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Dove Don Papera esplora nuovi cieli e gli anarchici collaborano al bene della repubblica

Nel documento Antonio Beltramelli. Gli uomini rossi. (pagine 166-177)

democratica.

Una ben triste primavera passo il dolce amico di Sa-lomone; una primavera piena d'incubi, affannosa, irre-quieta chè un amaro presentimento lo colse una sera e non l'abbandonò più, per trascorrer di tempo.

Il suo segreto, del quale nessuno dovea saper verbo, l'aveva svelato a Don Eucaristia, ad una sagra, durante le confidenze che seguono i lauti banchetti.

Glie l'aveva svelato così, per un senso di garrulo pet-tegolezzo, perchè nulla gli poteva rimanere suggellato nel cuore lungo tempo.

Fu solo nei giorni che seguirono ch'egli comprese tut-ta l'entità del male commesso. Don Eucaristia era un prete invidioso e maligno; inoltre, essendo di coloro che a tutti [223] i costi voglion salire, ci teneva ad ingraziarsi Monsignor Rutilante, non era quindi possibile che, a momento opportuno, non gli parlasse del segreto di Don Papera. E avrebbe il vescovo considerata l'impossibilità sua di tacere? Gli avrebbe perdonata, in considerazione

CAPITOLO XIV.

Dove Don Papera esplora nuovi cieli e gli anarchici collaborano al bene della repubblica

democratica.

Una ben triste primavera passo il dolce amico di Sa-lomone; una primavera piena d'incubi, affannosa, irre-quieta chè un amaro presentimento lo colse una sera e non l'abbandonò più, per trascorrer di tempo.

Il suo segreto, del quale nessuno dovea saper verbo, l'aveva svelato a Don Eucaristia, ad una sagra, durante le confidenze che seguono i lauti banchetti.

Glie l'aveva svelato così, per un senso di garrulo pet-tegolezzo, perchè nulla gli poteva rimanere suggellato nel cuore lungo tempo.

Fu solo nei giorni che seguirono ch'egli comprese tut-ta l'entità del male commesso. Don Eucaristia era un prete invidioso e maligno; inoltre, essendo di coloro che a tutti [223] i costi voglion salire, ci teneva ad ingraziarsi Monsignor Rutilante, non era quindi possibile che, a momento opportuno, non gli parlasse del segreto di Don Papera. E avrebbe il vescovo considerata l'impossibilità sua di tacere? Gli avrebbe perdonata, in considerazione

degli avvenimenti straordinari, l'infrazione al divieto as-soluto?

Invano cercò distrarsi, Don Papera, invitando alla sua mensa Don Carnevale, il prete mattoide e musicomane.

Anche le scurrili piacevolezze e gli organetti di Barberia del confratello non gli furono di conforto; invano scor-se, rilesscor-se, declamò il Cantico dei Cantici e cercò assa-porarne le umane dolcezze; invano guardò il lieto rifio-rire di Susanna nella stagione nuova e invano volle am-mirarla tutta rosea e bella nella veste bianca, ramezzata di papaveri rossi, della quale le aveva fatto dono. Sopra ogni cosa, innanzi a ogni suo pensiero, prima di qualsia-si dolce consuetudine quotidiana, il rincrescimento, il ti-more, il dubbio stavano quali faci inestinguibili.

I giorni trascorrevano lenti, e pareva si [224] addensas-sero muti e solenni ne l'oscurità del destino che lo guata-va con orribile ceffo da l'ignoto: ogni chiamata, ogni tin-nire di campanello gli dette un sussulto improvviso, un'aspettazione dolorosa: perchè, d'attimo in attimo, at-tendeva la pena, l'inevitabile pena che Monsignor Ruti-lante gli avrebbe inflitto a castigo.

Povera primavera! E sì ch'egli la sentiva nel sangue, in ebollizioni improvvise, quasicchè serpeggiassero pic-coli fuochi quà e là per le sue vene; quasi che la castità non avesse spento ancora l'ara sacra che l'amore riattiva nel cuore degli uomini. Ma un velame di cupa tristezza faceva sì che ogni sensazione illanguidisse svanendo.

Nè le cure assidue che gli prodigò Susanna ebbero potere di rianimarlo, di condurlo su le vie della ragione.

degli avvenimenti straordinari, l'infrazione al divieto as-soluto?

Invano cercò distrarsi, Don Papera, invitando alla sua mensa Don Carnevale, il prete mattoide e musicomane.

