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1.2 DEFINIZIONI, IPOTESI E ORIGINI DEL DIBATTITO SUL

1.2.2 Il razionamento di tipo II

In seguito ai numerosi fallimenti dei precedenti modelli di definire il razionamento di tipo I, è nata la necessità di una nuova definizione di razionamento di equilibrio66.

Introdotto da Keeton e sviluppato da Stiglitz e Weiss il razionamento di tipi II è così definibile:

dato un insieme di mutuatari che la banca v valuta a priori con identico rischio di insolvenza, una parte di tale insieme ottiene l'intero ammontare di credito richiesto mentre l'altra parte, (in vari modelli estratta casualmente) non ottiene alcun credito anche se sarebbe disposta a sottoscrivere gli stessi termini contrattuali o addirittura contratti con termini più onerosi67.

In un caso del genere, l'insieme dei mutuatari riceve un credito minore di quello desiderato e di quello socialmente efficiente, cosicché l'equilibrio risultante non domina mai l'ipotetico equilibrio walrasiano dal punto di vista della pareto-efficienza, ne deriva 66 Stava iniziando a delinearsi la tesi secondo la quale l’osservazione di un eccesso di domanda al tasso

di interesse di mercato non fosse necessariamente indicativa di un fallimento di quest'ultimo, come è sottolineato e spiegato più ampiamente da Barro, Rational expectations and the role of monetary

policy, (1976) e De Meza e Webb, Efficient credit rationing, (1992).

67 Si veda Stiglitz e Weiss, Credit rationing in markets with imperfect information, (1981) con questa definizione ad un eccesso di domanda corrisponde necessariamente razionamento e fallimento del mercato.

che a livello macroeconomico il razionamento di tipo II include il razionamento di tipo I ma quest'ultimo non include il primo.

- Il modello di Stiglitz-Weiss (1981)

Si basa sul concetto di informazione asimmetrica ex-ante, quale principio primo e quale determinate essenziale tanto della non omogeneità del credito considerato come un "bene", quanto dell'imperfetta discriminazione delle imprese mutuatarie68: le banche concedono il credito al mutuatario la cui probabilità individuale di insolvenza è non nulla e non è osservabile dalle banche prima della stipula del contratto. Pertanto le banche non sono in grado di discriminare perfettamente i propri potenziali mutuatari rispetto al loro diverso rischio di insolvenza, che in questi modelli diverrà esso stesso variabile delle condizioni di offerta di credito stabilite dalle banche (in particolare come in Jaffee-Russell aumenti nei tassi di interesse peseranno più su un mutuatario poco rischio che ha alte probabilità di essere solvente che su un mutuatario molto rischioso che ha alte probabilità di insolvenza)69. Diversamente dal modello di J-R, in S-W l'insolvenza non consegue direttamente da una decisione economica del mutuatario (l'impresa, quindi, non decide di essere onesta o disonesta nel momento stesso della stipula del contratto, sulla base di una valutazione del montante da restituire e della propria penale di insolvenza); infatti la fissazione dei tassi di interesse e dell'ammontare dei collaterali da parte delle banche influirà sul comportamento delle imprese che domandano credito e/o sulla qualità dei progetti che queste stesse imprese realizzano dopo aver stipulato il contratto di debito. In questo modello le asimmetrie di informazioni ex-ante implicano che i contratti fungono da imperfetti strumenti di discriminazione del tipo e dell'attività dei potenziali mutuatari mentre le asimmetrie di informazione ex-post comportano che i mutuatari non hanno alcun margine di scelta alla scadenza del finanziamento70.

Ne deriva che, le banca v non sarà in grado di evitare che mutuatari con progetti di diversa rischiosità sottoscrivano lo stesso contratto di debito standard. Ciò rappresenta 68 Si veda Stiglitz e Weiss, Credit rationing in markets with imperfect information (1981).

