradigmi a confronto, Milano, 2005, 104 ss.

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embrioni impiantare e a quali dare quindi una chance di divenire “feto”31.

Quest’idea si riscontra anche nella sentenza n. 229 del 2015 della Consulta, in cui viene prospettato questo bilanciamento di interessi tra i soggetti coinvolti, propendendo maggiormente a favore delle “persone”, a discapito di coloro che sono per il momento solo “capaci di poterlo diventare”.

Tornando alla sentenza n. 151/2009 la Corte prevede di conseguenza come unica prospettiva per gli embrioni “esclusi dall’impianto”, in linea con il dettato della legge, la crioconservazione; questa mancata eliminazione dell’embrione “scartato” è in linea con una tutela riconosciuta allo stesso, seppur dimidiata per le caratteristiche individuali già indicate. Il fatto di non essere mero materiale biologico, ma di avere una certa “individualità”, fa sì che gli venga riconosciuta una qualche soggettività. Quest’ultima si modifica a seconda degli stadi evolutivi, fino a trovare piena completezza nella “persona”32.

2.2 Previsioni legislative sul punto

Questa tutela, che potremmo definire “a intensità crescente”33 riconosciuta all’embrione viene predisposta anche da parte del Legislatore nazionale attraverso due diverse previsioni che si apprestano sullo statuto giuridico dell’embrione, del feto e del

31 M. P. COSTANTINI, La legge n. 40/2004 al confronto della giurisprudenza ordinaria e costituzionale, in AA.VV., In vita, in vitro, in potenza: lo sguardo del diritto sull’embrione, Torino, 2011, 24 s.; M.G. CABITZA, Lo statuto dell’embrione, cit., 620

32 F.D BUSNELLI, E. PALMERINI, Clonazione, in Dig. disc. priv. sez. civ.,

Torino 2000, 157 e ss.

33 A. MANNA, La tutela penale della vita in fieri, tra funzione promozionale e protezione dei beni giuridici, in Leg. Pen., 2005, 354

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nascituro.

Dato che, come già sostenuto, la Costituzione è vaga sul problema in questione, spetta al legislatore stabilire se l’embrione sia da considerarsi o meno persona. Al legislatore è data una libera discrezionalità nel fornire la definizione di embrione, riconoscerne il ruolo di “persona” e “conseguentemente, riconoscere la tutela giuridica approntata dall’ordinamento”34.

Una delle leggi in questione è la n. 194/1978 che riguarda l’interruzione volontaria di gravidanza. Il mancato pieno riconoscimento della soggettività del concepito si può desumere dal fatto che la pratica abortiva è consentita non solo per eludere pericoli gravi per la vita della gestante stessa, ma anche per prevenire dei problemi di salute in coincidenza di particolari “condizioni economiche, o sociali, o

familiari”35.

Tutto è confermato dall’art. 7, co. 3, della legge in esame in cui la pratica di interruzione di gravidanza è consentita entro limiti strettissimi quando “sussiste la possibilità̀ di vita autonoma del feto”. Nel momento in cui il feto diventa pienamente autonomo, e quindi siamo sempre più vicini alla formazione completa di questo come “persona”, la tutela si fa più forte e viene garantito il suo diritto alla vita in modo molto più stringente, consentendone l’”uccisione” solo quando è in pericolo un’altra vita umana. L’embrione quindi da una parte è meritevole di una tutela in quanto la pratica non è consentita illimitatamente, ma è regolamentata per legge con limiti e divieti; dall’altra parte però ha nell’ordinamento un peso inferiore rispetto alla tutela della salute della donna, fino al momento in cui anche il feto può

34 Come sostenuto dal Tar del Lazio, III-quater, 31 ottobre 2007-21 gennaio 2008,

n.398 e III-ter, 7/4 – 5 maggio 2005, Guida dir., 2005, 23, 81

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essere qualificato come “persona” al pari della gestante stessa36. La

pratica abortiva per questo bilanciamento di interessi coinvolti non viene qualificata come “omicidio”; non è un fatto tipico di reato l’eliminazione del feto entro i limiti previsti37.

La seconda legge da dover considerare sul punto è la legge n. 40/2004, “norme in materia di procreazione medicalmente assistita”. Il fatto che anche in questa normativa il Legislatore abbia riconosciuto una qualche soggettività all’embrione balza subito agli occhi leggendo l’art. 1, co. 1: nonostante sia una previsione meramente enunciativa e di apertura, va a garantire una tutela dei “diritti di tutti i soggetti

coinvolti, compreso il concepito”. Con questo ultimo termine si allude

indubbiamente all’embrione, riconosciuto allora come centro di imputazione di diritti fondamentali. Non dobbiamo mai dimenticare però che la soggettività giuridica viene calibrata e adattata su ogni singolo soggetto che ne è titolare38, a seconda di quelli che sono gli interessi personali. Questi ultimi sono diversi in riferimento a chi è già “persona”, rispetto a chi ancora deve divenirlo39.

