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Ricerca eseguita col contributo del C.N.R.

1. Contenente e contenuto. L ’aspetto formale del docum ento car­

tografico viene talora privilegiato negli studi o nelle elucubrazioni e persino nelle fantasie parascientifiche che ruotano, per vecchia tradizio­

ne, attorno alle carte geografiche. Le quali, a dispetto di tu tto , resta­

no in fondo delle rappresentazioni ridotte, approssim ate e simboliche della superficie terrestre o, m olto più spesso, di una sua parte. Ogni ricercatore, peraltro, è dotato di una sua percezione soggettiva, come pure finisce per venir condizionato dalla p ropria “ deform azione profes­

sionale” ; un condizionam ento spesso positivo, s’intende, quando la lu n ­ ga consuetudine di lavoro contribuisce a rendere agevoli le in terp reta­

zioni o, m agari, a p o rtare un qualche sussidio, m odesto m a utilissim o, alla com unità degli studiosi e, attraverso di essa, ai più.

N el caso degli studi cartografici, due tentazioni m ettono a prova l ’appassionato cultore: quella “ geodetico-topografica”, che p o trebbe dir­

si anche "com plesso del geom etra”, e quella della passione p er il pez­

zo unico, p e r il "bel docum ento”, che p o trebbe dirsi "com plesso del collezionista” . N el prim o caso, le figurazioni cartografiche sono viste solo come p ro d o tto del calcolo geodetico, del rilevam ento topografico, della resa in piano. Sarebbe come dire — poniam o ■— che u na fo to ­ grafia ben riuscita, lo è solo grazie alla qualità della pellicola ed alle caratteristiche dell’apparecchio adoperato: la sensibilità del fotografo e, ciò che più conta, il soggetto ritratto , non sono rilevanti! N el secon­

do caso, si dà peso so p rattu tto alle differenze form ali, anche piccole, come le incorniciature, i fregi, magari i cartigli, il che può condurre talvolta a fuorvianti attribuzioni di p aternità degli oggetti di studio, p e r­

sino in p erfetta buona fede *; o come le varie edizioni di una stessa

1 Le matrici per la stampa delle carte potevano venir manomesse, o modi­

ficate rispetto ai c.d. "originali” (e su questa dizione molto si potrebbe discute­

r e . . .), non solo perché i cartigli con l’attribuzione del cartografo, del committen­

te, dell’incisore, ecc. potevano essere asportati, ma anche perché essi potevano

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carta o di una raccolta di carte, le quali non differiscono, talora, che in m inim i particolari, restando il territo rio rappresentato in sostanza pres­

soché il medesimo. Ma certe differenze possono contare invece sul m er­

cato dei collezionisti, " lib e ro ” o "clandestino” che sia, specie se soste­

n u te da studi o pseudo-studi com parsi sotto l ’egida form ale di riviste specializzate o di pubblicazioni carism ate di "scientificità” per l ’occhio non del tu tto smaliziato. E , ancora, le "v a rie tà ” di pezzi coevi, diversi tuttavia p er particolari dell’incisione o della resa litografica, possono talvolta essere ritenute im portanti: è questo il “complesso del tipogra­

f o ” , Con ciò non si vuole sostenere che lo studio di alcuni caratteri form ali della carta sia inutile, poiché esso può aiutare nella com pren­

sione e nella fruizione del contenuto della carta stessa.

