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Le donne come lavoratori migranti

Nel documento Il lavoro delle donne nelle Zone Franche (pagine 39-42)

2. Il lavoro delle donne: confronto tra situazione interna ed esterna alle Zone

2.1 Cenni sulle categorie maggiormente a rischio per le donne

2.1.2 Le donne come lavoratori migranti

La partecipazione delle donne alla forza lavoro varia molto da Paese a Paese, ma in nessun luogo è stata raggiunta la parità con gli uomini. Il lavoro dignitoso resta un sogno lontano, giacché esse sono emarginate e i posti di lavoro sono scarsamente protetti e mal pagati; nonostante ottengano livelli di istruzione sempre crescenti, i mercati del lavoro le indirizzano ancora in modo sproporzionato in mansioni considerate tradizionalmente adatte alle donne, e le posizioni di livello superiore restano irraggiungibili. Questa è una delle ragioni che spinge un numero record di donne a migrare nella speranza di un lavoro e una vita migliore. Ma se la migrazione produce tali benefici per molti, per altri emergono pericoli, come ad esempio lo sfruttamento nei lavori domestici e la vulnerabilità alla violenza e alla costrizione. Le politiche e le pratiche in questo ambito hanno tardato a riconoscere questi rischi e ad adottare misure per rendere il processo migratorio sicuro per le donne. Tutti i lavoratori migranti, indipendentemente dal sesso o altri attributi personali, dovrebbero aver il diritto al trattamento non meno favorevole di quello applicato ai lavoratori nazionali, per quanto riguarda remunerazione, orari di lavoro, accordi sugli straordinari, ferie pagate, restrizioni ai lavori domestici, età minima di impiego, apprendistato e formazione, lavoro delle donne e dei giovani, attività sindacali, partecipazione e godimento dei benefici della contrattazione collettiva, sistemazione e sicurezza sociale.

A causa della disoccupazione elevata e persistente, molti Paesi hanno introdotto politiche per ridurre il numero di immigrati e si stanno confrontando con i problemi dei lavoratori migranti non regolarizzati e/o

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impiegati illegalmente. Però, le politiche di immigrazione che ignorano il genere possono provocare degli effetti sproporzionatamente negativi sulle donne immigrate ed esporle ad un maggior rischio di impiego irregolare.

Le donne migranti tendenzialmente sono impiegate in un insieme ristretto di occupazioni, tra cui lavori manuali nell’agricoltura, nelle fabbriche o nelle EPZ, i lavori legati agli stereotipi femminili, quali badanti, baby-sitter, lavoratrici domestiche e di basso status nella ristorazione, negli hotel e nelle industrie di intrattenimento. Per la natura propria dei lavori che intraprendono, le donne e le ragazze possono essere particolarmente vulnerabili in un Paese diverso dal proprio, possono anche subire sfruttamenti o abusi non solo perché non sono sotto alla protezione legale del loro Paese di origine, ma anche perché spesso svolgono lavori per i quali non è garantita la protezione sociale. La loro situazione è spesso resa più difficile a causa dell’assenza di autonomia e della forte subordinazione tipiche di questi lavori. Possono essere soggette a violenza basata sul genere e abusi sessuali, soprattutto se sono lavoratrici domestiche o prostitute. In più queste donne sono spesso giovani, povere e isolate dalle loro famiglie, che sono rimaste nei Paesi di origine; non parlano la lingua dei Paesi ospitanti, non sono consapevoli che hanno dei diritti che sono stati disattesi e, di solito, non sanno a chi rivolgersi per chiedere aiuto. Addirittura possono essere vittime di assunzioni forzate e sono impiegate nel traffico di esseri umani; nel caso di giovani donne e ragazze il rischio è di venire sfruttate per ragioni sessuali.

La maggior parte delle disposizioni dell’ILO52 riguardo ai lavoratori migranti, si applicano agli immigranti che sono stati ammessi regolarmente nel territorio di uno Stato membro. Ad esempio, la Convenzione 97, richiama gli Stati a garantire parità di trattamento senza discriminazione per quanto riguarda il sesso. La “Migrant Workers (Supplementary Provisions) Convention” (n° 143 del 1975) è stata il primo tentativo della comunità internazionale di affrontare i problemi sollevati dalla migrazione clandestina e dall’impiego illegale dei migranti. Questi strumenti prevedono, tra le altre cose di stabilire le regole generali per il rispetto dei diritti umani fondamentali, sia per i migranti regolari sia per quelli irregolari; di richiamare gli Stati membri per garantire parità di trattamento sulle condizioni di lavoro, per tutti i migranti che svolgono la stessa attività, quale che sia la particolare condizione di impiego (art. 12); di garantire un insieme di diritti derivanti dall’occupazione precedente (riguardo remunerazione, sicurezza sociale e altri benefici); di garantire il diritto di appello ai lavoratori migranti; di richiamare gli Stati membri a combattere i movimenti clandestini dei migranti per impieghi illegali, a sanzionare gli organizzatori dei traffici illeciti o clandestini e chi impiega i lavoratori illegalmente giunti nel loro Paese. Questa convenzione non prevede alcun obbligo