Anche le scurrili piacevolezze e gli organetti di Barberia del confratello non gli furono di conforto; invano scor-se, rilesscor-se, declamò il Cantico dei Cantici e cercò assa-porarne le umane dolcezze; invano guardò il lieto rifio-rire di Susanna nella stagione nuova e invano volle am-mirarla tutta rosea e bella nella veste bianca, ramezzata di papaveri rossi, della quale le aveva fatto dono. Sopra ogni cosa, innanzi a ogni suo pensiero, prima di qualsia-si dolce consuetudine quotidiana, il rincrescimento, il ti-more, il dubbio stavano quali faci inestinguibili.

I giorni trascorrevano lenti, e pareva si [224] addensas-sero muti e solenni ne l'oscurità del destino che lo guata-va con orribile ceffo da l'ignoto: ogni chiamata, ogni tin-nire di campanello gli dette un sussulto improvviso, un'aspettazione dolorosa: perchè, d'attimo in attimo, at-tendeva la pena, l'inevitabile pena che Monsignor Ruti-lante gli avrebbe inflitto a castigo.

Povera primavera! E sì ch'egli la sentiva nel sangue, in ebollizioni improvvise, quasicchè serpeggiassero pic-coli fuochi quà e là per le sue vene; quasi che la castità non avesse spento ancora l'ara sacra che l'amore riattiva nel cuore degli uomini. Ma un velame di cupa tristezza faceva sì che ogni sensazione illanguidisse svanendo.

Nè le cure assidue che gli prodigò Susanna ebbero potere di rianimarlo, di condurlo su le vie della ragione.

Andarsene voleva dire per Don Papera morire a metà, essere dimezzati, disparire quasi. Egli non era più giova-netto, aveva passato i quarant'anni, si avviava verso l'età in cui l'uomo ama farsi un suo nido per attendervi la morte. Il nido se l'era [225] fatto e così quieto! Un piccolo giardino, cinque stanze e una giovanetta bella! - Tutta la sua religione era in queste cose che Dio gli aveva con-cesso. E perchè mai glie le toglieva ora?

L'eccitazione che lo tenne, giunse, per andar di tem-po, a tal segno, che il piccolo sacerdote invocò il Signo-re Iddio di toglierlo al più pSigno-resto possibile da una situa-zione si ambigua.

Viveva così, miseramente tremando, come colui che si acquatta e chiude gli occhi e tutto si raccoglie temen-do l'imminenza di un pericolo, allorquantemen-do con fulmi-nea rapidità si sparse la voce che il Cavalier Mostardo era ritornato da un suo viaggio, conducendo seco i fug-gitivi. Tale notizia che gli comunicò una mattina Susan-na, tornando dal mercato, pose il colmo alla misura.

Rimase qualche attimo senza parola, poi prese una ri-soluzione improvvisa e gridò alzandosi di scatto dalla grande poltrona su la quale stava abbandonato:

- Susanna prepara le valigie!

[226]

- Le valigie?! - esclamò la camerista con estremo stu-pore. - Ma dove andiamo?

- Non lo so.

- E quando si parte?

- Subito.

Andarsene voleva dire per Don Papera morire a metà, essere dimezzati, disparire quasi. Egli non era più giova-netto, aveva passato i quarant'anni, si avviava verso l'età in cui l'uomo ama farsi un suo nido per attendervi la morte. Il nido se l'era [225] fatto e così quieto! Un piccolo giardino, cinque stanze e una giovanetta bella! - Tutta la sua religione era in queste cose che Dio gli aveva con-cesso. E perchè mai glie le toglieva ora?

L'eccitazione che lo tenne, giunse, per andar di tem-po, a tal segno, che il piccolo sacerdote invocò il Signo-re Iddio di toglierlo al più pSigno-resto possibile da una situa-zione si ambigua.

Viveva così, miseramente tremando, come colui che si acquatta e chiude gli occhi e tutto si raccoglie temen-do l'imminenza di un pericolo, allorquantemen-do con fulmi-nea rapidità si sparse la voce che il Cavalier Mostardo era ritornato da un suo viaggio, conducendo seco i fug-gitivi. Tale notizia che gli comunicò una mattina Susan-na, tornando dal mercato, pose il colmo alla misura.

Rimase qualche attimo senza parola, poi prese una ri-soluzione improvvisa e gridò alzandosi di scatto dalla grande poltrona su la quale stava abbandonato:

- Susanna prepara le valigie!

[226]

- Le valigie?! - esclamò la camerista con estremo stu-pore. - Ma dove andiamo?

- Non lo so.

- E quando si parte?

- Subito.

- Col treno?