36 F. MODUGNO, La fecondazione assistita alla luce dei principi e della giurisprudenza costituzionale, in laprocreazioneassistita.it, 4; F. MANTOVANI, Tutela della vita e della persona umana (art. 2, 31, 32 Cost), in AA.VV., Diritto penale e giurisprudenza costituzionale a cura di VASSALLI G., Napoli, 2006, 185 ss

37 T. PADOVANI, Procreazione, in Enc. Dir., XXXVI, Milano, 1987, 986; M.

ZANCHETTI, Interruzione della gravidanza, in AA.VV., Commentario breve alle leggi penali contemporanei, Padova, 2007, 1697 ss.

38 F.D. BUSNELLI, E. PALMERINI, Clonazione, cit., 142; P. ZATTI, La tutela della vita prenatale: i limiti del diritto, in dircomp.unipd.it, 4 ss.

39 A. VALLINI, Illecito concepimento e valore del concepito, cit., 202 ss.; A.

VALLINI, Procreazione medicalmente assistita, in AA.VV., Leggi penali complementari a cura di T. PADOVANI, Milano, 2007, 628 ss.

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Questa distinzione tra l’embrione e chi invece è nato, quindi è già persona, si può evidenziare anche nel prosieguo della legge stessa. In primo luogo questo emerge chiaramente dal fatto di non equiparare la pena prevista per l’omicidio40 rispetto a quella dell’embrionicidio41: nel primo caso la pena stabilita è molto superiore ed inoltre è differenziata a seconda che il reato sia doloso, colposo oppure preterintenzionale, cosa del tutto assente nella legge sulla PMA. Questo sottolinea quindi una minor gravità del fatto di reato compiuto che va ad interessare l’embrione rispetto ad un soggetto già nato. Questa “tutela crescente” che stiamo indagando e che è messa in relazione al “grado di personalità” riconosciuta ad un soggetto, viene confermata da queste pene indicate: quella più bassa è prevista appunto per la soppressione dell’embrione, quella intermedia nel caso di interruzione di gravidanza senza il consenso della donna42, mentre quella più alta nel caso di uccisione di un uomo. Già da questo primo punto è evidente come l’embrione non venga tutelato a rango di persona, seppure riceva comunque una tutela in linea col fatto di averlo individuato quale “soggetto” all’art. 1. Quanto appena detto trova conferma nel fatto di prevedere una sanzione più pregnante rispetto all’embrionicidio nella previsione sul reato di sperimentazione sull’embrione43 e in più nell’elevazione a reato della

crioconservazione, attività volta alla conservazione dell’embrione stesso in ambito extracorporeo44. Per quest’ultimo reato non va dimenticato come la pena prevista sia la stessa per l’embrionicidio: il legislatore è andato così a mettere sullo stesso piano il disvalore che si 40 Art. 575 c.p. 41 L. n. 40/2004, art. 14, co. 1 42 L. n. 194/1978, art. 18, co. 1 43 L. n. 40/2004, art. 13 44 L. n. 40/2004, art. 14, co. 1

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ottiene dalla soppressione dell’embrione rispetto a quello che si ottiene dalla conservazione extracorporea dello stesso, quando non destinato

ad essere impiantato in utero almeno nell’immediato.

Come ultima dimostrazione si ricordano gli artt. 8 e 9, in cui solo a colui che è nato da pratica di fecondazione assistita si garantisce l’acquisizione di status giuridico di figlio; questa è infatti preclusa prima della nascita per il concepito.

Le disposizioni prese in considerazione quindi confermano che non si può qualificare l’embrione come persona, non dimenticando però di apprestargli un minimo di tutela attraverso divieti e proibizioni previste.

Questa tutela si muove sulla scia del riconoscimento della dignità della vita umana e del suo naturale processo evolutivo45. La norma infatti è diretta ad evitare tutte le manipolazioni e strumentalizzazioni che possono essere compiute sull’embrione e che possano condurre ad esiti diversi rispetto a quelli naturali. Il Legislatore ha come obiettivo, attraverso la regolamentazione delle pratiche di PMA, la creazione di una persona attraverso lo sviluppo di una vita umana nel corpo della donna; per raggiungere tale scopo non devono apprestarsi attività dell’uomo su questo processo di riproduzione, in quanto potrebbe alterarlo.

È a questo punto evidente il perché sia sentita con maggior disvalore la pratica di sperimentazione rispetto all’embrionicidio e alla crioconservazione e il perché queste ultime due siano parificate quanto a pena: la sperimentazione è infatti l’attività che più di tutte le altre vede una manipolazione umana sull’embrione, sottraendolo dal suo naturale

45 A. VALLINI, Illecito concepimento e valore del concepito, cit., 207 ss.; L.

EUSEBI, Beni penalmente rilevanti e tecniche di procreazione, in AA.VV., La tutela penale della persona, Milano, 2001, 48 ss.; A. MANNA, La tutela penale della vita in fieri, cit., 347 ss.

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destino; rispetto alla crioconservazione, questa non è da preferire alla soppressione dell’embrione stesso in quanto non ha eguali in natura, seppur qui non si manifesta una manipolazione dell’embrione tanto

invasiva come nella sperimentazione dello stesso. La

crioconservazione è vietata anche perché si vuole evitare che questi embrioni “non impiantati” possano essere destinati in via alternativa ad una sperimentazione, considerata per l’appunto la pratica maggiormente lesiva della dignità della vita umana46.

