Antonio Cassatella Discussant
SOMMARIO: 1. Introduzione. 2. Regola ed eccezione nel sistema dei con-
tratti pubblici. 3. Regola ed eccezione nel diritto ambientale. 4. Regola ed ec- cezione nella tutela dei diritti umani. 5. Regola ed eccezione nel diritto proces- suale civile. 6. Regole, eccezioni, pensiero sistematico.
1. Introduzione
Ragionare sull’eccezione “nel” diritto – ed in particolare nel diritto pubblico – è tema impegnativo, perché è inevitabile toccare molteplici profili di teoria generale (struttura della regola e dell’eccezione; com- pletezza dell’ordinamento, esistenza stessa di un sistema normativo; in- tegrazione del sistema a mezzo di criteri extralegali di integrazione del diritto positivo); di sociologia e politica del diritto (capacità di innova- zione propria di ciascun sistema; qualità e quantità della regolazione; ruolo del legislatore e della giurisprudenza nella produzione di nuove norme; rapporti fra differenti sistemi normativi, statuali e sovrastatuali); di interpretazione del diritto positivo (rapporti fra fonti; soluzione di an- tinomie giuridiche; tecniche interpretative).
Già in partenza, il giurista si trova del resto in forte imbarazzo nel definire lo stesso concetto di “eccezione”1: ciò, sia perché non è chiaro
1 Solo per limitarci a richiamare le sintetiche definizioni offerte dal Dizionario
Treccani, l’eccezione è il caso che esce dalla regola comune, come pure qualunque atti-
vità di difesa del convenuto. Tralasciando le problematiche di ordine processuale, va da sé come la definizione di caso che fuoriesce dalla regola comunemente applicabile sia di per sé portatrice di non poche ambiguità: si pensi, per esemplificare, al problema pre- liminare inerente alla ricerca ed alla definizione della regola (disposizione, norma) co- mune, alla quale riferire poi l’eccezione.
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cosa sia intrinsecamente l’eccezione, e come si rapporti rispetto a fe- nomeni affini, come la deroga o la lacuna del sistema, sia perché sem- bra venuta meno, a monte, l’idea stessa di ciò che è regola immutabile, se non a mezzo di eccezione, e, con essa, il presupposto stesso per rap- presentare ciò che è normale – e come tale “normato” – e ciò che è ec- cezionale.
Se regola ed eccezione sono concetti apprezzabili solo in una pro- spettiva relazionale, è difficile chiarire il contenuto della stessa relazio- ne, laddove non vi sia concordanza sulla definizione dei termini che la compongono: la logica aristotelica può certo aiutarci a comprendere come la regola “a” sia cosa diversa dall’eccezione “non a”, ma, a mon- te, resta aperto il problema di definire tanto il contenuto di “a” quanto quello di “non a”.
Può dunque affermarsi come tutto il tema in esame sia caratterizzato da un certo grado di vaghezza, al punto che, richiamando una locuzione molto cara agli studiosi del diritto amministrativo, l’eccezione sarebbe essa stessa un “concetto (giuridico?) indeterminato”2.
Ci si potrebbe spingere oltre, evidenziando come ogni discussione in materia imponga di riflettere sulla stessa possibilità di determinare, in senso univoco, il significato e l’efficacia della regola e dell’eccezione nell’ambito di un dato sistema, aprendo interessanti prospettive interdi- sciplinari sul rapporto fra scienza giuridica e scienze logico-matemati- che: se già queste ultime sembrano caratterizzate, per l’opera di Hei- senberg e Gödel, dai principi di indeterminazione ed incompletezza del sistema, non sembra fuori luogo ipotizzare che i medesimi rilievi pos- sano applicarsi con riferimento alla stessa struttura logico-formale degli ordinamenti giuridici positivi, mettendo in dubbio la stessa possibilità di individuare un’autentica relazione logica fra ciò che si designa no- minalmente come “regola” ed “eccezione”3.
2 Su questi aspetti, cfr. F.P
UPPO, Dalla vaghezza del linguaggio alla retorica foren-
se. Saggio di Logica giuridica, Padova, 2012.
