Lorenzo Cristanelli
SOMMARIO: 1. La fattispecie eccezionale. 2. Norma ed eccezione in sistemi
complessi. 3. Eccezioni “eccezionali” ed eccezioni “evolutive”. 4. Alcuni esempi nel diritto dei contratti pubblici. 4.1. Le eccezioni “eccezionali”: i co- sti del personale non ribassabili. 4.2. Le eccezioni “evolutive”: l’organismo di diritto pubblico. 4.3. I casi intermedi: il ricorso incidentale “paralizzante”. 5. Considerazioni conclusive.
1. La fattispecie eccezionale
Qualsiasi fattispecie concreta, che necessiti di qualificazione giuri- dica attraverso la sussunzione nel quadro di una fattispecie astratta, per assumere così significato all’interno di un dato ordinamento, può esse- re, di principio, considerata come fatto-evento o fattispecie eccezionale. Tale fattispecie, infatti, deve essere quanto meno interpretata, cioè com- presa e sussunta, al fine di costituire il presupposto, ad esempio, di una pronuncia giurisdizionale. In un certo qual modo è la realtà che, sempre mutevole e diversa rispetto alla previsione normativa, interroga costan- temente l’ordinamento con una componente variamente marcata di “imprevista” novità. Analogo discorso può farsi per l’azione ammini- strativa e per quella legislativa, con le dovute distinzioni: vi è sempre un dato fattuale che deve trovare “cittadinanza” nel sistema normativo esistente, o attraverso un provvedimento o attraverso una norma.
All’esito di queste operazioni si potrebbe dire che ciò che conta è il grado di innovazione che la riconduzione e sistematizzazione di questa fattispecie concreta all’interno del quadro ordinamentale generale pro- duce. Tale grado di innovazione dovrebbe, secondo la tradizionale di- stinzione dei tre poteri dello stato, essere massimo nel caso di produ- zione legislativa di una nuova norma e, gradatamente, minore nel caso
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del presupposto dell’azione amministrativa e, infine nel caso della deci- sione giurisdizionale. In concreto potrebbe invero esservi il caso in cui un notevole grado di innovazione sia piuttosto il prodotto di una pro- nuncia giudiziale che non di una nuova normativa. In ogni caso qualsia- si elemento non previsto a priori dal sistema, di per se stesso, è nuovo e innovativo. Rappresenta, dunque, un’eccezione a tale sistema.
D’altra parte un ordinamento, quanto più tende alla completezza, at- traverso la previsione del maggior numero di fattispecie astratte e la maggior precisione e minuziosità di esse, tanto più dovrebbe tendere ad essere un sistema completo. Dal punto di vista dell’esperienza pratica è evidente, invece, che la novità della fattispecie concreta è difficilmente sopprimibile, per cui un sistema giuridico non potrà ragionevolmente aspirare ad essere completo prima dell’“incontro” con la realtà fattuale, ma sarà tale, cioè completo, soltanto ex post, vale a dire ad operazione ermeneutica completata, quando la nuova realtà fattuale è divenuta par- te del sistema normativo.
2. Norma ed eccezione in sistemi complessi
In realtà par di poter affermare che tale volontà di giungere, nei vari settori dell’ordinamento, ad una regolazione sempre maggiore e sempre più dettagliata, costituisce uno dei fattori che concorrono a rendere gli ordinamenti contemporanei non già maggiormente completi, ma sicu- ramente maggiormente complessi. La discontinuità delle norme si fa più accentuata e i principi sempre meno percepibili o ricostruibili. In un tale contesto il concetto di eccezione diventa più percepibile sia quanti- tativamente sia qualitativamente, in quanto è il ruolo della norma, inte- sa come regola di condotta che ha ad oggetto una determinata fattispe- cie astratta, coerente con un insieme di regole di cui è parte, che diventa sempre più evanescente.
Ma forse è proprio il destino di ordinamenti di crescente complessità quello di doversi basare, da una parte, sempre di meno su norme e, dal- l’altra, sempre di più su principi (sempre più difficili da ricostruire) e su eccezioni (sempre più difficili da sistematizzare).
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3. Eccezioni “eccezionali” ed eccezioni “evolutive”
Ora, se l’eccezione costituisce quella situazione in virtù della quale il sistema cerca di dare una risposta ad una sollecitazione nuova, posso- no darsi almeno due tipi di tale situazione: quella in cui la novità rece- pita e fatta norma dal sistema imprime ad esso un nuovo, diverso corso, e quella che, pur recepita e fatta regola dal sistema, non riesce, nondi- meno, a legittimarsi come norma, in quanto, in definitiva, non ne è per- cepibile la ratio. Diciamo, per semplicità di esposizione, che le ecce- zioni del primo tipo possono essere definite eccezioni “evolutive”, mentre quelle del secondo tipo eccezioni “eccezionali”.
