L’ECCEZIONE COME STRUMENTO DI RISOLUZIONE DI UN CONFLITTO TRA INTERESSI
GIURIDICAMENTE RICONOSCIUTI Eugenio Caliceti
SOMMARIO: 1. Regole, norme ed eccezioni: una premessa concettuale. 2. Il
principio di libera circolazione delle merci: gli artt. 34, 35 e 36 TFUE. 3. Il rapporto tra regola ed eccezione rappresentato negli artt. 34, 35 e 36 TFUE prima della “comunitarizzazione” dell’interesse ambientale. 4. Il rapporto tra regola ed eccezione rappresentato negli artt. 34, 35 e 36 TFUE dopo la “co- munitarizzazione” dell’interesse ambientale. 5. Il caso Gamberi di acqua dol- ce, C-131/93. 6. Il caso Api brune di Læsø, C-67/97. 7. Conclusioni.
1. Regole, norme ed eccezioni: una premessa concettuale
Il termine eccezione indica un «allontanamento, notevole ed eviden- te, dalla regola comune»1. Ad esso si contrappone la voce normalità,
quale «condizione riconducibile alla consuetudine o alla generalità, in- terpretata come “regolarità” o anche “ordine”»2. Al lemma normalità si
riconduce l’ambito semantico della nozione di norma, quale «singolo precetto morale, giuridico, tecnico […] riferibile a una formulazione imperativa determinata […] o corrispondente all’ambito della consue- tudine o della generalità»3.
1 G. D
EVOTO, G.C. OLI, Eccezione, in Devoto Oli: vocabolario della lingua italiana
2011, Firenze, 2010.
2 G. D
EVOTO, G.C. OLI, Normalità, in Devoto Oli, cit.
3 G. D
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L’analisi del concetto e della funzione dell’eccezione in un ordina- mento giuridico deve partire dalla constatazione che questo termine permette di indicare differenti fenomeni, in riferimento ai quali mutano i rapporti che lo legano alla nozione di normalità. Partendo dalla confi- gurazione di tale relazione è possibile indicare, in termini non esaustivi, una casistica nella quale l’eccezione viene a connotarsi di specifiche caratteristiche.
Il rapporto tra norma ed eccezione può concepirsi, infatti, in diffe- renti declinazioni non solo con riferimento alle specifiche aree discipli- nari all’interno delle quali l’analisi viene svolta, ma anche in base a come l’ordinamento giuridico, ad un livello più profondo, viene conce- pito e strutturato.
Due sono i fattori rilevanti: la maggior o minor omogeneità dell’as- setto valoriale sotteso all’ordinamento giuridico; la natura qualitativa o quantitativa della differenza che distingue la norma dall’eccezione.
Il rapporto tra norma ed eccezione risulta infatti influenzato, in pri- mo luogo, dalla omogeneità, sistematicità e coerenza dell’assetto valo- riale, sia esso formalizzato o meno in una carta costituzionale, cui è ispirato un ordinamento giuridico e che seleziona e relaziona in un or- dine gerarchico gli interessi di volta in volta tutelati.
Un differente grado di omogeneità dell’assetto valoriale può essere rappresentato, con le semplificazioni del caso, confrontando i testi che hanno espresso il costituzionalismo liberale ottocentesco e quelli demo- cratico-sociali4. Con tale espressione è possibile rubricare quelle espe-
rienze frutto tanto di una reazione ai regimi totalitari sorti nel corso del Novecento, quanto dell’ampliamento della rappresentanza politica ad ogni classe sociale della Nazione5.
4 Si veda C. M
ORTATI, Costituzione, in Enc. del dir., XI, Milano, 1992, p. 215.
5 In tal senso «le esperienze del costituzionalismo democratico hanno espresso il dis-
solvimento del legame che aveva unito in modo indissolubile i congegni di garanzia e di protezione contro il potere sovrano con le esigenze dell’ordine e dell’egemonia borghesi», poiché «dopo la fine della prima guerra mondiale, la società civile fa […] il suo ingresso prepotentemente nello scenario delle costituzioni europee, riversandovi il suo tessuto plu- ralistico e i suoi fattori di conflittualità». Si manifesta quindi «la tendenza all’estensione dei cataloghi dei diritti contenuti nelle costituzioni delle democrazie pluraliste», che «si inquadra in una concezione del ruolo della costituzione profondamente diversa rispetto agli archetipi del costituzionalismo liberale» e che veicola «un continuo processo di utiliz-
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Il rapporto tra norma ed eccezione si modifica, in secondo luogo, a seconda che i precetti contenuti ora nell’una, ora nell’altra, esprimano una medesima ratio o, invece, rationes differenti.
Nel primo caso la positivizzazione di una regola determina una dif- ferenziazione delle norme formali per mezzo delle quali essa viene ad essere applicata. In questo senso appare corretto dire che l’eccezione conferma la regola, anche se si pone in una prospettiva di contraddizio- ne apparente con una norma che quella medesima regola, però, espri- me6. La differenza tra norma ed eccezione sarebbe, in questa prospetti-
va, meramente quantitativa: la norma rispetto alla quale si contrappone l’eccezione risulta tale in quanto applicabile ad una casistica quantitati- vamente preponderante rispetto alla fattispecie in cui la medesima rego- la trova applicazione attraverso una propria declinazione eccezionale7.