69 In analogia con le critiche mosse all'iniziale modello di Hodgman (1960) da Jaffee e Russell (1976). 70 Ciascuna impresa si impegna a restituire la somma ricevuta in prestito dalle banche più gli interessi,

indipendentemente all'uso che ne ha fatto, il mutuatario non può quindi sottrarsi agli impegni presi (come avveniva in J-R dove l'insolvenza poteva essere essere una soluzione migliore della solvenza).

una delle ragioni per le quali i profitti attesi(Πv)della banca non sono funzione

monotòna crescente del tasso di interesse rv(o dell'ammontare dei collaterali C ) sul

prestito concesso (Lv) ma raggiungono un massimo (o più massimi locali per un dato

livello di questo tasso o di questo ammontare). Se nel punto di massimo si verifica un eccesso positivo di domanda di credito, le banche non hanno più convenienza ad aumentare il tasso di interesse e “razionano” una parte delle imprese.

Si esaminino n imprese e z banche71. Ciascuna impresa detiene un ammontare dato di ricchezza che è utilizzabile come collaterale, ma che non può essere direttamente impiegata per finanziare i propri progetti72. Ognuno di questi progetti (1) può essere realizzato solo grazie al finanziamento bancario, (2) è di dimensione fissa ossia invariante e indivisibile e (3) richiede l'acquisto di input di uguale valore monetario73. Tali caratteristiche fanno si che a) per finanziare un dato progetto l'impresa

i (i=1, 2, ... , n) abbia una domanda di credito di ammontare fisso e uguale a quello

domandato per finanziare qualsiasi altro progetto; b) qualora la banca v offra un ammontare di credito inferiore a quello domandato, l'impresa i rinuncia a stipulare il contratto di debito e a realizzare ogni progetto74. Questa semplificazione ci consente di affermare che ogni impresa ottiene o un ammontare di credito positivo o un ammontare di credito nullo.

Il costo passivo del finanziamento è dato da75:

I.18) Rd=R(Lv) con dR dLv=0 se Lv<L + e dR dLv>0 se Lv>L + dove L+ (= L*a

v

Lv) indica l'ammontare di credito oltre il quale il tasso di sconto e il

tasso di interesse sui depositi aumentano76.

Ognuna delle z banche conosce ed ha come unica variabile casuale il ricavo atteso (il ricavo medio) di ciascun progetto, poiché dichiarato dal mutuatario all'atto della stipula 71 Quando non diversamente specificato si fanno valere le ipotesi che sono state introdotte nel capitolo

1.2 Definizioni, ipotesi e origini del dibattito sul razionamento di equilibrio 72 Es. immobili che non sono utilizzati nel processo produttivo.

73 Ovvero il finanziamento richiesto dalle imprese(Lv)è costante ed identico per ogni impresa.

74 Questa semplificazione del “tutto o niente” avrà un ruolo importante nella giustificazione del razionamento di tipo II.

75 In conformità con quanto già sostenuto nel capitolo 1.2 76 Si veda il cap. 1.2, formula I.1.b

del contratto. Pertanto considera appartenenti alla stessa classe di rischio di insolvenza progetti con uguale ricavo medio (ricavo atteso); ed ordina le classi di rischio secondo tale valore. Progetti con uguale ricavo medio E ( X ) possono, tuttavia avere diversa probabilità di insolvenza (Fig. 13).

Figura 13:

In figura sono rappresentati 3 progetti apparteneti alla classe di rischio α , e 3 progetti appartenenti alla stessa classe di rischio β . Entrambe le classi hanno lo stesso valore medio E ( X ). Tuttavia, come si può osservare la probabilità che effettivamente i progetti raggiungano il valore medio(E ( X ))è diversa. Nella classe α( ϕ1<ϕ2<ϕ3), il progetto 1 è considerato più "sicuro" in quanto sarà quello che con meno probabilità degli altri si discosterà dal valore atteso.

Ne deriva che, all'interno di ciascuna classe di rischio ogni progetto può avere rischiosità diversa ignota alla banca ma nota al mutuatario. In altri termini ogni banca sa che la rischiosità di un progetto non dipende tanto dal suo ricavo atteso (E ( X )) quanto soprattutto dalla variabilità del suo risultato (g ( X )): nonostante la banca conosca la distribuzione del rischio di insolvenza (g (ϕ))77(Fig. 15) di ogni insieme di progetti con ricavo medio identico e quindi essa sappia che la rischiosità è eterogenea in ciascuna classe di rischio; essa è costretta, per asimmetria informativa, a trattare i progetti che appartengono a tale classe (in quanto hanno ricavo atteso identico) come ex-ante identici (Fig 14).