3. LA TUTELA DELL’EMBRIONE A LIVELLO COSTITUZIONALE E I BILANCIAMENTI NECESSARI

La tutela attribuita all’embrione nei termini appena esposti è perfettamente in linea con il riconoscimento costituzionale che a questo viene apprestato – riconoscimento da dover ricostruire dato che, come già indicato, non esiste nessuna norma costituzionale che si pronuncia espressamente ed esaustivamente sul punto. Nel momento in cui si individua un soggetto titolare di un interesse costituzionale è necessario bilanciare sempre quest’ultimo con i contrapposti interessi costituzionali che vengono in gioco nelle pratiche di PMA, in riferimento agli altri soggetti coinvolti47.

46 L. EUSEBI, Beni penalmente rilevanti, cit., 39 ss. per un riferimento preciso

alla vita umana e non alla persona umana, confermando come l’embrione non sia ancora qualificabile come persona

47 M.G. CABITZA, Lo statuto dell’embrione, cit., 620; L. PALADIN, Esiste un “principio di ragionevolezza” nella giurisprudenza costituzionale?, in AA.VV., Esiste un “principio di ragionevolezza” nella giurisprudenza costituzionale?, Il principio di ragionevolezza nella giurisprudenza della Corte Costituzionale. Riferimenti comparatistici, Milano, 1994, 164

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3.1 Bilanciamento tra gli interessi dell’embrione e quelli della donna

Come primo punto da vagliare troviamo quello del bilanciamento tra gli interessi dell’embrione e gli interessi degli aspiranti genitori, con particolare attenzione da riservare alla donna.

La Costituzione riconosce espressamente i diritti della madre agli artt. 2, 13, 29, 30, 31 e 32.

È all’interno dell’art. 2 Cost.48 che trovano in prima battuta una tutela

forte sia la donna che l’embrione stesso. Alla prima vengono garantiti i diritti inviolabili in quanto soggetto sia nell’accezione singola che in quella sociale; all’embrione invece la tutela è dimidiata in ragione della sua natura e quindi il riconoscimento è solo come “singolo”, in quanto non può avere una “relazionalità sociale” al pari di coloro che sono già nati49. La Carta fondamentale ha come scopo quindi la tutela della vita umana nel suo complesso, riconoscendo entrambi quali soggetti titolari del diritto alla vita, alla salute, alla dignità e all’identità - seppure non con lo stesso peso. Questa qualifica dell’embrione come centro di allocazione dei diritti fondamentali dell’uomo si appresta sul suo riconoscimento come “persona in divenire”50; viene visto non come mero materiale biologico, ma come entità biologica, seppur dipendente ancora dal corpo della madre e sulla quale non c’è certezza circa il futuro che l’attende51. Di supporto a questa tesi si pone anche la stessa

48 “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità…”

49 F.D. BUSNELLI, Rilevanza giuridica della vita prenatale, categorie civilistiche, principi costituzionali, in CARUSI, CASTIGLIONE, In vita, in vitro, in potenza, cit., 28

50 F.D. BUSNELLI, E. PALMIERI, Clonazione, cit., 157 ss.

51 A. VALLINI, Illecito concepimento e valore concepito, cit., 184; B. PEZZINI, Inizio e interruzione della gravidanza, Milano, 2011, 1671ss

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Corte Costituzione, che, in alcune delle sentenze appena richiamate, afferma espressamente come “la situazione giuridica del concepito non

possa non collocarsi, sia pure con le caratteristiche sue proprie, fra i diritti inviolabili dell'uomo, riconosciuti e garantiti dall'art. 2 della costituzione”52. Quando si fa riferimento alle peculiarità dell’embrione l’evidenza è sempre sulla sua necessità di allocazione nel grembo materno per l’evoluzione e lo sviluppo.

Con l’art. 31 invece la Costituzione tutela la maternità53. Anche in

questo caso la tutela più alta viene rivolta alla gestante, in quanto il concetto di “maternità” viene inteso in un significato ampio: da un lato individua una particolare relazione fisica che si crea indubbiamente tra la madre e il concepito, dall’altro un progetto di filiazione, di gravidanza e di famiglia riconducibile ai genitori54.

Questo interesse pregnante, rivolto al momento di filiazione e di gravidanza, viene in gioco anche all’art. 1355 e 32, co. 256 Cost., in cui si garantisce la libera scelta in capo ai cittadini circa la possibilità di divenire o meno genitori. La maternità diventa un diritto meritevole di tutela, siano a vietare qualsivoglia trattamento sanitario obbligatorio, salvo espressa previsione di legge.

52 Sentenza Corte Cost. n. 27/1975

53 “La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose. Protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo”

54 G. DE FRANCESCO, Programmi di tutela e ruolo dell’intervento penale,

Torino, 2004, 45ss

55 “La libertà personale è inviolabile”

56 “Nessuno può essere obbligato ad un trattamento sanitario obbligatorio se non per disposizione di legge. la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”

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Questo è in coerenza con quanto disposto dall’art. 29 Cost.57, il quale

riconosce e garantisce la formazione della famiglia: questa libera scelta è espressione del diritto di personalità.

