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Come si preparano gli spaghetti? Individuazione, riordino e verbalizzazione delle sequenze per la realizzazione di una ricetta di cucina

Nel documento La fiaba nel laboratorio di italiano L2 (pagine 86-89)

4. Messa in atto del percorso di Ricerca-Azione 1 Premesse alla programmazione: la scelta dei testi

4.6 Riunione con le maestre del 20 aprile 2016

4.7.4 Come si preparano gli spaghetti? Individuazione, riordino e verbalizzazione delle sequenze per la realizzazione di una ricetta di cucina

Lunedì 2 maggio 2016.

Oggi lavoreremo ancora sulle sequenze temporali. L’argomento è sempre la cucina; questa volta, però, mi allontano un po’ dalla storia di Una zuppa di sasso per addentrarmi nella tradizione culinaria italiana. La ricetta su cui lavoreremo è quella degli spaghetti al pomodoro. Per quanto riguarda le attività preliminari, decido di mantenere il TPR, perché nella scorsa lezione ha generato motivazione e divertimento. Per aiutare un po’ i bambini, decido di portare in classe dei realia, in modo tale da rendere immediatamente comprensibili termini sconosciuti – come ad esempio ‘scolapasta’ – e stimolare, come previsto dal metodo esperienziale, un tipo di apprendimento multisensoriale. Per quanto riguarda invece l’attività di riordino delle sequenze, ho pensato a una significativa semplificazione per provare ad abbattere il filtro affettivo e vedere come i bambini riescono a gestire il lavoro. Purtroppo oggi S. è assente.

Attività preliminari

L’attività di riordino è quindi preceduta da: 1) un’attività di motivazione, che prevede la visione della sequenza del cartone animato Lilli e il vagabondo della Disney in cui Lilli e Biagio mangiano gli spaghetti alle polpette in una trattoria italiana. 2) Un’attività in modalità TPR: ‘Facciamo gli spaghetti al pomodoro’. Come accennato sopra, ho portato con me alcuni oggetti: una grossa pentola, uno scolapasta, degli spaghetti, un pacco di sale, una bottiglia di conserva di pomodoro. Lascio che i bambini li osservino e, nel frattempo, ne pronunciamo i nomi. La curiosità degli alunni verte sullo scolapasta: “Maestra, a cosa serve questo?” mi

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chiedono. Successivamente, iniziamo il TPR vero e proprio, seguendo la stessa modalità adottata la lezione scorsa. Questa volta cerco di fare in modo che i comandi dati ai bambini siano meno numerosi della volta scorsa e più vicini alle 6 immagini su cui lavoreranno nell’esercizio successivo (per la trascrizione del comandi cfr. APPENDICE 18). Poiché anche quest’oggi i comandi sono stati svolti correttamente e senza troppe esitazioni, chiedo ai bambini se vogliono provare a fare i maestri e dirmi come fare per preparare gli spaghetti. L’idea entusiasma tutti: saranno loro a darmi i comandi; io li eseguirò. Al mio battito di mani il turno di parola passa al compagno. Mi rendo conto che l’argomento è nuovo e che il lessico sconosciuto sarà difficile da ricordare, ma i bambini possono aiutarsi fra loro. Voglio vedere se, in contesto altro rispetto al riordino di immagini, i bambini riescono a ricostruire la sequenza appena esperita.

Innanzi tutto, mi sembra molto importante che l’attività non causi l’innalzamento del filtro affettivo. Il primo a parlare, infatti, è R; i suoi comandi iniziali non solo sono corretti, ma non sono stati preceduti da frasi di scoramento o sfiducia nei confronti di se stesso. Lo stesso vale per gli altri bambini: nessuno dice di non sapere o non saper fare, nonostante ci siano diversi momenti in cui i bambini non sanno come proseguire. Penso che l’idea di poter collaborare fra loro li tranquillizzi: eventuali sensazioni negative generate dal non sapere come procedere possono essere annullate dalla soddisfazione di aiutare i compagni in un momento di bisogno. Potrebbe essere significativo anche il fatto che l’obiettivo dell’attività non sia quello di svolgere un esercizio senza commettere errori, ma quello di far svolgere all’insegnante delle azioni affinché arrivi a mangiarsi i suoi immaginari spaghetti. Il focus si sposta da sé all’insegnante, facendo dimenticare lo stress da performance. (Per la trascrizione dei comandi dati dai bambini, cfr. APPENDICE 19).