3 Che le teorie gödeliane possano essere riferite a tutti i sistemi formali – compreso
anche il sistema giuridico positivo – è ben messo in evidenza, tra gli altri, da F.PUPPO,
op. cit., pp. 132 ss. Altrettanto significativi, pure in chiave interdisciplinare, gli appro-
fondimenti di R.BIN, A discrezione del giudice. Ordine e disordine nella prospettiva
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I contributi dei giovani studiosi che hanno partecipato al seminario trentino sembrano confermare gli anzidetti rilievi, seppur da differenti punti di vista e con diversi metodi di analisi.
2. Regola ed eccezione nel sistema dei contratti pubblici
Già lo scritto di Cristanelli desta interesse nel tentare una distinzione fra diverse tipologie di eccezioni nell’ambito del diritto amministrativo: con riferimento alla materia dei contratti pubblici, l’autore individua alcune eccezioni che completano il sistema, eliminando le lacune insi- ste nella disciplina positiva, di cui rispecchiano i valori di fondo (c.d. eccezioni evolutive); a queste si aggiungono le eccezioni che si pongo- no in antitesi al sistema, integrandone ed arricchendone le regole ed introducendo nuovi valori o assetti di interessi, a prezzo della sua coe- renza ed uniformità (c.d. eccezioni eccezionali).
Al primo tipo apparterrebbe la disciplina dell’organismo di diritto pubblico, che completerebbe il sistema nella parte in cui permette di estendere la ratio sottesa alla disciplina dell’evidenza pubblica anche a soggetti che, sotto il profilo logico-formale, potrebbero essere apparen- temente estranei alla disciplina del Codice dei contratti pubblici; al se- condo, la disciplina dei costi del personale non ribassabili, frutto di scelte legislative contingenti che male si armonizzano con valori già storicamente connaturati al sistema, come l’autonomia dell’appaltatore e l’apertura concorrenziale delle procedure di pubblica evidenza.
A conferma del fatto che il concetto di eccezione sia quantomeno ambiguo, Cristanelli individua anche delle ipotesi intermedie, cui ap- parterrebbe l’istituto – di creazione giurisprudenziale – del ricorso inci- dentale c.d. escludente, oggetto di differenti interpretazioni da parte della giurisprudenza amministrativa di primo e secondo grado, del- l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato e della Corte di giustizia. La tormentata ricerca di regole ed eccezioni nell’ordine di esame del ricor- so principale e del ricorso incidentale escludente rispecchia opzioni in- terpretative e di valore che variano sul piano storico, al punto che il rapporto fra regola ed eccezione può essere colto solo in chiave diacro- nica.
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Sin qui nulla di nuovo, se non fosse che l’esempio spiega in maniera plastica come lo stesso concetto di regola e di eccezione muti nel tempo e non sia determinabile a priori: le note oscillazioni della giurispruden- za amministrativa, sul punto, non sarebbero altro che oscillazioni sul si- gnificato da attribuire a principi “valvola” come quello di effettività e pienezza della tutela, oltre che di parità delle armi processuali, ossia di determinare in chiave univoca ciò che, nell’esperienza concreta, resta indeterminato.
Le osservazioni di Cristanelli possono essere in larga parte suggesti- ve, per quanto, nella ricostruzione formulata dall’autore, sembri essere presente un convitato di pietra, i cui tratti appaiono sfuggenti: si allude al concetto stesso di sistema.
L’autore sembra dare per assunto che un “sistema” esista, o possa essere ricostruito quantomeno con riferimento alla disciplina dei con- tratti pubblici: aspetto su cui occorrerebbe riflettere, quantomeno alla luce degli insegnamenti di Mario Nigro, che già negli anni Settanta – ossia in un’epoca in cui l’esperienza giuridica era comunque meno complessa ed articolata dell’attuale – sottolineava come «le leggi am- ministrative costituiscono un così mostruoso agglomerato di precetti – monchi, contraddittori, oscuri, male scritti e peggio raccordati, pieni di grossolani sbagli e di sconcertanti fraintendimenti delle situazioni di fatto e delle restanti norme […] – che, mentre diventa umoristica la ri- cerca, per l’interpretazione, della volontà del legislatore, l’identificazio- ne della regola vigente finisce per spettare unicamente al giudice am- ministrativo, e questa identificazione innegabilmente è, nella perplessità e polivalenza dei precetti scritti, vera e propria creazione della regola»4.
