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3.4 L’istanza narrante

3.4.2 Il tempo della narrazione

3.4.2.2 La durata

Considerando la durata del tempo di fruizione di un racconto, possiamo osservare come leggere un libro o vedere un film, comporti due durate differenti. La durata di un romanzo dipenderà dal numero di pagine di cui questo è composto, ma ogni lettore impiegherà un tempo diverso per completarne la lettura, eventualmente interrompendola e riprendendola più volte e determinando una durata soggettiva della fruizione più veloce o più lenta.

Diversamente, la durata di un film è determinata dalla lunghezza della pellicola impressionata e una volta iniziato questo ha sempre la stessa durata per tutti gli spettatori. Sarà possibile interrompere la visione, procedere più velocemente o lentamente o rivedere più volte lo stesso episodio, nel caso in cui il film venga trasmesso da un lettore DVD o VHS.

E proprio questo diverso rapporto con il tempo esercita un’influenza decisiva sul trattamento che un racconto scritto riceve al momento della trasposizione cinematografica: vi sono differenze di ritmo, di cadenza degli episodi principali e la necessità di riscrivere intere scene che devono far procedere la narrazione, secondo modalità conformi al mezzo filmico.

Anche per quanto concerne la durata è possibile distinguere tra la durata della storia e la durata del racconto. La durata del racconto coincide con la durata del film, mentre è possibile ricavare la durata della storia ricostruendo gli eventi che la storia del film racconta e che l’istanza narrante provvede a selezionare. Le parti poco rilevanti per lo sviluppo narrativo vengono tagliate e ridotte alla durata delle due ore di racconto, che solitamente è inferiore alla durata della storia.

Inoltre, sono elementi importanti da considerare anche il ritmo narrativo secondo il quale vengono organizzati e mostrati gli eventi, che solitamente è funzionale alla drammatizzazione della storia. Genette (1972) individua cinque diverse relazioni temporali tra la durata della storia e la durata del racconto.

1. Pausa: quando non vi è durata diegetica e quindi la durata della storia è nulla, mentre il racconto ha una determinata durata. In letteratura ciò equivale alla descrizione, momento in cui la storia non procede sulla linea dello sviluppo temporale. Nel cinema, una descrizione viene resa utilizzando i movimenti di macchina, che riprendono un ambiente particolare in cui non si svolgono azioni rilevanti per lo sviluppo narrativo, come ad esempio la panoramica di un paesaggio come momento prettamente descrittivo10. Un altro esempio, in cui la durata della storia è

10 In realtà le immagini sono fortemente descrittive, perché la miriade di elementi e dettagli che le

nulla, mentre prosegue la durata del racconto è il fermofotogramma, per cui l’immagine viene fermata davanti agli occhi dello spettatore.

2. Estensione: quando il tempo del racconto è maggiore al tempo della storia e quest’ultimo non è nullo. Potrebbe corrispondere ad una scena girata al rallentatore. In letteratura è possibile che un evento dalla durata relativamente breve, come ad esempio il gustare un caffè, diventi il punto di origine di lunghe digressioni che propongono le riflessioni del personaggio o episodi particolari che esso ricorda, presentando una narrazione di azioni o eventi più lenta di come questi siano avvenuti o siano stati compiuti. Nel cinema invece, sono rare operazioni di questo genere. Per aumentare la durata del racconto rispetto all’evento rappresentato, è possibile utilizzare il meccanismo dello slow-motion, per cui il tempo filmico sarà superiore all’effettiva durata dell’azione mostrata, enfatizzando alcuni momenti particolari, la cui durata naturale è molto veloce. È possibile aumentare la durata del racconto introducendo nella storia eventuali immagini extradiegetiche, anche qui enfatizzare o sottolineare particolari azioni o atteggiamenti dei personaggi, confrontandoli o associandoli a immagini descrittive o simboliche che non appartengono alla storia di cui esso fa parte. Un’altra operazione con cui estendere la durata del racconto è la rappresentazione di un evento giustapponendo immagini dello stesso riprese da diverse angolazioni e proponendo la ripetizione di un evento che accade una sola volta, anche in questo caso ottenendo un effetto di enfatizzazione di quanto mostrato. 3. Scena: quando il tempo del racconto è uguale al tempo della storia. Nel

caso di un romanzo, ad esempio, ciò si verificherà al momento delle scene di dialogo. Nel cinema, l’inquadratura di un evento rispetta la durata di quanto mostrato, se non si utilizza effetti di velocizzazione o rallentamento, come anche tutte le successioni di immagini che rappresentano un episodio narrativo compiuto, in cui non vi sono salti spazio-temporali.

deve ordinarle in successione. Sostanzialmente, il cinema non separa descrizione e narrazione ma descrive narrando (Cremonini, 1988).

4. Sommario: quando il tempo del racconto è minore al tempo della storia, per eliminare dettagli inutili o accelerare il tempo della narrazione. In letteratura si ha la narrazione di eventi durati alcuni mesi o anni in alcuni paragrafi o alcune pagine, senza descrivere azioni particolari. In un film, vengono create analogamente le sequenze, quindi un insieme di immagini giustapposte che costituiscono un episodio narrativo, il quale però, diversamente dalla scena, presenta al suo interno salti spazio-temporali. Alcune azioni che possono risultare poco importanti o del tutto superflue nell’economia della storia, possono venir riassunte in momenti salienti, invece di riprenderle nella loro interezza, contraendo il tempo diegetico. Oltre alle sequenze ordinarie, vi è anche una diversa tipologia rappresentata dalla sequenza ad episodi, detta anche sequenza di montaggio, quando una rapida serie di immagini relativamente brevi, separate da dissolvenze, mostra aspetti parziali di un periodo temporale lungo. Per esempio, un episodio che racconta l’ascesa al successo di un campione sportivo alternando immagini in cui si vedono scene di vittoria a immagini di quotidiani sui quali compaiono titoli sempre più evidenti degli articoli che riportano il suo sviluppo di carriera. Considerando il film nella sua interezza, il tempo del racconto sarà quasi sempre minore rispetto al tempo della storia, che racconterà vicende della durata di giornate, mesi o anni.

5. Ellissi: quando il tempo del racconto è nullo, mentre vi è una durata della storia. Si tratta di una soppressione temporale che può avvenire tra due azioni, due scene o due sequenze o all’interno di una sequenza. Si ricorre all’ellisse per eliminare i tempi morti, le vicende che non sono funzionali alla drammatizzazione di quanto raccontato e quindi non sono essenziali per determinare il ritmo della narrazione, ecc. Solitamente le ellissi sono percepibili nel passaggio da un’immagine all’altra o da un episodio all’altro.

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