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Dopo la formazione: permanenza nel lavoro e nuova occupazione 

Nel documento Rapporto annuale efficienza energetica 2012 (pagine 123-125)

connessione Il secondo piano incentivante Programma 275 è stato varato nel Maggio 2013, finanziato attraverso la 

6.  Comunicazione, informazione e formazione 

6.2    Implicazioni formative e professionali del modello energetico sostenibile

6.2.2   Dopo la formazione: permanenza nel lavoro e nuova occupazione 

I  risultati  di  una  recente  ricerca  dell’ISFOL‐Sviluppo  sostenibile152  offrono  elementi  favorevoli  di  valutazione  del  rapporto  tra  la  formazione  e  l’inserimento  lavorativo.  I  dati  rilevati  confermano  che  la  formazione  a  supporto  della  transizione ad un modello energetico di produzione e consumo ecosostenibile crea occupazione di buona qualità ed  inclusiva, nonostante la presenza di una grave crisi economica di carattere strutturale e di un contesto caratterizzato  da forti ritardi nell’adozione di specifici atti di indirizzo come quello italiano.   L’inserimento lavorativo presenta caratteristiche positive sia nell’entrata nel mercato del lavoro dei profili ambientali  di livello qualificato sia rispetto alla formazione destinata alla forza lavoro attiva. I livelli occupazionali a seguito della  formazione aumentano del 23% circa e a un anno dalla fine del corso frequentato l’88% dei partecipanti è occupato  (Figura  6.9).  Tale  aumento  è  determinato  dalle  opportunità  di  inserimento  incontrate  tra  coloro  che  erano  in  formazione o in stato di disoccupazione o cercavano un primo lavoro: il 77% dei non occupati al momento della scelta  formativa raggiunge l’obiettivo di entrare nel mercato del lavoro o di trovare un nuovo lavoro.   Figura 6.9 – Esiti occupazionali indagine ISFOL sulla formazione ambientale (%)    Fonte: ISFOL         152  La ricerca si inserisce in una pluriennale attività di studio, sostenuta da un comune impianto metodologico, volta ad analizzare il  processo di transizione dalla formazione ambientale al lavoro, in riferimento a diversi segmenti formativi (lauree triennali, master,  IFTS,  qualifiche,  diplomi  universitari  e  lauree  del  vecchio  ordinamento  pre‐riforma),  rendendo  disponibili  dati  e  informazioni  che  hanno  consentito  di  verificare  nell’ultimo  decennio  la  capacità  della  formazione  ambientale  di  confrontarsi  con  la  domanda  di  lavoro e di rispondere ai fabbisogni non solo espressi ed emergenti, ma anche potenziali di professionalità ambientali. Si veda ISFOL  ‐  Emanuela  Mencarelli  (a  cura  di),  La  formazione  per  la  sostenibilità  energetica:  permanenza  nel  lavoro  e  nuova  occupazione,  in  corso  di  pubblicazione;  ISFOL  ‐  Rita  Ammassari  e  Maria  Teresa  Palleschi  (a  cura  di),  Lauree  ambientali  triennali.  Inserimento  lavorativo e prosecuzione degli studi, 2012; ISFOL ‐ Rita Ammassari e Maria Teresa Palleschi (a cura di), I master ambientali. Qualità  dei percorsi e spendibilità nel mercato del lavoro, 2007.  0% 10% 20% 30% 40% 50% 60% 70% 80% 90% 100% Formazione energia ‐ 2012 Lauree triennali ‐ 2010 (a tre anni) Lauree triennali ‐ 2010 (a un anno) Master ‐ 2006 IFTS ‐ 2000 Diplomi Universitari ‐ 1999 Formazione Regionale ‐ 1998 Lauree ‐ 1998 Occupati Occupati Ambientali

 

Anche per chi era in cassa integrazione o in mobilità e tra coloro che hanno perso il lavoro durante il corso c’è stata la  possibilità di un rapido reinserimento. La maggioranza degli occupati (60%) mantiene la stessa attività lavorativa, altri  si ricollocano cambiando più di un lavoro. La diversità dell’offerta di formazione realizzata, considerando che una larga  parte  del  campione  era  già  occupata  al  momento  della  scelta  formativa,  concorre  utilmente  a  rafforzare  i  percorsi  professionali  fornendo  risposte  differenziate  alla  domanda  emergente  di  competenze  e  i  vantaggi  acquisiti  per  gli  occupati si fanno più evidenti quando l’investimento formativo è di carattere più strutturato.  

