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Drammatizzazione e analisi dell’espressione delle emozioni Venerdì 15 aprile 2016

Nel documento La fiaba nel laboratorio di italiano L2 (pagine 73-76)

4. Messa in atto del percorso di Ricerca-Azione 1 Premesse alla programmazione: la scelta dei testi

4.2 Strutturazione didattica: coniugare il metodo-esperienziale con il racconto della fiaba

4.5.6 Drammatizzazione e analisi dell’espressione delle emozioni Venerdì 15 aprile 2016

Oggi è il giorno della drammatizzazione: metteremo in scena la storia di Filippo usando le marionette di cartapesta che noi stessi abbiamo realizzato durante le lezioni precedenti.

Su idea di Elisabetta, durante la ricreazione i bambini avranno l’opportunità di recitare di fronte alle loro classi. La proposta della maestra costituisce un forte elemento di motivazione per S., G. e R. ma non per M. La bambina si vergogna un po’ e l’idea non la entusiasma.

Prima di cominciare con le prove, prepariamo il setting dell’aula. Disponiamo in forma circolare cinque banchi: quattro di essi fungeranno da tana per i quattro personaggi, uno sarà invece la casa abbandonata. I primi rimangono spogli, in modo tale che i bambini li possano usare a loro piacimento (S. e R. ci si siederanno sopra). L’ultimo viene apparecchiato con gli oggetti necessari per la festa di compleanno; oggetti che i bambini stessi hanno realizzato durante la prima parte della mattinata: la lettera con l’invito misterioso, piccoli pacchetti regalo con allegati i rispettivi biglietti d’auguri e una torta con le candeline disegnata su un cartoncino. Io ho portato per l’occasione dei cappellini colorati a forma conica e numerosi palloncini da gonfiare e lanciare a Filippo al momento della sorpresa.

Iniziamo con le prove verso le 9.00. Per l’occasione, ho riscritto il testo del libro privandolo dei dialoghi. Questo riadattamento sarà la parte recitata da me in veste di narratore e andrà a costituire la base in cui inserire la parte dei bambini. La voce narrante, infatti, si interromperà di volta in volta per lasciare spazio alle battute dei personaggi. Per quanto riguarda queste ultime, non esiste un copione preconfezionato, da imparare a memoria. Mi piace l’idea che siano i bambini a decidere – con il mio aiuto – quali potrebbero essere le frasi più appropriate da dire.

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È ovvio che, una volta in scena, gli attori saranno liberi di improvvisare, aggiungendo o togliendo dettagli a loro piacimento.

Per quanto riguarda la raccolta dei dati, oltre al solito registratore farò uso della telecamera per riprendere le prove. I filmati verranno poi analizzati da me e dall’osservatrice esterna.

Il tempo della lezione va quindi a strutturarsi in due fasi distinte. Nella prima avviene tutto un lavoro di contrattazione e ‘assestamento’, consistente nella lettura della parte del narratore, nella definizione delle battute da recitare e delle azioni da compiere in scena. Nella seconda parte si svolgono invece quelle che potremmo definire le ‘prove generali’. Riusciamo a farne quattro. Delle prime due, decido di non fare oggetto d’analisi, in quanto l’osservazione dell’espressività dei piccoli attori è prematura. I bambini, infatti, devono prendere dimestichezza con le battute e con i movimenti da compiere sulla scena. Si aggiunge il fatto che i miei interventi per indirizzarli sono ancora numerosi e interrompono la performance in continuazione.

Oggetto d’osservazione sono invece la terza e la quarta performance, in quanto i bambini si muovono sulla scena in modo autonomo.

Alla prima visione dei video, il mio occhio ‘interno’ di insegnante e ideatrice dell’attività tende a concentrarsi sulle mancanze e le imperfezioni; Giulia, invece, ha da subito un’impressione globalmente positiva.

Io infatti appunto che:

In generale, la mimica delle marionette risulta meno curata (e quindi meno espressiva) rispetto all’intonazione della voce: i bambini, infatti, sono ancora troppo concentrati nel ricordare le battute e convogliano su questo aspetto la maggior parte delle loro energie. Si crea un po’ di confusione al lancio dei palloncini: momento probabilmente sentito dai bambini come ludico e liberatorio. Durante le prime due prove è un po’ difficile recuperare la disciplina e la concentrazione: i bambini dimenticano addirittura che la narrazione non è finita e trascurano di porgere torta e regali al festeggiato.

Giulia, invece, scrive:

I bambini dimostrano di conoscere bene la storia e di averla interiorizzata. Appaiono immedesimati col proprio personaggio. Rispettano ciascuno il proprio ruolo e, durante i fuori scena, rimangono attenti alla performance dei compagni. Sembrano anche divertirsi molto.

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Ad un’analisi più approfondita, emergono anche le considerazioni riportate in APPENDICE 11.

Alla luce di queste ultime, posso davvero ritenermi soddisfatta. Per i bambini è stata un’esperienza positiva e intensa; tutti hanno dimostrato di aver riconosciuto e partecipato alle emozioni dei personaggi, apportando il proprio contributo alla rappresentazione ciascuno secondo le proprie possibilità.

S., in particolare, di carattere così riservato e taciturno, ha trovato nell’attività uno spazio e un tempo in cui poter esprimere se stesso. Il bambino infatti è riuscito ad improvvisare, sperimentare e, in un certo senso, lavorare sul suo personaggio, arrivando a rendere una gamma sempre più complessa di sfumature emotive. Attraverso la gestualità conferita alla marionetta, è stato capace non solo di mimare delle semplici azioni, ma a restituire efficacemente gli stati d’animo del personaggio: la felicità, resa con un moto ascensionale della mano e l’apertura delle braccia di Filippo; la tristezza, con l’incurvatura della schiena e lo sguardo rivolto verso il basso; la delusione, attraverso lo sdraiare la marionetta sul banco. Il dubbio, l’incredulità e la sorpresa sono stati espressi invece attraverso il tono della voce e il ripetuto uso di interiezioni. Si tratta di espedienti che il bambino ha elaborato da solo e gradualmente, aggiungendo sempre maggiori dettagli fra una prova e l’altra. Anche i compagni hanno attinto alle proprie risorse, mettendole a frutto in modo adeguato e arricchente. G., ad esempio – il più penalizzato nell’espressività dalla scarsa padronanza linguistica – ha saputo, da un lato, valorizzare la battuta attraverso il tono della voce; dall’altro, ha dimostrato di essere in grado di supplire alla proprie carenze sfruttando la propria conoscenza enciclopedica del mondo in modo pertinente ed efficace.

Colei che ha incontrato maggiori difficoltà è stata forse M., la quale ha forse risentito non solo dell’incerta padronanza linguistica, ma anche dell’assenza durante le prime lezioni dell’UD. È ipotizzabile infatti che non abbia avuto abbastanza tempo per prendere confidenza con la storia e con i personaggi. Anche un uso disinvolto della marionetta non era da dare per scontato. La bambina, infatti, non aveva mai visto questo tipo di strumento. È naturale quindi che non sapesse bene come gestirlo. Questo mi suggerisce, per il futuro, che sarebbe utile prevedere

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un momento nell’UD in cui sperimentare coi bambini le potenzialità della marionetta o di qualsiasi altro strumento espressivo.

Nel documento La fiaba nel laboratorio di italiano L2 (pagine 73-76)