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EPZ e organizzazioni dei lavoratori

Nel documento Il lavoro delle donne nelle Zone Franche (pagine 30-34)

1. Export Processing Zone (EPZ): visione d’insieme

1.7 EPZ e organizzazioni dei lavoratori

L’EPZ di San Pedro de Macorís40, nella Repubblica Dominicana, è delimitata da cancelli, filo spinato e guardie armate; i lavoratori sono rinchiusi tutto il giorno, anche durante la mezzora di pausa pranzo, e svolgono lavoro straordinario fino a quando non producono le quote giornaliere assegnate, che sono irragionevolmente alte e non raggiungibili nelle ore ordinarie.

Nella maquiladora di Tijuana41, in Messico, lo stipendio è di circa 1$ all’ora, un compenso così basso che i lavoratori sono costretti a vivere in case costruite con scatoloni, in comunità senza acqua e sistema

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J. Holdcroft, Export processing zones - Globalisation's great deceit, 2003 41

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fognario. Vengono effettuati tre turni di notte alla settimana, di 12 ore ciascuno. Per ogni turno sono permessi 10 minuti di riposo e mezz’ora di pausa pranzo.

Quando il Governo malese ha istituito le EPZ, ha vietato la formazione di sindacati nazionali nell’industria elettronica come incentivo verso le aziende di elettronica straniere. Secondo il Trade Union Advisory Committee dell’OECD (TUAC), il 96% dei lavoratori delle EPZ è occupato dalle multinazionali, e le imprese di elettronica occupano il 65% della forza lavoro, nonostante ciò, non esiste ancora un sindacato nazionale per questo settore. Secondo il TUAC, gli stipendi minimi non sono stati aumentati per evitare la delocalizzazione degli investitori esteri.

Queste sono alcune istantanee, che sfortunatamente sono molto diffuse, delle pratiche nelle EPZ, nonostante i diversi nomi e le diverse definizioni, la maggior parte di questi luoghi ha in comune due elementi: esenzione dalle tasse e dai dazi e sfruttamento di lavoro a basso costo e disorganizzato. Le organizzazioni dei lavoratori sottolineano che, anche in assenza di barriere legislative, si devono affrontare difficoltà pratiche per avvicinarsi ai lavoratori e per accedere ai locali a causa di barriere fisiche (cancelli, inferriate, reti…).

I diversi gruppi che promuovono il concetto di EPZ, tra cui la World Federation of Free Zones (FEMOZA), la World Economic Processing Zones Association (WEPZA) e altre associazioni a livello nazionale, fanno spesso riferimento alla possibilità di evitare procedure burocratiche e procedimenti amministrativi, senza però specificare che queste modalità includono le leggi sul lavoro, che proteggono i lavoratori e che garantiscono i loro diritti. L’impatto sugli stipendi e sulle condizioni dei lavoratori non è considerato un costo dell’investimento nelle EPZ: i promotori delle Zone puntano sulla “Profittabilità per tutte le parti: investitori, economia e Paese”, senza contemplare che vengono messi in gioco gli interessi dei lavoratori. Le conseguenze negative delle EPZ sui loro diritti, sugli stipendi e sulle loro condizioni sono enormi.

La maggior parte dei lavoratori, infatti, non aderisce ad organizzazioni ed è costretta a lavorare in condizioni misere e con bassi salari, con scarsa o nulla possibilità di accedere ai sindacati. La sfida per i movimenti sindacali è dunque quella di trovare un modo per regolare il lavoro all’interno delle EPZ, data la loro assenza “forzata” in queste aree, stabilita da leggi deliberatamente promulgate dalle autorità governative, oppure dalla mancata applicazione delle norme vigenti. Analogamente, un report dell’UN dichiara: “E’ principalmente nelle EPZ che i diritti dei lavoratori di associarsi ad un sindacato per la contrattazione collettiva oppure per il diritto allo sciopero sono largamente ridotti dai Governi, ritenendo le unioni dei lavoratori un ostacolo agli IDE”. Istituire ed organizzare unioni nelle EPZ richiede ingegno e flessibilità per superare gli ostacoli non trascurabili frapposti dalle nazioni e dai datori di lavoro che preferiscono tenere i sindacati fuori delle Zone. Le EPZ sono una delle più difficili sfide organizzative affrontate dai sindacati: sono necessarie molta tenacia e una certa dose di creatività per raggiungere

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questo gruppo di lavoratori sfruttati. Le multinazionali potranno usufruire di bassi standard di lavoro e bassi salari per aumentare i loro profitti nella misura in cui sarà loro concesso di farlo. Urgono provvedimenti per elevare gli standard di lavoro e impedire alle società di mettere i lavoratori di un Paese contro quelli di un altro, in competizione per rinunciare maggiormente a diritti inviolabili.

