• Non ci sono risultati.

Il cinema delle origini non nasce come cinema narrativo ma piuttosto come strumento di registrazione, riproduzione e documentazione del reale. Si pensi ad esempio ai primi film girati dai fratelli Lumière, che documentano l’uscita dei lavoratori dalle officine Lumière5 oppure l’arrivo del treno alla stazione di La Ciotat6, presentando allo spettatore scene di ordinaria quotidianità.

4 Il rapporto tra narrazione cinematografica e letteraria è stato esplorato soprattutto in questa

prospettiva, con l’intento di analizzare le forme e le strutture della narrazione basandosi su metodi strutturalisti. A partire dalle analisi sulle funzioni narrative delle fiabe russe di V. Propp contenute nel volume intitolato Morfologia della fiaba, diversi linguisti, semiologi, teorici del cinema hanno contribuito con le proprie ricerche ad individuare i meccanismi di funzionamento e gli elementi minimali della narratività di un testo, tra cui R. Barthes, C. Bremond, S. Chatman, U. Eco, G. Genette, A. J. Greimas, T. Todorov.

5 Titolo originale del film La Sortie de l’usine Lumière, film girato dai fratelli Lumière, compreso

tra le dieci opere che vennero proiettate al primo spettacolo pubblico di cinematografo nel dicembre 1895 a Parigi.

Nonostante ciò, anche nel cinema delle origini è possibile individuare storie strutturate in forme molto semplici, come quella messa in scena ne L’innaffiatore

annaffiato7, che si compone di:

- un esordio (il giardiniere innaffia un giardino);

- un intrigo (un ragazzo mette un piede sulla pompa fermando il flusso dell’acqua, il giardiniere osserva perplesso l’estremità della canna, il ragazzo toglie il piede e l’acqua riprende a scorrere spruzzando la faccia del giardiniere);

- uno scioglimento (il giardiniere rincorre il ragazzo e lo punisce sculacciandolo);

- un epilogo (il giardiniere riprende indisturbato il suo lavoro).

È possibile notare come gli eventi che costituiscono la trama sono connessi da legami causa-effetto. Una situazione di equilibrio iniziale viene trasformata da una serie di azioni (compiute dal ragazzo) che portano ad un disequilibrio, che a sua volta determina una nuova serie di azioni permettendo di ripristinare una situazione finale di equilibrio. L’azione rappresentata accade in perfetta continuità spaziale e temporale, l’inquadratura non cambia mai e gli eventi si susseguono dall’inizio alla fine senza ellissi.

Soltanto alcuni anni dopo si vedrà lo sviluppo di una tecnica narrativa cinematografica vera e propria, il montaggio, che darà al cinema la possibilità di creare uno spazio e un tempo propriamente narrativi. Grazie al montaggio, ad un semplice passaggio di inquadratura (stacco), il cinema potrà gestire il racconto, avvicinarsi o allontanarsi da qualcosa, mostrare un intero spazio o un particolare, passare in un attimo da un luogo ad un altro, e far passare in una frazione di secondo minuti o milioni di anni (ellissi), saltare dal presente al futuro (flashback) o tornare al passato (flashforward).

L’incontro tra cinema e narrazione si ha quando da mero spettacolo fieristico, esso ambisce ad acquisire legittimità quale nuova arte, che parimenti alla letteratura e

al teatro poteva essere in grado di raccontare storie interessanti. Fin dagli inizi della storia del cinema l’adattamento di opere letterarie per il cinema è molto diffuso. La maggior parte dei primi film realizzati consistono infatti nella trasposizione di racconti e romanzi per lo schermo: Cenerentola (1900), I viaggi

di Gulliver (1902), Malombra (1917), tendenza che si è mantenuta per tutto il

corso della storia della settima arte, passando per adattamenti delle opere di grandi autori come Shakespeare, Verga, Pirandello, Moravia, fino ai nostri giorni e spesso con notevole successo (come dimostrato dai recenti film adattati dalla serie di romanzi per ragazzi Harry Potter ma anche i film tratti dai romanzi di Tolkien o da quelli dell’autore svedese Stieg Larsson).

La letteratura come fonte di storie, schemi narrativi, personaggi e vicende è da subito

“di appoggio al cinema e in misura assai rilevante. […] si diffuse ben presto la convinzione che il patrimonio delle storie scritte era una fonte di sostentamento quanto mai opportuna, e anche una garanzia, un richiamo per un pubblico che si andava estendendo” (Tinazzi, 2007: 10).

Il cinema rendeva così accessibile al pubblico non alfabetizzato un vasto patrimonio letterario, prediligendo la riproduzione fedele di opere e autori amati dal pubblico. In Italia diversi autori avevano lavorato come soggettisti o adattatori di opere letterarie per il cinema, tra cui anche Verga, D’Annunzio e Gozzano. La letteratura garantiva in questi primi decenni del ventesimo secolo una “nobilitazione” ad una forma di spettacolo ai propri inizi. Non vi era una predilezione particolare per determinati generi, venivano adattati per il cinema sia racconti popolari, che libretti di opere liriche, opere teatrali, biografie, romanzi fino alle opere classiche8 di autori come Dante, Ariosto e Tasso.

Alcuni di questi autori, pur avendo partecipato all’adattamento di alcune proprie opere per il cinema, avevano manifestato insoddisfazione per la trasformazione che le opere subivano nel processo di adattamento per lo schermo, visti i tagli e le

modifiche, tanto da non voler vedere citato il proprio nome9 in quelle produzioni (Tinazzi, 2007).

Se in qualche modo il testo letterario veniva penalizzato per la necessità di adattarlo ad una nuova tipologia di racconto, d’altra parte, proprio grazie alla scelta di raccontare delle storie il cinema comincia a sviluppare strumenti specifici e figure particolari. Tra i primi registi del cinema delle origini, l’americano David Wark Griffith sviluppa tra il primo e il secondo decennio del Novecento, il montaggio parallelo o montaggio alternato, con il quale mette in connessione due episodi narrativi che avvengono contemporaneamente in due luoghi diversi e lontani. Per questa operazione egli si era ispirato proprio al racconto letterario di autori come Dickens e altri, che nei loro romanzi introducevano frasi come “Mentre la protagonista era coinvolta in questi terribili fatti, molto lontano da qui si svolgeva un’altra scena…” e interrompevano il capitolo per raccontare un altro episodio lasciando il lettore sulle spine (Lotman, Tsivian, 1994).

Il cinema quindi, attinge dalla letteratura elementi narrativi quali eventi, ambienti e personaggi, che nel racconto per immagini vengono gestiti attraverso dispositivi specifici propri tra cui il montaggio.

Documenti correlati