Riordino delle sequenze

Ho preparato per i bambini una sequenza di sei figurine su cui ho personalmente disegnato le azioni necessarie per preparare gli spaghetti. Nello specifico:

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1) versare l’acqua nella pentola e aggiungere il sale; 2) mettere la pentola sul fuoco;

3) buttare la pasta;

4) mescolare con un cucchiaio; 5) scolare la pasta;

6) aggiungere il sugo e impiattare.

(Per la visione delle immagini si rimanda all’APPENDICE 20.) Date le difficoltà riscontrate durante l’ultimo esercizio di riordino e l’argomento del tutto nuovo, decido di distribuire le immagini a due a due. Consegno quindi ai bambini la prima coppia di illustrazioni e chiedo loro di descriverle. Solo dopo essermi assicurata che le immagini siano state correttamente interpretate, do il via per il riordino. I bambini numerano così le figurine e le incollano sul quaderno. L’operazione si ripete per tre volte, fino a che la sequenza non è completa.

Lo svolgimento dell’esercizio avviene senza problemi. I bambini interpretano le immagini correttamente, le verbalizzano in modo opportuno e non hanno alcuna difficoltà a ricostruire la successione temporale degli eventi. L’unico dubbio circa le immagini viene posto da R., che non riesce a capire cosa siano i lunghi bastoncini che escono dalla pentola: “Maestra però questi cosa sono?”. Naturalmente, sono gli spaghetti. Mi rendo immediatamente conto che avrei dovuto iniziare con poche immagini sin dall’inizio, per poi aumentare il numero gradualmente di UD in UD. L’esercizio, infatti, non solo è stato affrontato con serenità da tutti, ma ha costituito anche una bella infusione di autostima, soprattutto per R. Il bambino è così fiero di sé che letteralmente mi prega di mettere un voto: “Maestra, però dai adesso i voti? Ti prego, ti prego!”. A conclusione dell’attività, il bambino fa anche un’osservazione di natura metacognitiva, attribuendo indirettamente le sue difficoltà a una memoria un po’ debole:

A. Siete stati tutti bravissimi! Avete fatto tuuuutto giusto! R. Perché mi stavo ricordando, maestra!

88 Verbalizzazione delle sequenze

Il passo successivo è quello di verbalizzare l’intera sequenza. Prima di iniziare, chiedo ai bambini di scrivere accanto a ciascuna immagine la corretta ‘parola del tempo’: prima, dopo, oppure infine. Quando tutti hanno finito, li invito a riferire – uno per volta – quanto vedono sul quaderno.

L’esercizio viene svolto da tutti senza troppe difficoltà. Dalla trascrizione delle loro performance (cfr. APPENDICE 22) emerge che:

- tutti i bambini usano con facilità gli indicatori prima, dopo e poi. Per quanto riguarda R. e M., l’indicatore temporale di apertura (prima) viene usato spontaneamente; G. si aiuta leggendolo sul quaderno. Il bambino, inoltre, utilizza di sua iniziativa l’avverbio anche. Nessuno, però, conclude con la parola infine. Devo essere io a invitarli a leggere quanto hanno scritto sul quaderno;

- per quanto riguarda l’utilizzo dei tempi verbali, sono felice di constatare la perfetta coerenza di M., che mantiene il presente indicativo di prima persona singolare dall’inizio alla fine: accendo; metto; mescolo; mangio. R., invece, inizia col presente indicativo alla prima persona singolare (accendo; metto), passa poi all’infinito (dopo mettere), per approdare infine alla forma impersonale del verbo (si mescola; si mette; ecc.). Anche G. mescola tempi e forme diverse. Penso però che quella di G. sia una difficoltà puramente linguistica, perché la stessa mescolanza torna anche nella produzione libera. Ritengo invece che R., come M., sarebbe dovuto essere capace di una maggiore coerenza. Il problema, forse, non risiede solo nella lingua.

4.7.5 Gioco di verifica sulle emozioni

Nel documento La fiaba nel laboratorio di italiano L2 (pagine 86-89)