Anche con queste previsioni viene confermato il riconoscimento di una qualche soggettività giuridica in capo all’embrione, nonostante una tutela completa venga comunque rivolta solamente alla donna. L’embrione infatti è riconosciuto titolare di questi diritti in rapporto alla madre, solamente quando è in atto un “progetto genitoriale”. La procreazione è un atto di volontà di una donna e di un uomo e quindi, per tale motivo, l’embrione deve essere qualificato come “persona futura”; il suo diritto alla vita è il diritto a poter divenire persona che si realizza solo grazie a quella cooperazione biologica che si instaura con la gestante58. L’embrione non è qualificabile nel momento in atto come “persona”, appunto per quella dipendenza funzionale dalla donna, ma è capace di poterlo divenire in futuro, se riuscirà ad acquistare autonomia e indipendenza. In definitiva viene tutelato il processo riproduttivo in vista di una tutela piena da riconoscere alla persona che ne originerà59.

57 “La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio…”

58 L. FERRAJOLI, Diritti fondamentali e bioetica. La questione dell’embrione,

in AA.VV., Ambito e fonti del biodiritto, Milano, 2010, 243; A. GUGLIELMINO, Problemi applicativi della legge 19 febbraio 2004, n. 40 e della relativa disciplina dell’embrione, in AA.VV., In vita, in vitro, cit., 13 s. 59 A. VALLINI, Illecito concepimento e valore concepito, cit., 198 ss; A.

MANNA, La tutela penale della vita in fieri, cit., 354; K. SUMMERER, Le nuove frontiere, cit., 1250 ss.; P. ZATTI, La tutela della vita umana prenatale, cit., 4 ss.

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È infine con riguardo all’art. 32 Cost. che viene in gioco un altro diritto della madre, quale il diritto alla salute60. La donna vede riconosciuta la tutela della sua salute sia come singolo, sia all’interno della collettività in cui è inserita. Pure in questo caso la tutela viene riconosciuta anche all’embrione, tenendo conto della sua qualificazione come centro di allocazione dei diritti fondamentali riconosciuta sulla base dell’art. 2 Cost. L’embrione deve essere tutelato nella sua aspettativa di nascere sano61, sempre in linea con il fatto che sia per il momento “persona in fieri”.

In relazione a questi diritti di rango costituzionale appena esaminati si pone un particolare problema con riguardo alla L. n. 40/2004 sulla PMA. La questione è relativa al bilanciamento che deve necessariamente compiersi tra la tutela del diritto alla salute della donna e il diritto alla vita dell’embrione. Nel momento in cui viene riconosciuta una qualche soggettività giuridica all’embrione infatti i diritti fondamentali riconosciuti alla donna in quanto “persona” devono subire degli adattamenti62: quest’ultimi vengono individuati nei divieti e nelle sanzioni che la stessa legge n. 40 individua63 , senonché nei rigidi requisiti richiesti per l’accesso alle pratiche di procreazione

60 “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività…”

61 G. CASSANO, Le nuove frontiere del diritto di famiglia, Milano, 2000, 2 ss.;

A. PACE, Problematica delle libertà costituzionali, Parte generale, Padova, 2003, 96

62 P. ZATTI, La tutela della vita umana prenatale, cit., 14; C. CASELLA, M.

NIOLA, V. GRAZIANO, M. PATERNOSTER, P. DI LORENZO, C. BUCCELLI, La PMA nel rapporto tra legislatore e corte costituzionale, in Rivista Italiana di Medicina Legale (e del Diritto in campo sanitario), fasc.4, 2017, 1441 –

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medicalmente assistita 64 - pensiamo per esempio al divieto di

clonazione riproduttiva, posto in essere per evitare un’indebita manipolazione dell’embrione. Da questo punto di vista quindi la tutela della salute della donna vede un arresto di fronte alla tutela della dignità dell’embrione in quanto entrambe prerogative costituzionali, favorendo nell’esempio fatto un processo che risponda il più possibile ad un iter naturale.

Queste limitazioni però non possono spingersi molto oltre, poiché i diritti di coloro che sono persona e che trovano riconoscimento a livello costituzionale non possono essere scalfiti e eliminati totalmente. È per questa considerazione che la salute della donna deve andare a prevalere di fronte a quelli che sono gli interessi di un soggetto che ancora persona non è, quale appunto l’embrione65.

Tutto ciò trova conferma nella giurisprudenza della Corte Costituzionale66, la quale asserisce come «non esiste equivalenza fra il

diritto non solo alla vita ma anche alla salute proprio di chi è già̀ persona, come la madre, e la salvaguardia dell’embrione che persona deve ancora diventare».

Tutto ciò non sempre ha trovato però concreto riscontro nelle disposizioni della normativa sulla PMA, la L. n. 40/200467.

