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3.2 L'esserci come cura

Dalle analisi intorno all'essere nel mondo, sono stati messi in luce i momenti strutturali che costituiscono l'apertura dell'esserci; essi vanno ora compresi nella loro unità, bisogna cioè determinare la totalità originaria alla quale appartengono e a cui si riferiscono.

L'esserci appare come un ente che esiste effettivamente38; è cioè un possibile da-

essere gettato in un mondo, che si determina riprendendo su di sé nel progetto il mondo a cui è assegnato. Il mondo è aperto all'esserci come un complesso di rimandi significativi, dentro i quali egli si orienta incontrandovi gli altri enti; questi si presentano come sensati, in quanto l'esserci si mantiene sempre in un orizzonte di senso preliminare. L'orizzonte di senso in cui egli è costitutivamente immerso testimonia da un lato della trascendenza originaria dell'esserci, che comprendendosi secondo possibilità d'essere è sempre oltre se stesso, e dall'altro della sua gettatezza, determinazione essenziale di un ente sempre condizionato, consegnato alla propria apertura.

Riassumendo, possiamo dunque schematizzare i caratteri essenziali dell'esserci in questo modo: l'esserci è un ente aperto alle proprie possibilità, che comprende e interpreta; questo comprendere lo costituisce essenzialmente, tanto che gli altri

38 Faktisch, nel senso specifico di Heidegger, denota il carattere storico e finito dell'esistenza dell'esserci

enti a cui si relaziona non gli si oppongono frontalmente come degli oggetti esterni a un soggetto, ma si mostrano all'interno di una relazione significativa con l'esserci, sono cioè lasciati essere a partire da una comprensione che prefigura la direzione di senso di qualsiasi rapporto all'ente. A partire da quella l'esserci si determina di volta in volta scegliendo ciò che può e non può essere: nel fondo del suo essere, egli è possibilità. Non è però possibilità assoluta, dal momento che non è stato lui stesso a inserirsi nell'apertura a partire dalla quale comprende e non può mai risalire oltre il proprio che c'è: si potrebbe dire che l'esserci è cioè consegnato a essere un da-essere, e a esserlo in un determinando mondo, con-aperto e con-articolato dagli altri esserci con cui lo condivide.

Questa descrizione dell'essere nel mondo secondo Heidegger è genuina e coglie il darsi dell'esserci solo se i fenomeni indicati vengono pensati nella loro unità. È la cura la struttura della totalità formale esistenziale delle strutture ontologiche dell'esserci: “essere-avanti-a-sé-già-in (un mondo) in quanto esser-presso (l'ente che si incontra dentro il mondo)”39. Con questa determinazione Heidegger vuole

esprimere i momenti dell'essere nel mondo: l'esserci è avanti a sé in quanto autoprogettante poter-essere; dal momento che quell'essere per il quale si progetta è sempre il suo essere, egli è costantemente oltre se stesso. Egli non si getta però avanti a sé nel senso di uno slancio che ha origine da un soggetto senza mondo; egli esiste come gettato in un mondo, è già in un mondo. È di questo mondo, il suo mondo, che l'esserci si occupa, e a partire da questo è

presso l'ente con cui si rapporta; e ancora una volta, non nel senso

dell'interessarsi di un soggetto indipendente dal luogo della sua esistenza per delle questioni che gli possono capitare o meno, ma nel senso che l'esserci è essenzialmente immedesimato nelle cose che incontra nello spazio in cui si svolge la sua vicenda.

Heidegger parla della struttura della cura come di un apriori esistenziale: essa viene prima di qualsiasi azione, qualsiasi atteggiamento o qualsiasi pensiero dell'esserci, ed è sempre contenuta in ognuno di questi. A causa della sua stessa struttura essa rimane però implicita: essendo sempre immedesimato nel mondo che lo circonda, l'esserci orienta la propria comprensione ontologica sulla base dell'essere dell'ente intramondano, che influenza anche la propria autointerpretazione. È chiaro ora, a partire dalla struttura della cura, che tale fraintendimento da parte dell'esserci nei riguardi del suo essere non può essere considerato un mero errore di valutazione, uno sbaglio inessenziale ai fini della sua esistenza: se egli esistendo è sempre avanti a sé, la sua vicenda concreta è essenzialmente condizionata dal modo in cui si comprende, poiché secondo tale comprensione vengono considerate le possibilità secondo cui l'esserci si può progettare.

L'esserci è cioè di volta in volta ciò che effettivamente può essere; ma tale poter- essere non è mai riducibile a una determinata possibilità, piuttosto esso rimanda sempre a un oltre, rimane sempre uno spazio aperto. Heidegger determinando l'esserci come cura prova a pensare tale spazio aperto; prova cioè a pensare l'esserci stesso come apertura, a partire dalla quale si svela cooriginariamente l'essere. E a partire dalla quale, allo stesso tempo, l'essere è coperto: consegnato

a un mondo di cui si occupa, l'esserci in un certo senso dà le spalle a se stesso, è dimentico del proprio essere e completamente immedesimato nel mondo circostante. Questo viene compreso all'interno dell'interpretazione impersonale del si, che come si è visto prescrive le modalità secondo cui l'esserci può esistere, in una maniera così essenziale che si può dire che l'esserci è in primo luogo vissuto dall'impersonalità; ma non potendo egli mai sottrarsi a essere le proprie possibilità, anche nel momento in cui è disperso presso le possibilità impersonali del si di fatto l'esserci si è scelto, ha determinato la direzione di senso della propria esistenza.

Queste non possono essere considerate questioni meramente pratiche, dunque irrilevanti in relazione alla ricerca ontologica: se l'analitica esistenziale pretende un livello di radicalità tale da poter pensare l'esserci come un'apertura che viene prima di qualsiasi atteggiamento pratico o teoretico, e se tale apertura è la condizione di possibilità tanto della manifestazione dell'essere quanto del suo occultamento, l'analitica stessa deve sapersi esposta alla possibilità di equivoco. Essa deve quindi garantirsi un'esperienza dell'esserci tale che il suo essere- possibile possa venire esplicitato autenticamente; c'è bisogno di una possibilità dell'esserci di fronte a cui l'interpretazione impersonale perda qualsiasi presa, e l'esserci possa essere reso trasparente a se stesso.

Nel prossimo paragrafo si tenterà di ricostruire i passaggi con cui Heidegger prepara la determinazione del senso ontologico della cura a partire dalla possibile autenticità dell'esserci.