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Motivazioni che spingono le donne a lavorare all’interno del settore

3.3 Caratteristiche delle condizioni di lavoro e partecipazione femminile in relazione ai settori specifici

3.3.1 Le donne nel settore agricolo

3.3.1.3 Motivazioni che spingono le donne a lavorare all’interno del settore

Le motivazioni che spingono le donne a lavorare in un settore mal retribuito e spesso privo di tutele come quello agricolo possono essere di vario genere.

La motivazione principale è senza dubbio la necessità economica di ottenere maggiori introiti per la famiglia e di produrre cibo che poi sarà destinato al consumo domestico, il 93% delle donne sono infatti spinte da questo tipo di fattori. (UN Women)

Anche le circostanze familiari sono tra i motivi più importanti, come l’avere tutta la famiglia impiegata in questo tipo di attività o il non avere alternative.

Solo il 3% delle donne, coinvolto in tale settore, è spinto da un reale interesse per esso. Quest’ultima è infatti una caratteristica che accomuna in particolare le donne più anziane e per alcune provenienti dalla valle Giordana (una delle regioni più ricche in termini agricoli). Quanto detto è importante

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soprattutto in termini di sviluppo sia dei criteri che della consapevolezza nella creazione di programmi atti a migliorare la capacità delle donne in questo settore. Solo coloro che hanno una conoscenza pregressa nella mansione infatti possono beneficiare più facilmente di questi programmi; come le tecnologie per migliorare la produzione, lo sfruttamento dell’acqua, rendendolo sostenibile per l’ambiente, e l’attuazione di nuove strategie di mercato. Come si è detto sopra però le donne che effettivamente possiedono delle conoscenze in merito al settore costituiscono una fetta ristretta della manodopera.

Secondo uno studio Condotto presso l’Università di Mu’hat nel 2007 sarebbe necessario attivare dei programmi di formazione per la forza lavoro agricola. In quanto è emerso che alcuni gravi problemi riscontrati dai contadini, come le malattie di animali, in particolare pollo ed api, fossero

dettati dalla loro scarsa conoscenza della materia. (A.N.H Al-Shadiadieh, 2007)

Le motivazioni differiscono inoltre in base alla nazionalità, l’agricoltura è infatti un settore in cui trova un’occupazione un’ampia fetta degli immigrati dalla Siria. Le donne siriane sono spesso spinte da delle motivazioni personali, in quanto questo è un settore che permette abbastanza velocemente di avere delle entrate, soprattutto per il fatto che queste difficilmente hanno accesso ad opportunità alternative, ciò almeno è quanto riportato da circa il 57% delle donne siriane intervistate durante lo studio.

In generale si può dire che le donne che si dedicano ad attività agricole retribuite, difficilmente hanno alti livelli di istruzione che permetterebbero loro di accedere ad altre attività: solo il 16% di queste infatti ha completato gli studi superiori o ha conseguito una laurea o un master, contro il 36% di quelle che invece si dedicano ad attività agricole domestiche. Un altro fattore che spinge sia le donne giordane che siriane a ottenere un lavoro di questo tipo è inoltre la possibilità di ottenere una casa dal datore di lavoro.

Le cause che portano le donne ad entrare in questo settore variano inoltre anche in base al tipo di attività a cui si fa riferimento, per esempio coloro che sono spinte da circostanze familiari porteranno avanti delle attività retribuite, mentre quelle che hanno già esperienza si dedicano spesso a questa attività per hobby o per contribuire all’azienda di famiglia e quindi produrre ciò che è necessario per il sostentamento.

