P r e s e n ta z io n e , r a p p r e s e n t a z io n e e m o d e lli.
La storia ha messo in evidenza alcuni fenomeni attribuendo loro una “denominazione fo rte” come “rivoluzione agricola”, “rivoluzione u r
bana”, “invenzione della scrittu ra”, “invenzione della m etallurgia”, ecc...
I l significato di questi periodi o momenti non è certamente contesta
bile, tuttavia spesso si dim entica, forse perché ciò va da sé, che que
sti avvenim enti sono stati resi possibili nella m isura in cui si è riu sciti a passare dalla presentazione alla rappresentazione, insomma, alla capacità di costruire dei m odelli. La presentazione è un apprendimen
to concreto della realtà m entre la rappresentazione ne è un apprendi
mento astratto. Come ha mostrato E. Cassirer « La rappresentazione d ’un oggetto è un atto molto diverso dal semplice suo maneggiamen- to » ‘ . La conoscenza della presentazione (acquiaintance) è ben differen
te da quella della rappresentazione (know ledge). La prim a, al contrario della seconda, non si inserisce in un sistem a generale.
Un buon numero di popolazioni, un tempo qualificate come prim i
tive, non sono in grado di fornire una descrizione generale di un fiu
me, per esempio, che conoscono nei m inim i dettagli, ma che sono inca
paci di “rappresentare” : al lim ite rischiano di non capire il senso stes
so del problema. In altri term ini esse non sanno fare il passo dalla realtà ad un modello della realtà.
Ora, la rappresentazione e ulteriorm ente l ’elaborazione di m odelli sono condizioni necessarie, se non sufficienti, per assicurarsi la padro
nanza d ell’esteriorità, di ciò che sta “attorno” insomma.
A ssicurarsi questa padronanza significa acquisire la possibilità di modificare le relazioni che intratteniam o con l ’esteriorità. La storia del
1 E. Cassirer, Substance et fonction, éléments pour une théorie du concept, Paris 1977, p. 72.
la rappresentazione o d ell’elaborazione di m odelli sarebbe dunque, se fosse stata esplicita, una storia delle relazioni di potere. D alle prim e incisioni rupestri alle equazioni della fisica contemporanea, disponiamo di un largo spettro di rappresentazioni e di modelli, senza parlare di tutti i m odelli indotti dalle lingue naturali. La carta, in questo venta
glio, trova evidentem ente un suo posto.
Lasciando da parte la lingua naturale, la carta è verosim ilm ente uno dei più antichi m odelli elaborati dagli uomini. D alle incisioni del
la Valcamonica alle carte attuali, possiamo seguire la storia della rap
presentazione della Terra o di una porzione. La carta, contemporanea
mente alla scrittura, è u n ’ invenzione urbana, Non è forse essa una
“ scrittura della T erra”?
Strumento e im magine, la carta intrattiene dei rapporti stretti con il potere, sia che si tratti del potere con un’iniziale minuscola o del Potere con u n ’iniziale maiuscola. L a carta, in quanto cristallizzazione del sapere, è uno strumento di potere poiché « ogni punto d ’esercizio del potere è nel medesimo tempo un luogo di formazione del sapere » 2.
Dietro ogni sforzo di rappresentazione si profila un potere in quanto il possesso di un modello è una promessa d ’efficacia.
A b bozzo d ’u n a s t o r ia d e i r a p p o r t i tra ca rta e p o t e r e .
I prim i lavori cartografici degni di questo nome sono dovuti ai Babilonesi, che hanno sentito il bisogno di accatastare, di suddividere, in breve d ’imporre una griglia al territorio. In questa prospettiva, la carta è un vero e proprio strum ento di potere che perm ette nello stes
so tempo l ’inventario ed il controllo, l ’organizzazione ed il dominio.
Per far ciò, i Babilonesi dovevano disporre d’una conoscenza cosmolo
gica, d ’ una conoscenza astronomica e delle basi della geom etria. G li Egizi non sono stati sicuramente da meno con l ’agrim ensura, dalla qua
le procedono alcuni teorem i come quello di Talete di M ileto.
Q uesti fatti ci rinviano ad una sociologia della conoscenza carto
grafica che ancora ci manca. Essi ci rivelano però come i Babilonesi e
2 Espressione tratta da Deleuze e Foucault.
gli Egizi davano, nel loro sistema di sapere, un posto ragguardevole alla conoscenza percettiva del mondo esterno.