Osservando  la  collocazione  lavorativa,  l’attività  svolta  non  è  mai  dequalificata  e  l’inquadramento  professionale  raggiunto  è  coerente  con  il  livello  di  formazione  conseguito,  soprattutto  quando  le  competenze  strutturate  nei  percorsi  formativi  sono  di  livello  intermedio  o  specialistico.  Nel  campione  esaminato  la  modalità  prevalente  è  rappresentata  dal  lavoro  autonomo  (52%),  prestato  soprattutto  in  realtà  lavorative  di  piccole  dimensioni.  L’occupazione in questo caso è decisamente concentrata in ruoli di responsabilità a carattere specialistico (professioni  intellettuali, scientifiche e di elevata specializzazione: 70%). Posizioni queste, il cui peso era già evidente al momento  della scelta formativa, che si rafforzano con l’ingresso dei ‘nuovi’ occupati e che sono adeguate al livello di formazione  conseguito.  Al  lavoro  autonomo  si  affianca  il  lavoro  dipendente  regolare  (38%),  in  grande  parte  a  tempo  indeterminato, svolto nel settore privato (65%) soprattutto in contesti organizzativi di medie e grandi dimensioni. Il  lavoro temporaneo (16%) è decisamente meno diffuso rispetto a quanto osservato nelle altre indagini sugli esiti della  formazione ambientale (lauree triennali: 36,6%; master: 44%).  

Sono in molti coloro che hanno raggiunto l’obiettivo di tenere insieme il percorso di studio, le aspirazioni professionali  e  il  lavoro  svolto:  l’obiettivo  di  avere  un  lavoro  coerente  con  il  percorso  formativo  scelto  è  raggiunto  dal  62%  degli  occupati;  di  questi  il  45%  svolge  un  lavoro  attinente  con  i  temi  dell’attività  formativa  da  poco  conclusa.  In  controtendenza con i valori nazionali sull’occupazione giovanile, le prospettive di poter lavorare in campo ambientale  sono molto aperte per i giovani, in particolare per quelli al di sotto dei 30 anni, rispetto ai quali è anche facilitata la  possibilità  di  trovare  in  tempi  ristretti  un  lavoro  in  ambito  energetico  (52%),  e  per  le  donne.  A  livello  territoriale,  il  tradizionale  divario  tra  Nord  e  Sud  si  fa  meno  evidente  nell’occupazione  e  nel  Mezzogiorno  la  disoccupazione  si  dimezza.  Le  difficoltà  inerenti  i  passaggi  intergenerazionali  sembrano  modificarsi  a  vantaggio  dei  giovani  che  incontrano minore difficoltà di inserimento dopo la formazione (fino a 30 anni: 79%; tra i 30 e i 40 anni: 89%).  

I dati sono incoraggianti anche per le donne, soprattutto se analizzati nella prospettiva di un futuro investimento volto  a rafforzare le politiche di genere nella formazione e qualificazione delle professionalità ambientali. In presenza di una  elevata specializzazione, la forza lavoro femminile viene valorizzata come risorsa nell’entrata o nella permanenza nel  lavoro.  Pur  non  essendo  ancora  sufficientemente  elevata  la  partecipazione  delle  donne  alla  formazione  in  questo  ambito e nei contesti lavorativi, le tendenze riscontrate sono estremamente indicative. Le donne in formazione sono  soprattutto giovani, hanno mediamente titoli di studio più elevati, investono in corsi più strutturati e incontrano pari  opportunità di inserimento entrando nel mercato del lavoro. Sebbene ancora penalizzate nella stabilità contrattuale e  nella retribuzione, sono attive nell’intraprendere un lavoro autonomo e la loro presenza professionale è più qualificata  di quella maschile. In sensibile aumento sono, infatti, le donne che si inseriscono in professionalità con alti livelli di  specializzazione e responsabilità o nelle professioni intermedie di tipo tecnico, ancora standardizzate dal punto di vista  del genere. Tale tendenza fa supporre che le opportunità si accresceranno se costruite nell’ottica della valorizzazione  delle  differenze,  incrementando  la  partecipazione  femminile  nel  settore  energetico dove  tradizionalmente  le donne  hanno iniziato da poco a essere presenti.  

