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nella documentazione e nel monitoraggio periodico del funzionamento del Modello (Flavio Bazzana, 2001).

Confronto Mondiale Mercati nei Derivat

3) nella documentazione e nel monitoraggio periodico del funzionamento del Modello (Flavio Bazzana, 2001).

Per quanto riguarda i requisiti di natura quantitativa: • Il var deve essere calcolato su base giornaliera;

• Deve essere impiegato un livello di confidenza unilaterale del 99%; • Periodo di detenzione (holding period) minimo di 10 giorni;

• La scelta del periodo storico di osservazione per il calcolo del Var è soggetto al vincolo di durata minima di un anno;

• Aggiornamento delle serie di dati con una frequenza non inferiore a tre mesi; • Le banche devono soddisfare, su base giornaliera, un requisito patrimoniale

espresso come la maggiore tra:

1) la misura del var relativa al giorno precedente;

2) La media delle misure del var giornaliero nei 60 giorni operativi precedenti, moltiplicata per un fattore di ponderazione;

• Il fattore di ponderazione sarà fissato dalle singole autorità di vigilanza in base al loro giudizio circa la qualità del sistema del rischio della banca, ma non potrà mai essere inferiore a 3. La maggiorazione varierà tra 0 ed 1 a

seconda dell’esito del ‘test retrospettivo’ che mettono a confronto il VaR, calcolato dal modello interno, con la variazione giornaliera del portafoglio, così come mostrato nella tabella 1 sotto.

Numero di scostamenti Fattore di maggiorazione

Meno di 5 0,00 5 0,40 6 0,50 7 0,65 8 0,75 9 0,85 10 1,00

Tabella 1. Fattori di maggiorazione (Fonte: "Circolare 263/2006").

Al fine di recepire le proposte presentate dal Comitato di Basilea, l’Unione Europea intervenne con due direttive (93/6/CEE o CAD I e 98/31/CEE o CAD II), successivamente emendate dalle direttive 2006/48 e 2006/49, le quali recepiscono lo schema prudenziale di Basilea II.

In Basilea II20 il comitato, sostanzialmente, non fa altro che riprendere la disciplina

del ’93 e del ’96 senza aggiungere nulla di nuovo e ciò è stato un grave errore da parte del Comitato stesso.

In Italia, tali direttive sono state recepite dalla Banca d’Italia con la Circolare n. 263 del dicembre 2006, normativa entrata in vigore l’1 gennaio 2008.

20In Italia, le Direttive 2006/48 e 2006/49 (spesso definite come CAD III) sono state recepite con la Circolare 263/2006. Questa Circolare è entrata in vigore dal 1 Gennaio del 2008.

2) Il nuovo framework post-crisi: Basilea 2,5

Così come descritto nel primo capitolo, la gravità delle perdite subite dagli intermediari, specie quelli attivi su scala internazionale, sulle posizioni del trading

book ha spinto lo stesso Comitato di Basilea a rivedere la disciplina relativa al

trattamento prudenziale dei rischi di mercato, sostanzialmente non rivista da Basilea II. Nel corso della crisi le perdite subite da numerose istituzioni finanziarie hanno superato in misura rilevante le misure di VaR generate dai modelli interni, mettendone in discussione la robustezza. Inoltre, sono emersi con chiarezza i problemi di rischio di credito (default risk, migration risk, spread risk) e di liquidità connessi a strumenti inseriti nel trading book. Questi due aspetti, rischio di credito e di liquidità, sono infatti trascurati dai modelli di misurazione del rischio di mercato. Nel luglio del 2009, il Comitato di Basilea ha sottoposto alla comunità finanziaria internazionale delle proposte di modifica dell’Accordo riguardo i requisiti patrimoniali per i rischi di mercato (“Enhancements to the Basel II framework” &

“Revision to the Basel II market risk framework”) per poi aggiungere ulteriori

specificazioni nel giugno del 201021 (“Revision to the Basel II market risk

framework. Update as of 31 December 2010”).

Queste modifiche sono note come ‘Basilea 2,5’.

Le maggiori modifiche introdotte riguardano prevalentemente i modelli interni per il calcolo del requisito patrimoniale ma ci sono state modifiche anche riguardo la metodologia standard e le operazioni di securitisation.

Con riferimento alle operazioni di cartolarizzazione il documento “Enhancements to

the Basel II framework” rappresenta il primo passo verso una riforma più radicale

in tema di trattamento prudenziale di cartolarizzazione e ricartolarizzazione.

Vengono incrementati i fattori di ponderazione del rischio, ciò sia per le Banche che utilizzano l’approccio standard per il rischio di credito ma anche per le Banche che utilizzano l’approccio IRB.

