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Dal dopoguerra agli anni ‘

SULL’ITALIA

RESIDUALE E POCO

3. L’ EVOLUIONE DEL WELFARE STATE: FOCUS SULLA SCOZIA

3.2 Dal dopoguerra agli anni ‘

L’obiettivo primario del nuovo governo britannico successivamente alla fine della II Guerra Mondiale fu la ricostruzione del paese; a ciò si aggiunse l’emergenza della riconversione delle industrie60 e il rifornimento dei beni di prima necessità. Il governo laburista da una parte attuò programmi volti alla protezione sociale e dall’altra cercò di nazionalizzare interi settori industriali. Ciò venne promosso seguendo le teorie keynesiane che prevedevano un intervento sulla spesa pubblica per garantire, o comunque favorire, la piena occupazione.

Va qui evidenziato che sebbene l’impianto del welfare state in Gran Bretagna avesse dei punti in comune con il Rapporto Beveridge, molti, invece, furono ben distanti da quanto auspicato nello stesso e già nella metà del 1900 si comprese che il welfare inglese era diventato più selettivo e articolato rispetto a quello che si era preventivato (semplicità e universalismo): se per Beveridge assicurare una casa in cui vivere, un lavoro qualsiasi dal quale trarre un reddito e cure sanitarie era il minimo sindacale, gli Stati europei, Gran Bretagna compresa, dalla metà del 1900 si mossero verso un’altra direzione. Grazie allo sviluppo economico successivo alla Seconda Guerra Mondiale, che moltiplicò le risorse alle quali si poteva accedere, venne sviluppato un sistema di welfare che poneva in primis il miglioramento generale delle condizioni di vita dei cittadini tramite la capacità redistributiva dello Stato: tutti dovevano esser messi nella condizione di poter migliorare il proprio status.

Ciò però non inficia il fatto che, nel complesso, queste politiche furono la base su cui si costruì il welfare state che sarebbe in seguito diventato un faro per gli altri stati europei che volevano garantire protezioni minime ai loro cittadini.

Il biennio Cinquanta-Settanta per i paesi dell’Europa Continentale furono anni di grande crescita economica e fermento per quanto riguarda il riconoscimento dei

60 Processo che consentì alle imprese di reinserirsi in settori di produzione a domanda più elevata rispetto a

quello in cui operavano con lo scopo di produrre in funzione delle nuove esigenze del mercato. Nel caso di specifico il governo tentò di ricollocare le imprese che in tempo di guerra si erano trasformate in industrie per foraggiare la produzione di armi.

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diritti di cittadinanza. Nel dopoguerra, nella maggior parte dei paesi occidentali, si instaurò la cosiddetta “economia mista”, un sistema economico che combinava più sistemi economici. Nel caso specifico, la maggior influenza dello Stato in ambito economico a sostegno della produzione e dell’occupazione (e impiegando in modo opportuno la spesa pubblica) venne combinata con elementi di stampo capitalistico.

Va sottolineato che però la crescita economica media della Gran Bretagna in termini di PIL risulta essere a metà rispetto a quella registrata negli altri paesi dell’Europa occidentale (anche se il motivo è probabilmente riconducibile al fatto che la situazione in Gran Bretagna non era così disastrata come in altri stati come ad esempio Italia e Germania); inoltre era afflitta da problemi di deficit e dall’apparato industriale che sottostava a politiche azzardare da parte dei giovani che alternavano incentivi agli investimenti e all’occupazione a politiche deflazionistiche per difendere la moneta (che fu investita da un attacco speculativo tra il 1960 e il 1961).

Tabella 3.1 Crescita media del PIL tra il 1870 e il 1979.

1870-1913 1913-1950 1950-1959 1960-1969 1970-1979 Gran Bretagna 2.2% 1,7% 2,7% 2,8% 1,8% Italia 1,4% 1,3% 5,8% 5,7% 3,2% Francia 1,6% 0,7% 4,6% 5,8% 3,7% Germania 2,9% 1,2% 7,8% 4,8% 2,8% Paesi Bassi 2,2% 2,1% 4,7% 5,1% 2,9% Stati Uniti 4,3% 2,9% 3,2% 4,3% 3% Giappone 2,4% 1,8% 9,5% 10,5% 4,9%

Fonte: H. Van Der Wee, L’economia mondiale tra crisi e benessere (1945-1985), p. 42

Tuttavia, per quanto riguarda il welfare state, possiamo affermare che questo fu un periodo di benessere generale.

Il governo che si insediò successivamente a quello laburista di C. Attlee fu quello conservatore di W. Churchill che non apportò modifiche alle politiche di welfare fatte dal suo predecessore ma, anzi, cercò, partendo da quella base, di ampliarlo. Grazie alla crescita economica, infatti, il governo conservatore alternò politiche di stampo universalistico ad un intervento basato sul means test cercando di aumentare le coperture assicurative minime, integrando l’intervento statale con forme private o su base volontaria.

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Possiamo definire il welfare del periodo 1950-1964 come un welfare di stampo universalistico di tipo redistributivo con alcune forme di deviazione verso l’area privatistica, soprattutto per quanto riguarda il settore pensionistico. Ciò che si nota è il mancato risanamento delle disuguaglianze di fondo e ciò che emerse dal fervente dibattito politico sostenuto in quegli anni fu la tendenza a concentrare gli sforzi di risanamento non tanto verso la povertà assoluta (ormai residuale in Gran Bretagna secondo Crosland), ma verso la povertà secondaria (detta anche relativa)61; inoltre divenne necessario combattere le disparità sociali e la scadenza dei servizi erogati alla cittadinanza.

Nel 1964 ci fu la prima crisi della sterlina che si ripresentò nel 1966 e alla quale in governo rispose varando il pacchetto austerità: controllo dei prezzi e dei redditi, tagli nella pubblica amministrazione e nel welfare e aumento della tassazione Secondo Marshall sebbene l’universalità dell’accesso alle prestazioni fosse un punto di forza del welfare state alla fine della guerra, al contempo egli affermava che questo fosse anche il suo punto debole: il compito del welfare state era sì quello di garantire un livello che potesse soddisfare i bisogni minimi della cittadinanza ma il vero problema era dato dall’individuazione di questi livelli minimi: quale era il confine minimo? La domanda (e di conseguenza la risposta) erano fondamentali, secondo Marshall, per la stessa sopravvivenza del welfare. La definizione del livello minimo di prestazioni, infatti, non è così semplice: essa dipende per la maggior parte dalle aspettative di benessere che hanno i cittadini che le esigono. Come abbiamo visto, infatti, dalla II guerra mondiale, il livello di benessere è aumentato e con esso sono aumentate anche le aspettative dei cittadini nei confronti dello stato: “l’obiettivo si sposta costantemente in avanti e lo stato può non riuscire mai a trovarsi del tutto in grado di raggiungerlo” [T.H Marshall, 1950]62.

Ci furono però altri fattori, sia esterni, come la crisi del fordismo o l’internazionalizzazione dei mercati, che interni alla struttura del welfare state di cui si era sottovalutata l’importanza e che hanno inciso pesantemente sulla gestione, da parte dello stato, del welfare.

61 La povertà assoluta è la povertà legata alle necessità fisiologiche di base (bisogni primari, il minimo vitale,

fabbisogno nutrizionale minimo..); quando parliamo di povertà relativa intendiamo, appunto una sogli di povertà relativa agli standard di vita prevalenti all’interno di una data comunità

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Analizziamo ora più dettagliatamente le problematiche che hanno portato alla caduta del welfare state negli anni ’70.