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DOMANDA E OFFERTA DI CREDITO DURANTE LA CRISI

2 CRISI FINANZIARIA, CRISI DEL DEBITO SOVRANO EUROPEO E BASILEA III:

3.3 DOMANDA E OFFERTA DI CREDITO DURANTE LA CRISI

In base alle rilevazioni della Banca d’Italia presso le imprese, che hanno fotografato con cadenza semestrale le condizioni dell’accesso al credito a partire dal settembre del 2008, il saldo percentuale tra quante hanno accresciuto la domanda di prestiti bancari e quante l’hanno ridotta è rimasto costantemente positivo benché in diminuzione fino all’aprile 2011 (Fig. 41.a). È difficile inferire sulla base di queste evidenze quale sia stato l’andamento delle quantità di credito effettivamente domandate dalle imprese; ciò può contribuire a spiegare i diversi risultati che emergono dalle indagini condotte presso le banche.138

Tuttavia, le indicazioni che le varie fonti informative forniscono con riferimento alla qualità della domanda sono sostanzialmente concordanti. Soprattutto nelle prime fasi della crisi, le motivazioni del ricorso al credito sono risultate strettamente riconducibili alle tensioni finanziarie dovute al calo dei flussi di reddito: in particolare è apparsa elevata la domanda di prestiti connessa con il fabbisogno di capitale circolante, che ha risentito sia delle minori vendite sia delle difficoltà di incasso dei pagamenti (Fig. 41.b).

Figura 41.a (alto-sinistra): domanda di credito, percentuali di imprese Figura 41.b (alto-destra): le principali motivazioni della domanda

Figura 42.a (basso-sinistra): inasprimento delle condizioni complessive di indebitamento Figura 42.b (basso-destra): le principali motivazioni del peggioramento

138In particolare nel 2009, all’apice della crisi, l’indagine condotta presso i maggiori intermediari (BLS) rileva una prevalenza di banche che segnalano una contrazione della domanda di credito espressa dalle imprese, legata principalmente all’andamento degli investimenti.

La fonte delle figure 5 e 6 è il risultato di un'indagine sulle imprese industriali e dei servizi e sondaggio congiunturale, le date sono relative al periodo in cui sono svolte le indagini e le risposte delle imprese si riferiscono ai sei mesi precedenti negli anni dal 2008 al 2011.

Con riferimento all’offerta di credito, i risultati delle diverse indagini sono più coerenti rispetto a quanto osservato per la domanda: nel periodo immediatamente successivo al fallimento di Lehman Brothers, l’adozione di politiche di offerta più restrittive si è riflesso in un notevole aumento delle difficoltà di accesso al credito da parte delle imprese. La percentuale di aziende che hanno riscontrato un peggioramento nell’accesso al credito ha toccato il valore massimo in corrispondenza dell’inizio della crisi (43%; Fig. 42.a); successivamente si è ridotta fino a raggiungere il 20% all’inizio del 2010 e ha mostrato un nuovo forte incremento nel 2011. Le motivazioni sottostanti questa percezione di peggioramento da parte delle imprese sono cambiate nel corso del tempo. All’inizio della crisi e nel periodo più recente, in momenti caratterizzati da forti tensioni dal lato della liquidità bancaria, le imprese hanno lamentato soprattutto la crescita dei tassi di interesse (Fig. 42.b). Benché gli interventi della BCE abbiano consentito di ridurre significativamente il costo medio del credito, a partire dal 2009 sono aumentate le differenze di tasso tra diversi prenditori: il sensibile ampliamento della dispersione, osservato all’interno di tutte le classi dimensionali, è in larga parte ascrivibile all’aumento del divario di tasso tra le aziende con condizioni finanziarie poco equilibrate e quelle con bilanci molto solidi, una misura dell’accresciuta avversione al rischio degli intermediari (Fig. 43).139

139Si veda Vacca, Fragilità finanziaria e prospettive di crescita: il razionamento del credito alle imprese

Figura 43:

Il grafico rappresenta l'andamento dei tassi di interesse sui prestiti per le micro, piccole, medie e grandi imprese. Fonte: Cerved e Banca d’Italia, Rilevazione analitica sui tassi di interesse.

