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LA DOCUMENTAZIONE CARTOGRAFICA DOGANALE DELL’ ARCHIVIO DI STATO

DI FOGGIA

I

)

Lo studio della cartografia doganale presuppone, indispensabilm en­

te, la conoscenza dell’organizzazione e delle attribuzioni di quella im ­ portantissim a m agistratura che per m olti lustri costituì la principale fon­

te di en trata erariale del Regno di Napoli. P ertan to mi sofferm erò, sia pure brevem ente, a fornire al lettore una visione d ’insieme dell’istitu ­ zione aragonese, illustrandone le origini, i com piti specifici e la term i­

nologia più ricorrente.

* * *

Fin dai tem pi antichi i pastori abruzzesi, molisani, sanniti ed, in parte, anche laziali, erano soliti condurre le proprie greggi a svernare in Puglia, dove il clima era più m ite ed i pascoli abbondanti. Si servi­

vano di particolari percorsi ad essi d e s tin a ti1 e corrispondevano per il loro uso una tassa ra p p o rtata ai capi di b e stia m e 2.

Tale sistem a di pascolo m igratorio, successivamente definito “ tran ­ sum anza”, p iù o meno tutelato nel tem po dai vari signori che si conte­

sero il dom inio dell’Italia M eridionale, durò p e r svariati secoli soprav­

vivendo, sia pu re stentatam ente, alle invasioni barbariche ed alle an­

gherie di p o ten ti ed università.

1 Sono le publicae calles di cui parla Vairone (De re rustica, II, 2) utilizzate dalle sue stesse pecore per andare a svernare in Puglia e tornare d ’estate sui monti reatini donde erano partite.

2 Andrea Gaudiani nel suo lavoro riporta Pinfomiazione attinta da Giacomo G utero {De officio Domus Augustae publicae et prìvatae, I I I , 17) della presenza ai passi di Boiano e Sepino, dove transitavano le pecore per giungere in Puglia, di funzionari addetti all’esazione della tassa per l’accesso ai pubblici pascoli: cfr. A.

Gaudiani, Notizie per il buon governo della Regia Dogana della mena delle pe­

core dì 'Puglia, a cura di Pasquale di Cicco, Foggia 1981, pp. 31-32.

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A lfonso I d ’Aragona comprese appieno la p o rtata del fenom eno ed i vantaggi che da esso se ne potevano trarre, per cui, appena avuto il sopravvento su Renato d ’Angiò, conferì alcuni incarichi per la ge­

stione della tran su m an za3. Q ualche tem po dopo, il 1° agosto 1447, m entre si trovava accampato presso Tivoli, spedì al commissario della D ogana Francesco M ontluber il famoso diplom a che sta alla base di tu tta la no rm azio n e4 dell’istitu to doganale. Al M ontluber furono con­

cessi am pi poteri al fine di disciplinare la pastorizia in m odo organico e funzionale, a vantaggio sia dei pastori che del fisco.

La D ogana delle pecore di Foggia (o Dohana menae pecudum Apu- Uae) ebbe sede nei prim i anni a Lucera, passò quindi, nella seconda m età del XV secolo, a Foggia, centro nevralgico della transum anza da cui si irradiavano ed a cui convergevano la maggior parte dei tra ttu ri.

Essa aveva poteri am m inistrativi e giurisdizionali e gestiva in via esclu­

siva nella sua vasta giurisdizione (attuali regioni dell A bruzzo, Molise, Puglia e parte della Campania e della Basilicata) le sorti dell’industria della pastorizia nel Regno di N a p o li5. D ipendevano dalla Dogana tu t­

ti i possessori di più di venti pecore i quali erano obbligati a con­

d urre le loro greggi nel T a v o lie re 6 p er trascorrervi i mesi inverna­

3 Cfr. N. Faraglia, Relazione intorno all’archivio della Dogana delle pecore dì Puglia, Napoli 1903, p. 11 e sgg. Nella cedola 6 della tesoreria aragonese, tra gli introiti ' del mese di gennaio 1443 si parla di quelli procurati da « . . . bartho- meu de la torra de laquila e de Restanutho Capo grasso de Sulmona duaners de la duana de les pequores de pulla . . . ». Nel 1444 Alfonso I nomino il catalano Francesco M ontluber « . . . Commissari de la dohana de les pecores de pulla . . . » come risulta dai pagamenti effettuati presso la stessa tesoreria.

