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Dunque, prima di parlare del fi gurino del Segretario comunale e della ri-

di Andrea Piraino*

3. Dunque, prima di parlare del fi gurino del Segretario comunale e della ri-

forma cui bisogna puntare, è necessario defi nirne con estrema precisione quali sono le funzioni che esso deve svolgere, distinguendole in maniera particolare da quelle di direzione generale che, invece, nel dibattito che lo ha riguardato, sono state sempre ritenute interscambiabili ed in qualche modo appartenenti

naturaliter al ruolo, all’esperienza ed alla storia del Segretario comunale. Così

da essere attribuite nella loro sostanziale indistinzione, paradossalmente, anche al profi lo del “dirigente apicale” previsto al posto del Segretario dalla legge “Madia” che attribuiva a questa fi gura la responsabilità di garantire il raccordo tra politica ed amministrazione e l’attuazione dei principi di legalità, di impar- zialità e di buon andamento delle Amministrazioni locali, per garantire a tutti

gli enti una guida moderna ed effi cace capace di assicurare: a) “i compiti d’at- tuazione dell’indirizzo politico”; b) “il coordinamento dell’attività amministra- tiva”; c) “il controllo della legalità dell’azione amministrativa”; ed, in sostanza, d) l’assorbimento del ruolo del Segretario comunale e provinciale. In defi nitiva, un guazzabuglio inestricabile di funzioni e competenze dalla logica diversa che ancora non si riusciva a (o, non si voleva?) dipanare.

Ed invece è proprio da qui che bisogna partire. Ricordando che la funzione di dirigenza generale, poiché ha connaturata in sé la dimensione di un potere gerarchico il cui obbiettivo è quello di partecipare alla determinazione dell’in- dirizzo politico ed al raggiungimento dei fi ni che la politica (gli organi politici democraticamente eletti) si pone, è, ultimamente, coinvolta nel processo deci- sionale (per defi nizione, libero nella sua determinazione) e non può, quindi, es- sere attribuita al medesimo soggetto che è chiamato, invece, a fungere da garan- te della “conformità a legge, statuto e regolamenti” dell’attività amministrativa.

Del resto, la sua (della dirigenza generale) considerazione come innovazio- ne da introdurre nella vita degli enti locali per migliorarne l’effi cienza si deve all’idea di fare ricorso alla fi gura del manager con esperienza nel settore pri- vato per adeguare le strutture amministrative locali ai cambiamenti determinati dalla legge 81/1993. Con un sindaco eletto direttamente dal corpo elettorale, che ha più poteri e nuove responsabilità, e giunte comunali che possono essere composte anche da tecnici era indiscutibile – come si espresse in una intervista a Il Sole 24Ore il direttore generale della Confi ndustria dell’epoca, Innocenzo Cipolletta – che “i cittadini e le imprese in particolare non dovessero subire gli effetti delle incongruenze che si sarebbero determinati tra i nuovi poteri e le vecchie burocrazie”.

A fronte della posizione uffi ciale dell’Anci, guidata da Pietro Padula, che manifestava una profonda diffi denza verso la ”aziendalizzazione” dei Comuni, la presa di posizione della Associazione degli Industriali, peraltro condivisa da una parte dei nuovi amministratori comunali e provinciali direttamente eletti dai cittadini, non arrivava a chiedere l’abrogazione della fi gura del Segretario comunale ma, comunque, sottolineava l’esigenza di uno svecchiamento di tutta la macchina burocratica locale. In ogni caso, però, la conclusione alla quale si approdava era – per dirla con le parole dell’allora Segretario dell’Unione nazio- nale dei Segretari, Antonino Saija – che l’azione amministrativa non fosse più improntata alla mera regolarità degli atti ma venisse tarata sulla cultura dell’at- tività e del risultato. Circostanza, questa, che implicava una particolare fi gura di manager pubblico in grado di essere il Segretario di tutto il Comune e non solo il braccio destro del sindaco del quale però avrebbe dovuto avere la fi ducia ancorché non per “sintonia politica” ma per merito e competenza professionale.