- Col treno, col treno! - gridò Don Papera: - Vorresti andartene a piedi forse?

- No no. Mi sappia dire almeno quanto tempo si starà fuori perchè possa riporre la biancheria che ci può abbi-sognare.

- Prendi tutto! - gridò Don Papera.

E così fu fatto.

Quando il giorno accennò a morirsi, clandestinamen-te, cercando le vie più solitarie, Don Papera, seguito da Susanna, si avviò alla stazione. Vi giunse che il crepu-scolo era ancor alto nei cieli.

Sotto la breve tettoia erano accese le prime scialbe fiammelle dei fanali, scialbe di fronte al dilagare violet-to e rosa delle ultime luci solari.

La via ferrata si svolgeva in linea retta fino alle estre-me lontananze.

Sotto alla tettoia erano ad attendere il [227] treno, oltre Don Papera e Susanna: una vecchia signora in grama-glie, due agenti di campagna e tre soldati. Dai campi di contro giungeva qualche voce lontana. E tutti, tranne i due agenti di campagna, tacevano sporgendosi di tratto in tratto sul binario per vedere se si annunciasse, per il bianco pennacchio di fumo, la vaporiera.

Suonò vespro dalla città non lontana e Don Papera si segnò in croce chinando umilmente il capo, poi fu inva-so da grande amarezza onde con maggior desiderio in-vocò l'arrivo del treno che doveva trascinarlo in paesi remoti.

- Col treno?

- Col treno, col treno! - gridò Don Papera: - Vorresti andartene a piedi forse?

- No no. Mi sappia dire almeno quanto tempo si starà fuori perchè possa riporre la biancheria che ci può abbi-sognare.

- Prendi tutto! - gridò Don Papera.

E così fu fatto.

Quando il giorno accennò a morirsi, clandestinamen-te, cercando le vie più solitarie, Don Papera, seguito da Susanna, si avviò alla stazione. Vi giunse che il crepu-scolo era ancor alto nei cieli.

Sotto la breve tettoia erano accese le prime scialbe fiammelle dei fanali, scialbe di fronte al dilagare violet-to e rosa delle ultime luci solari.

La via ferrata si svolgeva in linea retta fino alle estre-me lontananze.

Sotto alla tettoia erano ad attendere il [227] treno, oltre Don Papera e Susanna: una vecchia signora in grama-glie, due agenti di campagna e tre soldati. Dai campi di contro giungeva qualche voce lontana. E tutti, tranne i due agenti di campagna, tacevano sporgendosi di tratto in tratto sul binario per vedere se si annunciasse, per il bianco pennacchio di fumo, la vaporiera.

Suonò vespro dalla città non lontana e Don Papera si segnò in croce chinando umilmente il capo, poi fu inva-so da grande amarezza onde con maggior desiderio in-vocò l'arrivo del treno che doveva trascinarlo in paesi remoti.

Chiese ad un facchino che passava recando una gran-de lanterna accesa:

- Scusi da qual parte arriva il diretto?

- Da questa parte - rispose il facchino volgendosi e tendendo un braccio. - Da Ancona.

- È in ritardo?

- Sì è in ritardo di trenta minuti.

- Grazie.

- Di niente.

Don Papera si immerse di nuovo nella [228] sua con-centrazione. Susanna rimase immobile con gli occhi fis-si nelle lontananze dalle quali dovevan sbucare, come da l'ignoto, gli occhi rossi del serpe che saetta infatica-bilmente attraverso la terra.

- Eccolo, eccolo! - esclamò ad un tratto la giovinetta.

Tutti si sporsero a guardare:

- Dov'è?

- Laggiù non lo vedete?

- Ma quella è la lanterna di un cantoniere! - disse un agente di campagna.

- Se arriva alle otto mi accontento - soggiunse il com-pagno.

E i tre soldati, in varii dialetti, imprecarono al Gover-no.

- Signori, indietro dalla linea! - Gridò un facchino. I pochi viaggiatori rientrarono sotto la grigia tettoia.

Da punti remoti giunsero i lamenti di due sirene, gra-vi, continui, sospirosi, in due note accordate mirabil-mente in ottava e parve si fondessero col crepuscolo Chiese ad un facchino che passava recando una gran-de lanterna accesa:

- Scusi da qual parte arriva il diretto?

- Da questa parte - rispose il facchino volgendosi e tendendo un braccio. - Da Ancona.

- È in ritardo?

- Sì è in ritardo di trenta minuti.

- Grazie.

- Di niente.