Oltre al costo del debito bancario, durante la crisi una quota rilevante di imprese, compresa tra il 15% e il 21%, ha evidenziato problemi nel raggiungere il livello di indebitamento desiderato a causa delle richieste di rimborso anticipato da parte delle banche o delle accresciute difficoltà di ottenere nuovi finanziamenti (Fig. 42.b). Sulla base dei dati Invind, la quota di aziende che hanno chiesto nuovi finanziamenti bancari senza riuscire ad ottenerli è cresciuta bruscamente tra il 2007 e il 2008, raggiungendo l’8,1%, un valore inferiore solo a quelli registrati in occasione della recessione dei primi anni novanta (Fig. 44). Nel biennio 2009-10 le imprese razionate sono rimaste numerose, soprattutto nel confronto con gli anni immediatamente precedenti la crisi.140 La crescita del razionamento attuato dalle banche è stata particolarmente accentuata tra le imprese manifatturiere e quelle localizzate nelle regioni meridionali.

da parte delle banche durante la crisi.

140Si veda, Banca d'Italia, Relazione annuale sul 2011, (2011): pag. 177. Dati più recenti mostrano che la percentuale di imprese che non hanno ottenuto il credito richiesto ha raggiunto nel 2011 circa il 12%, il livello più elevato dall’inizio della crisi;

Figura 44:

Quota di imprese che hanno chiesto e non ottenuto credito, le imprese con un numero minore di 50 addetti superano (mediamente) il totale del campione negli anni in cui la crisi finanziaria è stata più intensa. Fonte: Cerved e Banca d’Italia.

Le condizioni economiche e finanziarie dell’impresa appaiono una delle principali determinanti della capacità di accesso al credito: durante la crisi l’incidenza del razionamento è rimasta prossima allo zero per le imprese con i bilanci più equilibrati in base al punteggio Z-score attribuito dalla Cerved141e ha superato il 20% tra le imprese più rischiose. I risultati di un’analisi shift and share condotta sull’incremento della quota di imprese razionate tra il periodo 2005-07 e il successivo triennio indicano che l’aumento della quota, pari al 4%, risulta interamente ascrivibile alla variazione all’interno delle singole classi di rischio, mentre è nullo il contributo derivante dai cambiamenti nella distribuzione delle imprese tra le diverse classi. Il forte incremento del razionamento, quindi, non sembra riconducibile al peggioramento della qualità media dei bilanci aziendali.

Un ulteriore aspetto, in parte correlato alle condizioni finanziarie delle imprese, che sembra influenzare la probabilità di ottenere nuovi prestiti è la finalità per le quali viene avanzata la richiesta di credito: le imprese che hanno chiesto maggiori prestiti per 141Lo Z-score è un indicatore calcolato dalla Cerved che assume valori compresi tra 1 e 9 al peggiorare delle condizioni finanziarie. Le imprese sane si attestano su livelli di score da 1 a 4 le imprese vulnerabili da 5 a 6, mentre le imprese rischiose da 7 a 9.

finanziare operazioni di ristrutturazione del debito, seguite da quelle che presentavano accresciute esigenze di capitale circolante, sono risultate in media più razionate rispetto a quelle che hanno aumentato la domanda di prestiti per finanziare l’attività di investimento (Fig. 45). Alla luce di questo risultato potrebbe spiegarsi anche la maggiore incidenza del razionamento tra le imprese subfornitrici142 (oltre 2 punti percentuali in più rispetto alle altre imprese), il cui fabbisogno di capitale circolante è sensibilmente aumentato per i ritardi di pagamento dei propri committenti.

Figura 45:

In figura le quote di imprese che hanno chiesto e non ottenuto credito per andamento e tipo di domanda di credito Fonte: Indagine sulle imprese industriali e dei servizi.

La crisi economica, culminata tra la fine del 2008 e la fine dell’anno successivo, ha comportato una riduzione notevole e prolungata dei flussi di reddito delle imprese e un’accresciuta difficoltà di incasso dei pagamenti dai clienti. Riflettendo l’indebolimento delle condizioni finanziarie, è peggiorata la qualità della domanda di finanziamenti esterni delle imprese. Nella fase più acuta della crisi, la contrazione del credito ha segnalato la presenza di un rilevante irrigidimento dell’offerta da parte delle banche che si è tradotta con una quota triplicata delle aziende cui sono stati negati nuovi finanziamenti.

142Con il contratto di subfornitura un imprenditore si impegna a effettuare per conto di una impresa committente lavorazioni su prodotti semilavorati o su materie prime forniti dalla committente medesima, o si impegna a fornire all'impresa prodotti o servizi destinati ad essere incorporati o comunque ad essere utilizzati nell'ambito dell'attività economica del committente o nella produzione di un bene complesso.

CONCLUSIONI

L’avvento della crisi finanziaria, ha determinato in tutte le economie, comprese quelle maggiormente sviluppate, un rallentamento nelle erogazioni nette di credito bancario. Questa contrazione ha fatto sorgere a livello globale il rischio concreto di un credit crunch, ossia un “calo dell’offerta di prestiti che non riflette una riduzione della domanda ovvero il peggioramento del rischio di insolvenza, bensì scelte e vincoli interni alle stesse banche”.

