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3.3 Caratteristiche delle condizioni di lavoro e partecipazione femminile in relazione ai settori specifici

3.3.1 Le donne nel settore agricolo

3.3.1.4 Donne impiegate nelle attività agricole retribuite

Oltre alle attività agricole domestiche, l’altro tipo di occupazione di cui si è già accennato è il lavoro retribuito nelle aziende agricole su larga scala, su cui è necessario soffermarsi.

Il coinvolgimento all’interno di questo tipo di attività risente molto del variare delle stagioni, le attività femminili infatti sono molto più comuni durante il periodo primaverile ed estivo. Nonostante la stagionalità di questo tipo di lavoro non è molto comune che le donne si spostino lungo il regno per cercare un’occupazione durante i vari periodi dell’anno. Non è infatti socialmente accettabile che una donna da sola si trasferisca da un posto all’altro per cercare lavoro, poiché questa se sposata resta a casa ad occuparsi della casa e della prole, è infatti il marito la prima fonte di guadagno all’interno di un nucleo familiare. Se non è sposata di solito sono i genitori ad impedirle di trasferirsi a causa della necessità di rispettare il buon costume imposto dalle convenzioni sociali e religiose che non vedono di buon occhio una donna che viaggia da sola.

Questo fenomeno dello spostamento nel territorio è invece molto più comune per le donne siriane, ma ciò accade a causa dello status di rifugiate di queste ultime che spesso vivono all’interno dei grandi campi profughi situati nelle periferie in prossimità delle grandi aziende agricole presso i governatorati di Aqaba, Zarqa, Irbid, Mafraq e Amman. Questa tendenza è inoltre accresciuta dalla condizione di instabilità e vulnerabilità in termini di diritti di proprietà, terra e lavoro. I rifugiati dipendono infatti dai proprietari terrieri privati che spesso costringono loro a trasferirsi in altri campi, formali o informali. È proprio per questo motivo inoltre che, solo in ambito agricolo, i rifugiati siriani che si spostano su tutto il territorio del regno per lavorare non devono sottostare al vincolo di sponsorship da parte di un unico kafil per ottenere il permesso di lavoro.

Per quanto riguarda invece il quantitativo di tempo in cui le donne sono impiegate in questa occupazione ammonta a circa sette ore giornaliere e ventidue giorni al mese. Ciò è valido anche per le donne che si occupano invece di attività agricole domestiche. Anche secondo lo studio del 2007 condotto presso l’Università di Mu’tah è emerso che, nei governatorati del sud del regno il 60% degli uomini e l’85% delle donne si occupino a tempo pieno dell’attività agricola. La percentuale

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dii donne probabilmente è più alta perché, come detto in precedenza, gli uomini spesso si occupano

di operazioni connesse al marketing e alla vendita. (A.M.H Al-Shadiadieh, 2007)

Questa grande dedizione in termini di monte ore è quindi indice del fatto che le donne fanno un grande affidamento su questa attività e la considerano come la principale fonte di guadagno all’interno del nucleo famigliare.

Durante la stagione le donne sono impiegate in larga parte (circa 61%) nelle coltivazioni, come ad esempio la raccolta delle olive e della frutta, in quanto la maggior parte delle richieste di questo tipo di prodotti è soddisfatta su scala locale.

Il tipo di aziende che ingaggiano le donne è inoltre diverso a seconda della stagionalità, ad esempio in inverno è più comune vedere le donne impiegate nelle coltivazioni nella Jordan Valley, mentre il lavoro nelle piantagioni di oliva è tipico delle zone del nord, durante lo stesso periodo.

In merito alle occupazioni delle donne, durante tutte e quattro le stagioni, si può dire che la principale attività è quella della raccolta di frutta e verdura. Oltre a questa se ne aggiungono altre quali il diserbo e la semina. Inoltre, alcune si occupano anche della trasformazione del raccolto nei vari sottoprodotti.

