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I.3. Le istruzioni del 1603

I.3.1. Due casse, tanti problemi

Dopo l’unificazione del 1572, la Tesoreria generale si componeva di due casse principali, quella dello Stato e quella dell’esercito59, autonomamente amministrate e

57Altri tentativi di riorganizzazione finanziaria furono abbozzati, con diversa fortuna, tra il 1598 e il

1615. Fallirono la proposta di introdurre una Depositeria generale (1598 e 1602) e quella di attivare anche a Milano (1615) le figure dei contadores de resultas, i revisori dei conti del Consejo de Hacienda. Ebbero invece esito più favorevole la riforma degli oficios de pluma approntata da Fuentes nel 1602 – tradottasi in una consistente riduzione degli organici e in una razionalizzazione degli uffici del soldo – e la costitu- zione di una Cassa di redenzione per il consolidamento del debito pubblico. Il tentativo, infine, di convo- gliare le entrate straordinarie direttamente nelle casse della Tesoreria non andò in porto, ma ottenne comunque il risultato di portare a una revisione delle procedure contabili della ‘ragioneria’ del Magistrato straordinario (1611). Ho avuto modo di trattare con più ampiezza questi temi in M. OSTONI, Gestione

delle entrate e controllo contabile: i Magistrati dei redditi e la Tesoreria generale, in La Lombardia spagnola

cit., pp. 209-223, cui rinvio anche per le relative indicazioni archivistiche.

58T. REBOTO, Cura del Tribunale del Magistrato Ordinario et Suoi Officiali, in BNM, ms. 1370. 59 Non bisogna confondere le due casse suddette con i luoghi fisici (stanze, forzieri ecc.) in cui il

denaro veniva depositato; per cassa (caxa o caja) si intendeva infatti la sezione contabile-amministrativa alla quale determinanti proventi erano assegnati. Diverso, invece, era il caso di altre due casse secondarie della Tesoreria, quella dei depositi e quella dei pensionari, per le quali i due elementi – sezione contabile e luogo di raccolta del denaro – coincidevano. Di queste ultime le ordinanze del 1603 non parlano, men- tre il manualetto di Teodoro Reboto si limita a riferire di un libro dei depositi senza specificare la presenza dell’omonima cassa. La loro esistenza è tuttavia provata da numerosi riferimenti incontrati nella docu-

affidate ciascuna a un proprio cassiere, entrambi alle dipendenze del titolare unico dell’ufficio. Le istruzioni distinguono i rispettivi ambiti di competenza, ma non si diffondono in particolari, limitandosi a imporre la separazione dei cassieri e il divieto di reciproche intromissioni60. Quali proventi entrassero nell’una piuttosto che nell’al-

tra cassa non viene precisato. Ci viene in soccorso, allora, il manualetto del Reboto, il quale specifica che nella cassa dello Stato

entrano tutti li denari, che vengono pagati dalli incantatori delli dacij, et imprese suddette, et anco delle Condennationi di pene pecuniarie, et si ricevano dal cassero et suoi officiali facendone la debita scrittura alli libri d’essa thesoreria, et de’ quali danari ne vengono poi fatti i pagamenti conforme alli ordini, et mandati che si spediscono si per pagamenti di par- ticolari, come per passarli alla cassa dell’essercito per li pagamenti della gente di guerra.61

Nella cassa dello Stato, inoltre, confluiva un altro cospicuo, seppur variabile, capi- tolo delle entrate ducali: quello delle rimesse inviate a Milano dagli altri territori della Monarchia asburgica, dalla Spagna, da Napoli e in misura minore dalla Sicilia. Tali somme erano destinate principalmente al pagamento delle truppe e in particolare dei reparti di passaggio in Lombardia, per il cui mantenimento le normali disponibilità finanziarie non risultavano sufficienti62. La cassa dell’esercito, come si ricorderà, non

disponeva invece di fonti dirette di approvvigionamento finanziario e la sua disponi- bilità di contante dipendeva pertanto dalle partite di denaro che venivano di volta in volta girate dalla cassa dello Stato. Tale operazione andava effettuata alla presenza del veedor general o di un suo delegato e attraverso appositi mandati di trasferimento siglati dal governatore e controfirmati dal Magistrato ordinario63. C’erano però non

poche eccezioni, a cominciare dalle procedure di erogazione dei pagamenti generali delle truppe, vale a dire della corresponsione delle paghe ai soldati in forza presso le guarnigioni o alloggiati nelle diverse località dello Stato. In tali circostanze i mandati venivano stilati solo successivamente all’avvenuto travaso: bastava infatti un ordine informale del governatore per consentire al tesoriere di effettuare il giro di una deter- minata quantità di denaro stimata preliminarmente (por tanteo) dal contador sulla base della forza numerica delle soldatesche. Le somme così liberate venivano regi-

mentazione, anche se è difficile stabilirne i contorni con precisione. Sembrerebbe che nella cassa dei depo- siti confluissero le cauzioni richieste dalla Camera a funzionari o privati debitori presunti e sulla cui posi- zione nei confronti dell’erario erano in corso accertamenti. In quella dei pensionari, invece, andava con ogni probabilità il denaro per il pagamento delle pensioni (vitalizie, ereditarie ecc.) disposte dal sovrano.

60«Que administrarà [il tesoriere] las Thesorerias del Estado, y del Exército como si estubieren en

caveça de dos personas, teniendo sus caxas, y caxeros apartados, sin que el uno se entremeta en el officio de otro, y que el del Exército pague lo que toca a la artillería»: Instrución cit., punto 2.