D unque, una carta vista come strum ento per la storia del te rrito ­ rio, per la geografia storica regionale; la carta come aiuto per le ricer­

che sulla evoluzione del paesaggio, u n ’"evoluzione” mai sincronica, s’in­

tende. Q uesta tesi si adatta m aggiorm ente alle produzioni geocartogra­

fiche a noi p iù vicine, poiché il territo rio rappresentato è meglio leggi­

bile, non tanto per i superiori accorgim enti tecnici adottati (con la co­

siddetta "cartografia scientifica” che sortirebbe, secondo una convenzio­

ne scolastica, nel prim o Settecento), quanto perché le s tru ttu re te rrito ­ riali, le simbiosi interagenti uom ini - spazi geografici, appaiono via via più concatenate a quelle che noi viviamo, Ciò non significa che le stru t­

ture antiche del territorio debbano restare esclusivo dom inio degli ar­

cheologi, siccome solo gli specialisti potrebbero farle rivivere con la forza della loro conoscenza approfondita, anzi. I l paesaggio è un a stru t­

tu ra vivente la quale, attraverso fasi alterne — progressive e regressi­

ve si diceva un te m p o 2 — m antiene in vita pure elem enti antichissi­

mi, trasfigurandoli e adattandoli per la fruizione delle generazioni che sul territo rio si susseguono. Il territo rio um anizzato rispecchia anche

nir aggiunti, magari per avallare qualche piccola variante successiva (come per es.

confini o colorazioni sovrastampate), o, più semplicemente, in occasione di rivol­

gimenti politici. Un po’ come avviene, da sempre, per i toponimi laudativi che spariscono o si rinnovano col mutare delle stagioni politiche . . . ma le città o le regioni geoumane non cambiano repentinam ente personalità per questo.

2 Cfr. A. Sestini, Le fasi regressive nello sviluppo del paesaggio antropogeo­

grafico, in « Riv. Geografica Ital. », LIV (1947), pp. 153-171.

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le idee degli uom ini, che possono venir adattate nella realizzazione con­

creta a nuovi spazi corografici, riproducendo vecchi archetipi concettua­

li, rivisitati e m odificati. Si pensi, ad esempio, alla centuriatio rom a­

na ed alla township nordam ericana3. La carta, nei suoi diacronismi di scala, è lo specchio del territorio; specchio mai fedele in assoluto, p e r­

ché deform ato anch’esso dalle percezioni e dagli adattam enti voluti — consciam ente o inconsciam ente — dal com m ittente, dal costruttore, dal fruitore. Anche la p resunta percezione tecnica, che il telerilevam ento ga­

rantirebbe, è in realtà falsata dai m edesimi param etri. Ciò è forse tro p ­ po ovvio p er alcuni e con essi mi scuso delle afferm azioni in apparen­

za lapalissiane. Ma non lo è per altri. Intelligenti pauca.

Allora, la carta può aiutare, nella com prensione dei territo ri, con più chiavi di le ttu ra , alcune delle quali — o tu tte ? •— ■ derivano dalla soggettività dello studioso, o del cultore. Forse soffro anch’io di un complesso: quello del territorialista, o del geografo u m a n o 4. XJnicuique suum. In altre parole, il contenuto delle carte geografiche ha per me un valore che travalica di gran lunga quello del contenente (o conte­

nitore che dir si voglia). Una deform azione professionale anche que­

sta? Forse. Com unque, una deform azione professionale e non m entale.

2. Regioni funzionali e rete urbana nel Mezzogiorno preunitario.

La prem essa del paragrafo precedente è connessa con lo scopo di que­

sta breve disam ina: un tentativo di abbozzo relazionale tra cartografia e lettu ra ed interpretazione di alcune stru ttu re territoriali. S’intende che le rappresentazioni cartografiche sono uno soltanto degli strum enti adoperabili nel corso di ricostruzioni geostoriche; un altro mezzo, le­

gato forse più di tu tti alla sensibilità dello studioso, consiste n e ll’os­

3 Cfr., tra i molti, H . B. Johnson, Man, rectangularìty an i landscape, in « In ­ ternational Geography 1972 », 22nd Int. Geogr. Congress, Montreal 1972, Univ. of Toronto Press, I, pp. 4 3 6-437. Il paesaggio geometrizzante, che si adatta per­

fettam ente alle regioni di pianura, rappresenta una delle "utopie geografiche” più note, talvolta trasferite nella realtà territoriale anche su vasti spazi. La geografia quantitativa, che tenta di adattare i complessi sistemi territoriali interagenti a for­

mule o modelli, è la parente contemporanea di queste antiche esigenze d ’ordine.