Dopo quanto detto quindi si potrebbe pensare che le donne siano coinvolte nella maggior parte delle attività agricole. Nonostante ciò il loro ruoli sono ben distinti da quelli degli uomini che sono maggiormente impiegati in tutte le attività più fisiche e pesanti come il carico dei prodotti sui mezzi di trasporto, l’imballaggio e le operazioni di aratura, ma spesso le donne sentono comunque che i loro ruoli possano essere totalmente equiparabili a quelli dei loro colleghi.

Nonostante la considerazione positiva che queste hanno del loro ruolo nel settore, è doveroso dire come spesso le condizioni di lavoro non siano ottimali. I salari molte volte sono al di sotto della soglia minima, le ore lavorative sono dipiù di quelle stabilite dal Codice del lavoro. Durante tutte e quattro le stagioni infatti le donne guadagnano in media 140JD, e la loro retribuzione si basa su delle tariffe giornaliere od orarie, soltanto una piccola percentuale ha affermato, durante lo studio dell’UN Women, di essere retribuita in base all’ampiezza del raccolto, alla propria produttività o a delle quote fisse stabilite mensilmente. Quest’ultima modalità di pagamento infatti è molto più diffusa nelle zone del nord dove probabilmente accade più di frequente che le donne siano formalmente assunte. (UN Women, 2012)

Nello studio è inoltre emerso che spesso le donne siriane erano meno tutelate sul lavoro rispetto a quelle giordane che avevano stipendi più alti e lavoravano per meno tempo. Nonostante ciò queste hanno riportato di venire retribuite in base a delle tariffe standard mensili, mentre le giordane o le egiziane spesso vengono pagate in base a quote orarie o giornaliere; l’avere uno stipendio fisso quindi non si traduce necessariamente nell’essere pagati di più, specialmente se, come nel caso delle donne siriane, il lavoro viene svolto solo per brevi periodi durante l’anno.

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Questo tipo di lavoro quindi spesso non risulta essere particolarmente attraente per le donne, a causa del fatto che nella maggior parte dei casi si lavora nel settore informale.

Le tariffe orarie e giornaliere attraverso cui queste donne vengono retribuite sono un’ulteriore riprova del fatto che una porzione molto bassa di queste sono assunte dietro regolare contratto, e ciò ha delle implicazioni molto serie per quanto riguarda la possibilità di queste giovani donne di ottenere un’assicurazione sanitaria o di avere accesso alla sicurezza sociale.

È quindi necessaria una sensibilizzazione per quanto riguarda i benefici dell’occupazione formale ed aiutarle ad organizzarsi in sindacati ed associazioni che permettano loro di far valere i propri diritti. C’è inoltre il bisogno di un maggiore supporto in termini legislativi per un maggiore controllo in merito all’applicazione effettiva del codice del lavoro all’interno di questo settore, per permettere di ottenere dei salari adeguati e delle migliori condizioni di lavoro. Nonostante ci si sia focalizzati sulle donne infatti, è doveroso dire che comunque questa necessità di miglioramento include anche le condizioni di lavoro degli uomini.

Per le donne in particolare il lavoro agricolo sembra essere ancora retto sulla base del baratto, nello studio è emerso infatti come spesso le lavoratrici assunte in modo informale ricevano dei compensi dal loro datore di lavoro tra cui vi è la possibilità di portare a casa parte del raccolto; altri tipi di supporto includono il trasporto da casa presso il luogo di lavoro e i pasti. Ciò è molto più frequente nel caso delle donne giordane, mentre le rifugiate siriane spesso ottengono l’alloggio, completo di tutte le utenze, nei pressi di luogo di lavoro in modo tale da facilitare la loro attività.

Malgrado ciò, queste donne non hanno alcuna garanzia in termini di assicurazione che possa coprire i costi in caso di incidente, quindi l’insoddisfazione è molto alta e ciò rende queste attività poco attraente. Alcune donne inoltre si sono lamentate anche del supporto concesso loro dal datore di lavoro, parlando del trasporto infatti queste hanno detto che spesso i mezzi utilizzati sono piccoli e molte di loro sono trasportate in un unico veicolo, aumentando così il rischio di incidente. (UN women, 2012)