I G reci ed i Romani non hanno dato meno importanza alla carto
grafia: Alessandro, durante le sue spedizioni, fu accompagnato da colo
ro che oggi chiameremmo ingegneri topografi. Se la carta era uno stru
mento m ilitare, essa era anche uno strumento civile d’amministrazione.
Vegezio, autore latino nato alla fine del IV secolo e morto alla metà del V , scrive nelle sue « Istituzioni m ilitari » : « Un generale de
ve avere un piano dettagliato del paese ove fa la guerra . . . degli abili generali hanno condotto questa ricerca al punto d’avere un piano figu
rato, parte per parte, che perm etteva loro non solo di riflettere con l ’ufficiale che distaccavano sulla strada che doveva tenere, ma ancora di m ostrargliela con il dito e con l ’occhio ». Vegezio ha fortem ente in
fluenzato la tattica del Medio Evo.
Ciò detto, il periodo m edievale —• poco preoccupato di una cono
scenza percettiva del mondo esterno — è stato d ’una grande povertà in m ateria di strum enti cartografici. Piuttosto, là ancora sono le guer
re e specialmente le Crociate, che hanno fatto progredire la geografia in generale e la cartografia in particolare: « La geografia dell’A sia era del tutto sconosciuta ai Crociati . . . quest’incertezza costante doveva tu r
barli in m isura m aggiore che il pericolo stesso. Così la prim a m isura fu quella di dare gli occhi al proprio esercito, d ’osservare il campo nemico » 3. Per questa ragione, quando il Re di Francia Luigi V II pe
netrò in Terra Santa nel 1147, un corpo di C avalieri marciava prece
dendo le truppe: « Rilevavano il terreno, preparavano le strade, fissava
no le tappe . . . » (i b i d.). Questa situazione avviene a scala m edia, ma possiamo trovare alla stessa epoca preoccupazioni identiche a scala più grande. Così nel S u d -O vest della Francia, dei m icro-poteri misero in atto dei sistem i di segnaletica tra castelli, che costituiscono praticam en
te una prim a forma di triangolazione, un lavoro preparatorio alla car
ta, di una carta che tarderà. Si può pretendere che fortificazione, to
pografia e cartografia sono legate. Le invasioni e gli assedi non pote
vano in nessun modo fare a meno di piani e carte senza rischiare di essere inefficaci.
3 H. Delpech, La tactique au X lIIè m e sìècle, M ontpellier 18 85, p. 225.
M a il potere non è solo m ilitare, N ella stessa epoca, tra il X III e il X V secolo, la volontà di navigazione, di scoprire orizzonti lon
tani, la padronanza delle coste e degli itinerari, ha favorito la nascita delle cartografie catalana e genovese, Di conseguenza, là ove esiste un potere, qualunque sia d ’altronde, c’è una cartografia, sia essa visibile o meno, che abbia lasciato traccia oppure no.
Così, da Francesco I in poi, la preoccupazione per le frontiere ha favorito l ’accumulazione di piani dettagliati delle piazze forti e dei loro dintorni im m ediati. Lavoro che sarà, d ’altronde, ripreso da Enrico IV e da Sully, particolarm ente interessati alla cartografia. Sully, con la sua passione per la cartografia, esprim e abbastanza bene l ’ossessione del po
tere ubiquista. Le frontiere più esposte: Picardia, Bretagna, Provenza e D elfinato sono affidate ad ingegneri che sono, nel contempo, archi
tetti e geografi. Così, ad esempio, Jean de Beins che si occupa del D elfinato, è un cartografo le cui carte testimoniano della precisione m i
litare e d ell’intelligenza della scala adeguata.
A ll’inizio del X V II secolo, la carta, per il principe, è un piacere raro : è la v isu a liz z a z ion e d e l p o t e r e sp ecia liz z a to. Riguardo a ciò, il X V II secolo è una svolta interessante. Si scopre che un G ustavo Vasa fa realizzare delle carte in Svezia, che R adziw ill ordina di realizzare delle carte in Lituania, che in O landa era già una vecchia tradizione, che in Svizzera Scheuchzer realizzò una carta. In Germania, si pubbli
carono delle carte parziali di V esfalia, Svevia e Sassonia. A pian, geo
m etra, fece una carta della Baviera, V ischer fece una carta d ell’Arcidu- cato d ’A ustria e della Stiria. N el 1640, Jean L edere presentò a Luigi X III una carta della Francia in 9 fogli. D urante la spedizione di L ui
gi X III in V altellina, Fabre fece una carta che è probabilm ente la prim a, o una delle prim e, stabilite da un ingegnere d ell’esercito.