77 Il valoreϕ rappresenta la "rischiosità" del progetto. Questo valore è legato secondo la nostra analisi ad un' unica variabile, ovvero la deviazione standard σ del progetto dal suo valore medio E ( X ) . Con

Figura 14:

Queste 2 distribuzioni di probabilità, sono legate alle precedenti in Figura 11. La banca essendo soggetta ad asimmetrie informative non è a conoscenza della rischiosità (ϕ) dei singoli progetti (1,2,3,4,5 e 6). Essa quindi non distingue l'uno dall'altro i progetti in figura 11 percependo i 3 progetti della classe α come in figura 12.1 e i 3 progetti della classeβ come in figura 12.2. Le classi α eβ contengono quindi, per la banca, progetti con lo stesso valore atteso ( E ( Xα)=E (Xβ))e con la stessa rischiosità media ϕα=ϕβ. Se la banca non avesse altre informazioni, le 2 classi sarebbero totalmente identiche ai suoi occhi.

Figura 15:

Questo grafico si lega ai 2 precedenti di Figura 11 e 12. L'ultima informazione in possesso della banca è la distribuzione del rischio di insolvenza all'interno delle singole classi. È evidente che la varianza di α è maggiore della varianza diβ da cui si deriva che ϕα>ϕβ . Le classi α eβ hanno stesso valore atteso e stessa rischiosità media ma varianza di rischiosità diversa. Ciò significa che, come presentato in Figura 11 e 12, la classe di rischio α eβ hanno la stessa rischiosità media ma la raggiungono in maniera diversa. La classe α è composta da progetti con rischiosità eterogenea (da quello poco rischioso 1 a quello molto rischioso 3), mentre la classeβ contiene progetti più omogenei tra loro.

Si faccia riferimento ad un dato sottoinsieme di progetti (1, 2, ... , s) , con uguale ricavo medio (E1=E2=...= Es), che la banca v considera come appartenenti a una stessa

progetti, appartenenti a tale classe come ex-ante identici (Fig. 14) anche se conosce la funzione di densità del loro diverso rischio di insolvenza (Fig. 15). Siano m le imprese che hanno accesso a uno o più degli s progetti in esame (m≤s). L'impresa

j ( j= 1, 2, ... , m) , può operare la scelta del proprio progetto da finanziare fra una parte

di quelli del sottoinsieme (E1=E2=...= Es), anche dopo aver stipulato il contratto di

debito (in quanto, l'impresa j , dovendo dichiarare soltanto il ricavo medio alla banca, una volta ottenuto il finanziamento può attuare ognuno dei progetti in quella data classe di rischiosità). Indicando con ϕkil rischio di insolvenza del progetto k (k = 1, 2, ... , s) ,

possiamo ordinare gli s progetti della classe esaminata in funzione della loro rischiosità che è ignota alla banca v.

I.19) (E ( X1)=E ( X2)=...=E ( Xk)=...=E ( Xs))

I.20)

0 y G( X1,ϕ1)dX1

0 y G( X2,ϕ2)dX2≤...≤

0 y G ( Xk, ϕk)dXk...

0 y G( Xs, ϕs)dXs; y≥0

Dove: Xkindica il ricavo atteso del progetto k ; mentre, g ( Xk)e G ( Xk) indicano,

rispettivamente, la funzione di densità e la funzione di distribuzione cumulata di tale ricavo.

Assumendo che tutti gli agenti (sia le imprese che le banche) del modello operino in condizione di neutralità rispetto al rischio78 possiamo intuire facilmente che, per l'impresa che analizza i modelli di una determinata classe di rischio (E1=E2=...= Es) non ci sia un modello preferibile ad un altro. Per la banca invece, nonostante anch'essa operi in condizione di neutralità rispetto al rischio, sarebbe conveniente ordinare i modelli in funzione della loro rischiosità nonostante essi abbiano lo stesso valore atteso, ma non può, dato che non conosce la rischiosità del singolo progetto ma solo quella aggregata della classe di rischio a cui appartiene.