61REBOTO, Cura del tribunale cit., cap. 19, f. 11r.

62La netta preminenza della voce relativa alle paghe fra le spese militari (peraltro, ancora oggi pre-

ponderanti nel bilancio della difesa italiana) era una costante in quegli anni anche fuori da Milano, come ha dimostrato per la Serenissima L. PEZZOLO, L’oro dello Stato. Società, finanza e fisco nella Repubblica

veneta del secondo Cinquecento, Venezia, Il Cardo, 1990, p. 155; e per il Mezzogiorno spagnolo G. FENI- CIA, Il Regno di Napoli e la difesa del Mediterraneo nell’età di Filippo II (1556-1598). Organizzazione e

finanziamento, Bari, Cacucci, 2003. In chiave europea la questione è stata analizzata da J. R. HALE, Guerra

e società negli Stati del Rinascimento, Roma-Bari, Laterza, 1987, e F. TALLETT, War and Society in Early

Modern Europe, 1495-1715, London, Routledge, 1992.

strate su uno scartafaccio e consegnate ai diversi pagatori, i quali si recavano sul posto, erogavano le paghe e quindi restituivano al cassiere dell’esercito le ricevute di paga- mento. Soltanto in quel momento, sulla base di tali ricevute, il governatore firmava il mandato con la quantità reale di denaro erogata, frutto della differenza tra l’ammon- tare preventivato e quello corrisposto effettivamente ai soldati. In forza di tale docu- mento il tesoriere poteva quindi sistemare la propria contabilità, pareggiando i movi- menti del dare e dell’avere delle due casse64. Un’altra tipologia di uscita sfuggiva

altresì alla regola del trasferimento di cassa effettuato previa emissione dei mandati di pagamento, cioè a dire, le sovvenzioni straordinarie disposte dal governatore, che non superassero tuttavia la soglia dei 50 scudi ciascuna65.

Una simile eterogeneità di procedure per eseguire operazioni aventi scopi sostan- zialmente identici la dice lunga sulla confusione che regnava nei meccanismi di paga- mento della Tesoreria. Una confusione che era in parte il frutto di caratteristiche strut- turali dell’Hacienda milanese e di quella spagnola (prima fra tutte lo squilibrio tra risorse finanziarie e costi, che imponeva il ricorso a sovvenzioni straordinarie come le rimesse) e in parte il risultato della fallimentare ristrutturazione del 1572, che non si tradusse in un effettivo accorpamento della gestione delle casse e non risolse l’annoso problema della bajas66.

Se prima e subito dopo il provvedimento di unificazione non si riuscirono a in- trodurre quegli accorgimenti che avrebbero potuto snellire e semplificare determinate operazioni della Tesoreria, ben difficilmente ciò sarebbe stato possibile trent’anni più tardi, quando ormai la quotidiana ripetizione di certe procedure si era consolidata nell’uso amministrativo. Consapevole di questo, il sovrano non affidò alle istruzioni del 1603 il compito impossibile di ridisegnare compiti e struttura dell’ufficio, ma si limitò piuttosto a elencare, con puntigliosa precisione, le modalità di espletamento

64REBOTO(Cura del tribunale cit., cap. 21, f. 12v) illustra così la prassi seguita relativamente alle paghe

delle forze stanziali: «Li danari che si passano dalla thesoreria del stato a quella del essercito si passano in virtù de mandati [...] eccetto che nelli pagamenti si fanno alla gente di guerra nelli presidi et castelli, per quali il thesoriere manda fuori li danari con suoi pagatori, conformi alli reparti del Contador del essercito, senza farne scrittura alcuna, ma sopra un ordine solo del Governatore per suo discarico, et doppo tornati detti pagatori si portano le certificationi alli officiali del soldo, quali le reasumeno tutti, et ne fanno una sola, che si presenta al Magistrato qual dà un suo ordine al Contrascrittore che dispachia il mandato per discarico del thesorero, di quello solamente è importato il pagamento che serve ad effetto, non restino basse nella cassa del essercito».

65Citano infatti le istruzioni al punto 16: «Que quando el Capitán general diere algunos decretos

librando socorros de soldados, o officiales particulares como no passe ninguno de cinquenta escudos, el Caxero del Exército los pagará con intervención del Veedor, o del official que para ello nombrare con que en llegando los tales socorros a quinientos ducados haya de presentar al Magistrado los recaudos y justi- ficaciones dello, para que se pueda despachar el mandato y accomodar la partida en el libro de la Theso- rería del Estado».

66A complicare ulteriormente le cose si aggiungeva la gestione separata di alcuni capitoli ‘minori’ delle

spese di carattere militare, quali i pagamenti per l’artiglieria e quelli per l’acquisto di munizioni e provvi- gioni alimentari, che sfuggivano al controllo diretto del cassiere dell’esercito, essendo affidati ad appositi ufficiali (il pagatore dell’artiglieria e il tesoriere delle munizioni). Costoro traevano le proprie disponibi- lità economiche direttamente dalla cassa civile, attraverso un’operazione di giro. Costoro, inoltre, non dovevano rispondere del loro operato al tesoriere generale, bensì al contador dell’artiglieria (e quando venne soppresso al contador general), nel primo caso, e al commissario generale alle munizioni nel secondo. Sugli appalti militari cfr. D. MAFFI, Guerra ed economia: spese belliche e appaltatori militari nella

delle singole operazioni burocratico-finanziarie, apportando qua e là alcuni ritocchi e puntando soprattutto a fare chiarezza sulla contabilità e sugli strumenti di verifica dei movimenti di denaro.