L’eccezione evolutiva individuerebbe dunque quella modalità attra- verso cui il sistema intende riposizionarsi rispetto ad una realtà non ec- cezionale, ma che abbisogna di una risposta innovativa. L’eccezione eccezionale, invece, rappresenterebbe una discontinuità che – anche laddove sia frutto di attività del potere legislativo – tenderebbe a “de- stabilizzare” il sistema, senza una vera capacità innovativa. Secondo questa impostazione si potrebbe e forse dovrebbe individuare una diffe- rente “dignità” delle diverse eccezioni, operando sulla base dell’analisi della loro ratio. Con la conseguenza che, laddove questa ratio fosse maggiormente percepibile, essa permetterebbe con più probabilità an- che all’eccezione di “sopravvivere” e di innovare il sistema.
4. Alcuni esempi nel diritto dei contratti pubblici
Giova a questo punto illustrare quanto si viene dicendo con alcuni esempi tratti dal diritto dei contratti pubblici che, in quanto sistema a forte complessità, appare un campo particolarmente significativo per individuare eccezioni dei diversi tipi menzionati.
4.1. Le eccezioni “eccezionali”: i costi del personale non ribassabili Quanto alle eccezioni “eccezionali”, cioè che fanno difficoltà ad es- sere ricondotte a sistema, può essere citato il caso dei costi del persona-
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le che, dovendo essere evidenziati nel prezzo dell’appalto, non possono essere soggetti a ribasso in sede di offerta.
L’articolo 82 del decreto legislativo n. 163/2006 (o codice appalti), che disciplina il criterio dell’offerta secondo il prezzo più basso, dispo- ne, al comma 3-bis, che
il prezzo più basso è determinato al netto delle spese relative al costo del personale, valutato sulla base dei minimi salariali definiti dalla con- trattazione collettiva nazionale di settore tra le organizzazioni sindacali dei lavoratori e le organizzazioni dei datori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, delle voci retributive previste dalla contrattazione integrativa di secondo livello e delle misure di adempimento alle disposizioni in materia di salute e sicurezza nei luo- ghi di lavoro.
La disposizione è stata dapprima introdotta, da parte della legge n. 106/2011 di conversione, con modificazioni, del decreto-legge n. 70/2011 (decreto “sviluppo”), in forma sostanzialmente identica a quella attual- mente in vigore, ma nel contesto dell’articolo 81 (criteri per la scelta dell’offerta migliore) e dunque applicabile indifferentemente alle offer- te con criterio del prezzo più basso e a quelle con criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Essa è stata quindi abrogata dalla legge n. 214/2011 di conversione con modificazioni del decreto-legge n. 201/2011 (decreto “salva Italia”) ed infine reintrodotta, nella versio- ne attualmente in vigore, dalla legge n. 98/2013 di conversione con mo- dificazioni del decreto-legge n. 69/2013 (decreto “del fare”), limitata- mente all’ambito del criterio del prezzo più basso.
Già il percorso piuttosto “tormentato” nell’adozione della disposi- zione tradisce un carattere non sistematico ma piuttosto estemporaneo di essa. Ma, anche a prescindere da ciò, nel merito del suo contenuto, ad opinione della gran parte degli operatori del settore, la disposizione crea notevoli disfunzionalità (su tutte incoerenza di sistema, ostacolo rispetto al contenimento dei costi nelle gare pubbliche nonché, secondo taluni, una strutturale inconciliabilità con la tipologia del contratto di appalto, che non tollera una ingerenza del committente nell’organizza-
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zione imprenditoriale dell’appaltatore), ingenerando forte incertezza e perplessità sia tra gli operatori economici che tra le stazioni appaltanti1.
Rispetto a tale disposizione riesce difficile non soltanto rinvenire la ratio (non già le motivazioni sottese alla sua adozione, da ricondurre al desiderio di tutela del lavoro) ma soprattutto, ciò che interessa ai fini del nostro discorso, una sua armonizzazione con il sistema normativo degli appalti pubblici, nel quale è stata inserita. Essa appare, in sintesi, creare più problemi di quanti non intenda risolverne.
4.2. Le eccezioni “evolutive”: l’organismo di diritto pubblico
D’altra parte esistono istituti che, ancorché non appartenenti tradi- zionalmente ad un determinato ordinamento, una volta inseriti nel rela- tivo tessuto normativo, hanno mostrato di sapersi armonizzare con esso.