3.2 Bilanciamento tra gli interessi dell’embrione e la libertà di ricerca scientifica

La Costituzione agli artt. 9, 32 e 33 tutela la libertà di ricerca scientifica. L’attività di ricerca scientifica può interessare anche gli stessi embrioni, sia riguardo al tema della generazione umana che al di fuori di questo -

64 Infra, cap. II, par. 4

65 A. VALLINI, Illecito concepimento e valore concepito, cit., 211 ss. 66 Sentenza Corte Cost. n.27/1975

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si pensi per esempio all’attività di ricerca svolta sugli embrioni al fine di trovare una terapia per gravi malattie68. Per questo motivo diviene doveroso un bilanciamento anche tra questa libertà e gli interessi dell’embrione, quale alla vita, alla salute, alla dignità, allo sviluppo, alla personalità…

Questa attività di ricerca viene garantita a livello costituzionale69 in quanto ha dei riflessi importanti sulla collettività: quest’ultima infatti può ottenere un miglioramento nel benessere della vita attraverso un progresso scientifico e un avanzamento nelle conoscenze del sapere umano70. Una trasformazione positiva nello stile di vita si ha in prima battuta col progresso nelle conoscenze in campo medico. La libertà di ricerca scientifica quindi deve essere tutelata in vista dell’art. 32 Cost., che garantisce il diritto alla salute sia del singolo che della collettività. Certi studi scientifici sono considerati infatti polivalenti, cioè funzionali a diversi scopi - molto spesso di rilevanza sociale. Il Legislatore, che si è trovato a dover dare attuazione a questo dettato costituzionale nella normativa sulla procreazione medicalmente assistita, ha quindi dovuto compiere un bilanciamento tra la tutela della dignità dell’embrione e la libertà di ricerca scientifica, in quanto entrambi interessi di pari rango71. Il Legislatore ha previsto un divieto quasi assoluto di sperimentazione sugli embrioni nella L. n. 40/2004

68 A. VALLINI, Illecito concepimento e valore del concepito, cit., 179

69 Ex art. 9 Cost “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca

scientifica e tecnica…”; ex art. 33 “L'arte e la scienza sono libere e libero ne è l'insegnamento…”

70 L. CHIEFFI, Ricerca scientifica e tutela della persona. Bioetica e garanzie costituzionali, Napoli, 1993, 64 ss.

71 S. PENASA, La questione delle cellule staminali. Il quadro giuridico, in

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agli artt. 13 e 1472, con eccezioni consentite solo nel caso in cui queste

attività perseguano finalità terapeutiche o diagnostiche volte alla tutela

della salute o allo sviluppo dell’embrione stesso.

Questa regolamentazione risponde all’interesse circa la non manipolabilità di quelli che sono processi naturali. La strumentalizzazione di questi processi umani ha un disvalore intrinseco, in quanto va ad agire sulla “specificità” del genere umano, che deve essere invece salvaguardata. L’offesa cade in quella che è la manipolazione del patrimonio genetico, proprio per il valore di dignità che si riconosce in capo allo sviluppo umano naturale 73 . I limiti sono cosi rigorosi quindi per evitare che la manipolazione genetica sugli embrioni conduca ad esiti inquietanti74 – pensiamo per esempio al divieto diclonazione contenuto all’art. 13, co. 3 lett. c), della L. n. 40/2004, posto in essere per evitare di poter dar vita a entità non umane.

Anche la Corte Costituzionale si è occupata di questo tema75, con riferimento specifico al divieto di sperimentazione contenuto all’art. 13 della suddetta legge: a ragione della Consulta la norma in esame è volta alla tutela della dignità dell’embrione con riferimento alla sua sopravvivenza76. Considerando illecite tutte quelle attività che possono

72 Infra, cap III, par. 2 e 3

73 F. MANTOVANI, Problemi penali delle manipolazioni genetiche, in Riv. it. Dir. proc. Pen., 1986, 676

74 C. CASINI, M. CASINI, Lo statuto dell’embrione umano: riflessioni dopo la sentenza costituzionale n.229 del 2015, in Diritto di Famiglia e Delle Persone (II), fasc. 1, 2016, 200

75 Sentenza Corte Cost. n. 229/2015

76 La Corte sul punto si è espressa in tal senso “il vulnus alla tutela della dignità dell’embrione ancorchè malato, quale deriverebbe dalla sua soppressione

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portare ad una distruzione dell’embrione, attraverso la sua manipolazione, è evidente come venga riconosciuto prevalente il diritto alla vita dell’embrione77.

Il bilanciamento a favore dell’essenza biologica peculiare umana78 a discapito della ricerca, che ne esce fortemente limitata, se non addirittura esclusa in toto79, ha dei riflessi negativi sui possibili sviluppi futuri in campo scientifico e medico80. Questo potrebbe comportare

quindi un mancato progresso per la collettività, soprattutto da un punto di vista di migliorie nello stile di vita, che, come già sottolineato, dipendono in larga misura dalle condizioni di salute.

tamquam res, non trova […] giustificazione, in termini di contrappeso, nella tutela di un altro interesse antagonista”

77 M.G. CABITZA, Lo statuto dell’embrione, cit., 620

78 A. VALLINI, Illecito concepimento e valore del concepito, cit., 209

79 V. TIGANO, La rilevanza penale della sperimentazione sugli embrioni tra la tutela del diritto alla vita e la libertà di ricerca scientifica, in Ind. Pen., 2011, 163 s.; A. VALLINI, Procreazione medicalmente assistita, cit., 629