3. Regola ed eccezione nel diritto ambientale
Una sensibilità di ordine teorico-generale è evidente pure nello scrit- to di Caliceti, che sottolinea con merito la storicità del rapporto fra re- gola ed eccezione, come anche il fatto che esso rispecchi la storicità dei
4 M.N
IGRO, Il Consiglio di Stato giudice e amministratore (aspetti di effettività del-
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valori e degli interessi che sono alla base di ciascun sistema giuridico. Altrettanto interessante, sul versante strutturale ed analitico, la differen- za che l’autore pone fra eccezioni in senso “quantitativo” (ossia regole propriamente complementari della disciplina generale, applicabili a casi non disciplinati dalla regola generale) ed eccezioni in senso “qualitati- vo” (ossia regole che introducono una disciplina derogatoria a quella generale).
Da queste intuizioni si può far discendere la conseguenza per cui le eccezioni quantitative (che si potrebbero ribattezzare “improprie”, o “pseudo-eccezioni”) si iscrivono nello stesso quadro di valori ed inte- ressi alla base della disciplina generale, differenziandola e specifican- dola; le altre eccezioni (qualitative, o meglio “proprie”) non sono che il modo attraverso cui il legislatore rovescia il bilanciamento di interessi alla base della regola principale, creando quindi una nuova regola che si distingue dalla prima sia sotto il profilo strutturale che funzionale o te- leologico.
Su un piano più generale, l’eccezione sarebbe quindi assimilabile ad una tecnica di bilanciamento di interessi propria del pluralismo giuridi- co, e diverrebbe sia uno strumento di flessibilità interna del sistema sia uno strumento utile a risolvere i conflitti con altri sistemi normativi, primi fra tutti quelli di matrice sovranazionale.
Caliceti esplora il problema nella sua concretezza, analizzando la di- sciplina delle eccezioni ambientali previste dall’art. 36 TFUE al princi- pio di libera circolazione delle merci: nella sostanza, il Trattato effettua un bilanciamento di interessi in forza del quale valori di ordine ambien- tale e sanitario possono eccezionalmente prevalere sull’esigenza di ga- rantire la libera circolazione delle merci. Ciò implica che la tutela della salute e dell’ambiente siano valori primari che l’ordinamento europeo, e i singoli ordinamenti statuali, devono tutelare anche a scapito degli interessi economici alla base dell’originario processo di unificazione europea.
Secondo l’autore, si tratterebbe di un’eccezione impropria, laddove la tutela della salute e dell’ambiente cui fa riferimento l’art. 36 TFUE non si porrebbero in antitesi rispetto all’esigenza di garantire la libera circolazione delle merci, ma agirebbero a complemento di questi prin- cipi: il rapporto fra regola (liberalizzazione) ed eccezione (restrizioni)
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potrebbe essere a propria volta riformulato nei termini di consentire la libera circolazione dei prodotti sicuri, vietando solamente quella dei prodotti potenzialmente dannosi, e specificando – per questa via – la regola principale.
Nei termini che si sono visti propri di Cristanelli, si tratterebbe quindi di un’eccezione evolutiva, se non di una mera precisazione della regola, in forza della quale il mercato europeo (come prodotto della liberalizzazione) deve comunque rispettare valori di ordine sanitario ed ambientale.
Va da sé che il vero aspetto problematico, nel rapporto fra regole ed eccezioni, non attiene tanto alla fissazione degli interessi contenuta nel- le disposizioni del Trattato, ma alla loro concreta applicazione: si tratta dunque di un problema di attuazione politico-amministrativa dei princi- pi di diritto europeo, che implica a propria volta una serie di più ampie riflessioni attorno alla natura del potere discrezionale dell’amministra- zione europea e delle singole amministrazioni nazionali.
In tal senso, l’Interessenabwägung alla base delle moderne teorie della discrezionalità altro non sarebbe che una tecnica di comparazione e graduazione fra interessi e valori contemplati dalle norme generali (artt. 34 e 35 TFUE) e dalle norme eccezionali (art. 36 TFUE): i casi cui fa riferimento Caliceti si risolvono, non casualmente, in un sindaca- to di decisioni discrezionali dei Governi nazionali.
Se così è, l’analisi dovrebbe quindi concentrarsi sulla natura del po- tere discrezionale dei Governi, come pure sul rapporto fra politicità e giuridicità delle scelte compiute a livello sovranazionale e nazionale al fine di contemperare i valori in gioco: quello dell’eccezione sarebbe quindi uno “pseudo-problema”, probabilmente fuorviante ai fini della comprensione dei meccanismi politici e giuridici sottesi all’unificazione europea e, più in generale, all’esperienza giuridica.