Don Papera si immerse di nuovo nella [228] sua con-centrazione. Susanna rimase immobile con gli occhi fis-si nelle lontananze dalle quali dovevan sbucare, come da l'ignoto, gli occhi rossi del serpe che saetta infatica-bilmente attraverso la terra.

- Eccolo, eccolo! - esclamò ad un tratto la giovinetta.

Tutti si sporsero a guardare:

- Dov'è?

- Laggiù non lo vedete?

- Ma quella è la lanterna di un cantoniere! - disse un agente di campagna.

- Se arriva alle otto mi accontento - soggiunse il com-pagno.

E i tre soldati, in varii dialetti, imprecarono al Gover-no.

- Signori, indietro dalla linea! - Gridò un facchino. I pochi viaggiatori rientrarono sotto la grigia tettoia.

Da punti remoti giunsero i lamenti di due sirene, gra-vi, continui, sospirosi, in due note accordate mirabil-mente in ottava e parve si fondessero col crepuscolo

quasi a compirlo nella sua dolcezza moritura. Continua-rono buon tratto, poi si spensero allontanandosi; il vento li portò alla deriva, [229] sempre vicini al crepuscolo, in un eterno inseguimento.

Squillò alta ed aspra la campana d'avviso e tutti con-cordemente si volsero a guardare.

- Viene?

- Sì. Eccolo. Là in fondo.

- Io non lo vedo.

- Non vedi quei due punti rossi?

- Si.

- Quello è il treno.

- È lontano ancora! - disse un agente di campagna. E il compagno rispose:

- Sarà a Savignano!

- Signori, indietro dal binario! - gridò un facchino.

- Ma che indietro! Avete paura si rubino i sassi?

- Io non so niente. Osservo il regolamento.

I tre soldati si caricarono dei loro zaini e delle bisac-cie.

- Hai tutto? - chiese Don Papera a Susanna.

- Si. Due borse, due fagotti, la scatola. C'è tutto.

[230]

- Dammi le valigie; quelle le porto io.

- Non importa.

- Dammele!

Susanna gliele passò. Poi con l'ansia nervosa che, nel-la prossimità di una partenza, coglie coloro non soliti ai viaggi, attesero guardando fissamente l'avanzare, il di-quasi a compirlo nella sua dolcezza moritura. Continua-rono buon tratto, poi si spensero allontanandosi; il vento li portò alla deriva, [229] sempre vicini al crepuscolo, in un eterno inseguimento.

Squillò alta ed aspra la campana d'avviso e tutti con-cordemente si volsero a guardare.

- Viene?

- Sì. Eccolo. Là in fondo.

- Io non lo vedo.

- Non vedi quei due punti rossi?

- Si.

- Quello è il treno.

- È lontano ancora! - disse un agente di campagna. E il compagno rispose:

- Sarà a Savignano!

- Signori, indietro dal binario! - gridò un facchino.

- Ma che indietro! Avete paura si rubino i sassi?

- Io non so niente. Osservo il regolamento.

I tre soldati si caricarono dei loro zaini e delle bisac-cie.

- Hai tutto? - chiese Don Papera a Susanna.

- Si. Due borse, due fagotti, la scatola. C'è tutto.

[230]

- Dammi le valigie; quelle le porto io.

- Non importa.

- Dammele!

Susanna gliele passò. Poi con l'ansia nervosa che, nel-la prossimità di una partenza, coglie coloro non soliti ai viaggi, attesero guardando fissamente l'avanzare, il

di-stinguersi sempre più chiaro dei due punti rossi; l'appa-rire del bianco pennacchio di fumo; il delinearsi della vaporiera. Giunsero dalle cantoniere più vicine i suoni dei corni che preannunciavano il passare del vigile mo-stro saettante, poi a mano mano un fragore che si distin-se distin-sempre più chiaro ed aumentò in intensità finchè un sibilo roco annunciò la prossima entrata del treno nella stazione.

- Tienti pronta - disse Don Papera a Susanna.

- Sì - rispose l'ancella.

- Sali dove salgo io e non perder tempo.

- No.

- Mi raccomando, non dimenticar nulla.

- No.

Lanciando buffi di vapore il treno passò [231] su la piat-taforma con reiterato fragore, entrò nella stazione rallen-tando la corsa; e, a un breve sibilo, fu fermo.

Pochi viaggiatori scesero lenti e assonnati. I ferrovieri si affannarono a strillare il nome della città.

Don Papera, seguito da Susanna, aveva perduto la bussola ormai, sicchè girava da un vagone a l'altro senza decidersi, senza sapere dove sarebbe salito.