Il puzzle era così completo. Solo che da questo mosaico di competenze non solo ne usciva stravolto il profi lo tradizionale del Segretario comunale ma ne venivano rese contraddittorie ed incomprensibili le sue reali funzioni operative. A meno che non si fosse pensata come valida per tutto l’universo istituzionale tranne che per i Segretari comunali la separazione tra politica ed amministra-

zione, tra attività di indirizzo politico ed attività di controllo! Perché non vi era dubbio alcuno che l’attività di un dirigente generale, prima, ed apicale, poi, di piena fi ducia del sindaco era assolutamente funzionale al nuovo ruolo di re- sponsabilità che il sindaco assumeva con il programma presentato ed appro- vato dal corpo elettorale e quindi non poteva considerarsi altro che attività di completa partecipazione alla attuazione del suo progetto politico. Con la con- seguenza che l’attività di garanzia e controllo del Segretario comunale passava in secondo ordine e, comunque, in una considerazione subordinata che, addirit- tura, con l’avvento della “Madia”, sarebbe poi stata messa a rischio. Si pensi, al proposito, alla norma che nei Comuni con più di centomila abitanti in alter- nativa al “dirigente apicale” consentiva di nominare un direttore generale ma imponeva, in questo caso, che il controllo di legalità dell’azione amministrativa e la funzione di rogito venissero affi date ad un diverso dirigente del ruolo uni- co. Comunque, ad un dirigente che per il suo status ed il suo ruolo non avrebbe mai potuto garantire quella indipendenza ed imparzialità che è indispensabile all’azione di controllo e garanzia.

Naturalmente, ben altra sarebbe stata la conclusione se, in un certo sen- so capovolgendo la logica della riforma della dirigenza amministrativa, questa funzione di direzione fosse stata prevista non obbligatoriamente ma facoltativa- mente in capo ad un dirigente operativo affi ancato al Segretario generale con la responsabilità dei programmi, della redazione dei progetti, della elaborazione e della gestione delle risorse strutturali, fi nanziarie ed umane. In questo caso, che avrebbe dovuto essere previsto anche per i Comuni con popolazione inferiore ai cento mila abitanti, salvo l’obbligo di gestione in maniera associata secon- do parametri idonei a garantirne l’esercizio ottimale, la funzione segretariale, depurata dalla impropria commistione con quella dirigenziale, sarebbe stata re- stituita alla sua vera natura originaria di funzione di controllo della regolarità amministrativa e di conseguenza il Segretario comunale e provinciale avrebbe riacquistato la sua vera fi sionomia. Alla fi ne di questo lungo percorso, però! Depurata, inoltre, dalla sua appartenenza al Ministero dell’Interno e quindi dal suo vincolo esclusivo ai parametri di controllo statali, causa di quella condizio- ne di intolleranza divenuta presso i sindaci preminente, perché era il ‘collega’ dell’uffi cio accanto rispetto agli altri soggetti che controllavano l’amministra- zione (CoReCo, Corte dei Conti, Procura della Repubblica) ed i sindaci lo con- sideravano invasivo della sfera di autogoverno dei Comuni e quindi del loro campo di appannaggio.

In termini conclusivi, quindi, secondo questo indirizzo di separazione –pe- raltro, come cennato, risalente nella sua proposizione alle note tesi sostenute dal responsabile del Partito popolare dell’epoca, prof. Vincenzo Cerulli Irelli (secondo il quale per il Segretario era necessario scegliere uno dei due profi li: o quello di garante della conformità a legge, statuto e regolamenti dell’attivi- tà amministrativa, come previsto poi nella legge 131/2003 cd. “La Loggia”; o quello di vertice dell’amministrazione in stretto rapporto fi duciario con il sin- daco), dal responsabile della CISL Funzione pubblica, segr. Luigi Naldoni (per

il quale la funzione che si sarebbe dovuta incardinare sui Segretari era quella di “garanzia e coordinamento dei controlli interni”) e, soprattutto, dal presidente dell’ANCI, avv. Pietro Padula (che sosteneva che bisognasse costruire una fi gu- ra nuova di Segretario e che, se poi, per particolari esigenze di qualche singola amministrazione fosse stato necessario ricorrere ad esperienze manageriali, a ciò si sarebbe potuto provvedere per mezzo della norma della legge 142/1990 che consentiva di assumere dirigenti esterni) – è completamente sbagliato as- similare la funzione di direzione a quella segretariale ed insieme ed indistinta- mente attribuirne la titolarità al Segretario comunale (o anche, come avveniva con la “Madia”, al dirigente apicale).