4 A ltre norme fondamentali per il funzionamento della Dogana erano state fornite dai privilegi di Ferrante I d ’Aragona del 1470, di Carlo V del 1536 e del viceré Pietro di Toledo del 1550, dai bandi di Fabrizio di Sangro del 1574, dalla prammatica, dello stesso anno, di A ntonio Perrenoto cardinale di Granvela non­

ché da quella di Pietrantonio d ’Aragona, De officio Procuratoris Caesaris, del 1668:

v. P. di Cicco, La Dogana delle pecore di Foggia, Foggia 1971, pp. 8-9.

s Ibid.

6 Secondo il Faraglia (op. cit,, p. 25), che riporta il pensiero dello scrittore di cose doganali Francesco Nicola De Dominicis (Lo stato politico ed economico della Dogana di Puglia, Napoli 1781), la parola Tavoliere veniva in principio usata per indicare il terreno saldo posto intorno alla parte più alta della pòsta, detto

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l i 7. P e r l ’uso dei pascoli essi corrispondevano il prezzo dell’erba detto fida ricevendo, inoltre, in cambio una serie di agevolazioni e p riv ileg i8.

A capo dell’organizzazione doganale vi era il doganiere, alto fun­

zionario di nom ina regia, a cui erano dem andati ampi poteri fra i quali quello di am m inistrare la giustizia civile e criminale nei giudizi che ri­

guardavano persone legate all’industria arm entizia. Affiancavano il do­

ganiere ed insiem e a questi costituivano il Tribunale della Dogana Yudi­

tore ed il credenziere. Il prim o era giudice ordinario nelle vertenze che non toccavano interessi diretti del fisco, il secondo, invece, tutelava gli affari erariali e disciplinava l ’assegnazione dei pascoli e la riscossione della fida. A ltri funzionari erano il percettore o cassiere, cui spettava riscuotere il pagam ento della fida, il libro maggiore, che form ava il re­

gistro di esazione ed il mastrodatti, cui competeva principalm ente cu­

stodire l ’archivio doganale, Com pletavano l ’organico dell’istituzione i cavallari, soldati a cavallo con il compito di scortare e proteggere i pastori e le greggi durante gli spostam enti. Collaboravano con la D o­

gana, p u r non facendone p arte direttam ente, i pesatori di lana ed i com­

passatori. I prim i provvedevano ad immagazzinare nei fondaci di Fog­

gia le lane dei pastori ed a m etterle a disposizione degli stessi soltanto dopo l ’avvenuto pagam ento della fida; erano divisi in tre gruppi ope­

rativi (paranze) com posti ciascuno di quattro elem enti provenienti, per privilegio, esclusivam ente da tre località: L ’Aquila, Sulmona e Casteldi- sangro. I secondi avevano il compito di procedere alla distribuzione dei pascoli, verificarne le occupazioni abusive, reintegrare, all’occorren­

capomandra. Successivamente il termine Tavoliere venne esteso a tu tti i pascoli del­

la Dogana e ciò che prim a veniva definito tavoliere fu chiamato quadrone. Sul­

l’origine del termine tavoliere si sofferma anche Nicola Gaetano Ageta riportando nel suo lavoro (Annotatìones prò regio aerano, Neapoli 1736, II , pp. 182-183) il testo di un decreto del 27 febbraio 1550 in cui tra l ’altro è detto: . . . V e ­ runi pars territorii vocata tabulerium existens in circuitu postarum et capomandra- rum non aretur .. .

7 II pascolo nelle terre del Tavoliere si svolgeva in un arco di tempo ben determinato che andava dal 29 settembre all’8 maggio (dal’uno all’altro S. Miche­

le). Questo lasso di tempo costituiva l’anno doganale.

