• Non ci sono risultati.

Innanzitutto, è importante analizzare il ruolo del governo nel promuovere azioni che favoriscano l’integrazione di genere e permettano l’incremento della partecipazione delle donne al mercato del lavoro soprattutto nel settore privato. Nonostante alcuni sforzi compiuti, si può dire comunque che le politiche economiche dello stato siano ampiamente percepite come deboli ed insufficienti per affrontare questa questione.

Spesso infatti gli imprenditori non nascondono la loro insoddisfazione nei confronti della mancanza di politiche chiare. Secondo questi ultimi infatti gli ostacoli maggiori erano stati posti dal

42

Ministero dell’industria e del commercio; sempre di più quindi cercano appoggio negli istituti internazionali. (T. Khuri, 2012)

Ciò in realtà sembrerebbe essere un’accusa rivolta dagli imprenditori per ottenere più libertà a seguito della liberalizzazione e privatizzazione; le loro richieste infatti si basano sull’ottenimento di sgravi fiscali e minori controlli. In una situazione così delicata invece, in cui le condizioni di lavoro sono spesso precarie, sarebbe necessario aumentare i controlli da parte dei funzionari governativi per promuovere la tutela dei lavoratori.

Un altro elemento da tenere in considerazione inoltre è che esistono dei settori innestati ancora all’interno di una società patriarcale, dove si mantengono in vigore le divisioni di ruolo tradizionale. È in questi ambiti quindi che sarebbe bene portare avanti delle riforme che abbiano un approccio di sfida al paradigma sociale tradizionale di questi ambienti.

Un esempio di ciò è rappresentato dal settore turistico, uno dei campi più controversi per l’occupazione femminile, in cui non è stata posta molta importanza al cambiamento sociale. Vi è infatti una retorica sociale secondo cui sarebbe difficile integrare le donne in strutture quali alberghi, ristoranti e similari. Aggirandosi per le strade di Amman e Madaba è molto difficile entrare in un ristorante al centro della città ed incontrare una cameriera donna, o vederne una che prepara e serve il narghilè al tavolo. Queste sono infatti mansioni appannaggio unicamente degli uomini, probabilmente sempre a causa degli antichi retaggi culturali secondo cui non è consono che la donna esca da sola la sera, nemmeno per recarsi a lavoro.

È bene dire che in molti casi queste donne hanno anche condotto degli studi appositi, tenendo conto che il turismo è una delle principali fonti di introito dello stato, in un paese in cui la mancanza di risorse naturali impone al governo di puntare su altri fattori, come il patrimonio culturale. Nonostante ciò, le donne che decidono di dedicarsi a tale settore incontrano a volte l’opposizione delle loro famiglie in quanto questo ambiente, nell’immaginario comune, porterebbe portare a un distacco dai principi della religione, in quanto spesso si è convolti in pratiche haram come la vendita di alcolici. (S. Ruba)

È quindi evidente come gli sforzi del governo non siano stati sufficienti: tra questi si ricorda il finanziamento di progetti su piccola scala con lo scopo di formare le donne alla produzione di beni che poi possono essere venduti in zone di attrazione turistica. Ciò faceva infatti parte della National Tourism Strategy (2004-2010) la quale, come si vedrà più avanti, aveva lo scopo di estendere e migliorare tale settore in quanto pilastro dell’economia Giordana. Nonostante ciò però questo progetto non è riuscito a renderlo più attrattivo per le donne. Guardando le stime del Jordan Center for Social Research, che fa parte del Ministero del lavoro, vediamo come la percentuale di donne tra la forza lavoro occupata in tale settore fosse del 7.4% nel 2002 e solo del 10.3% nel 2008. (Olfa Ben Slimene, 2008)

43

Un altro fattore che spiega la presenza di questa discriminazione è il fatto che spesso gli attori governativi che si occupano di uguaglianza di genere (di cui ne è esempio la JNCW) hanno un ruolo molto limitato e scarsa autorità all’interno dei ministeri, unita alla mancanza di cooperazione con gli altri organi. Questo si riassume quindi nella ricerca, da parte di queste associazioni, di donatori e fondi per migliorare la condizione economica delle donne. Essi inoltre trasmettono qualsiasi informazione disponibile nei database del governo e vengono poste all’attenzione diverse strategie per migliorare la condizione femminile, queste però restano il più delle volte solo sulla carta. Al livello pratico infatti non si è visto alcuno sforzo tangibile né in direzione di un vero e proprio cambiamento, né per la coordinazione dell’operato dei vari ministeri per una pianificazione economica. Anche il budget che viene destinato a tali progetti è insufficiente. Ciò fa capire come la questione probabilmente non sia tra le priorità del Governo, nella misura in cui la Banca Mondiale o gli altri enti internazionali inviano le loro missioni e pongono degli obiettivi di produzione che impediscono al Governo di dare la priorità ad approvare riforme a tutela delle lavoratrici. (A. Dababneh, 2016)

Inoltre, è altamente probabile che le ragazze impiegate all’interno del settore privato abbandonino la loro posizione molto presto, si stima che queste lascino la loro occupazione in media dopo dieci o addirittura cinque anni di servizio. (R. Assaad. 2010).