4 Un geografo da non confondere con i cosmografi rinascimentali o con i

"geografi" delle carte settecentesche, che erano in realtà astronomi - topografi.

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servazione d iretta del p assaggio5 nella sua "archeologia'', come oggi si dice rispolverando vecchi e buoni m etodi con l ’am m antarli di nuove parole alla moda. È sin troppo evidente, almeno a chi abbia confiden­

za con lo studio del territo rio um anizzato, che il paesaggio d i oggi è figlio del paesaggio di ieri, che vive in esso, si perpetua, si modifica.

E così è p er la dinamica dei rap p o rti inter - territoriali, per le forze interagenti che modificano gli assetti territoriali, che sono influenzate e messe in m oto dagli uom ini e sulle masse um ane (o sui loro com porta­

m enti) a loro volta influiscono.

« N on b asta dunque adottare le teorie, che la speculazione o i libri consigliano, per fare la grandezza e la prosperità di u n regno. P ri­

ma di tu tto si vorrebbero riform are i vizi della sua costituzione, ed avere in mira, che lo stato florido di una nazione non consiste nella grandezza della capitale, ma nell’industria e n ell’opulenza, diffuse da per tu tto nelle province » 6: G iuseppe M aria G alanti, tra i migliori terri- torialisti che l ’illum inism o napoletano aveva espresso, ben com prende­

va il dualismo urbano del M ezzogiorno; ossia il gigantism o della capi­

tale, N apoli, peraltro assai eccentrica, ed il nanism o funzionale delle altre città m eridionali, poco più che borghi appartati, quanto a dom i­

nanza urbana sul territorio, al di là delle m em orie storiche m agari il­

lustri, dei m onum enti forse eccezionali, dei lunghi tito li araldico - m uni­

cipali. « N e l Sud, insomma, tra i centri che hanno più di 25,000 abi­

tan ti, troviam o capitali come N apoli e Palerm o, cariche "d i m iseria nascosta sotto le sembianze sp len d en ti”, da un lato; e capoluoghi iso­

lati, dove la vita civile non cresce d ’intensità e dove la vita econom i­

ca non si espande, da un altro lato; e infine troviam o grossi agglome­

rati contadini, "città contadine”, con la sola funzione di " d o rm ito ri” dei c o n t a d i n i . . . » 7 : queste righe di Francesco Compagna risalgono ad un quarto di secolo addietro e fotografano in sostanza la situazione degli

5 II paesaggio geografico è l ’espressione visibile, sensibile e percepibile dei sistemi territoriali complessi, non il panorama o, in peggior accezione, il c.d. am­

biente naturale.

6 G. M. Galanti, Della descrizione geografica e politica delle Sicilie [Napoli 1973], ediz. critica a cura di F. Assalite e D. Demarco, Napoli 1969, I, pp. 3-4.

7 F. Compagna, La questione meridionale. Il problema delle due Italie, Ro­

ma 1965, p. 73. La frase citata da Compagna è di Benedetto Croce.

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anni cinquanta, quelli del prim o "m iracolo econom ico” . T uttavia, so­

stituendo ai 25.000 abitanti 10 o 15.000 e tenendo conto delle vie di comunicazione aperte, m igliorate o am pliate nel frattem po e degli in­

flussi che il m utato rapporto di sudditanza o com unque di interazio­

ne con i gangli p o rta n ti dell’intera rete urbana nazionale ha generato (attenuando la m onocrazia urbana napoletana), le parole di Compagna potrebbero adattarsi alla situazione tra le due guerre . . . o anche a tem pi più lontani. Come lontane sono le radici del gigantismo relati­

vo della capitale del Sud.