- Due soli minuti di fermata! - strillò un guardiafreni;

poi, imbattutosi in Don Papera lo sollecitò:

- Presto presto.

Un altro gli disse:

- In fondo al treno c'è posto.

E via, con le valigie che gli battevano su le gambe e gli inceppavano l'andare, seguito ciecamente dalla fede-stinguersi sempre più chiaro dei due punti rossi; l'appa-rire del bianco pennacchio di fumo; il delinearsi della vaporiera. Giunsero dalle cantoniere più vicine i suoni dei corni che preannunciavano il passare del vigile mo-stro saettante, poi a mano mano un fragore che si distin-se distin-sempre più chiaro ed aumentò in intensità finchè un sibilo roco annunciò la prossima entrata del treno nella stazione.

- Tienti pronta - disse Don Papera a Susanna.

- Sì - rispose l'ancella.

- Sali dove salgo io e non perder tempo.

- No.

- Mi raccomando, non dimenticar nulla.

- No.

Lanciando buffi di vapore il treno passò [231] su la piat-taforma con reiterato fragore, entrò nella stazione rallen-tando la corsa; e, a un breve sibilo, fu fermo.

Pochi viaggiatori scesero lenti e assonnati. I ferrovieri si affannarono a strillare il nome della città.

Don Papera, seguito da Susanna, aveva perduto la bussola ormai, sicchè girava da un vagone a l'altro senza decidersi, senza sapere dove sarebbe salito.

- Due soli minuti di fermata! - strillò un guardiafreni;

poi, imbattutosi in Don Papera lo sollecitò:

- Presto presto.

Un altro gli disse:

- In fondo al treno c'è posto.

E via, con le valigie che gli battevano su le gambe e gli inceppavano l'andare, seguito ciecamente dalla

fede-le Susanna, Don Papera si affrettò verso la coda del tre-no. Non aveva fatto dieci passi che udì una voce d'avvi-so:

- Partenza!

- Pronti!

- Pronti! - risposero altre voci.

[232]

- Ma dove va lei? - gli chiese con rudezza un impie-gato.

- Voglio partire! - rispose timidamente Don Papera.

- Quale classe?

- Terza.

- Entri qui, presto, si spicci che il treno parte. - Aprì uno scompartimento di terza classe, vi fece entrare, anzi vi spinse i due malcapitati viaggiatori e richiuse con for-za. Poco dopo il treno si avviò.

Allora Don Papera pose il capo al finestrino.

Vide le file di pioppi coronanti gli orti, i giardini, le mura; vide le ultime case della città, il fiume azzurro, il ponte romano, l'immensa distesa verde della campagna;

poi, ondulando, sussultando e lacrimando si perse nelle lontananze, sotto le ali della notte.

Nella città degli uomini rossi, frattanto, e precisamen-te nel palazzo della conprecisamen-tessa Liturgico, era uno sfolgorio di lumi, un andare di suoni, un lieto frastuono di parole e di canti.

Monsignor Rutilante aveva voluto si festeggiasse [233]

così il ritorno di Manso Liturgico per non far credere ai repubblicani che tal ritorno avesse sventato, come si vo-le Susanna, Don Papera si affrettò verso la coda del tre-no. Non aveva fatto dieci passi che udì una voce d'avvi-so:

- Partenza!

- Pronti!

- Pronti! - risposero altre voci.

[232]

- Ma dove va lei? - gli chiese con rudezza un impie-gato.

- Voglio partire! - rispose timidamente Don Papera.

- Quale classe?

- Terza.

- Entri qui, presto, si spicci che il treno parte. - Aprì uno scompartimento di terza classe, vi fece entrare, anzi vi spinse i due malcapitati viaggiatori e richiuse con for-za. Poco dopo il treno si avviò.

Allora Don Papera pose il capo al finestrino.

Vide le file di pioppi coronanti gli orti, i giardini, le mura; vide le ultime case della città, il fiume azzurro, il ponte romano, l'immensa distesa verde della campagna;

poi, ondulando, sussultando e lacrimando si perse nelle lontananze, sotto le ali della notte.

Nella città degli uomini rossi, frattanto, e precisamen-te nel palazzo della conprecisamen-tessa Liturgico, era uno sfolgorio di lumi, un andare di suoni, un lieto frastuono di parole e di canti.

Monsignor Rutilante aveva voluto si festeggiasse [233]

così il ritorno di Manso Liturgico per non far credere ai

così il ritorno di Manso Liturgico per non far credere ai

Nel documento Antonio Beltramelli. Gli uomini rossi. (pagine 166-177)