Per tenere adeguatamente conto di queste, più rischiose esposizioni, le tabelle relative ai coefficienti di ponderazione per il rischio vengono modificate ed integrate attraverso l’introduzione di maggiori coefficienti ad hoc relativi alle cartolarizzazioni.

Per quanto riguarda, invece, le modifiche all’approccio standard per il calcolo del requisito patrimoniale per il rischio di mercato:

• Modifica del paragrafo 689: Ai fini della presente disciplina, il “portafoglio di negoziazione di correlazione” incorpora esposizioni derivanti da cartolarizzazione e n-th-to-default22 derivati su crediti che soddisfano i

seguenti criteri:

1) Le posizioni non sono opzioni su tranche di cartolarizzazioni, non sono ricartolarizzazioni, derivati aventi come sottostante esposizioni verso cartolarizzazioni;

2) I sottostanti sono dei prodotti single name che abbiano un mercato liquido;

22“derivati nth-to-default”: contratti riferiti a pluralità ("basket") di debitori il cui schema prevede che l'obbligo di pagamento a carico del fornitore di protezione sorga con l’n-simo inadempimento che si riscontra nel basket; a ciascun debitore può essere abbinato anche un importo liquidabile differente da quelli assegnati agli altri debitori; (paragrafo 718 “enhancements to the Basel II framework”)

• Modifica del paragrafo 718: Il requisito patrimoniale relativo al rischio specifico delle posizioni azionarie sarà pari all’8%. Non sarà più possibile, quindi, ridurlo al 4% nel caso di portafogli ben diversificati.

Invece, per quanto riguarda le modifiche attuate da Basilea 2,5 per i modelli interni sono state introdotte delle grandi novità per il calcolo del requisito patrimoniale a fronte del rischio di mercato:

• Stressed Var (SVar): Calcolato su un periodo ininterrotto di un anno di tensioni finanziarie. L’introduzione di questa nuova metrica ha prodotto un aumento immediato del requisito di capitale, senza però apportare un cambiamento metodologico sostanziale.

• Incremental Risk Charge (IRC): che verrà applicato, quale requisito addizionale, per il rischio specifico delle posizioni del trading book.

Queste misure sono finalizzate innanzitutto ad imporre una dotazione patrimoniale maggiore che tenga conto del rischio di liquidità delle posizioni, del rischio di

default e di downgrading ed, inoltre, a eliminare l’incentivo di operazioni di

2.1) Lo stressed Var (SVar)

Nella nuova proposta di Basilea si richiede di calcolare un requisito patrimoniale addizionale con cadenza almeno settimanale che è lo stressed Var.

Questo requisito addizionale verrà calcolato dalle Banche che utilizzano modelli interni validati dall’autorità di vigilanza per il calcolo del requisito patrimoniale a fronte del rischio di mercato.

Come si è detto, si utilizzerà un modello (Var) con un holding period di 10 giorni, con un livello di confidenza al 99% ma i dati di input che si utilizzeranno per implementare il modello saranno dei dati storici di un periodo di almeno dodici mesi sottoposti ad un forte stress finanziario.

Per scegliere un periodo storico ai fini della calibrazione, gli enti devono formulare una metodologia per individuare un periodo di stress pertinente per i loro portafogli

correnti, sulla base di uno dei due seguenti metodi (EBA, Guidelines on Stressed

Value At Risk (Stressed VaR), 2012) : • metodo basato sul giudizio; • metodo formulistico.

1)Il metodo basato sul giudizio non si serve di un’analisi quantitativa dettagliata per individuare il periodo preciso da utilizzare per la calibrazione, bensì di un’analisi ad alto livello dei rischi insiti nel portafoglio corrente di un ente e dei precedenti periodi di stress connessi a tali fattori di rischio. Nell’applicare questo metodo basato sul giudizio, gli enti dovrebbero includere elementi quantitativi di analisi.

2) Per contro, il metodo formulistico applica, oltre al giudizio di esperti, un’analisi quantitativa più sistematica per individuare il periodo storico che rappresenta uno stress significativo per il portafoglio corrente di un ente.

Sempre riguardo al periodo di stress, il Comitato fa riferimento, a titolo di esempio la crisi del 2008, la crisi russa del 1998, la crisi del 1993 ed altri periodi di stress acuti.