N apoli vuol dire, anche nel Settecento o nell’O ttocento, conurba- zione, grande area m etropolitana. R oberto Pane osservava nel dopoguer­

ra, che la m etropoli del M ezzogiorno « è forse la sola grande città che non abbia avuto un antico palazzo m unicipale e quindi non abbia co­

nosciuto quella continuità di organico svolgimento di vita com unale che altrove è quasi sem pre presente » s. E perché N apoli avrebbe dovuto avere un antico palazzo comunale? Il Palazzo S. Giacomo, occupato dal M unicipio, era la sede dei m inisteri borbonici sino al 1860. Le regge napoletane e campane ed il connesso apparato am m inistrativo rea­

le facevano le veci anche del palazzo m unicipale che, al contrario, era espressione del potere territoriale nelle città - stato dell’ età comunale del C entro - N ord. P er la stragrande maggioranza, gli abitanti del M ez­

zogiorno pre - unitario (e post - unitario per almeno sessant’anni) erano

« avvezzi a considerare la città di N apoli come centro unico, politico, am m inistrativo, commerciale, intellettuale » 9, D unque, N apoli come pri­

mate - city nella gerarchia urbana meridionale, luogo nodale incontrasta­

to in un territo rio allora privo di città medie, salvo il caso peculiare della Sicilia, la cui rete urbana contava su tre città grandi e m edio­

grandi, tu tte però costiere. In realtà, l ’intera Campania Felice rappre­

sentava il "nucleo cen trale” dello Stato, la core area nell’accezione dei cultori di geografia politica di scuola anglosassone. In questo “nucleo centrale” s’identificava sia il nucleo storico della form azione statale,

8 R. Pane, Napoli imprevista, Torino 1949, p. 8.

9 L. Franchetti, Condizioni economiche e amministrative delle Provincie na­

poletane. Appunti di viaggio [1875], ediz. critica a cura di A. Iannazzo, Bari 1985, p. 22.

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sia la regione economicamente tra in a n te 10, Basti pensare alla capitale angioino - aragonese ed all’industrializzazione della prim a m eta del se­

colo scorso, che era confortata da una fitta rete di comunicazioni, inu­

sitata in tu tto il restante territo rio del Regno. C ’è da aggiungere che la Campania Felice, ovvero « N apoli e le sue vicinanze », come talvol­

ta usava dire allora, era uno dei topoì classici del viaggio in Italia , una regione del m ito e della m em oria nella quale il viaggio poteva verificarsi davvero e agevolm ente, a differenza di altri luoghi m itici del Sud, legati so p rattu tto ai ricordi dell’antichità.

N apoli e la Campania Felice furono, di conseguenza, l ’oggetto p rin ­ cipe delle rappresentazioni cartografiche settecentesche ed ottocentesche volute, in via diretta o m ediata, dallo Stato m eridionale. La M appa topografica della città di Napoli e de’ suoi contorni, term inata nel 1775 a spese dell’erario, meglio nota come "P ian ta Carafa , una splendida opera in grande scala (1 : 4.300 circa) come pochissime città europee potevano allora vantare; la Topografia dell’Agro napoletano con le sue adjacenze di G. A. Rizzi Zannoni (1793) ( 1 : 5 0 . 0 0 0 ) ; la Carta topo­

grafica ed idrografica dei contorni di Napoli del R. Officio Topografico di N apoli (1817-19) (1 : 25.000) n ; sono tre esempi classici scelti fra l ’abbondante m ateriale sul tema.

A ltri oggetti territoriali rappresentati con qualche frequenza fu ro ­ no i confini terrestri e le coste, ma anche i siti topografici e il con­

testo regionale delle piazzeforti m ilitari ed i luoghi fisici del potere m onarchico. Ben a ragione fu riten u to fondam entale disporre di buoni strum enti di lettu ra delle coste e dei litorali su di esse im m ediatam en­

te prospicienti; peraltro, quasi tu tti i gangli maggiori della rete

urba-10 Cfr. N. J, Pounds, Manuale dì geografia polìtica, Milano (Coll. « Geogra­

fia e società»), 1977, I, pp. 200-210. Anche: C. Raffestin, Per una geografìa del potere, Milano (Coll. «Studi e ric. sul territorio»), 1981, pp. 193-197.