Prendiamo come esempio 2 progetti appartenenti alla stessa classe α( E1= E2) ma con 78 Assumere l'avversione rispetto al rischio dei mutuatari porta ad un risultato ancora più robusto di razionamento del credito. Si veda Stiglitz e Weiss, Credit rationing in markets with imperfect

rischiosità diversa (ϕ1<ϕ2).

Per l'impresa neutrale al rischio i due progetti sono interscambiabili. Il primo darà in maniera più attendibile il valore atteso (E1,2), con il secondo sarà più probabile subire

perdite ma allo stesso tempo conseguire ricavi che eccedono le aspettative79. La banca, anch'essa neutrale al rischio, vuole vedersi restituire il montante Rv=Lv

j

(1+ri)≤E(1,2) essa quindi, come l'impresa, valuta negativamente la possibilità maggiore, nel 2° progetto, di dare risultati al di sotto del valore atteso (che quindi non garantirebbero il rimborso), ma, a differenza di quest'ultima non si giova dei maggiori potenziali ricavi di questo progetto, in quanto tali ricavi, eccedenti Rvsaranno ad appannaggio esclusivo

dall'impresa.

Figura 16:

Il grafico mostra 2 progetti (1,2) con stesso valore atteso ma diversa rischiosità (ϕ1<ϕ2). Un incremento del tasso di interesse e in conseguenza di ciò, del montante richiesto dalla banca (da Rva Rv

'

). Comporta un aumento della probabilità di insolvenza maggiore per il progetto meno rischioso (GRv'GRv)1>(GRv'GRv)2(essendoG( X )l'integrale di g( x), la differenza in termini di maggiori

probabilità di insolvenza del progetto 1 sul progetto 2 può essere rappresentata dall'area gialla). Per di più, il progetto meno rischioso (1) dall'aumento di Rvsubisce una riduzione maggiore del suo profitto atteso

Δ ρ1> Δ ρ2 (dato dal fatto che d ρ1

d Rv

< d ρ2

d Rv

<0 )

La banca conosce solo la densità di distribuzione della rischiosità (Fig. 15) ma non conosce quanta rischiosità è associata a ciascun progetto, percependoli come identici (Fig 13 e 14). Come già accennato ognuna delle m imprese con accesso a una parte degli s progetti della classe di rischio in esame ha un'uguale ricchezza collateralizzabile

(C ). S-W assumono che ogni contratto di debito standard fra la banca v e le m

imprese includa un ammontare dato di collaterali C< Lkv , ossia di ammontare inferiore

rispetto all'ammontare di credito concesso, in modo che la banca, su ogni prestito concesso, debba sopportare un rischio positivo di insolvenza e che abbia come unico strumento di discriminazione fra gli s progetti e/o le m imprese, considerati ex-ante identici, il tasso di interesse applicato ai prestiti (rv).

Condizione necessaria per la stipula di un contratto di debito standard (rv;C ; Lk v

)80 con accesso al progetto k è che: E ( Xk)≥Lk

v

(1+rv)≥C. Ne deriva che l'ammontare totale di

credito, domandato dalle m imprese per realizzare una parte degli s progetti indivisibili, è: I.21) B= B(rv) con B=

J =1 m Bj=

k=1 s Bk; d B d r<0.

Inoltre, dato l'andamento del costo unitario di finanziamento (Rd) sopportato dalla

banca v si ha che l'offerta totale di credito della banca v alle m imprese è: I.22) Lv=L( ̄Π) con dL d ̄Π=0 se LvL +e dL d ̄Π>0 se Lv>L +; e con Lv=

J =1 m Lvj =

k=1 s Lkv;

80 Il primo termine rappresenta il tasso di interesse sul credito concesso, il secondo termine l'ammontare dei collaterali, il terzo la dimensione del prestito .

dove ̄Πindica il ricavo medio che la banca v si aspetta di ottenere dal finanziamento totale delle m imprese, ossia degli s progetti. L'impresa j risulta insolvente ogni volta che C+ X j<Lj

v

(1+rv). Pertanto, il profitto atteso dall'impresa j è pari a:

I.23) ρj=E { max[ X j−(1+rv);−εC ]}

con: 0<ε<1 se Xj<Lvj(1+rv)<C+ X j; e ε=1 se C+ X j≤(1+rv)Lvj

d'altro lato, il profitto atteso dalla banca v sul credito all'impresa j è pari a81 :

I.24) πvj

=E {min [ Xj+C ; Lj v

(1+rv)]}−(1+Rd(Lv)).