Quindi, con l’aggiunta dello stressed var, le Banche dovranno rispettare su base giornaliera un requisito patrimoniale a fronte del rischio di mercato rappresentato dalla somma di due componenti:

1) il valore più elevato tra: la misura del VaR del giorno precedente (VaR(t-1)) e la media delle misure del VaR giornaliero calcolata nei 60 gg operativi precedenti (VaR avg ) moltiplicata per un fattore moltiplicativo;

2) il valore più elevato tra: l'ultima misura disponibile del VaR in condizioni di stress (sVaR (t-1)) e la media delle misure del VaR in condizioni di stress calcolata nei 60 gg. operativi precedenti (sVaR avg ) moltiplicata per un fattore moltiplicativo;

RP= max [𝑽𝑨𝑹𝒕−𝟏; 𝒎𝒄∗ 𝑽𝑨𝑹𝒂𝒗𝒈 ] + max [𝒔𝑽𝑨𝑹𝒕−𝟏; 𝒎𝒔∗ 𝒔𝑽𝑨𝑹𝒕−𝟏] Sicuramente con l’inserimento dello stressed var c’è stato un incremento notevole del requisito patrimoniale per il rischio di mercato rispetto alla disciplina previgente. Ciò, però, ha suscitato anche delle critiche da parte degli studiosi.

Andrea Resti (2008) ancor prima della pubblicazione di Basilea 2,5, insieme a Sironi ha individuato due problemi a riguardo dello stressed var:

1. la complessità della scelta della finestra temporale, in quanto non basta genericamente prendere un “black friday” per l’indice Dow Jones. Ad esempio, per una banca, il cui portafoglio sia composto prevalentemente da posizioni short23, le perdite maggiori si verificano nei periodi di rialzo dell’indice.

2. Dal momento che il requisito patrimoniale in Basilea 2,5 ha come struttura Requisito = VaR + Stressed VaR, si è determinato un evidente double

counting, che ha portato a utilizzare spesso con ragione il termine ‘over reaction’ tra gli scettici delle riforme.

In uno studio di Burchi (2011) mostra che lo stressed Var aumenta drasticamente il requisito del capitale ad un punto tale che non è nemmeno più rilevante quale tipo di approccio sia utilizzato per stimare lo stesso VaR. Infatti, che venga utilizzato un modello parametrico, ipotizzando una distribuzione Normale, o la simulazione storica, per cogliere meglio le caratteristiche empiriche delle variabili di mercato, è del tutto indifferente in quanto l’incremento del requisito patrimoniale sarà comunque ‘vertiginoso’. Burchi studia l’effetto dell’utilizzo dello stressed Var su diversi portafogli, osservando che l’aumento del requisito di capitale oscilla da un

23 Passività in valuta, le valute da consegnare per operazioni da regolare (a pronti o a termine) e le altre operazioni

minimo del 300%, per i portafogli più prudenziali, ad un massimo del 700%, per quelli più aggressivi. Egli conclude che lo stressed Var costituisce oltre il 75% del requisito di capitale per i rischi connessi al trading book e determina un appiattimento delle differenze tra i modelli di stima, riducendo ulteriormente l’interesse da parte degli intermediari ad adottare modelli di VaR complessi ai fini regolamentari.

2.2.) L’Incremental Risk Charge (IRC)

L’Incremental Risk Charge (IRC) è rivolto unicamente alle banche che adottano il modello interno (Basel Committee on Banking Supervision, Luglio 2009).

L’IRC stima l’esposizione del trading book ad alcuni rischi sulla base di un orizzonte temporale di un anno ed un livello di confidenza del 99,9%, prendendo adeguatamente in considerazione la liquidità delle singole posizioni. Nei principi per calcolare l’IRC il Comitato di Basilea afferma che, limitatamente alle posizioni a cui esso è applicabile, deve catturare:

• il rischio di default: ovvero le perdite potenziali dirette ed indirette connesse al default di una controparte;

• il rischio di migrazione: ovvero le perdite potenziali dirette ed indirette dovute ad un downgrade o un upgrade del rating interno o esterno di una controparte (credit migration event).

Nel corso del 2007 si è avviata quindi una profonda revisione dei diversi modelli per il calcolo dei buffer di capitale ed è stata implementata la proposta di una nuova misura addizionale per il rischio specifico di mercato sui titoli di debito,

l’Incremental Default Risk Charge (IDRC), poi divenuto Incremental Risk Charge

(IRC) per incorporare anche il rischio di credit migration. Tale misura ha trovato propria definizione nel luglio 2009 con il rilascio del documento 159 denominato “Guidelines for computing capital for incremental risk in the trading book” da parte del Comitato di Basilea. Altre correzioni sono state apportate anche dal documento 158 “Revisions to the Basel II market risk framework”, emesso sempre nel luglio del 2009. L’obbiettivo dei due documenti risulta essere la risoluzione delle criticità emerse in merito alla copertura del rischio di mercato su posizioni collegate a crediti, in quanto in particolare si verificavano almeno tre anomalie:

• La prima riguardava la separazione ed incoerenza tra i requisiti per le posizioni di

trading book e di banking book, per cui si verificava una sorta di “regulatory capital arbitrage” (Van der Stel, 2009)

• Il secondo aspetto controverso riguarda invece la pro-ciclicità delle misure. Nei momenti di crisi vi è una sottostima del VaR dovuta al fatto che il calcolo viene effettuato con dati di mercato finanziario più favorevoli riferiti a periodi precedenti.