11 Cfr., tra gli altri: C. De Seta, Cartografia della città di Napoli. Lineamen­

ti dell’evoluzione urbana, Napoli 1969; V. Valerio, La carta dei contorni di Na­

poli degli anni 1817-1819 ed il Reale Officio Topografico di Napoli, in Cartogra­

fia napoletana dal 1781 al 1889. Il Regno, Napoli, la Terra di Bari, Napoli 1983;

V. Langella, L ’urbanizzazione dell’area napoletana attraverso la documentazione car­

tografica dèi secoli X V III e X IX , in « A tti del X X II Congr. Geografico Ital. Sa­

lerno 1975 », I, Cercola - Napoli 1977, pp. 327-358.

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na, seppure tan to distanti dalla capitale, erano costieri: occorre riflet­

tere sul polim erism o del Regno. Un "polim erism o apparente", secon­

do i crismi della geografia politica classica, p er la quale nello stato po­

lim erico proprio il territo rio nazionale dev’essere separato in due o più tronconi dal territo rio di un altro organism o statale. Il mare, invece, determ inerebbe appunto il polim erism o ap p aren te” . T uttavia, una sorta di polim erism o am m inistrativo rafforzava quello voluto dalla natura: i

« Reali D om inij di là dal Faro » si differenziavano dai « Reali Dominij al di qua dal Faro » non soltanto per le antiche tradizioni regie dell’iso­

la, dovute al prestigio del trono norm anno - svevo, ma anche per l ’es­

sere la Sicilia una regione vasta e complessa, p u r nella sua apparente com pattezza etnico - geografica. La rete urbana siciliana era, a suo m o­

do, più articolata ed equilibrata di quella del Regno di N apoli . . . e d ’altronde si rifletta appunto sulle denom inazioni: Regno di Sicilia, e non di Palerm o, volle la tradizione storico - territoriale. Il che ci ri­

p o rta al concetto della dominanza m etropolitana della città del G olfo, m a ci fa pure riflettere sul sostanziale equilibrio del dom inio m etropo­

litano occidentale ed orientale dell’isola.

Napoli, Palerm o, M essina, Catania, ma pure Salerno, Bari, Trani, O tran to , Trapani, Siracusa . . . sono tu tte città di mare e le prim e tre i principali p o rti del Regno. I capisaldi della rete urbana coincideva­

no (e coincidono ancora oggi n ell’Italia del Sud) con le maggiori sedi um ane costiere. Ma una rete, p er essere tale, deve avere le maglie e non i nodi soltanto . . . fuor di m etafora, le città han da essere colle­

gate dalle vie di comunicazione, altrim enti una rete, e peggio ancora u n ’arm atura urbana, non può sussistere. O si lim ita a qualche estensio­

ne di spazio geografico più favorito, come la Campania Felice che ri­

cordavamo dianzi. La strada tra i fulcri urbani del Regno era il m are.

3. Cartografia "finalizzata", cartografia “totale”, cartografia “oc­

casionale . « P er form arsi u n ’ idea precisa delle comunicazioni degli Abruzzi convien considerare la costa dell’A driatico come il bacino p rin ­ cipale, ove sboccano tu tti qu e’ num erosi influenti, ed il mare come grosso fium e navigabile che dalla foce del T ro n to scorra verso quella del Biferno »; che il principio valesse per l ’intero periplo peninsulare ed insulare del Regno, l ’afferm ava nel 1832 Carlo A fán D e Rivera, d iretto re generale di P o n ti e Strade, Foreste, Acque e Pesca delle D ue