8 II privilegio più im portante, goduto non solo dai pastori ma anche da tu tti coloro che erano collegati all’industria della pastorizia, era quello del diritto di foro privilegiato. Vale a dire che costoro, sottraendosi alla giurisdizione delle corti baronali, potevano essere giudicati esclusivamente dal Tribunale della Dogana.

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za, la lunga rete tratturale che dall’Abruzzo U ltra giungeva fino in T e r­

ra d ’O tranto.

Una funzione affine a quella della D ogana, e da q u est’ultim a dipen­

dente, svolgeva la Doganella d ’Abruzzo o fida delle pecore rimaste. T a­

le organism o, presieduto da un luogotenente del doganiere, am m inistra­

va i pascoli siti tra i fium i T rigno e Sangro, Pescara e T ro n to usati dai pastori locali con pochi capi di bestiam e e da quei p roprietari di pecore che, p u r assolvendo il debito di fida, preferivano non scendere nel Tavoliere. Nella Doganella venivano condotte al pascolo anche greg­

gi m archigiane e romane.

C ostituivano l ’im palcatura m ateriale sulla quale si reggeva il siste­

ma della transum anza i fratturi, i riposi, i passi, le locazioni e le poste.

I prim i erano quelle vie erbose, lunghe alle volte centinaia di chi­

lom etri e larghe circa 111 m etri, che collegavano prevalentem ente le m ontagne abruzzesi e molisane con i pascoli del T a v o lie re 9, Lungo il loro percorso si aprivano vaste estensioni a pascolo, i riposi, dove le greggi in transito potevano sostare e trovare sufficiente alim ento prim a di entrare in Dogana 10. I passi, p u n ti obbligati di transito delle m orre di pecore, am m ontavano a sei e si chiamavano: G uglionisi, P o n tero tto , La M otta, Biccari e San V ito, Ascoli e Candela, M elfi e Spinazzola.

Q uesti luoghi venivano custoditi da cavallari ed arm igeri i quali, tra gli altri com piti, avevano quello di non perm ettere l ’uscita dal T avo­

liere dei pastori che non avessero loro esibita la ricevuta (passata) del- l ’avvenuto pagam ento della fida.

9 O ltre ai trattori vi erano i bracci che univano questi tra loro ed i trattu- relli che servivano a collegare i trattori con le numerose poste delle locazioni.

La rete tratturale comprendente, quindi, anche i bracci ed i tratturi, si estendeva per quasi 3.000 chilometri,

10 I riposi si distinguevano in particolari e generali. I primi, di modeste di­

mensioni, si trovavano lungo i percorsi tratturali utilizzati dalle pecore in transito.

I secondi, molto vasti, servivano ad alimentare gli armenti prima di entrare in D o­

gana. Essi erano tre: quello del Saccione che si estendeva tra i fiumi Fortore e Sangro, quello delle Murge formato dai demani cittadini di Andria, Corato, Ruvo e Bitonto, e quello della Montagna dell’Angelo (Gargano) formato dai demani di Apricena e Vieste. Nei tre riposi generali, prima dell’entrata in vigore del sistema della professazione volontaria (1615) degli animali, apposite squadre di numeratori contavano i capi di bestiame ai fini del pagamento della fida.

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Si definivano locazioni quei grandi ripartim enti in cui erano stati suddivisi i te rrito ri che costituvano il Tavoliere. Esse si distinguevano in ordinarie, più grandi ed assegnate in via prioritaria, ed in straordi­

narie, più piccole e suffraganee, all’occorrenza, delle ordinarie. Le p ri­

me, nel num ero di 23, avevano le seguenti denom inazioni: Lesina, Pro- cina, A rignano, S. A ndrea, Casalnuovo, Castiglione, Tressanti, Pontal- banito, Cave, O rta, O rdona, Feudo, Corleto, Candelaro, Vallecannella, Saisola, S. G iuliano, Salpi, T rinità, Canosa, Cam arda, A ndria, G u ard io ­ la. Le seconde am m ontavano a 20 e si chiamavano: S. Iacovo, Lamaci- priana, S. Chirico, Fontanelle, V ersentino, Farano, S. Lorenzo, Fabrica, Correa grande, Correa piccola, Siponto, Stornara, Barca, Q uarto delle vigne, S. G iovanni in F onte, S. G iovanni di Cerignola, C arrera, Gau- diano, Parasacco, Alvano.

