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L’expected shortfall

Confronto Mondiale Mercati nei Derivat

3) L’expected shortfall

Come già abbiamo detto nel primo paragrafo di questo capitolo, il Var fornisce la frequenza con cui le perdite superano un certo ammontare, ma non specifica di quanto, cioè non fornisce la dimensione delle perdite superiori al Var stesso. L’ES nasce per superare questo problema, dunque può essere considerato come un Var condizionato. In altre parole il Var risponde alla domanda “quanto male possono andare le cose?”, mentre l’ES risponde ad una domanda diversa: “se le cose vanno male, quanto ci si aspetta di perdere?” (Resti, Sironi, 2008).

L’ES può essere definito come il valore atteso di tutte le perdite superiori al VaR. Analiticamente:

𝐸𝑆 = 𝐸 [ 𝐿 | 𝐿 > 𝑉𝑎𝑅 ]

Dalla formula si nota che l’ES dipende esplicitamente dal Var stimato attraverso un determinato livello di confidenza. Il Var assegna il 100% del peso all’X-esimo quantile e lo 0% agli altri, invece l’ES assegna uguale peso a tutti i quantili maggiori dell’X-esimo e 0% a tutti gli altri. Inoltre c’è da precisare che l’ES rispetta la condizione di sub-additività e per tale motivo, a differenza del Var, rappresenta una

misura di rischio coerente. Per questo motivo le Autorità di Vigilanza hanno spinto per la sua introduzione nelle modalità di calcolo del requisito patrimoniale, a fronte del rischio di mercato, basato su modelli interni.

Una misura di rischio per essere considerata «coerente» deve rispettare quattro famosi assiomi che sono stati pubblicati nella rivista Mathematical Finance (1999) da Artzner nella sua pubblicazione Measures of Risk.

Una misura di rischio p che assegna un numero pari a p(X) ad ogni posizione con valore futuro netto X, per essere ritenuta coerente deve soddisfare le seguenti proprietà:

– Monotonia: p( X ) ≥ p(Y ) , se X≤Y ; – Sub-additività: p( X +Y ) ≤ p( X )+p(Y );

– Omogeneità positiva: p (λ X ) = λ p( X ) , con λ>0 ; – Invarianza per traslazione: p( X+rn) = p(X )−n.

La monotonia indica che se il valore a scadenza di X è minore di Y, è logico attendersi che il requisito patrimoniale richiesto per la sua copertura è maggiore di quello richiesto per la posizione su Y.

La sub-additività tra due posizioni rischiose X e Y, indica che il rischio associato all’assunzione congiunta dei due è minore di quanto non si registrerebbe assumendole separatamente.

L'omogeneità positiva indica che la dimensione della esposizione influenza in modo diretto il rischio, in particolare quando si considera il valore a scadenza è molto

importante saper valutare in modo conforme la dimensione della posizione in relazione alla liquidità di questa nel mercato.

La quarta caratteristica, infine, denota che se viene investita una quantità di denaro n a un tasso r risk free, il requisito patrimoniale richiesto, da una autorità di vigilanza o dall’ investment management, deve essere ridotto di un importo pari a n.

Incredibilmente il Var, pur essendo la misura di rischio adottata come migliore procedura, non è sempre una misura coerente di rischio perchè non soddisfa la condizione di sub-additività. Inoltre il Var non fornisce una stima delle possibili perdite in quegli scenari in cui la soglia del Var è superata.

L'ES, a differenza del VaR, rispetta la condizione di sub-additività. È possibile dimostrare che non si tratta di un caso, ma che l'Expected Shortfall garantisce il rispetto di questa proprietà e rappresenta una misura di rischio coerente.

In un paper molto famoso (Acerbi, Tasche, 2001) dimostrano che l’Expected shortfall rispetta la condizione di sub-additività.

Sia X la variabile casuale che descrive il valore futuro di profitti/perdite di un

portafoglio sull’orizzonte temporale T e sia α% la probabilita del worst case scenario

per il suddetto portafoglio. Si supponga che X abbia n possibili realizzazioni: Xi con

i=1,..,n, ordinabili in modo crescente in modo da identificare l’insieme di esiti del worst case. Inoltre sia w il numero di realizzazioni di Xi appartenenti al worst case, dove w=n*α. In altre parole ci sono n possibili scenari per il rendimento del portafoglio di cui w sono perdite superiori al VaR. Per definizione l’expected shortfall

è la media delle perdite superiori al VaR, cioe il valore atteso dello scenario worst case:

𝑬𝑺

𝒏(𝒂)

(𝐗) = −∑

(𝑿)

𝒊:𝒏 𝒘 𝒊=𝟏

𝒘

Ora, per dimostrare la coerenza dell'ES, si considerino due variabili aleatorie X e Y (cioè un portafoglio con due assets):

𝑬𝑺

𝒏(𝒂)

(𝐗 + 𝐘) = −

∑𝒘𝒊=𝟏(𝑿+𝒀)𝒊:𝒏 𝒘

∑𝒘𝒊=𝟏(𝑿𝒊:𝒏+𝒀𝒊:𝒏) 𝒘

= 𝑬𝑺

𝒏 (𝒂)

(𝐗) + 𝑬𝑺

𝒏(𝒂)

(𝐘)

Questo prova che l’Expected Shortfall è un’alternativa coerente al VaR, in quanto rispetta il principio di sub-additività. Nonostante questo, il VaR resta tuttora la metodologia più utilizzata da banche e fondi di investimento per misurare e gestire il rischio di mercato, in quanto è più semplice e veloce.

4) Impatto gestionale Rischio Mercato sui bilanci bancari

In questo box si analizzerà come il rischio di mercato impatti i bilanci degli istituti bancari ed in particolare si analizzeranno i bilanci Unicredit s.p.a. e Intesa San Paolo. L’orizzonte temporale di riferimento che si è scelto è il triennio che va dal 2013 al 2015.

Per entrambe le banche le politiche relative all’assunzione dei rischi finanziari sono definite dagli Organi Amministrativi della Capogruppo, i quali si avvalgono del supporto di specifici Comitati, tra i quali si segnalano il Comitato Governo dei Rischi di Gruppo e il Comitato Rischi Finanziari di Gruppo.

Al Comitato Governo dei Rischi di Gruppo sono attribuite, tra le altre, le funzioni di proporre agli Organi Statutari le strategie e le politiche di Gruppo della gestione dei rischi, di assicurare il rispetto degli indirizzi e delle indicazioni dell’Autorità di Vigilanza in materia di governo dei rischi e di valutare l’adeguatezza del capitale economico e regolamentare dei Gruppi. Il Comitato coordina le attività degli specifici Comitati tecnici a presidio dei rischi finanziari e operativi ed è presieduto dal Consigliere Delegato e CEO.

Al Comitato Rischi Finanziari di Gruppo, presieduto dal Chief Risk Officer e dal Chief

Financial Officer per quanto riguarda Intesa san Paolo e dal Group Financial Risk per

Unicredit, compete la responsabilità di definire le linee guida metodologiche e di misurazione dei rischi finanziari, l’articolazione dei limiti operativi e la verifica del profilo di rischio del Gruppo e delle sue principali unità operative.

Var gestionale: L’analisi dei profili di rischio di mercato relativi al portafoglio di

negoziazione si avvale di alcuni indicatori quantitativi di cui il VaR è il principale. Essendo il VaR un indicatore di sintesi che non cattura pienamente tutte le possibili fattispecie di perdita potenziale, il presidio dei rischi è stato arricchito con altre misure, in particolare le misure di simulazione per la quantificazione dei rischi rivenienti da parametri illiquidi (dividendi, correlazione, ABS, hedge fund), l’IRC e lo stressed Var. Le stime di VaR vengono svolte giornalmente con metodologie di simulazione storica, intervallo di confidenza 99% e orizzonte temporale di 1 giorno.

Incremental risk charge: L’IRC è la massima perdita potenziale del portafoglio di

orizzonte temporale annuale, con intervallo di confidenza pari al 99,9%. Tale misura è aggiuntiva rispetto al VaR e consente la corretta rappresentazione del rischio specifico su titoli di debito e derivati di credito poiché coglie, oltre al rischio idiosincratico, anche i rischi di evento e di default.

Stress Test: Gli stress test vengono applicati periodicamente alle esposizioni a rischio

di mercato, tipicamente adottando scenari basati sull’analisi storica dell’andamento dei fattori di rischio, al fine di individuare nel passato situazioni di worst case, ovvero definendo griglie di variazioni di fattori di rischio per evidenziare la direzionalità e non linearità nelle strategie di trading.

Analisi quantitative:

Per prima cosa si mostra il portafoglio riguardante l’attività di negoziazione dei gruppi citati, per poi passare al totale delle commissioni nette mostrando un’attività sicuramente maggiore da parte del gruppo Unicredit.