Molte reclamano le pessime condizioni di lavoro nel settore manifatturiero, in cui i turni sono massacrati e la retribuzione spesso è al di sotto dei minimi salariali stabiliti dalla legislazione. Altre parlano invece della connotazione negativa che viene associata alle donne che operano nel settore turistico avulso da qualsiasi legame con la tradizione e moralità. Molte donne impiegate infatti negli hotel, ad esempio nel campo delle risorse umane, benché soddisfatte dalla tipologia di impiego e dalla remunerazione, lamentano comunque una insoddisfazione nei confronti della professione a causa del monte ore settimanale e della possibilità di essere ingaggiati in varie zone del territorio e quindi di dover trascorrere delle notti fuori casa. Ciò minerebbe la propria reputazione e aumentando quindi la difficoltà di trovare un buon marito. Per questi motivi la percentuale di donne all’interno degli hotel è scarsa, aggirandosi intorno al 15%, e comunque queste spesso occupano delle posizioni amministrative, con una scarsissima percentuale di donne che operano nelle cucine. Anche in questo caso comunque è estremamente raro che si occupino del servizio serale, è molto più facile vederle impegnate al mattino per il servizio delle colazioni o del pranzo. (O. Slimene, 2009)

Anche nelle fabbriche una grossa fetta della forza lavoro femminile (46%) è impiegata all’interno degli uffici amministrativi; percentuale che non eccede il 2% se si prende in considerazione la linea di produzione. Ciò probabilmente è un indicatore del fatto che il governo non sia per nulla implicato all’interno di tali realtà, a risultato di scelte di privatizzazioni imposte dagli istituti

44

internazionali che vanno sempre più intensificandosi facendo unicamente gli interessi degli investitori privati ed esteri senza apportare alcun tipo di giovamento all’economia giordana. Ad essere penalizzate sono quindi le parti più deboli come le donne. Gli imprenditori infatti sono riluttanti nell’ingaggiare le donne che tendono ad abbandonare il lavoro non appena si sposano e a non accettare turni notturni. Bisogna ricordare però che questo non dipende unicamente dalla concezione del ruolo della donna nella società, quanto più dalla scarsa protezione sociale e i turni massacranti; il che spinge le donne a scegliere di uscire dal mercato del lavoro.

Vari problemi sono inoltre riscontrati anche in altri settori: quello bancario è stato ad esempio testimone di un esodo di manodopera femminile; sia per il quantitativo di ore lavorate, sia per la natura stessa del lavoro, in quanto gli interessi sono vietati dalla legge islamica. Alcuni infatti offrono ai poveri parte dei loro stipendi per chiedere perdono a Dio del lavoro in banca. (A. Dababneh, 2016)

In conclusione, si può quindi dire, come è stato più volte ribadito, che le motivazioni di questa discriminazione, non affondano le loro radici unicamente nel retaggio patriarcale della società, come vogliono far credere gli istituti internazionali. Al contrario, sono spesso il risultato di programmi di privatizzazione che hanno portato ad un controllo sempre minore dello stato nell’economia. Tra gli effetti di tali accordi si riscontra una femminilizzazione del lavoro nelle occupazioni non qualificate, gli imprenditori infatti erano forti la possibilità di poter sottopagare questo tipo di manodopera sfruttando la sua debolezza e predisposizione ad accettare salari più bassi in prospettiva di un ritiro dal mercato del lavoro in concomitanza col matrimonio e la creazione di una famiglia. (A. Dababneh, 2016)

3.1.2 Altre barriere che limitano l’ingresso delle donne in questo settore

Uno dei problemi che potrebbero influire sulla scelta di entrare nel settore privato è la mancanza di una legislazione atta espressamente a condannare la violenza sessuale. Anche parlando con alcuni uomini che lavorano i posti a stretto contatto con le ragazze, o in generale con gli studenti dell’università è emerso infatti quasi un negazionismo in merito a questi episodi. Essi si nascondevano infatti semplicemente dietro al fatto che la legge islamica non ammettesse tale gesto. A tal proposito, la segretaria generale del JNCW, Salma Nims, nel 2018 ha lanciato una campagna di sedici giorni contro la violenza sule donne. L’organizzazione si sta battendo infatti affinché questo crimine sia riconosciuto all’interno del Codice penale. (Jordan Times)

Secondo alcuni studi, questo tipo di violenze sono più comuni in alcuni settori; ad esempio in quello turistico circa il 25.3% delle donne ha subito una forma di violenza fisica o verbale; tale ambiente infatti non viene considerato consono poiché è prevalentemente dominato dagli uomini. (Simaan Ruba)

45

Si dimostra quindi come sia necessario aumentare la consapevolezza delle donne, in merito ai loro diritti e completa parità rispetto ai loro colleghi; inoltre nel caso specifico della violenza, a differenza degli altri casi, è indispensabile redigere una legislazione ad hoc per riconoscerla definitivamente come un reato, senza basarsi unicamente sulle disposizioni coraniche che evidentemente non sono un buon deterrente per evitare il verificarsi di episodi di questo tipo.