G li ingegneri geografi si moltiplicarono fin dal X V II secolo sotto L uigi X IV , ma è solo nella seconda m età del X V III secolo che costi
tuirono un vero e proprio corpo speciale.
Le guerre favorirono la realizzazione di carte topografiche, m entre in tempo di pace ci si occupava della delim itazione delle frontiere. Nei due casi bisogna notare che si tratta di un ’accumulazione d ’inform azio
ne sul territorio. In quest’ottica, il sapere cartografico contribuisce ad un aumento della sicurezza; esso perm ette un’azione efficace, contri
buisce sia alle operazioni m ilitari che agli interventi pacifici.
Tra la fine del X V II secolo e la fine del X V III, i Cassini m ar
cheranno la cartografia. Essi assicureranno una transizione im portante tra la vecchia cartografia e la cartografia scientifica contemporanea. I loro sforzi si inseriscono in u n ’epoca d’affermazione dello Stato. La loro famosa carta sarà com pletata solo nel 1789.
M a questo desiderio di rappresentazione globale di un territorio si m anifesterà un po’ ovunque in Europa. Riguardo a ciò, è u tile no
tare una coincidenza che, forse, è pure una correlazione: la nozione di censimento moderno è contemporanea alla nozione di carta m oder
na. Effetto di Stato, cioè, effetto di potere: controllare e organizzare la popolazione nel e attraverso il territorio. I l conte Ferraris stabilirà la preparazione della carta dei Paesi Bassi austriaci, tra il 1777 e il 1778, utilizzando la medesima scala dei Cassini. In Inghilterra, il ge
nerale W illiam Roy giocherà un ruolo abbastanza sim ile a quello di questi ultim i.
Insomma, si può afferm are che tra il 1760 e il 1860, si ha a che fare con il secolo della cartografia: un po’ ovunque in Europa si rea
lizzeranno rilevam enti topografici significativi.
La Rivoluzione francese farà prender coscienza della necessità di possedere buone carte per il governo e l ’am ministrazione . . . e per far la guerra. G li eserciti in campagna mancheranno spesso tragicam ente di carte m algrado la requisizione della carta di Cassini.
Sarà Napoleone che, dal 1808 in poi, ordinerà il progetto di una nuova carta di Francia che prefigurerà la carta di Stato M aggiore. Per l ’im peratore, la carta è uno strum ento strategico e, nella m isura del possibile, essa non dovrà essere diffusa ma tenuta segreta: al lim ite, la carta del principe deve essere unica. Si ritrova, oggi ancora, la mede
sima concezione nei paesi totalitari. Ho visto studenti di geografia la vorare su carte vecchie di un secolo in u n ’U niversità rumena. E viden
temente, con le possibilità oggi offerte dai satelliti, questa psicosi del segreto sfiora il ridicolo.
M a il potere non si esprim e solo m ilitarm ente. H a pure, e soprat
tutto, u n ’espressione civile. La carta è molto sollecitata n ell’ambito del
la pianificazione del territorio, la quale ha bisogno di numerose carte tematiche per poter reperire le densità, i reticoli territoriali, l ’intrec
ciatura di m aglie che lo costituiscono e le centralità. I piani direttori (il termine risale alla prim a guerra m ondiale ed è preso a prestito dal
l ’ artiglieria ), espressione sintetica della pianificazione, sono essenziali per la condotta politica del territorio.
L a carta è u n ’informazione che aum enta la sicurezza nel senso la r
go del term ine ed è per questo che si accettano costi rilevanti per la sua realizzazione. La carta è un mezzo per far del plusvalore informa- zionale e, dopotutto, ogni potere cerca di trarre un plusvalore di que
sta natura. P iù avanziamo e più il potere è inform azionale. Perché?
Perché l ’informazione aggiornata e basata su di aitò grado di precisio
ne è il mezzo per valorizzare l ’energia, sensu lato, a disposizione. Non è un caso se le superpotenze si sono dotate di satelliti di ricognizione, di sorveglianza oceanica, di allarm e, di comunicazione, di navigazione e m etereologici, per non citare che qualche esempio.
