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Durante la sosta ferrarese, il manipolo di segretari cui Zuanne

apparteneva decideva di approfittare della vicinanza per visitare anche Bologna. Da Ferrara pare siano partiti, più che il Giovedì Santo di cui parla Zuanne, in un’ora antelucana del venerdì, raggiungendo «un loco chiamato La Cadena» cui probabilmente corrisponde il valico del fiume Reno detto, appunto, della Catena in documenti antichi93. Preso allog-gio alla «Osteria del Lion» di Bologna e rinfrescatisi, Zuanne e gli altri raggiungevano San Petronio per le celebrazioni del giorno, imbattendosi nel legato apostolico (il «presidente», come lo chiama Zuanne, ossia il governatore pontificio di Bologna e delle Romagne: era all’epoca Giovanni Maria Ciocchi del Monte, futuro papa Giulio III) e nella folla dei notabili cittadini. Il diario, dopo generici apprezzamenti sull’interno della catte-drale, tiene conto dei cantieri allora aperti sulla Piazza Maggiore, for-nendo utili indicazioni sulla durata del riassetto del palazzo del Podestà, prospiciente San Petronio: è questo il «belissimo palazo» situato «a l’im-peto de la giesia», che seppure oggetto di restauro e ampliamenti dalla metà del Quattrocento appariva, quando Zuanne lo vide, ancora «non [...]

91 Tanto più che fra i motivi addotti da Ercole per fare incarcerare alcuni dei francesi legati a Renata vi era la mancata Adorazione della Croce nella liturgia del Venerdì Santo (FonTana 1885, 25).

92 Commentario delle cose di Ferrara 1556, 205.

XLIII

compito» [130], presumibilmente per la mancanza del coronamento in

merlatura, nemmeno successivamente realizzato e, forse, perché si stava attendendo alla ristrutturazione del portico in facciata e alla sostituzione del colonnato con i pilastroni a bugne tuttora presenti94. Nonostante queste iniziative, Bologna risulta agli occhi di Zuanne d’aspetto antiquato («La cità poi è antiqua»), probabilmente per le numerose torri medievali che ancora la costellavano (ma a essere menzionate sono, scontatamente, solo quelle degli Asinelli e della Garisenda) e per il fatto che, come avrebbe ricordato pochi anni dopo Leandro Alberti95, in larga parte palazzi e altri edifici cospicui continuavano ad avere il paramento in cotto invece che in pietra, derogando così al canone architettonico più aggiornato. Di qui la valutazione del diarista sugli interni delle dimore, a suo dire comples-sivamente migliori degli esterni («ha de belissimi palazi, assai più belli dentro che di fuori»).

Il congresso di Bologna del 1530 che sancì la riconciliazione di Clemente VII e Carlo V dopo il Sacco di Roma era stato avvenimento di troppa importanza perché persino Zuanne, normalmente disattento alle questioni politiche, non ne proiettasse il ricordo sui luoghi visitati; e si può ben credere che vivissima fosse rimasta la memoria presso i bolognesi del lungo soggiorno imperiale, dal novembre 1529 al marzo dell’anno seguente, e dei sontuosi apparati allestiti per l’augusto ospite96. Nel diario si menziona l’evento a proposito del Palazzo comunale, anch’esso affac-ciato su Piazza Maggiore, di cui soprattutto colpisce la funzione di sede della luogotenenza pontificia (incominciata con Giulio II ai primi del secolo) e le solenni forme architettoniche, comprensive queste ultime del monumentale scalone cordonato («salizato de modon over quadrelli»: cioè selciato di laterizio) del Bramante97:

94 MalaGuZZi Valeri 1899, 40, 110-111; TuTTle 2001, 18, 35, 51; ruBBi 2010, 73-75 e note.

95 alBerTi 1543: «Quanto agli edifici della Città così Publici, come privati, molti si ritrovano sontuosamente fabricati, e sono in tanta copia (vero è di pietra cotta) quanto in altre Città d’Europa. Ben è vero che in alcuni luoghi veggionsi di più preciose pietre e marmi ornati, che qui a Bologna per haver quelli abbondanza di dette pietre, overo da conducerle agevolezza, cose alli Bolognesi denegate» (Diir).

