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5.3 La domanda che indica altrove

Nel paragrafo precedente introducendo l'interpretazione heideggeriana di Schelling si è detto che la trattazione procede in maniera duplice, che i problemi

136 M. Heidegger, Schelling, cit., p. 224 137 M. Heidegger, Schelling, cit., p. 248

sono cioè affrontati alla luce di una prospettiva che li prende in considerazione mantenendosi in due punti di vista diversi: da un lato Heidegger si appropria dei problemi di Schelling e li legge alla luce del proprio pensiero, ma comunque procede lavorando su questi come proprio tema di riflessione; dall'altro il vero tema della ricerca è sempre l'essere, la cui questione non può mai essere impostata come una trattazione metafisica che ne determini le strutture, ma che va indicato come ciò che si mostra in un accadere storico di senso, e a un livello più originario come ciò che permette qualsiasi accadere di senso. In questa seconda prospettiva ciò che conta non è quello che Schelling, e in generale la tradizione, hanno detto o volevano raggiungere; quello che conta è la testimonianza di un accadere essenziale pensato come il rapporto di ciò che l'uomo è e può essere con la storia della svelatività.

Questo accadere però, in quanto è qualcosa che coinvolge l'uomo in tutto il suo essere e cioè è il fondamento di qualsiasi suo relazionarsi al mondo, tanto pratico quanto teoretico e precedentemente a questa distinzione, non si lascia raccontare come una storia che è esterna, indifferente a colui che la “narra”; esso è qualcosa che ha a che fare essenzialmente con l'attuarsi di una domanda sull'essere, la quale non si rivolge dunque semplicemente al passato perché ha scoperto la relazione tra essere e storia, ma che concepisce se stessa come l'aprirsi della storia.

Quindi nell'interpretazione di Schelling da un lato è possibile vedere come Heidegger tratti dell'uomo, del rapporto tra libertà e sistema e dell'essenza del fondamento come di tematiche fondamentali per la ricerca ontologica, la cui

determinazione è una propedeutica necessaria all'impostazione del problema dell'essere; dall'altro l'attenzione è sempre rivolta anche alla condizione stessa del filosofare, alla sua interna dinamica, e le tematiche trattate possono essere colte come appropriate, fondamentali, “degne” di essere poste in questione solo alla luce dell'importanza che rivestono per l'attuarsi del domandare filosofico. L'obiettivo della trattazione nel suo complesso è tenere unite queste due tendenze, mostrare la coappartenenza originaria dell'oggetto della filosofia con lo stato della filosofia per indicare la coappartenenza fondamentale della domanda sull'essere, del suo attuarsi come possibilità storica, con il manifestarsi dell'essere, inteso come accadere storico.

Questa impostazione, per come essa è pensata nel corso di cui si è trattato, si chiarisce particolarmente se si pensa per esempio al tema del “sistema”. Questo nell'economia dell'interpretazione heideggeriana ha in primo luogo una funzione ontologica: con esso si cerca di pensare la possibilità dell'unità della manifestazione dell'ente nel suo insieme, e a partire da esso viene introdotto il problema cruciale dell'essenza del fondamento all'interno di un domandare radicale. Contemporaneamente però il “sistema” viene concepito da una prospettiva storica: non è solo una possibile risorsa concettuale, bensì nel venire inquadrato all'interno di una storia si rivela esso stesso come principio formatore di storia. Nel collocarlo all'interno dell'orizzonte dell'epoca moderna, Heidegger non cerca di relativizzare un concetto, di mostrare come la sua possibile applicazione sia sensata solo a partire da determinate condizioni storiche: intende piuttosto interrogarsi sull'essenza dell'accadere e dell'imporsi di un'epoca

in generale, e quindi sulla dinamica essenziale del relazionarsi dell'uomo all'essere e a se stesso, in quanto è sempre dentro una totalità di senso storica che tale rapporto si stabilisce. Il “sistema” dunque, e ugualmente le altre parole- chiave della tradizione filosofica, è visto come una risorsa concettuale, da comprendere nella sua storia per appropriarsene positivamente; e allo stesso tempo, ed essenzialmente, è visto come una delle vie d'accesso per giungere all'essenza temporale dell'essere, al suo accadere.