52 Gli strumenti dell’ILO per i lavoratori migranti non si applicano a queste categorie: lavoratori frontalieri; spostamenti a breve termine di liberi professionisti e artisti; marinai; persone che si spostano in un Paese per formazione o istruzione e lavoratori di organizzazioni o imprese che operano in un territorio che sono state ammesse temporaneamente in un determinato Paese per compiti o incarichi specifici per un periodo limitato e definito.

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specifico riguardo all’impegno verso le donne migranti, tuttavia le lavoratrici migranti irregolari, incluse le vittime dei traffici, sono protette dalla Convenzione 29 sui lavori forzati.

In Pakistan, UN Women in collaborazione con l'ILO, ha esercitato pressioni per la prima politica Home- Based Workers del Paese, per aprire l'accesso delle donne ai finanziamenti e ai mercati, e facilitare il percorso verso un lavoro e un reddito migliore; ha inoltre sollecitato un certo numero di aziende leader nel distretto di Sialkot ad ampliare le opzioni di impiego per le donne. Più di 1.000 le donne che una volta erano disoccupate hanno ora nuovi posti di lavoro e le società hanno concordato la parità di retribuzione a parità di lavoro. UN Women conduce un programma congiunto delle Nazioni Unite sulla parità di genere in Etiopia, che fornisce sostegno finanziario all’agenzia federale delle micro e piccole imprese, e la formazione su temi quali la catena del valore, sviluppo del business e incubatori di imprese green. L'agenzia, a sua volta, ha formato più di 6.000 donne in marketing e gestione aziendale e 8.000 donne hanno usufruito dei servizi di credito e risparmio per avviare e costruire imprese. UN Women ha lavorato con la Central American Bank per l'integrazione economica per sviluppare una strategia di genere che aiuterà 130 istituzioni di micro-finanziamento con servizi bancari su misura alle donne indigene e rurali. Attraverso una rete di centri di assistenza per le donne imprenditrici in Guatemala, più di 12.000 donne hanno potuto accedere ai finanziamenti, alla formazione e alle nuove tecnologie. In collaborazione con il Global Compact delle Nazioni Unite, è stato lanciato il Women Empowerment Principles: Equality Means Business. Centinaia di amministratori delegati hanno firmato una dichiarazione per la parità di genere, per promuovere lo sviluppo professionale delle donne e trattarle allo stesso modo degli uomini.

UN Women è un sostenitore attivo della migrazione sicura per le donne sia globalmente sia in molti dei Paesi più colpiti: attraverso il Global Forum on Migration and Development, di iniziativa governativa, sono state sollevate questioni riguardanti i lavoratori domestici migranti. Nei Caraibi è stata creata una rete delle organizzazioni della società civile con i governi per garantire la protezione legale e sociale. In Nepal, UN Women ha offerto un supporto a lungo termine alla migrazione sicura delle donne, anche sostenendo il Foreign Employment Act del 2007, che vieta la discriminazione basata sul genere, rimuovendo le restrizioni sulle donne che lavorano all'estero, e prevede misure che garantiscano la sicurezza e i diritti delle donne. Le agenzie di reclutamento sono ora soggette a regolamentazione, e le donne migranti ricevono informazioni sugli obblighi contrattuali del datore di lavoro e dei centri di assistenza migranti nei Paesi di destinazione. UN Women ha sostenuto un programma di reinserimento economico per le donne migranti che le aiuta a investire i soldi guadagnati all'estero in imprese sostenibili nel loro Paese. Molte di queste donne hanno organizzato centri di informazione nei villaggi, per aiutare altre donne ad evitare le frodi in materia di occupazione straniera e si diffondono anche indicazioni sulla migrazione forzata.

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Dopo aver sostenuto i diritti delle donne lavoratrici migranti nella Repubblica del Laos, che costituiscono il 70 per cento dei lavoratori migranti del Paese, il governo ha istituito una commissione dedicata alla tutela, all'occupazione e ad altre questioni. Il Ministero del lavoro e della previdenza sociale ha reso le problematiche legate alla migrazione economica delle donne parte integrante della formazione di base per i funzionari.

Nel documento Il lavoro delle donne nelle Zone Franche (pagine 39-42)