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Sicilie, ed aggiungeva che « p e r mezzo della navigazione m arittim a i trasp o rti riescon meno dispendiosi, così saranno maggiori i vantaggi, a m isura che sieno le coste di maggior sviluppo rispetto alla superficie del paese e più accessibili, m inori le distanze dall’interno e dal m are, e p iù facili le comunicazioni da stabilirvisi » 12. La navigazione di pic­

colo e medio cabotaggio attorno al periplo costiero ed i collegamenti m arittim i tra N apoli e la Sicilia rim asero fondam entali anche dopo le migliorie apportate alla rete stradale, so p rattu tto durante la vita di Car­

lo A fàn De Rivera e, dopo la sua m orte, negli ultim i anni del Regno.

N ell’O ttocento, d ’altronde, le condizioni della navigazione nel M editer­

raneo erano m utate — in meglio — risp etto alla prim a m eta del Set­

tecento, quando don Carlos, che fu poi il buon re della dinastia dei B orbone di N apoli (e di questa città, nel sentire del popolo, quasi n u ­ me tutelare), restituì l ’indipendenza all’antico stato m eridionale M a il governo di Carlo e poi quello di reggenza del Tanucci, dopo la chiam a­

ta del re sul trono di M adrid, dovettero occuparsi, come aveva fatto — e male — per secoli il Viceregno spagnolo, dell’insicurezza delle coste.

I corsari ed i pirati m aghrebini da un canto e la carenza di buoni scali fuori della Campania, della Sicilia e della Puglia, dall altro, furono re­

m ore notevoli per buona p arte del secolo X V III. D ’altronde, le diffi­

coltà del cammino su strada ne sconsigliavano l ’uso per lunghi percor­

si. Ancora alla metà del secolo successivo, il re Ferdinando I I p refe­

riva spostarsi con la nave per raggiungere da N apoli la Puglia, evitan­

do le im pervie strade appenniniche, difficoltose so p rattu tto d inverno . Q uesta giusta prem inenza a ttrib u ita ai te rrito ri costieri e litoranei si riflette nelle produzioni cartografiche, anche perché l ’im portanza stra­

tegica” in senso geoeconomico delle coste diviene tale in stretto senso m ilitare e geopolitico durante l ’età napoleonica e, in seguito, per 1 al­

leanza di fa tto del Regno con l ’im p ero asburgico. Va inoltre ten u ta b en presente la separazione tra la Sicilia "legittim ista , p ro te tta dalla Royal Navy, ed il Regno di N apoli del decennio francese, e dunque

12 C. Afàn De Rivera, Considerazioni su i mezzi da restituire il valore pro­

prio a’ doni che ha la natura largamente conceduto al Regno delle Bue Sicilie, Napoli 1832, I, p. 155, I I , p. 173.

13 Vedi ad esempio: R. De Cesare, La fine di un Regno [1895], Milano 1969, passim.

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la divisione negli in te n ti di rappresentazione cartografica e la stessa se­

parazione dell’ente cartografico di stato in due p arti, a N apoli ed a Palerm o. Sta di fatto , com unque, che l ’interesse p e r il territo rio co­

stiero è prem inente, vuoi in età borbonico - illum inistica, vuoi in età napoleonica, vuoi p u re attraverso l ’O ttocento. Si pensi soltanto a que­

ste opere: VAtlante M arittimo del Regno di Napoli, di G . A. Rizzi Zan- noni, che com pare alla fine del X V III secolo; la Carta delle Coste del­

l’Adriatico dal Tronto a Gagliano del Capo S. Maria di Leuca del 1830- 1835 (1 : 20.000), da cui deriva la Carta di Cabotaggio della Costa del

l’Adriatico dal Tronto a Gagliano del Capo S. Maria di Leuca del 1830- 1835 (1 : 20.000), da cui deriva la Carta di Cabotaggio della Costa del