Alla  formazione  è  riconosciuto  un  ruolo  importante  nell’accrescimento  delle  capacità  professionali,  anche  quando  i  miglioramenti non sono direttamente percepibili in professionalità già solidamente orientate. Va precisato che spesso  la breve durata, elemento che caratterizza la maggioranza della formazione in questo ambito, ostacola cambiamenti  evidenti.  I  miglioramenti  conseguiti  coinvolgono  gli  aspetti  più  qualitativi  del  lavoro  e  intervengono  sulla  posizione  professionale (30%) e sulle mansioni lavorative (26%). Un ristretto numero di intervistati ha migliorato la condizione e  la retribuzione, aspetti che risultano più difficilmente modificabili. I benefici dell’attività formativa sono individuati tra  chi  ha  seguito  percorsi  formativi  più  strutturati  (formazione  continua  lunga  e  corsi  post‐laurea)  e  tra  i  giovani,  che  hanno percepito un effetto positivo nel rapporto con la professionalità e in seconda battuta nelle mansioni lavorative.   Alla  formazione  sulle  eco‐energie  si  arriva  con  un  livello  di  istruzione  mediamente  alto  (il  72%  del  campione  è  laureato) e sono soprattutto i più giovani a esserne attratti (il 45% del campione ha tra i 30 e i 40 anni e il 23% meno di 

   

30  anni).  La  partecipazione  alla  formazione  da  parte  dei  lavoratori  è  elevata  (72%)  e  molti  hanno  già  un  impegno  lavorativo  sull’energia  o  sull’ambiente  (58%).  In  diversi  casi  il  corso  frequentato  è  preceduto  da  altre  esperienze  formative sulle tematiche ambientali, spesso già strutturate sui temi specifici dell’ultimo step formativo.  

La necessità di continuare a implementare il bagaglio della formazione professionale acquisito per operare in questo  campo, dotandosi delle competenze specialistiche richieste, determina per molti una continuità dell’investimento: una  volta  concluso  il  corso,  quasi  la  metà  degli  intervistati  ha  svolto  altre  attività  di  formazione  e  per  molti  di  loro  è  confermato l’interesse per l’energia.  

Dalla ricerca emergono chiaramente le potenzialità che le politiche energetiche a favore della sostenibilità ambientale,  e l’economia ad esse connessa, possono offrire per l’occupazione e la sua qualità. In una fase ancora di transizione, la  formazione  destinata  alle  tematiche  energetiche  rafforza  in  modo  consistente  la  presenza  attiva  nel  lavoro,  facilita  l’inserimento lavorativo di chi è al primo ingresso e supporta efficacemente la ricollocazione di coloro che perdendo il  lavoro scelgono di rientrare nella formazione per riqualificarsi.  

Nel loro insieme, le tendenze rilevate confermano che le opportunità offerte sono rilevanti e che in una prospettiva  futura,  in  presenza  di  un  auspicabile  rafforzamento  delle  azioni  politiche  ed  economiche,  ne  potranno  beneficiare  anche i segmenti oggi svantaggiati nella partecipazione attiva al lavoro, quali i giovani, i disoccupati, i lavoratori nei  settori  in  crisi  e  le  donne.  In  particolare,  per  quanto  riguarda  le  donne  i  dati  rilevati  consentono  di  ipotizzare  per  il  prossimo futuro il superamento dei rischi di esclusione nei settori della produzione e dei servizi riguardanti il campo  energetico.  I  nuovi  lavori  verdi  prevedono,  infatti,  la  crescente  richiesta  di  competenze  multidisciplinari  e  multifunzionali e di capacità relazionali e organizzative che sono congeniali alla componente femminile.  

Facendo  un  primo  bilancio  degli  obiettivi  raggiunti,  i  sistemi  formativi  hanno  senza  ombra  di  dubbio  prodotto  un  investimento consistente e articolato che risponde a molte delle diverse esigenze espresse. L’errore più importante da  evitare, di fronte alla gravità della crisi ambientale e all’esigenza di porvi rimedio ridisegnando le politiche energetiche,  è quello di cadere in un superficiale green energy washing di profili e competenze.  

È  infatti  necessaria  una  profonda  revisione  degli  approcci  e  delle  pratiche  che  finora  hanno  caratterizzato  la  formazione per la sostenibilità energetica, indirizzando le attività in risposta alle nuove esigenze che si profilano per  l’immediato futuro e negli scenari tracciati a lungo termine.  

Nel documento Rapporto annuale efficienza energetica 2012 (pagine 123-125)