Gli studi effettuati da S‐W riguardanti il mercato del credito presentano una domanda di prestiti eccedente l’offerta. La domanda è soddisfatta ad un tasso di interesse inferiore a quello walrasiano; si realizza dunque equilibrio con razionamento del credito. In corrispondenza di tale tasso di interesse la banca ottiene il massimo rendimento possibile, perciò le istituzioni creditizie non avranno alcuna convenienza ad aumentare il tasso di interesse oltre tale soglia critica. S‐W dimostrano che le asimmetrie informative nel mercato del credito possono dar luogo a fenomeni di adverse selection e moral hazard con la conseguente realizzazione di equilibrio con razionamento del credito.

Obiettivo del lavoro svolto è stato quello di mostrare il verificarsi di fenomeni di razionamento del credito per le imprese italiane nel periodo successivo alle turbolenze finanziarie che hanno avuto origine negli Stati Uniti nell’estate del 2007. Al fine di raggiungere tale scopo siamo partiti dalla presentazione dei vari modelli di razionamento del credito e dall'introduzione di shock sulle variabili individuate in essi per dimostrare come il fenomeno del razionamento acquisisca rilevanza in contesti di stretta creditizia.

Nel capitolo 2 abbiamo elencato in breve le diverse cause che possono dar luogo ad amplificazioni del fenomeno di razionamento del credito, l’ambiente economico e finanziario italiano caratterizzato da piccole e medie imprese e da banche locali, l'aumento della rischiosità media dei progetti su cui investire, il crollo dei collaterali dato dalla debolezza del settore immobiliare, il crollo della spesa per consumi e investimenti, nonché il peggioramento del merito creditizio della clientela bancaria. Nel capitolo 3 sono state presentate diverse indagini statistiche, dai dati si evince l’effettivo verificarsi di restrizioni nelle condizioni di accesso al credito anche con casi

di rifiuto totale o parziale nella concessione del prestito nel periodo preso in considerazione (2007-2013). Nella fase più acuta della crisi, la contrazione del credito ha segnalato la presenza di un rilevante irrigidimento

dell’offerta da parte delle banche; rispetto agli anni immediatamente precedenti, si è all’incirca triplicata la quota di aziende cui sono stati negati nuovi finanziamenti. Abbiamo analizzato l’indagine BLS rivolta direttamente alle banche, dalle rappresentazioni grafiche riportate si può notare come la contrazione dell’offerta da parte degli intermediari finanziari sia precedente all’indebolimento della domanda delle imprese confermando la bontà del modello S-W.

Oggi è necessario ripristinare la fiducia tra i diversi operatori economici anche attraverso una migliore regolamentazione finanziaria (abbiamo già accennato precedentemente al lavoro che le diverse autorità stanno svolgendo in tale direzione con Basilea III e il suo contributo in termini di “credit rationing”).

I risultati dell’analisi sulla probabilità di razionamento evidenziano che, nel decidere la concessione dei finanziamenti, le banche hanno guardato soprattutto agli equilibri di bilancio delle imprese: la presenza di condizioni finanziarie fragili, ad esempio di un alto indebitamento o una scarsa redditività, si è associata a una probabilità di razionamento molto più elevata della media, sia prima sia durante la crisi. Coerentemente con tale evidenza, la probabilità di razionamento è risultata più elevata per le imprese che hanno domandato credito per finanziare capitale circolante o per ristrutturare il proprio debito.

I risultati relativi al razionamento sono confermati anche per l’inasprimento delle condizioni di accesso al credito durante la crisi: le imprese che hanno maggiormente subito un deterioramento delle condizioni creditizie sono quelle finanziariamente più fragili; tra le variabili che colgono le prospettive di crescita delle imprese, solo la variazione del fatturato risulta rilevante nell’agevolare

l’accesso al credito.

In un periodo di prolungata debolezza dell’economia e di scarsa redditività, la disponibilità di finanziamenti esterni può risultare cruciale per le imprese; sia per quelle con buone prospettive di crescita, che possono aver bisogno di fondi per sostenere investimenti o finanziare l’espansione dell’attività; sia per quelle in difficoltà, che ricorrono al credito per sopperire a temporanee carenze di liquidità. La selezione della

clientela operata dalle banche durante la crisi può quindi essere stata un importante fattore condizionante lo sviluppo economico dei prossimi anni, consentendo alle imprese valutate positivamente di intraprendere percorsi di crescita o di evitare il default.

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