I l potere cerca di disporre d ell’informazione adeguata per poter decidere qual è la m aniera più efficace. Oggi, con i mezzi a nostra disposizione, siamo certam ente en trati in una seconda rivoluzione car
tografica, di cui non siamo ancora in grado di valutare tutte le possi
b ilità . . . né tutti i pericoli. Con la teledetezione, stiamo andando ver
so l ’inversione della form ula, la carta non è il territorio: la carta, a poco a poco, sta diventando il territorio. M a gli scogli del potere non sono, per questo, scomparsi . . . perlomeno per qualche ora. Si tratta tu ttavia di una vera e propria rivoluzione, perché ciò fornisce un po
tere enorme: il territorio è sotto controllo permanente.
G li s c o g l i d e l p o t e r e : d u p li c a z i o n e e so s t it u z io n e .
Un apologo di Borges, oggi ben noto, pose il problem a della car
ta a scala 1/1: « I n questo im pero, l ’A rte della cartografia fu spinta a una tale perfezione che la Carta di una sola Provincia occupava tu t
ta una città e la Carta d ell’im pero tutta una Provincia. Con il tempo, queste Carte sm isurate cessarono di essere soddisfacenti e il Collegio dei Cartografi elaborò la C arta d e ll’im pero, che aveva il formato del
l ’im pero e che coincideva con esso, punto per punto. Meno appassio
nate per lo Studio della cartografia, le Generazioni susseguenti pensa
rono che tale C arta D ilatata fosse inutile e l ’abbandonarono spietata
mente a ll’ inclem enza del sole e degli Inverni. N el deserto d ell’Ovest sussistono . R uderi, molto m alandati, della Carta. A nim ali e M endican
ti ci abitano, In tutto il Paese non vi è altra traccia delle D iscipline Geografiche »,
Se una carta è un modello, una rappresentazione perde questa qua
lità qualora abbia una scala di 1/1. Un modello non è un doppione;
è invece un sistem a coerente di dimenticanze governato da un’intenzio
nalità specifica. La duplicazione che consisterebbe nel far coincidere ad ogni punto della realtà un punto sulla “pseudo - carta” non può sboc
care che su una carta mostruosa, un paradosso infatti, che palesem en
te non può pretendere essere realtà, ma neppure modello. Per essenza il potere tende a voler vedere tutto. Perciò la Panottica (da “p an ” e
“ottica”) è una sua tendenza profonda che lo spinge verso la duplica
zione e la scala 1/1. È questa l ’idea paradossale di un potere che si avvia verso la follia. I sogni del potere si proiettano su delle carte a pìccola scala. M a non appena sono realizzati patrocinano carte con scale sempre più grandi per rinforzare il controllo della realtà.
Che cosa vuol d ire? Che è l ’intenzione che condiziona la scala.
Il gioco è lim itato ad u n ’estrem ità d all’asse della duplicazione, scoglie
ra da evitare. I l doppione è la conseguenza di una confusione tra real
tà e rappresentazione rivelatrice di una tensione totalitaria. Non si trat
ta qui di form ulare una legge che potrebbe essere contraddetta da m ol
te eccezioni n ell’ambito delle scienze umane. Bisogna piuttosto sotto- lineare la tendenza che caratterizza i regim i totalitari a creare m aglie più piccole per meglio controllare l ’esistenza delle popolazioni. Da qui, anche l ’interesse per le grandi scale n ell’ambito della cartografia.