Pare questo il caso dell’organismo di diritto pubblico, figura ormai consolidata dell’ordinamento europeo nonché di quello degli stati mem- bri e che, in particolare nel quadro dell’ordinamento italiano, ha contri- buito a porre a sistema tutta una serie di difficoltà ricostruttive e di in- terpretazione nell’applicazione o meno di determinate discipline pub- blicistiche ai diversi soggetti dell’ordinamento.
Stabilisce infatti l’articolo 3, comma 26, del codice appalti, che rap- presenta uno degli ambiti più significativi di applicazione dell’istituto, che
l’«organismo di diritto pubblico» è qualsiasi organismo, anche in forma societaria: - istituito per soddisfare specificatamente esigenze di interes- se generale, aventi carattere non industriale o commerciale; - dotato di personalità giuridica; - la cui attività sia finanziata in modo maggiorita- rio dallo Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di di- ritto pubblico oppure la cui gestione sia soggetta al controllo di questi ultimi oppure il cui organo d’amministrazione, di direzione o di vigi- lanza sia costituito da membri dei quali più della metà è designata dallo
1 Cfr., tra gli altri, M.S
ALERNO, Uffici gare in preda ai dubbi: troppe complicazio-
ni, così si rallentano le gare, in Edilizia e Territorio, 36, 2013, p. 5; A volte ritornano. Il prezzo d’appalto al netto del costo del personale e della sicurezza, in www.bosettie
gatti.eu; V.MINIERO, Niente sconti sul costo del lavoro: rischio caos con i paletti del Dl
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Stato, dagli enti pubblici territoriali o da altri organismi di diritto pub- blico.
È incontestabile come tale figura costituisca non soltanto uno stabile istituto così del diritto europeo come anche del diritto nazionale dei contratti pubblici, ma abbia contribuito largamente a chiarire e ad uni- formare l’applicazione di determinate normative tra gli stati membri ed all’interno di essi.
In questo caso la “svolta” impressa dalla novità normativa risponde ad una ratio tanto più percepibile quanto più ragionevole è l’interesse che quella normativa tende a perseguire: contorni più chiari ed estesi nell’applicazione di normative pubblicistiche e uniformazione di detta applicazione nell’ambito di ordinamenti diversi.
4.3. I casi intermedi: il ricorso incidentale “paralizzante”
Esistono poi dei casi, per così dire, intermedi, in cui un’eccezione, pur adottata nel quadro dell’ordinamento per rispondere ad esigenze conclamate e, dunque, dotata di una sua apprezzabile ratio, non riesce ad innovare in maniera permanente il sistema in quanto, ad esempio, viene espunta a seguito di valutazioni di opportunità politica o di com- patibilità rispetto ai principi di quell’ordinamento.
In questo senso può essere inteso il meccanismo della previa analisi del ricorso incidentale bloccante, con cui il Consiglio di Stato ha cerca- to di introdurre una logica deflattiva del carico giudiziario, improntata all’economia processuale, nel quadro dei ricorsi in materia di contratti pubblici. Trattasi, in estrema sintesi, di una valutazione del rapporto tra il ricorso incidentale e ricorso principale che impone la previa valuta- zione del ricorso incidentale laddove questo, andando a sindacare la le- gittimazione del ricorrente principale, determinerebbe, se accolto, l’inam- missibilità del ricorso principale, con conseguente esclusione di una ul- teriore valutazione anche di quest’ultimo. Ciò in quanto, secondo il Consiglio di Stato (Ad. Plen. n. 4/2011),
la legittimazione al ricorso, in materia di affidamento di contratti pub- blici, spetta solo al soggetto che ha legittimamente partecipato alla pro- cedura selettiva.
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Tale impostazione, adottata in particolare dall’Adunanza plenaria del Consiglio di Stato nella menzionata decisione n. 4/2011, è stata in seguito oggetto di perplessità da parte della giurisprudenza di merito e, quindi, da parte del T.A.R. Piemonte, di un rinvio alla Corte di giustizia di Lussemburgo, in quanto ritenuta in contrasto con i principi di parità delle parti, non discriminazione e concorrenza, derivanti dalla normati- va europea relativa all’applicazione delle procedure di ricorso in mate- ria di aggiudicazione degli appalti pubblici di cui alla direttiva n. 2007/66/CE (ordinanza di rimessione n. 208/2012 del T.A.R. Piemonte)2.