• Un terzo elemento attiene ai rischi non valutati dal precedente set normativo, ovvero i rischi di default e di credit migration, per i quali non erano previsti buffer di capitale corrispondenti.

3)La circolare 285/2013: BASILEA III

Il 27 Giugno del 2013 è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea la Direttiva 2013/36/UE (Capital Requirements Directive 4 o semplicemente CRD IV) contenente disposizioni in materia di accesso all’attività bancaria, libertà di stabilimento, metodologie per la determinazione dei buffer di capitale, regole sul governo societario e regole per la cooperazione fra autorità di vigilanza. Questa direttiva doveva essere recepita dai vari ordinamenti nazionali. Insieme alla direttiva citata, è stato pubblicato, sempre nella Gazzetta Ufficiale il Regolamento n. 575/2013 (CRR – Capital Requirements Regulation), che diversamente dalla CRD IV ha avuto diretta efficacia negli Stati membri.

Esso definisce norme in materia di fondi propri, requisiti patrimoniali, leva finanziaria, gestione della liquidità e informativa al pubblico.

La CRD IV e il CRR insieme formano il nuovo pacchetto normativo, noto come ‘CRD IV package’, comunemente chiamato Basilea 3 abrogando le precedenti Direttive in materia (2006/48/CE e 2006/49/CE).

3.1) Le modifiche di Basilea III al rischio di mercato

Una differenza sostanziale rispetto al passato è il fatto che la nuova disciplina prevede che la copertura dei rischi di mercato avvenga attraverso i “fondi propri”, definiti dal Regolamento come “la somma del capitale di classe 1 e di capitale di classe 2”.

Al pari di tutti gli altri rischi, dunque, anche i rischi di mercato possono essere coperti esclusivamente da capitale di classe 1 (Tier 1) e da capitale di classe 2 (Tier 2) e non più anche da capitale di classe 3 (Tier 3) come era invece previsto dalla normativa precedente.

Definizione Portafoglio di Negoziazione o Trading Book a fini di vigilanza:

“Le posizioni detenute a fini di negoziazione sono quelle intenzionalmente destinate

a una successiva dismissione a breve termine e/o assunte allo scopo di beneficiare, nel breve termine, di differenze tra prezzi di acquisto e di vendita, o di altre variazioni di prezzo o di tasso d’interesse. Per posizioni si intendono le posizioni in proprio e le posizioni derivanti da servizi alla clientela o di supporto agli scambi (market making). Il portafoglio di negoziazione a fini di vigilanza è costituito dalle posizioni in strumenti finanziari e su merci detenute a fini di negoziazione o di

copertura del rischio inerente ad altri elementi dello stesso portafoglio. Gli strumenti devono essere esenti da qualunque clausola che ne limiti la negoziabilità o, in alternativa, devono poter essere oggetto di copertura.”

La normativa identifica e disciplina il trattamento dei seguenti rischi: a) con riferimento al portafoglio di negoziazione a fini di vigilanza: — rischio di posizione;

— rischio di concentrazione;

b) con riferimento all'intero bilancio: — rischio di regolamento;

— rischio di cambio;

— rischio di posizione su merci;

La metodologia standardizzata, descritta nella Parte Seconda della circolare, permette di calcolare il requisito patrimoniale complessivo, sulla base del c.d. "approccio a blocchi" (building-block approach), secondo il quale il requisito complessivo viene ottenuto come somma dei requisiti di capitale a fronte dei rischi precedentemente indicati.

Il metodo dei modelli interni, disciplinato nella Parte Terza, può essere utilizzato con riferimento al rischio di posizione, al rischio di cambio ed al rischio di posizione su merci (Circolare 285/2013).