Ad ogni grande categoria d ’azione, per cui è necessario proiettar
si nel territorio, corrisponde un tipo di carta, un tipo di modello, ov
viamente una scala specifica. In fin dei conti, la scala 1/1 m ostra in dubbiamente l ’im portanza della realtà. M a a ll’altra estrem ità d ell’asse c’è l ’oblio della realtà a vantaggio della carta. « In questo impero, l ’im peratore, che fu gran viaggiatore durante la sua gioventù, aveva fat
to fare una carta di ognuna delle regioni che aveva percorso, e le ave
va tutte percorse. Queste carte erano premurosamente aggiornate da car
tografi che percorrevano l ’impero e portavano informazioni nella capi
tale. L ’Im peratore, gran stratega, grande am m inistratore e gran co
struttore, utilizzava le carte per governare e per difendere il suo im pe
ro da quando non usciva più dal suo palazzo. Venendo a sapere che i Barbari minacciavano la frontiera del Nord, fece arruolare un esercito
e abbozzò un piano m irabile e astuto. Esso consisteva n ell’obbligare i Barbari a penetrare in una larga zona di paludi, ove sarebbero stati bloccati e facilm ente sconfitti. Si rallegrava di non avere ancora avuto tempo di bonificare queste paludi che conosceva bene. Le truppe, affi
date al suo m igliore generale, istruite del suo piano, partirono verso il Nord. Qualche settim ana dopo, m entre l ’im peratore scrutava l ’orizzon
te dal più alto torrione del suo palazzo, egli indovinò, più che vederli, dei movim enti di truppe in m arcia. Soddisfatto dalla rapidità della spe
dizione, entrò nel suo palazzo per ordinare di accogliere i suoi soldati.
Un paio d ’ore più tardi il palazzo rimbombava di esclamazioni e di grida: " I Barbari sono alle porte della c ittà !”. Le truppe d ell’im p e
ratore erano state sconfitte. Il piano prestabilito così scrupolosamente non aveva potuto essere applicato giacché di paludi non c’era più trac
cia. Bonificate a poco a poco dai sudditi d ell’im peratore, le paludi era
no diventate una bella pianura agricola che i cartografi non avevano riportato sulle carte n ell’attesa che tale bonifica fosse finita. Dopo ave
re fatto giustiziare i suoi cartografi e bruciare tutte le sue carte, l ’im peratore trascorse gli ultim i anni della sua vita capitanando il suo eser
cito per cacciare i Barbari » 4.
La carta non è il territorio e l ’uno non è sostituibile con l ’altro.
Nessuna rappresentazione, per precisa che sia, può dispensarci dal ri
torno alla realtà. La realtà prende forma nella durata, m entre la carta non è altro che lo spaccato di un momento del tempo. L ’azione del potere è im prigionata tra i due lim iti della duplicazione e della sosti
tuzione. Ed è indubbiam ente ciò che rende pericoloso l ’esercizio del po
tere: c h i t r o p p o ca lca la re a ltà n e è a c c e c a t o , c h i t r o p p o s e g u e il m o d e l l o d i m e n t i c a la realtà. In ambo i casi si utilizza la carta in modo erroneo.
A c h e p u n t o s i a m o al g i o r n o d ' o g g i ?
Ci manca una teoria della scala geografica che perm etta di u tiliz
zare correttam ente tutte le carte di cui disponiamo. “U tilizzare corret
4 Apologo personale.
tam ente" nel senso di scegliere la scala cartografica adatta a ll’azione geo
grafica prevista.
Prendiam o, ad esempio, le carte geopolitiche. G li A tlanti geopoli
tici si m oltiplicano ad un ritm o sorprendente. Cosicché ci si sforza di dimostrare, con carte a piccola scala, che le forze in presenza di tale o tale blocco controllano, o controlleranno se lo desiderano, le poste in gioco che interessano loro. A dir il vero ciò non dimostra niente, se non che gli autori di questi A tlanti sono m otivati da un’ideologia riduttrice e intendono giustificare la politica di un paese o l ’altro e per di' più le sue spese m ilitari. L a carta omogeneizza la realtà. L ad
dove ci sono differenze occorre generalizzare e sintetizzare. Queste sin
tesi imprimono im m agini nella mente d ell’osservatore.
In quanto strumento di potere, la carta tende a diventare stru
mento ideologico che riesce, a scapito di pochi sforzi, ad incidere del
le im m agini nelle menti. Non più d ’un testo, una carta non è "neutra
l e ”, e bisogna im parare a saperlo e a riconoscerlo. G li Stati M aggiori sono nella stessa situazione che l ’im peratore d ell’apologo: concepisco
no tutto su grande scala. Agiscono facendo un andirivieni ininterrot
to tra carta e territorio.
N ella pianificazione territoriale si riscontra lo stesso problema. Una buona pianificazione è quella che costruisce tutte le tappe interm edie tra un piano direttore e la realtà articolando l ’uno a ll’altro. Occorre evitare la duplicazione così come la sostituzione.
il
EUGENIA BEVILACQUA
LA CONTERMINAZIONE