Le locazioni com prendevano in gran p arte terre salde (mai disso­

date) destinate al pascolo ed, in m inor quantità, terre di portata, ri­

servate, cioè, alla coltivazione. La quinta p arte dei territo ri costituenti u n ’unità a coltura (masseria di campo) H, la mezzana, restava incolta per il pascolo degli animali da lavoro (buoi aratori). O gni locazione aveva il suo possedibile, vale a dire il num ero massimo di animali am­

missibili p er il pascolo, Esso variava a seconda della qualità degli er­

baggi, ma generalm ente questi ultim i si dispensavano a 10 carra il m i­

gliaio. Cioè occorrevano 10 carra di pascolo (ha. 245,27,31) p er fo rn i­

re alim ento a 1000 pecore 12. Si calcola che tu tto il Tavoliere fiscale 13

11 Così si chiamava il complesso di terreni e costruzioni in cui si effettua­

vano le coltivazioni. Essa differiva dalla masseria di pecore costituita di soli ar­

menti. Nelle masserie di campo anche i cicli colturali erano rigidamente fissati a tutto vantaggio della pastorizia. Le coltivazioni, esclusivamente quelle frumentarie, si dovevano effettuare mediante una rotazione quadriennale « fondata nell’ antico solito di Puglia ». In questo modo restava sempre metà dell’estensione territoriale della portata a disposizione delle greggi. Per una più approfondita conoscenza del meccanismo della rotazione quadriennale v. ASFg., D o g a n a ..., ser. I, V. 14 (rein­

tegra Reverterá - Guerrero) e A. Gaudiani, op. cìt., pp. 265-274.

12 La pecora costituiva l ’unità di misura nel calcolo del possedibile. A d essa corrispondevano 3 agnelli, m entre 1 maiale veniva computato 2 pecore, 1 asino 5 ed 1 cavallo o 1 bue 10.

13 II Tavoliere fiscale, molto esteso, con territori ricadenti in diverse provin­

ce, differisce da quello geografico ristretto alla sola Capitanata,

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potesse ospitare circa 1.200.000 pecore e che la sua estensione totale si attestasse tra i 15.000 ed i 18.000 carri (ha. 3 7 0 .0 0 0 /4 4 0 .0 0 0 ) 14.

Le poste, infine, rappresentavano l ’ulteriore ripartizione delle te r­

re salde della locazione. Esse venivano situate in luoghi riparati dai ven­

ti ed in leggero declivio onde facilitare il deflusso delle acque piovane e dei liquam i degli animali. C om prendevano una parte piana (quadro­

ne), un luogo dove trovavano ricovero gli arm enti (iazzo) ed un am­

biente destinato alla raccolta ed alla lavorazione dei p ro d o tti della pa­

storizia (aia).

O ltre le locazioni, facevano p arte del Tavoliere alcuni erbaggi spe­

ciali distanti, alle volte, dai luoghi dove svernava il grosso delle greg­

gi. Essi, d etti corpi separati, anche se da alcuni definiti ugualm ente lo­

cazioni, erano il Feudo di M onteserico, in Basilicata, il Bosco di Ru- vo, il Bosco di M ontem ilone, la T erra d ’O tran to per C erreto, la T erra d ’O tran to per Castellaneta, i M osciali di B arletta ed i dem ani com unali di T o ritto , G rum o, Vieste, Peschici, Cagnano, Carpino, S. N icandro, Ischitella e Isola V arano, Terlizzi, B itonto, Venosa, Ascoli, Cam polato, G iudice Nicola e Bisceglie,

La D ogana ebbe vita fino al 1806 allorquando il nuovo governo instauratosi con l ’occupazione francese del Regno di N apoli, sensibile alle richieste di uom ini di cultura e di em inenti giuristi ed econom isti, soppresse quell’ istituzione la quale, poiché sorta a tutela degli in te­

ressi della pastorizia, a lungo andare, a causa del pressante regime vin­

colistico dei terreni da essa im posto, aveva portato al decadim ento del­

l ’agricoltura nel Tavoliere ed al conseguente abbandono e spopolam en­

to delle sue contrade.