3.1.1) Rischio di posizione

Esso viene espresso come il rischio che deriva dall'oscillazione del prezzo dei valori mobiliari per fattori attinenti all'andamento dei mercati e alla situazione della società emittente. Il rischio di posizione, calcolato con riferimento al portafoglio di negoziazione a fini di vigilanza della banca, comprende due distinti elementi:

a) il rischio generico, che si riferisce al rischio di perdite causate da un andamento sfavorevole dei prezzi della generalità degli strumenti finanziari negoziati.

Ad esempio, per i titoli di debito questo rischio dipende da una avversa variazione del livello dei tassi di interesse; per i titoli di capitale da uno sfavorevole movimento generale del mercato;

b) il rischio specifico che consiste nel rischio di perdite causate da una sfavorevole variazione del prezzo degli strumenti finanziari negoziati dovuta a fattori connessi con la situazione dell'emittente. Esso si divide in:

- rischio idiosincratico: variazione del prezzo dovuta alla quotidiana attività di negoziazione. Esso esprime, pertanto, il rischio di movimenti avversi dei prezzi dei titoli dell’emittente non correlati all’andamento del mercato di riferimento e riconducibili ad eventi che non generano variazione di classe di rating;

- rischio di migrazione: movimento dei prezzi connesso a variazione di classe di rating;

- rischio di default: inadempienza dell’emittente;

Il rischio di posizione e i correlati requisiti patrimoniali sono determinati distintamente per:

— i titoli di debito ed altri strumenti finanziari che dipendono dai tassi di interesse e dal merito creditizio, inclusi i derivati su crediti;

— i titoli di capitale ed altri strumenti finanziari che dipendono dall'andamento del comparto azionario;

— i certificati di partecipazione a organismi di investimento collettivo del risparmio (OICR) e gli altri strumenti finanziari che dipendano dall'andamento del valore di OICR;

Rischio di posizione su strumenti di debito

Ai fini del calcolo dei requisiti in materia di fondi propri per il rischio generico su stru-menti di debito, le banche possono utilizzare due distinte metodologie:

• Metodo basato sulla scadenza: il requisito patrimoniale è determinato sulla base di un sistema di misurazione del rischio di tasso d’interesse che prevede il calcolo della posizione netta relativa a ciascuna emissione e la successiva distribuzione in fasce temporali di vita residua;

• Metodo della duration: il requisito patrimoniale è determinato in base all’utilizzo della duration modificata quale mezzo per cogliere le ponderazioni prudenziali tarate sulla base di shock di tasso, definiti dall’autorità di vigilanza per scadenze.

Il requisito per il rischio specifico è differenziato in base alla tipologia di posizioni in strumenti di debito:

1) strumenti di debito non inerenti a cartolarizzazioni; 2) strumenti inerenti a cartolarizzazioni;

3) strumenti appartenenti al portafoglio di negoziazione di correlazione.

Per quanto riguarda il requisito in materia di fondi propri per strumenti di debito non inerenti a cartolarizzazioni, la banca imputa le sue posizioni nette in ciascuno strumento come somma delle posizioni a debito e a credito alle categorie appropriate in funzione dell’emittente, della valutazione interna del merito di credito e della durata residua, e quindi le moltiplica per le ponderazioni indicate.

Categorie

Requisiti in materia di fondi propri per il rischio specifico

Titoli di debito ai quali nel quadro del metodo

standardizzato verrebbe attribuito un fattore di

ponderazione del rischio pari al 0% per il rischio

di credito.

0%

Titoli di debito ai quali nel quadro del metodo

standardizzato verrebbe attribuito un fattore di

ponderazione del rischio pari al 20% o al 50 % per

il rischio di credito

0,25% (durata residua inferiore o pari a 6 mesi) 1,00% (durata residua tra 6 e 24 mesi)

1,60% (durata superiore a 24 mesi) Titoli di debito ai quali nel quadro del metodo

standardizzato verrebbe attribuito un fattore di

ponderazione del rischio pari al 100% per il

rischio di credito

8%

Titoli di debito ai quali nel quadro del metodo

standardizzato verrebbe attribuito un fattore di

ponderazione del rischio pari al 150% per il

rischio di credito

12%

Per gli strumenti rappresentanti posizioni verso la cartolarizzazione all’interno del portafoglio di negoziazione, la banca deve ponderare come segue le sue posizioni nette:

• per le posizioni verso la cartolarizzazione che sarebbero soggette al metodo standardizzato per il rischio di credito all’esterno del portafoglio di negoziazione della stessa banca, l’8% della ponderazione del rischio risultante dall’applicazione del metodo standardizzato;

• per le posizioni verso la cartolarizzazione che sarebbero soggette al metodo basato sui rating interni all’esterno del portafoglio di negoziazione della stessa banca, l’8% della ponderazione del rischio risultante dall’applicazione