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CAPITOLO II

LA PROCREAZIONE MEDICALMENTE

ASSISTITA NELLA LEGGE N. 40/2004

1. DEFINIZIONE DI “PROCREAZIONE MEDICALMENTE ASSISTITA”

Quando parliamo di procreazione medicalmente assistita – oppure fecondazione assistita oppure fecondazione artificiale - facciamo riferimento ad un intervento medico specialistico precedente e strumentale alla fecondazione e alla gravidanza; nello specifico si interviene nella fase di fecondazione. Gli interventi medici quindi assistono la fase di fertilizzazione e i primi momenti di sviluppo embrionale81. Gli interventi richiamati hanno natura terapeutica o

diagnostica, possono essere questi ginecologici, andrologici oppure endocrinologici.

Quest’assistenza sanitaria è mirata alla cura di situazioni più o meno gravi di sterilità o infertilità in coppie che, per tale motivo, non riescono a concepire naturalmente figli82. Occorre qui precisare, in termini tecnici, la definizione di sterilità e infertilità, quali condizioni di accesso alla pratica della fecondazione artificiale: con il primo termine si indica la situazione di una coppia in cui, uno o entrambi i membri della stessa, sono affetti da una condizione fisica permanente che non rende possibile il concepimento; con il secondo termine – secondo la definizione data dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (c.d. OMS) - facciamo riferimento ad una patologia, sia maschile che femminile,

81 A. VALLINI, Illecito concepimento e valore del concepito, cit., 36

82 C. FLAMIGNI, La procreazione assistita. Fertilità e sterilità tra medicina e considerazioni bioetiche, Bologna, 2011 ,16ss spec 28ss

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che non consente di concepire dopo un anno o più di rapporti sessuali costanti e non protetti83.

All’interno della categoria delle tecniche di procreazione medicalmente assistita si può compiere una prima distinzione tra pratiche omologhe e pratiche eterologhe.

Nella prima pratica viene utilizzato materiale genetico proveniente dalla coppia richiedente il trattamento, mentre nella seconda i gameti vengono forniti da un terzo soggetto, maschile o femminile che sia84.

Una seconda distinzione invece attiene alle pratiche intracorporee e quelle extracorporee85. Con il primo termine facciamo riferimento ad un’inseminazione artificiale nel corpo della donna. Qui possiamo individuare la metodologia GIFT (Gametes Intra Fallopian Transfer), che consiste nel trasferimento nelle tube della donna dei gameti e la metodologia IUI (inseminazione intrauterina), che prevede l'introduzione del liquido seminale all'interno della cavità uterina86. Col secondo termine invece si indica la fecondazione provocata dal medico in ambito extracorporeo 87 . Tra queste tecniche, senza donazione di gameti, troviamo la FIVET (Fertilisation in Vitro and Embryo Transfer) - tecnica di PMA nella quale si fanno incontrare l’ovulo e gli spermatozoi in un mezzo esterno al corpo della donna, e una volta fecondato l’ovocita, se si sviluppa un embrione, questo viene trasferito in utero – e la ICSI (Intracytoplasmatic Sperm Injection) - tecnica di PMA che utilizza l’inseminazione in vitro dove un singolo

83 In old.iss.it

84 C. FLAMIGNI, La procreazione assistita, cit., 93ss

85 R. VILLANI, La procreazione medicalmente assistita, la nuova legge,

Giappichelli, 2004, 8

86 In salute.gov.it, 45

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spermatozoo viene iniettato attraverso la zona pellucida all'interno dell'ovocita; una volta fecondato l’ovocita, l’embrione che si sviluppa viene trasferito in utero88.

2. IL DIRITTO A PROCREARE E AD AVERE FIGLI

La PMA è un intervento medico a sostegno delle funzioni sessuali e riproduttive, in quanto come già detto interviene nella fase di fecondazione per rispondere a problemi di sterilità e infertilità di coppie che desiderano avere figli. Lo sviluppo di queste pratiche, oltremodo sempre più pregnante negli ultimi anni89, consente di interrogarci sul diritto dei singoli a procreare ed avere figli anche in mancanza di una possibilità naturale, per i motivi appena richiamati.

Partiamo dall’analizzare il contenuto di questo diritto, per poi passare a considerare la sua valenza costituzionale, indipendentemente da un suo richiamo espresso nella Carta fondamentale.

Con l’espressione “diritto a procreare” intendiamo il diritto di ciascuno ad avere una propria discendenza geneticamente collegata, a cui corrisponde il dovere di privati e istituzioni pubbliche di rendere effettivo il diritto stesso.