4. Regola ed eccezione nella tutela dei diritti umani
Nel contributo di Di Bari il rapporto fra regola ed eccezione viene analizzato nella prospettiva transazionale della tutela dei diritti umani e del diritto dell’emergenza, in cui vengono attribuiti all’Esecutivo poteri
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esorbitanti rispetto a quelli usualmente riservati agli apparati ammini- strativi.
Già nelle premesse, questo contributo ha dunque il merito di inqua- drare il fenomeno dell’eccezione sul piano della dinamica del potere e delle modalità attraverso cui il suo esercizio implica bilanciamenti di interessi ed un’attività propriamente decisionale, intesa come selezione fra alternative possibili.
Il diritto dell’emergenza sarebbe un diritto “eccezionale”, meritevole di studio proprio in quanto rappresenta l’ipotesi più problematica, e drammatica, di conflitto fra autorità e libertà.
Secondo Di Bari, l’eccezione opererebbe tanto con riferimento ai presupposti di fatto che permettono l’esercizio del potere quanto alle caratteristiche delle potestà speciali, che possono comprimere in manie- ra significativa la sfera dei diritti e delle libertà di cui i cittadini godono usualmente.
Il tema di fondo – cui non sono estranee le riflessioni condotte sulla categoria schmittiana dello Stato di eccezione, o figure teorico-generali come lo stato di necessità costituzionale5 – concerne i limiti entro i qua- li l’ordinamento può rinunciare alla protezione di valori che gli sono connaturati, al fine di garantire la salus rei publicae.
Come bene sottolinea Di Bari, non si tratta solo di valutare cause e modalità del meccanismo, ma occorre concentrare l’analisi sui suoi ef- fetti di medio e lungo periodo: nel senso che il prolungato o frequente ricorso a strumenti speciali può trasformare non solo l’eccezione in re- gola, ma soprattutto incidere sulla stessa tenuta del sistema, messo in “torsione” dall’utilizzo delle speciali potestà dell’Esecutivo.
L’effetto, negli ordinamenti democratici, potrebbe essere quello di una transizione morbida verso regimi di tipo autoritario: alla stregua di un organismo vivente, il sistema finirebbe per essere assuefatto all’ec- cezione, sino al punto di non riconoscerla o concepirla più come tale.
Contro queste derive, Di Bari segnala il ruolo delle istituzioni so- vranazionali, con specifico riferimento alla Corte Europea dei diritti dell’Uomo, alla Corte interamericana di San José e al Comitato per i
5 Su questi aspetti, in chiave metagiuridica, sono molto suggestive le riflessioni di
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diritti umani: la tutela dei diritti fondamentali e la loro protezione giuri- sdizionale da parte di questi organismi consentirebbe di limitare il ri- corso a poteri eccezionali da parte dei singoli Stati, garantendo la con- servazione di una sensibilità democratica e di alcuni valori fondanti lo Stato di diritto.
È significativo osservare come, in questa chiave di lettura, lo stato di eccezione possa essere “deciso” da parte di ciascun ordinamento, senza che ciò determini il definitivo consolidamento dei suoi effetti, posto che il sindacato giudiziale assicura entro un certo margine tanto il carattere provvisorio quanto la complessiva ragionevolezza dell’eccezione.
Fonti transnazionali e giudici sovranazionali limitano il ricorso a po- testà extra ordinem sia sul piano dei presupposti sia su quello delle mo- dalità di esercizio del potere: mutuando i concetti propri della scienza del diritto pubblico, si potrebbe osservare come il diritto transazionale preveda una serie di norme di relazione e di norme di azione che, da un lato, rafforzano le prerogative degli individui nei confronti del potere pubblico, e, dall’altro limitano intrinsecamente l’esercizio di tale pote- stà mediante il doveroso rispetto di alcuni canoni fondamentali di con- dotta.
Il rapporto fra regola ed eccezione verrebbe quindi ridimensionato sul piano sostanziale e procedurale: l’eccezione dovrebbe essere pur sempre ancorarsi a circostanze tassative, ed implicare un esercizio ra- gionevole e proporzionato del potere.