In questo ultimo gruppo infatti il 90% coltiva il cibo per il consumo domestico, il 44% si dedica a questa attività come hobby e il 36% si occupa della vendita dei prodotti per generare un guadagno. Inoltre, il settore agricolo dà la possibilità alle donne di occuparsi sia del lavoro, quindi della produzione del cibo per il sostentamento della famiglia, sia delle responsabilità domestiche quali la cura della casa e dei figli. Quest’ultimo onere infatti, soprattutto nelle zone più povere, è in capo alla donna; a differenza degli altri settori quindi, da cui gran parte delle donne si ritira appena dopo

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il matrimonio per l’impossibilità di farsi carico delle responsabilità famigliari, in quello agricolo è più frequente che queste continuino a lavorare per più tempo.

Quindi come è stato più volte ribadito, il coinvolgimento delle donne nell’agricoltura ha un’importanza particolare soprattutto per l’economia domestica. Nonostante ciò, secondo lo studio, gli uomini continuano a percepire questa attività come importante per l’economia familiare, ma comunque sempre la fonte di reddito secondaria rispetto alla loro.

L’importanza del coinvolgimento delle donne nell’economia è però aumentata negli ultimi anni, soprattutto a causa della guerra in Siria, quando le importazioni di beni alimentari sono crollate a causa della chiusura dei confini. Secondariamente ha contribuito anche l’inflazione dei prezzi soprattutto nel mercato dei beni alimentari. È cresciuta quindi la consapevolezza nella popolazione della convenienza di basarsi sulla produzione di sussistenza. Proprio per questo infatti le donne considerano la loro attività agricola domestica come essenziale, in quanto la produzione di beni alimentari in modo autonomo minimizza considerevolmente le spese della famiglia sul lungo periodo, sebbene solo il 36% di loro (come detto in precedenza) si dedichino poi alla vendita di quanto coltivato.

Anche la partecipazione delle donne in attività agricole retribuite viene percepito come essenziale per il nucleo familiare, una spiegazione di ciò può essere correlata al numero di membri della famiglia che percepisce uno stipendio per far fronte alle spese domestiche, infatti spesso le donne in queste circostanze costituiscono l’unica fonte di reddito all’interno delle mura domestiche. Poiché il lavoro agricolo delle donne è percepito da esse stesse, e in misura minore anche dagli uomini, come fondamentale è interessante analizzare chi è che poi effettivamente controlla i proventi di tali attività, infatti ciò costituisce un marcatore importante per trarre delle considerazioni rispetto alla possibilità delle donne di poter migliorare la propria condizione in casa attraverso questo tipo di attività. (UN Women, 2012)

Dallo studio è emerso che più della metà delle donne che svolgono lavori agricoli pagati hanno un controllo sui loro introiti, in completa autonomia o comunque in collaborazione col proprio marito; ciò è invece più raro nel caso delle attività agricole domestiche ma perché, come ci riportano i dati, fatta esclusione per la Jordan Valley, sono poche le donne che decidono di vendere i propri prodotti ricavandone un introito, per la maggior parte la produzione è destinata all’autoconsumo.

Anche secondo un altro studio condotto dall’associazione AARINENA (Associazione delle istituzioni di ricerca agricola nel vicino Oriente e in nord Africa) si afferma che le donne sono coinvolte soprattutto nei compiti prettamente agricoli, mentre gli uomini sono responsabili per ciò che riguarda il marketing e le strategie di vendita.

La letteratura in merito a questo settore è scarsa, alcuni ricercatori dell’ARINEENA affermano infatti che portare avanti una ricerca in merito è difficile per vari aspetti: le donne in questi ambienti

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restano spesso escluse dalle raccolte dei dati su campo in quanto le costrizioni culturali ostacolano il libero dialogo con i ricercatori. Molte volte mancano inoltre i contatti tra i ricercatori e gli attivisti per i diritti delle donne in ambito agricolo. Quest’ultimi inoltre sono spesso rifiutati dalla comunità locali che non intendono discutere in merito a determinati argomenti considerati contrario ai dettami religiosi. In questi ambienti è presente infatti una cultura della vergogna ancora molto forte; la questione della discriminazione di genere risulta essere quindi spesso un concetto alieno alla loro concezione di vita. (ARINEENA, 2012)