Conseguentemente, con decisione del 04.07.2013 (causa C-100/12), la Corte di giustizia dell’Unione europea ha ritenuto l’impostazione de- finita dal Consiglio di Stato in contrasto con i principi dell’ordinamento europeo, statuendo che
se, in un procedimento di ricorso, l’aggiudicatario che ha ottenuto l’ap- palto e proposto ricorso incidentale solleva un’eccezione di inammissi- bilità fondata sul difetto di legittimazione a ricorrere dell’offerente che ha proposto il ricorso, con la motivazione che l’offerta da questi presen- tata avrebbe dovuto essere esclusa dall’autorità aggiudicatrice per non conformità alle specifiche tecniche indicate nel piano di fabbisogni, [la normativa europea] osta al fatto che il suddetto ricorso sia dichiarato inammissibile in conseguenza dell’esame preliminare di tale eccezione di inammissibilità senza pronunciarsi sulla conformità con le suddette specifiche tecniche sia dell’offerta dell’aggiudicatario che ha ottenuto l’appalto, sia di quella dell’offerente che ha proposto il ricorso principale.
5. Considerazioni conclusive
Da quanto siamo venuti dicendo si possono delineare alcune consi- derazioni di sintesi.
Innanzi tutto non solo il sistema giuridico “completo”, ma, di rifles- so, anche la stessa eccezione possono essere percepiti soltanto a poste-
2 Con successiva ordinanza n. 848/2013 anche il Consiglio di giustizia amministra-
tiva per la regione siciliana ha operato un rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia del- l’Unione europea sollevando dubbi analoghi, ma sul diverso presupposto di un numero di partecipanti ammessi alla gara superiore a due (com’era invece stato il caso sollevato dal T.A.R. Piemonte).
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riori; l’eccezione, in particolare, può essere percepita a posteriori sia quanto alla sua eterogeneità rispetto al sistema, sia quanto alla sua ca- pacità di innovare significativamente un sistema. In questo senso, para- dossalmente, l’eccezione si rivela tale, e rivela la sua tipologia, proprio se, e nel momento in cui, è diventata nuova norma.
Inoltre, al fine di valutare correttamente l’incidenza di un’eccezione sul sistema, è necessario prestare attenzione al “giusto” quadro ordina- mentale in cui viene valutata tale incidenza: ciò che è eccezione visto nell’ottica di un ordinamento, può non essere tale, o comunque atteg- giarsi diversamente, visto nell’ottica di un diverso ordinamento (si veda il caso, ad esempio, degli ordinamenti degli stati membri nei confronti dell’ordinamento dell’Unione europea e viceversa).
Venendo poi ad un discorso più propriamente di contenuto, si può affermare che un rilievo dirimente nell’individuazione, discernimento e sistematizzazione dell’eccezione deve essere assunto dall’analisi della sua ratio, quanto meno sotto queste prospettive:
- prospettiva politica democratico-rappresentativa: occorre interrogarsi sulla legittimità dell’istanza che propone/decide l’adozione dell’ec- cezione;
- prospettiva filosofica di giustizia: occorre interrogarsi sulla rispon- denza dell’eccezione a determinati interessi e sul tipo di interessi a cui essa risponde;
- prospettiva giuridica logico-sistematica: occorre interrogarsi sulla ra- gionevolezza dell’eccezione nel quadro dell’ordinamento conside- rato (o degli ordinamenti considerati).
In tutto ciò deve essere chiarito che, dal punto di vista metodologico del giurista, non può essere negletta né aggirata la prospettiva del diritto positivo e, dunque, principalmente, della compatibilità dell’eccezione con le norme poste dall’ordinamento, prima di tutto quelle costituziona- li. Ma appare d’altra parte necessario che tale prospettiva venga integra- ta da una sensibilità sostanzialistica, circa l’opportunità di svolgere al- tresì un’analisi sul contenuto dell’eccezione. In altri termini, l’esistenza di una “regola eccezionale” (sia essa riconducibile al formate legislati- vo, a quello esecutivo o a quello giurisdizionale) si legittima certo in primo luogo attraverso la compatibilità o meno di essa rispetto alle norme ed ai principi di jus positum dell’ordinamento (o agli ordinamen-
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ti) in cui è inquadrata, ma detta valutazione non può esaurire il proble- ma. A fianco di una valutazione di compatibilità “per norme”, occorre addivenire anche una valutazione di compatibilità “per rationes”; effet- tuare una valutazione di compatibilità per così dire “ontologica” rispet- to all’insieme del sistema in cui l’eccezione si inquadra. Ma ciò, in fin dei conti, sembra risolversi nientemeno che in un diverso modo di at- teggiarsi di quella valutazione di ragionevolezza che sempre di più permea le valutazioni di legittimità delle norme giuridiche.