Si noti che l'equazione I.23 mostra che l'impresa j ottiene un profitto non negativo nel caso in cui può soddisfare il contratto di debito mediante i suoi ricavi e un profitto negativo nel caso opposto. In termini formali ciò si traduce in un valore atteso, in quanto i casi di solvenza o di insolvenza si verificano con una cerca probabilità diversa da zero. Lo stesso vale per l'equazione I.24. Quest'ultima equazione mostra, infatti, che la banca v ottiene un ricavo pari al ricavo effettivo del progetto finanziato più gli eventuali collaterali nel caso di insolvenza dell'impresa j e un ricavo pari all'ammontare del prestito effettuato più gli interessi fissati per contratto nel caso opposto. Anche in tale caso, ciò si traduce formalmente in un valore atteso in quanto i casi di solvenza o di insolvenza si verificano con una certa probabilità diversa da zero.

Possiamo riscrivere il profitto atteso dell'impresa dalla I.23 come:

I.25) ρj=−

0 RvC C g ( X j)dXj+

RvC ∞ (X jRv)g ( X j)dX

in particolare all'impresa j converrà accedere al credito per valori di R e C , per cui: ρj[Rv(C ), C ]=0

Allo stesso modo possiamo riscrivere il profitto atteso della banca dalla I.24 come: 81 Si ricordi che dato il vincolo di concorrenza delle altre ( z−1) banche il profitto atteso della banca v

deve essere uguale a zero (πj v

I.26) πj v =

0 RvC (X j+C ) g ( X j)dXj+

RvCRvg ( X j)dX jLvj(1+Rd) dove Rv=Lj v (1+rv), e Lj v

è il finanziamento, costante, per ogni progetto.

Nel modello S-W, rvnon assicura l'eliminazione degli eccessi di domanda nel mercato

del credito in quanto, essendo il solo strumento in possesso della banca v per discriminare le m imprese o gli s progetti, esso è anche una delle determinanti della rischiosità del contratto di debito, vediamo perché.

È intuibile che, avendo una bassa probabilità di essere solventi e, dunque, di corrispondere gli interessi alla scadenza del contratto di debito, i mutuatari con i progetti più rischiosi fra gli s esaminati abbiano una più alta propensione ad accettare incrementi nel tasso di interesse. Così, quando il tasso di interesse fissato dalla banca v sul credito alle m imprese aumenta, vi è un aumento nella rischiosità media del sottoinsieme degli

s progetti dovuta ad un effetto di selezione avversa e di incentivo al rischio che

accrescono il grado medio di rischiosità degli m mutuatari che la banca v è chiamata a finanziare (Fig. 16).

Assumiamo che ognuna delle m imprese j ( j= 1, 2, ... , m) , abbia accesso ad un unico progetto k (k = 1, 2, ... , s) tale che m=s.

Il profitto dell'impresa j , ρj, definito dalla I.25 è una funzione convessa di Xj(Fig.

17). Tutti i progetti in una classe di rischio hanno il medesimo ricavo atteso E ( Xs), sia

per la banca che le imprese; tuttavia, considerati due (o più) progetti appartenenti alla stessa classe, è più rischioso il progetto la cui probabilità di solvenza è minore. Ne deriva che il profitto atteso ρj dalla imprese j è funzione diretta della rischiosità ϕk del

progetto k realizzato: a parità di ricavo atteso, minore è la probabilità di solvenza maggiore è la probabilità di ottenere profitti negativi o nulli; pertanto, più rischioso è un progetto maggiore è la probabilità di ottenere profitti ρj siginificativi. La convessità

delle funzioni del profitto atteso delle m imprese implica che le imprese meno rischiose del sottoinsieme m abbiano un vincolo di partecipazione che diventa stringente per livelli di tasso di interesse inferiori rispetto a quelli che rendono stringente il vincolo di precipitazione delle imprese più rischiose di questo stesso sottoinsieme (Fig. 16).

dell'impresa j in funzione di Xjè speculare all'argomentazione utilizzata per mostrare

la convessità del profitto dell'impressa j (Fig. 17).