88 Relazione del Ministro della salute al Parlamento sullo stato di attuazione della

legge contenente norme in materia di procreazione medicalmente assistita (Legge 19 febbraio 2004, n. 40, art. 15) - Attività̀ anno 2016 centri procreazione medicalmente assistita - Utilizzo dei finanziamenti (artt. 2 e 18) anno 2017, in salute.gov.it, , 28 giugno 2018, 49

89 Relazione del Ministro della salute, 28 giugno 2018, cit.: considerando tutte le

tecniche – omologa ed eterologa, sia di I livello (inseminazione), che di II e III livello (fecondazione in vitro), dal 2015 al 2106 aumentano le coppie trattate (da 74. 292 a 77.522), i cicli effettuati (da 95.110 a 97.656) e i bambini nati vivi (da 12.836 a 13.582)

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Questo diritto è affermato nell’art. 1, co. 1, della L. n. 194/78 sull’interruzione volontaria di gravidanza, che parla di “diritto alla

procreazione cosciente e responsabile”; si va affermando cosi un

principio di autodeterminazione della donna, garantendole il diritto di decidere sulla propria sfera procreativa90. Va precisato che il diritto in questione non si sostanzia nella facoltà di ognuno ad avere una propria discendenza. Il contenuto del diritto può essere ricostruito anche facendo riferimento alla giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, in particolare alla sentenza emessa dalla prima sezione CEDU il 1 aprile 2010 – caso “S.H. e altri c. Austria”91: in questa decisione si richiama il diritto al rispetto delle decisioni di avere o meno figli come componente della “vita privata” contenuta all’art 8 della Convenzione EDU, la quale vita privata include il diritto allo sviluppo personale e all’autodeterminazione in quanto tali. Il Tribunale prosegue aggiungendo che nella sfera di applicazione dell'art. 8 appena richiamato rientra il diritto di una coppia di concepire un figlio e di fare uso di procreazione medicalmente assistita a tal fine, in quanto tale scelta è chiara espressione della vita privata e familiare92.

Delineato il contenuto del diritto, proseguiamo riguardo la sua valenza costituzionale.

Abbiamo già sottolineato che non c’è richiamo esplicito in Costituzione, ma secondo l’opinione prevalente della Corte Costituzionale il diritto di avere figli anche ricorrendo a tecniche di procreazione medicalmente assistita è riconosciuto dagli artt. 2 (“La

Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo che nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità̀”), 29 (“La Repubblica riconosce i diritti della famiglia

90 G. FAMIGLIETTI, Filiazione e procreazione, in gruppodipisa.it, 29 ss. 91 Sentenza CEDU “S.H. e altri c. Austria”, paragrafo C punto 58

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come società naturale fondata sul matrimonio”), 30 (“Dovere e diritto dei genitori di mantenere istruire educare i figli, anche nati fuori dal matrimonio”) e 31 (“La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia…protegge la maternità…favorendo gli istituti necessari a tale scopo”) Cost.93. La Corte Costituzionale si è espressa in tal senso con la sentenza n. 96 del 201594. In questo caso due coppie fanno ricorso alla Corte

sostenendo l’incostituzionalità degli artt. 13 e 14, co. 5 e 6, della L. n. 40/2004 sulla PMA, in quanto non consentivano l’accesso alle pratiche di procreazione artificiale con diagnosi pre-impianto a quelle coppie che avevano il solo scopo di non trasmettere al futuro nato una patologia genetica ereditaria (nel caso di specie distrofia muscolare di Becker e alterazione cromosomica). Secondo i ricorrenti il contrasto si poneva con gli artt. 2, 3, 32, 117 I Cost., in quanto la misura prevista nella L. n. 40/2004 viola il diritto all’autodeterminazione nelle scelte procreative ex art 2; inoltre la misura è ritenuta irragionevole ex art. 3 in quanto le coppie dovrebbero ricorrere all’aborto terapeutico (consentito dalla legge n. 194/1978) nel caso decidano di avere un figlio sano; in più la misura è discriminatoria ex art 3 rispetto a coppie in cui l’uomo è affetto da malattia virale trasmissibile sessualmente, in quanto qui viene consentito l’accesso alle tecniche di PMA; va aggiunto che viene leso il diritto alla donna garantito ex art. 32 in quanto consente la pratica dell’aborto potenzialmente è rischiosa per la salute fisica e per l’integrità psichica della donna e infine è una misura che si ingerisce indebitamente nella vita familiare delle suddette coppie, violando l’art. 117 I collegato all’art 8 CEDU (il quale garantisce il diritto al rispetto della vita familiare). La Corte ritiene fondata nel merito la questione e dichiara incostituzionaligli artt. 1, co. 1 e 2, e 4, co. 1, L. 19 febbraio

93 A. VALLINI, Illecito concepimento e valore del concepito, cit., 47 94 Sentenza Corte Cost. n. 96/2015; infra, cap. III, par. 5.11

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2004, n. 40 rispetto agli artt. 3 e 32 Cost., in quanto, con palese antinomia normativa, il nostro ordinamento non consente l’accesso delle coppie ricorrenti alle pratiche di PMA, ma gli permette di accedere all’interruzione volontaria (anche reiterata) di gravidanze naturali, quale consentita dall'art. 6, co. 1, lett. b), L. n. 194/1978, per esercitare il loro diritto di generare un figlio non affetto da patologie95. Con questa decisione la Corte Costituzionale quindi qualifica il diritto a procreare come diritto di rilevanza costituzionale e lo inquadra anche tra i diritti fondamentali, richiamando la fattispecie aperta dell’art 2 della Carta, che consente di riconoscere come tali anche diritti non espressamente menzionati, ma richiamati dal combinato disposto di varie norme costituzionali. Quindi la Corte ha qui riconosciuto la rilevanza costituzionale del diritto alla procreazione come libertà di autodeterminazione nelle scelte procreative.