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Come si è avuto modo di accennare in precedenza, la Dogana con­

seguiva alcuni suoi fini istituzionali attraverso l ’opera di esperti nella

14 II primo dato rappresenta le risultanze della reintegra eseguita nel 1548 dai responsabili della. Camera della Sommaria Francesco Reverterá ed Alfonso G uer­

rero, il secondo si desume dal compasso generale effettuato tra gli anni 1735 e 1760 dal regio compassatore Agatangiolo della Croce. Cfr. ASFg., D o g a n a ..., ser.

I, voli. 14 e 21.

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m isurazione dei territori: i regi compassatoti. Loro compito principale era quello di ripartire tra i lo c a ti15 ed i massari di campo i territo ri che com ponevano la vastissim a estensione del Tavoliere, di verificarne i confini, di reintegrare al fisco le superfici abusivam ente occupate. A tal proposito riferisce il D i S te fa n o 16 che

« . . . i Regi Compassatoli nella Regia Dogana sono necessariissimi; imperoc­

ché, trovandosi tu tta questa industria appoggiata al vasto territorio del Regai Tavoliere, che frà tanti massari, e locati si ripartisce, e divide, o sia per sapersi, che quantità agli uni, ed agli altri si assegna, o si tratti di differen­

ze fra loro, o col fisco, ed o si contenda di affitti di terre salde, o di ripar­

timenti di locazione, di poste, di aniti, o di occupazione di territori, di pa­

schi, e di trattari, o di amozioni di termini, differenze di confini, o di di­

sordini, contravvenzioni, o di qualunque altro negozio, sempre i Compassa­

toti debbon girar per la campagna a disporre, riconoscere, e situar tu tte det­

te faccende ».

E d ancora:

« La perizia, e giudicio dell’agrimensore consiste principalmente nel far la stima, la misura, nel considerare la lunghezza, e la larghezza, nel vedere, se la linea sia diretta, o obbliqua, e che distanza si fraponga tra uno, e l’altro luogo; se i segni in una pietra siano naturali, o manufatti, se antichi, o mo­

derni, se una figura sia circolare, triangolare, quadrata, o in altro modo, e sito, e cose simili, che dipendono dalla geometria, dall’aritmetica, e dal loro mestiere; ed in dette materie si crede più ad un perito nell’arte sua, che a mille testimoni, anche se niuna ragione desse del suo parere, e si trattasse di vita di uomo, e di negozio gravissimo ».

I com passatori dovevano essere a tal p u n to esperti nella loro arte che in presenza di te rrito ri m olto accidentati, dei quali non si poteva procedere alla m isurazione, dovevano avere l ’abilità di stim arne le di­

mensioni e le superfici ad bonum oculum.

Poiché essi non dipendevano dalla Dogana, il salario veniva loro corrisposto d irettam ente dai locati o dai m assari per i quali prestava­

no la propria opera; in caso di giudizio, le spese peritali spettavano alla parte soccom bente. La mercede giornaliera am m ontava ad 8

carli-15 Veniva definito locato il proprietario di armenti che prendeva in locazio­

ne i pascoli.