Il ricavo atteso dalla banca v , Πjsul finanziamento dell'impresa j è funzione inversa

della rischiosità ϕk del progetto k adottato da questa stessa impresa j. In altri termini

tale ricavo atteso diminuisce se, il credito concesso all'impresa che ha in dotazione il progetto con rischio di insolvenza ϕk è sostituto dal credito concesso all'impresa che ha

in dotazione il progetto con il più alto rischio di insolvenza ϕk +1. Si ricordi però che la

banca v non è in grado di stabilire quale sia il progetto in dotazione all'impresa j. (Fig. 13-14).

Partendo da un livello iniziale del tasso di interesse uguale al profitto atteso dall'impresa con il progetto caratterizzato da ϕ1 , aumenti di rvportano alla progressiva uscita dal

mercato del credito delle m imprese; e l'ordine ti tale uscita è funzione inversa di ϕk ,

nel senso che l'impresa con progetto di rischiosità ϕk esce prima dell'impresa con

progetto di rischiosità ϕk +1. Pertanto, al crescere del tasso di interesse fissato dalla

banca v , le imprese del sottoinsieme m restano tanto più a lungo sul mercato del credito quanto più rischioso è il progetto che hanno in dotazione. D'altro canto, la concavità della funzione del ricavo atteso dalla banca v sul finanziamento dell'impresa j implica che il ricavo medio atteso dalla banca v sul finanziamento delle m imprese sia decrescente nella rischiosità di queste stesse imprese; pertanto gli aumenti di rv

esercitano un'influenza anche negativa su tale ricavo bancario medio.

Quanto detto mostra che gli aumenti di rvhanno due effetti di segno opposto sul ricavo

medio che la banca v si aspetta di ottenere dal finanziamento totale delle m imprese: a) Un ovvio effetto positivo diretto che deriva dall'aumento del prezzo del bene credito e dal conseguente incremento del ricavo unitario nel caso di solvenza del mutuatario (Fig 17.1 Δ π )

b) Un effetto negativo indiretto dovuto ai meccanismi di selezione avversa appena esaminati (Fig 17.3 −Δπ )

Figura 17:

Un aumento del montante richiesto dalla banca da Rva Rv ' ( L

j

vcostante, quindi si traduce con un aumento

di rvtasso di interesse da rva rv, ) avrà un effetto iniziale di aumentare il profitto della banca

(Fig. 15.1 punto a)Δ π ) , indirettamente però comporterà un effetto di selezione avversa che spingerà fuori dal mercato le imprese con probabilità di insolvenza più bassa (Fig. 15.2), che a sua volta renderà più rischioso il pool di imprese rimanenti nella classe di rischio, con un consequenziale abbassamento del profitto della banca (Fig. 15.3 punto b)−Δ π ) .

Sarà tanto più probabile che, ad un dato tasso di interesse (rv*)questa seconda influenza

negativa prevalga sulla prima influenza positiva quanto più:

1) è ampia la differenza fra ̄Πe il ricavo atteso della banca v sul finanziamento a quella parte delle m imprese con vincolo di partecipazione stringente (ossia con ρ(r*v)=0 ) .

2) è grande la quota delle m imprese che escono dal mercato del credito a seguito di una variazione di rv*.

Se l'impatto delle due condizione 1) e 2) è sufficientemente forte si ha che al crescere del tasso di interesse, l'effetto di selezione avversa (b) (Fig. 17.3) predomina sull'effetto di incentivo positivo (a) (Fig. 17.1).

Si tratta quindi di provare che sotto condizioni plausibili e sufficientemente generali che

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