96 Cronaca del soggiorno di Carlo V in Italia, 111-246.

97 MalaGuZZi Valeri 1899, 100. La possibilità dichiarata da Zuanne di salire le rampe con veicoli a traino è realistica, e congruente con la testimonianza del cronista bolognese Niccolò Sec-cadenari che, registrando la costruzione per l’agosto 1510, ricorda come furono fatte tutte le scale del Palazzo di pietra dove se li puol andar a cavallo sino in cima al Palazzo» (Historia di Bologna, citata in TuTTle 2001, 49).

XLIV

Da la banda sinistra, uscendo fuori del domo, è il palazo dove sta ditto pre-sidente, et ivi stano le sue guardie de molti lanzichinechi; nel qual palazo allozò il papa et lo imperatore alla sua incoronatione. Potria andar suso quasi doi carra alla volta, et è salizato de modon, over quadrelli, la schalla over schalle de ditto palazo [131-132].

I tempi stretti – una sola giornata – a disposizione della comitiva convinsero a visitare soprattutto edifici ecclesiastici: San Sigismondo, non lontana da San Petronio, e il complesso delle cosiddette Sette Chiese, di cui Zuanne, oltre a Santo Stefano e al Santo Sepolcro, «fatto a modo de quello de Hierusalem, como se dice et è fama», certamente visitò la cappella dei Santi Vitale e Agricola. Benché non ne sia fatta esplicita menzione, questa chiesa è riconoscibile dietro alla nota sulle presunte reliquie di san Pietro in essa custodite: il rinvenimento nel 1141 d’un’iscrizione con il nome Symon aveva dato adito alla leggenda che ivi fosse stato sepolto il primo pontefice98. La meraviglia di Zuanne tocca però l’apice davanti alla chiesa e al convento degli Olivetani di San Michele in Bosco, sulla collina appena fuori di porta san Mamolo. La sua valutazione, «bella e più che bella», si adegua all’imponente struttura monumentale che l’edificio, fon-dato alla metà del secolo precedente, aveva assunto con gli ampliamenti disposti dall’ordine (i «fratti bianchi» di cui parla Zuanne, postillando a ragione che «sonno molto richi») a partire dal 1514. I cantieri erano del resto ancora aperti: nel 1535 il dormitorio conventuale era da finire, e solo nel 1540 il refettorio ebbe compimento, pronto a ricevere gli affreschi di cui il Vasari era stato incaricato l’anno avanti99. Zuanne dovette estasiarsi dinanzi ai sontuosi paramenti marmorei interni ed esterni, con la porta della chiesa eseguita su disegno che Baldassarre Peruzzi aveva fornito fin dal 1522100 e ai setti presbiteriali riccamente decorati da Bernardino da Milano. A quest’ultimo è riconducibile anche la realizzazione della cosidetta Cappella dell’orto di sopra, discosta dall’edificio principale: dovrebbe essere a essa che Zuanne accenna col dire di «un’alta giesietta belissima, hornata con li soi altari et fornimenti de diverse sorte como se richiede, tanto ben che nihil supra», riferendosi ai preziosi intagli lapidei e alle pitture di Innocenzo da Imola che ne decoravano l’interno101. Come

98 PeTracchi 1747, 176; Melloni 1773, 51; ouSTerhouT 1981, 314; Sette colonne e Sette chiese, 101.

99 MalaGuZZi Valeri 1895, 50, 53.

100 Ivi, 35.

XLV

in altre occasioni, il prete di San Foca si dimostra impressionato dall’ot-tima qualità dell’organo attivo presso la chiesa. Era lavoro compiuto un decennio prima dal bresciano Giovan Battista Facchetti102, un artefice le cui opere furono varie volte incrociate dal nostro cronista – per esempio a Brescia e Asola –, e sempre elogiate pur non essendo a lui nota la loro comune paternità103.