Eppure, l'ILO ha dichiarato che le aziende sono perfettamente in grado di adattarsi alle condizioni locali dei Paesi dove sono presenti i sindacati e in cui si svolge la contrattazione collettiva: non si è verificata una perdita di investimenti e i profili degli investitori sono gli stessi rispetto ai Paesi in cui mancano le unioni dei lavoratori. Al contrario, la conclusione della riunione tripartita del 1998, ha evidenziato l’importanza del rispetto dei principi e dei diritti nel luogo di lavoro, ed inoltre quanto l’applicazione dei labour standard nazionali e internazionali possa rappresentare il fattore principale nell’attrarre investimenti che promuovano una crescita di lungo periodo e di alta qualità. Le restrizioni legali sui diritti sindacali, la mancanza dell’enforcement della legislazione sul lavoro e l’assenza delle organizzazioni dei lavoratori si rivelano tra i fattori che minano l’abilità delle Zone di migliorare le abilità, le condizioni di lavoro e la produttività, e, di conseguenza, la possibilità di diventare piattaforme più dinamiche e competitive internazionalmente. Un insieme di risorse dell’ILO sottolinea questi aspetti relativi ai principi ed ai diritti sul lavoro nelle EPZ, attraverso procedure di supervisione, tramite una varietà di Convenzioni.

Il Committee of Experts on the Application of Conventions and Recommendations (CEACR) ha preso in considerazione il potenziale occupazionale delle EPZ e ha incoraggiato i Governi a sviluppare la loro strategia per promuoverle, in accordo con le organizzazioni dei lavoratori e dei datori di lavoro per assicurare la massima espressione del decent work. Tuttavia gli organi supervisori, fin dal 1998, hanno notato come, riguardo alla libertà di associazione nelle EPZ, ci sia discrepanza tra la legislazione e la pratica: in particolare il diritto di aderire o creare organizzazioni in Bangladesh, Repubblica Dominicana, Namibia, Nigeria, Pakistan, Togo; il diritto allo sciopero a Panama e in Turchia; il diritto alla contrattazione collettiva in Bangladesh, Repubblica Domenicana, Panama e Turchia. In Bangladesh un “incentivo” non-fiscale pubblicizzato dalle EPZ è il seguente “nessun sindacato, nessuno sciopero”; infatti, le Zone ricadono sotto una legislazione speciale che non tutela i diritti di base e ai lavoratori viene impedito di organizzarsi in unioni e contrattare collettivamente42. Il CEACR ha rivolto delle richieste dirette sulla possibilità dei sindacalisti di entrare nelle Zone per quanto riguarda lo Sri Lanka, e sulle procedure d’insediamento in Guatemala.

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Internationally recognised Core Labour Standards in Bangladesh, INTERNATIONAL TRADE UNION CONFEDERATION (ITUC), 2012

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Dal 1988 il Committee on the Application of Standards and Recommendations ha monitorato la situazione sul diritto di organizzarsi nelle EPZ in Bangladesh e Pakistan e riguardo alla libera contrattazione collettiva in Turchia; in merito alla negazione del diritto di organizzazione per i lavoratori in Camerun e Guatemala e alla questione della libera contrattazione collettiva nelle EPZ in Costa Rica e Panama. Sono state esaminate anche le pratiche effettuate in Bangladesh nelle EPZ manifatturiere, che comprendono straordinari forzati e prolungati ed insolvenze nei pagamenti dei salari (con licenziamenti quando qualcuno chiede di ottenerli) in relazione al lavoro forzato.

Dal 1998 il Committee on Freedom of Association dell’ILO (CFA) ha esaminato molti casi riguardo alle EPZ a El Salvador, Honduras e Filippine. Il CFA ha emanato delle raccomandazioni su: negazione del diritto di associazione (Filippine, caso n° 1826), che comprende il diritto di creare e prendere parte alle organizzazioni liberamente scelte sommato al mancato riconoscimento delle organizzazioni dei lavoratori (Honduras, caso n° 2100); interferenza nell’elezione dei sindacalisti con atti di violenza (Filippine, caso n° 1826) e negazione del diritto di contrattazione collettiva (El Salvador, caso n° 1824).

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2. Il lavoro delle donne: confronto tra situazione interna ed esterna

Nel documento Il lavoro delle donne nelle Zone Franche (pagine 30-34)