Riguardo allo stesso tema è importante richiamare la sentenza n. 162/2014 emessa dalla Corte Costituzionale96. Viene qui sollevata questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, co. 3 e degli artt. 9, co. 1 e 3, limitatamente alle parole «in violazione del divieto di cui

all’articolo 4, comma 3», e 12, co. 1 della L. n. 40/2004 da parte del

Tribunale ordinario di Milano, Firenze e Catania rispetto agli artt. 3 Cost. (tutte le ordinanze), 2, 31 e 32 Cost. (la prima e la terza ordinanza), nonché (la prima ordinanza) agli artt. 29 e 117, co. 1, Cost., in relazione agli artt. 8 e 14 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali. Questo perché l’art. 4 in questione vieta in modo assoluto la possibilità di ricorrere alla pratica della procreazione eterologa, anche a chi affetto da infertilità assoluta. I ricorrenti sostengono una violazione degli artt. 2, 29 e 31 Cost. in

95 Nota a sentenza IADICICCO, IANNUZZI, in Giurisprudenza costituzionale,

2015, 3, 789

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quanto violerebbero il diritto fondamentale alla piena realizzazione della vita privata familiare ed il diritto di autodeterminazione delle coppie colpite da sterilità o infertilità irreversibile, garantiti dalle norme richiamate97; inoltre si nota un contrasto con gli artt. 3 e 31 Cost., che riguardano i principi di non discriminazione e ragionevolezza, poiché sono trattate diversamente coppie con limiti di procreazione, risultando differenziate solo in virtù del tipo di patologia che affligge l’uno o l’altro dei componenti della coppia; in più si sostiene una violazione degli art. 3 e 32 Cost., in quanto il divieto di procreazione eterologa non tutela l’integrità fisica e psichica delle coppie, non consentendo di risolvere la patologia con una nuova metodica medica, quale appunto la procreazione eterologa. La Corte ha ritenuto illegittima la legge n. 40/2004, fondando la declaratoria di illegittimità costituzionale esclusivamente sulla violazione dei parametri "interni" (gli artt. 2, 3, 29, 31 e 32 Cost.), relativamente agli artt. 4, co. 3 e 9, co. 1 e 3 - limitatamente alle parole «in violazione del divieto di cui all'articolo

4, comma 3» -, e 12, co. 1. Nel fornire le motivazioni di questa

decisione la Corte si è soffermata sulla violazione degli artt. 2, 3 e 31, in combinato disposto, affermando che il divieto di fecondazione eterologa contrasta col diritto di ognuno di “diventare genitori e

formare una famiglia che abbia anche dei figli”, senza che la sua

assolutezza sia giustificabile dalle esigenze di tutela del nato, congruamente garantite. Si nota come questo diritto appena affermato sia espressione del diritto all’autodeterminazione individuale, che implica quindi una libertà nella pratica del diritto alla procreazione da parte della coppia che costituisce il nucleo familiare.

In questa direzione va osservato come la Corte non ponga una

97 La Corte sostiene che i concetti di famiglia e genitorialità devono essere

identificati tenendo conto dell’evoluzione dell’ordinamento e del principio in virtù del quale «la Costituzione non giustifica una concezione della famiglia nemica delle persone e dei loro diritti» (sentenza Corte Cost. n. 494/2002)

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nozione di famiglia inscindibilmente correlata alla presenza di figli, ma “il progetto di formazione di una famiglia caratterizzata dalla

presenza di figli, anche indipendentemente dal dato genetico, è favorevolmente considerata dall'ordinamento giuridico, in applicazione di principi costituzionali, come dimostra la regolamentazione dell'istituto dell'adozione”98.

Si può concludere quindi che gli unici limiti ammissibili all’esercizio del diritto a procreare devono essere giustificati dalla necessità di tutelare altri diritti costituzionali del medesimo rango99.

Concludendo, si va ad affermare la presenza del diritto costituzionale a procreare ed avere figli, come espressione della libertà di autodeterminazione di ognuno. Il diritto in questione non esprime però il diritto assoluto ad avere figli, in quanto deve essere bilanciato con altri diritti inviolabili di rango costituzionale, quali nello specifico il diritto alla salute e alla dignità umana100.

3. LA FINALITA’ TERAPEUTICA DELLA L. N. 40/2004

Le norme in materia di procreazione medicalmente assistita sono contenute nella legge n. 40/2004, che ne definisce i principi generali, i requisiti di accesso, nonché contiene disposizioni circa la tutela del nascituro, regolamenta le strutture autorizzate alle pratiche di PMA, definisce divieti e sanzioni e le misure a tutela dell’embrione.

La normativa in questione, si può sostenere, ha finalità terapeutica: questa affermazione si ricava dall’art.1, co. 2 della legge n. 40, che riporta quanto segue “Il ricorso alla procreazione medicalmente

98 Nella sentenza punto 6 “considerato in diritto”

99 Commento a sentenza V. TIGANO, in penalecontemporaneo.it, 13 giugno

2014

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