Anche in questo caso è possibile notare la compresenza di discorso sistematico e discorso storico che si intrecciano e si influenzano a vicenda: così, se si prendono per esempio le analisi sul fondamento, si può vedere che da un lato questo viene formalizzato, la sua dinamica essenziale viene riportata ai suoi momenti strutturali, ed è in tale prospettiva che viene enunciata la tesi sull'irregolarità del fondamento dietro l'apparente stasi, sulla sua essenziale alterità che esso, fondando, nasconde; e dall'altro il discorso storico si attua propriamente come la ricerca di quell'alterità che sfugge, abbandonando le pretese del pensiero fondativo-rappresentativo per lasciar manifestare, in ciò che è tramandato e rappresenta il solo luogo possibile entro cui si sviluppa la domanda sull'essere, il tramandare che viene coperto dal tramandato.

In altre parole, seguendo la via storica Heidegger prova ad assicurarsi che la sua domanda si mantenga a un livello fondamentale, che sia sempre così radicale da poter essere pensata come un costante indicare al luogo in cui la storia accade; e questo luogo che viene indicato è il proprio mondo storico inteso come

essenzialmente dipendente da altro138, coinvolto in questa relazione con l'alterità

costantemente nascosta e dimenticata che costituisce la dinamica originaria della storia. Questo si intende, formalmente, con lo “star-dentro” nell'aperto della storia dell'essere; il domandare deve attuarsi come storia, in quanto la questione dell'essere è concepita come impegno “nell'attuazione dell'Essere, non nella mera rap-presentazione di esso”139.

In sintesi, ciò che è decisivo in questa concezione della questione dell'essere e nella conseguente impostazione della domanda, è che questa deve sapersi essenzialmente storica: da un lato deve dunque assumere se stessa come condizionata, possibile all'interno dello spazio a cui è assegnata e che non può mai dominare con un vedere “dall'alto”, il proprio mondo storico; e allo stesso tempo deve essere radicale, dunque indirizzarsi verso uno spazio originario in cui i principi epocali considerati come i nuclei di senso intorno a cui si struttura un'epoca storica possano essere interrogati quanto al loro senso e considerati al di là della loro pretesa di validità atemporale e di onnicomprensività. Essi non determinano mai la totalità dell'ente, perché in virtù dell'assoluto differire dell'essere totalità non si dà mai: per esempio, il piano di omogeneità logica che il pensiero fondativo metafisico proietta sul mondo che viene così fondato nella sua totalità su un principio ultimo, dipende a sua volta da qualcosa che non è

138 La Strummiello nota opportunamente che l'intento di Heidegger non è quello di determinare “nella sottrazione la vera natura dell'essere”, in quanto ci si troverebbe di fronte a una semplice inversione e “dire che l'essere è sottrazione non ha più senso che affermare che l'essere è presenza”; il senso di questa concezione sta piuutosto “nell'indicare un compito”, compito che è “quasi improponibile” dal momento che “ogni tentativo di nominare l'essere (…) da una parte istituisce (…) e dall'altra distrugge”, in G. Strummiello, L'altro inizio del

pensiero: i Beiträge zur Philosophie di Martin Heidegger, Levante Editori, Bari 1995

esso stesso logico140 – da quella relazione originaria dell'uomo con gli enti in

virtù dell'essere. Quest'ultima è lo spazio dell'originario, e il vero luogo della filosofia.

Nel prossimo paragrafo sarà presa in considerazione una conferenza di Heidegger su Hölderlin: a partire dalle analisi sulla peculiare modalità di fondare della poesia sarà possibile inquadrare in maniera più chiara i concetti heideggeriani di origine e fondamento, che come si è visto sono decisivi all'interno della concezione radicalmente storica della domanda sull'essere.