In tal senso, Di Bari dimostra come i limiti all’esercizio di potestà straordinarie siano quelli che connotano il giusto processo ed il giusto procedimento amministrativo: oneri di comunicazione dello stato di emergenza, indicazione dei suoi presupposti, proporzionalità delle mi- sure adottate, e per alcuni aspetti diritto ad una tutela giudiziale da parte dei singoli individui6.
In sintesi, la “giuridificazione” delle eccezioni permetterebbe di ri- condurle allo stesso sistema valoriale delle regole, giustificando in con- creto l’attribuzione di potestà esorbitanti dalla norma, comunque rispet-
6 Su questi aspetti, cfr. per tutti G.
DELLA CANANEA, Al di là dei confini statuali.
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tose di alcune prerogative individuali fondamentali ed indisponibili da parte dello stesso potere costituito (o costituente).
Anche in tal caso ci si può peraltro chiedere se le problematiche in- quadrate da Di Bari possano essere fruttuosamente affrontate sul piano del rapporto fra regola ed eccezione, o non possano essere semmai colte sul più specifico piano della disciplina del potere pubblico in ambito globale, sfruttando le acquisizioni della dottrina internazionalistica o della più avveduta scienza del diritto amministrativo.
5. Regola ed eccezione nel diritto processuale civile
Lo scritto di Pelle è dedicato all’eccezione processuale, con partico- lare riferimento alle eccezioni di rito, con cui la parte convenuta nel processo civile contesta la divergenza dell’atto avversario rispetto ai parametri normativi di riferimento.
Già in limine, appare evidente come questa tipologia di eccezioni confermi l’ambiguità del termine, e dello stesso fenomeno: l’eccezione non si presenta, in tale frangente, come una deroga alla regola generale, ma come lo strumento che consente di sanzionarne la violazione da par- te di chi è titolato a contestarne la scorretta applicazione.
Anche in tal caso l’eccezione presuppone l’esistenza di un conflitto: ma il conflitto non riguarda il rapporto fra regola generale e regola spe- ciale, quanto le divergenti interpretazioni della medesima regola. Chi agisce in giudizio prospetta una determinata interpretazione (dei fatti e) del rito, mentre chi fronteggia l’attore replica con differenti ricostruzio- ni e prospettazioni.
Se il quadro appare geometrico, Pelle evidenzia come la situazione sia in realtà complicata dal ruolo assunto dal giudice civile nella con- troversia in atto fra le parti: se è chiaro a chi spetta usualmente il potere di agire e di eccepire, la situazione si fa più sfumata nel momento in cui ci si chiede se anche il giudice possa rilevare d’ufficio questioni altri- menti riservate alla parte convenuta, come determinate eccezioni di rito.
Cercando di evitare trappole linguistiche, il problema diviene allora quello di comprendere se la rilevabilità d’ufficio di questioni di rito sia
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fenomeno “eccezionale” o meno, e quali valori siano eventualmente alla sua base.
Pelle evidenzia come nei sistemi positivi la rilevabilità d’ufficio di questioni di rito sia eccezionale, vigendo semmai la regola della rileva- bilità su istanza di parte, cui fa riferimento pure l’art. 157 c.p.c. Con riguardo all’ordinamento italiano, si tratterebbe tuttavia di una preva- lenza solo tendenziale, non mancando importanti ipotesi di rilevabilità d’ufficio.
L’autore sottolinea come il tema, ed il rapporto fra regola ed ecce- zione in punto di eccepibilità delle questioni di rito, rifletta sul piano tecnico-giuridico una più generale questione di ordine politico, già messa in evidenza da autorevole dottrina pubblicistica: si allude alla dialettica fra libertà ed autorità, ossia fra autonomia privata e potere giurisdizionale7.
Nella difficoltà di trovare seri criteri distintivi che consentano di fis- sare la linea di demarcazione fra libertà ed autorità, Pelle sottolinea come le scelte compiute dal legislatore si fondino su criteri di economia processuale, ossia su esigenze di efficienza e flessibilità del sistema: è infatti l’efficienza complessiva del processo a giustificare che le ecce- zioni di rito siano normalmente sollevate dalle parti, ed eccezionalmen- te dal giudice.
A questa regola, Pelle contrappone una serie di eccezioni, che giusti- ficano l’intervento officioso del giudice-autorità, come nel caso para- digmatico in cui la violazione del rito comprima il diritto di difesa della controparte, o, ancora, nei casi limite di assoluta inefficacia dell’atto o