16 S. Di Stefano, La ragion Pastorale, Napoli 1731, II, pp. 210-217.

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ni, allorquando si trattava di lavoro per conto di privati, scendeva a 5 J carlini se, invece, svolgevano com piti commessigli dalla Dogana. In que- j st’ultim o caso non percepivano alcun compenso se la prestazione dura- j

va m eno di tre giorni. j

P er conseguire la preparazione professionale necessaria all’esercizio j dell’attività non frequentavano scuole particolari, ma si form avano con 1 la pratica quotidiana presso esperti agrim ensori. P er questo m otivo tale

professione si tram andava spesso n ell’am bito di poche famiglie 17 ed era

circoscritta ricorrentem ente ad operatori originari di medesime località. ! P er ottenere la patente di regio compassatore ed esercitarne la prò- | fessione, bisognava superare un esame condotto da due bravi tecnici a j ciò dep u tati di volta in volta dal presidente della Dogana. Secondo le I istruzioni d irette nel 1574 dal viceré di N apoli, A ntonio Perenoto car- j dinaie di G ranvela, al doganiere Fabrizio de Sangro, non potevano

aver-si che sei com passatori al servizio della Dogana. Q uesto num ero, tu tta- >

via, poteva essere ampliato dal governatore a seconda delle necessità 18.

17 È il caso della famiglia della Croce di Vastogirardi che annoverava tra i suoi componenti tre compassatori, Pietro, Michele ed il famoso Agatangelo autore di un prezioso ed utilissimo atlante delle locazioni, e della famiglia Michele di Rovere i cui esponenti, Antonio e Nunzio, compilarono anch’essi un artistico atlan­

te delle locazioni.

18 Negli ordini im partiti dal cardinal Granvela e dal Collaterale al de Sangro è detto nel capitolo 22: « Item per che He lite, che sono nel tribunale d ’essa R(eggi)a D(ohan)a / ut plurimum, s’hanno et soleno terminare con le / misure giur(ate) et relatione de li compassatori / li quali serveno anco m olt’volte per le cose tocca/ntino l’interesse del Regio fisco, E t Intendem o / che il num(mer)o di detti compassatori al presente è grande / et u t plurim um in experti. Per questo or(dina)mo et com(m)a/ndamo, ch’in detta D (ohan)a non vi possa essere più num- mero / de compassatori, che de sei li quali noi eligeremo / Per il che havemo ordinato Al magnifico Dohaniero che ne dia / nota, et aviso delle persone, ch’a quello seranno / acte, et conveniente ». Nei chiarimenti forniti dal Granvela il Io luglio 1575 sulla corretta interpretazione delle disposizioni precedentemente im par­

tite, egli spiega: « In quanto al capitolo X X II, dove havemo tassato il n(umme)ro deli com pa/ssatori dichiaramo, ch’ancora che sia restretto il n(umme)ro deli / com­

passatori a sei com’in detto capitolo se contiene nienti / di meno quando in fu- turum parerà essere più expediente, et / commodo dela Dohana, et delli gente che trattano in essa / d ’aumentare il numaro d ’essi compassatori, volemo / che quel­

lo, così s’habia ad fare, et s’augumenti il n(ummero) / d ’essi tanto, quanto pur

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Nei q u attro secoli di vita dell’istituzione aragonese si avvicendaro­

no al suo servizio una m oltitudine di com passatori. D i essi, però, non è dato conoscere il num ero complessivo. L ’unico elem ento docum entato è quello relativo alle 302 paten ti conferite tra gli anni 1628 e 1806 19.

Q uesto num ero, peraltro, è certam ente inferiore alla realtà poiché non com prende quanti operarono prim a del 1628 e quei com passatori la cui attività non trova più riscontro negli atti doganali.

La produzione cartografica dei regi com passatori è ben attestata, a partire dagli ultim i decenni del ’500 20, nelle decine di migliaia di fascicoli che com pongono le nove serie dell’archivio della Dogana. Da uno spoglio a tappeto eseguito tra gli atti patrim oniali ed i processi ci­

La produzione cartografica dei regi com passatori è ben attestata, a partire dagli ultim i decenni del ’500 20, nelle decine di migliaia di fascicoli che com pongono le nove serie dell’archivio della Dogana. Da uno spoglio a tappeto eseguito tra gli atti patrim oniali ed i processi ci­