Nel secondo caso, invece, siamo di fronte ad una differenza qualita- tiva tra norma ed eccezione: esse esprimono delle rationes sostanzial- mente difformi, che producono una differente regolazione di fattispecie giuridicamente non assimilabili8. Una serie di variabili, relative all’inci-
zazione di valori di unificazione politica» in «un quadro assiologico di orientamento, in- trinsecamente pluridimensionale perché pluralistico» (V. RIDOLA, Diritto comparato e
diritto costituzionale europea, Torino, 2010, pp. 20-24). Si veda anche G. BIANCO, Costi-
tuzionalismo, in Digesto delle discipline privatistiche, sezione civile, Aggiornamento,
VIII, Torino, 2013, pp. 207-250, nello specifico pp. 233 e ss.
6 Assumendone una connotazione forte, l’eccezione «è esclusa dall’omogeneo e pre-
suppone l’eterogeneo e l’eteronomo» (S. PUGLIATTI, Eccezione (teoria generale), in Enc.
del dir., XIV, Milano, 1965, p. 152). Ciò è di per sé incompatibile con un ordinamento
che assiologicamente si presuppone come unità organicamente chiusa e autonoma.
7 Come osservato dal Pugliatti, presupponendo che un sistema venga «considerato
come unità chiusa ed esclusiva [e caratterizzato da] una completa autonomia», «[n]on c’è posto per una vera e propria eccezione, cioè per una regola contra tenorem rationis, intesa la ratio come complesso di princìpi e regole costituenti il sistema o come spirito del si- stema stesso, nella sua più generale (e sintetica) espressione» (S. PUGLIATTI, Eccezione
(teoria generale), cit., p. 152).
8 Tali rationes possono costituire manifestazione di plurimi ordinamenti giuridici, ca-
paci di interagire reciprocamente nel definire la dimensione pratica e storicamente contin- gente di una esperienza giuridica. Come osserva Pugliatti, «l’eccezione […] può provenire da altro sistema di regole, anch’esso autonomo, e capace di influire sul sistema dato, im- ponendogli regole da esso non previste o accolte, o alle quali esso non fa riferimento alcu-
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denza di differenti interessi, produce una diversificazione delle regole, da cui dipende un’alternativa tipizzazione dei fatti. Un alternativo bi- lanciamento degli interessi coinvolti induce l’introduzione di differenti regole, poste in relazione attraverso le categorie della norma e dell’ec- cezione, e come tali rapportate sistematicamente all’interno di un ordi- namento giuridico che risulta capace d’internalizzare i più diversi e dif- ferenti valori. La qualificazione dell’una come regola e dell’altra come eccezione dipende dalla prevalenza dell’un interesse rispetto all’altro, conformemente ad una graduazione predeterminata in via costituzionale o stabilita in sede legislativa9.
I fattori che influenzano la configurazione del rapporto tra norma ed eccezione – il tasso di omogeneità dell’assetto valoriale che informa l’ordinamento giuridico da un lato e la natura qualitativa o quantitativa della differenza che distingue i due termini del binomio – sono peraltro parzialmente correlati.
no, e che non possono ritenersi incluse in esso» (S. PUGLIATTI, Eccezione (teoria genera-
le), cit., pp. 152).
9 Costituiscono esemplificazione di differenti declinazioni di cosa sia l’eccezione i se-
guenti casi. Poniamo che in un ordinamento giuridico venga emanata una norma che per- metta l’accesso a determinate funzioni discriminando sulla base di alcuni criteri. Si pensi ad alcune caratteristiche fisiche che secondo la norma sono necessarie per venir assunti nelle forze dell’ordine. Si presupponga, inoltre, che la medesima norma preveda un’ec- cezione che rende ininfluente il possesso di dette caratteristiche ove l’incarico da assegna- re consista nello svolgimento di mansioni di natura meramente impiegatizia. La norma e l’eccezione costituiscono espressione di una medesima regola, per la quale la pubblica amministrazione ha la facoltà di discriminare, seppur in maniera non arbitraria, tra i sog- getti avendo come criterio alcune caratteristiche correlate oggettivamente al tipo di fun- zioni che verranno ad essere materialmente assegnate. Si presupponga, invece, che la norma preveda, in via eccezionale, che alcuni requisiti fisici, come l’altezza minima, risul- tino ininfluenti nella selezione di soggetti appartenenti, ad esempio, ad una minoranza etnica, che risulterebbe discriminata in quanto l’altezza media dei suoi componenti risulta di fatto inferiore a quella nazionale. In tale situazione l’eccezione e la norma non possono essere ricondotte ad una medesima regola, ma a regole differenti, che rispecchiano inte- ressi differenti. Nel secondo caso, infatti, l’interesse pubblico a promuovere l’accesso a categorie professionali nelle quali una minoranza risulta sottorappresentata risulta preva- lente ad un secondo interesse, quello relativo al selezionare le persone con il profilo che meglio assicura il corretto svolgimento delle mansioni loro affidate.
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In un ordinamento che si presenta assiologicamente omogeneo e coerente, e reso tale anche attraverso una limitazione selettiva degli in- teressi riconosciuti o grazie ad una gradazione differenziata della tutela offerta, sarà più rara l’ipotesi nella quale l’eccezione si presenti come espressione di una contro-regola, alternativa rispetto a quella che è espressione della norma suscettibile di essere derogata.
Analogamente un ordinamento ispirato ad un quadro assiologico composito e pluralista conoscerà con maggior frequenza l’ipotesi nella quale l’eccezione risulti espressione di una ratio diversa rispetto a quel- la positivizzata nella norma cui essa deroga, in quanto espressione di un differente principio e di una regola discordante che ne è l’implementa- zione.
Ritengo che la prospettiva nella quale il rapporto norma-eccezione meriti un maggior approfondimento teorico sia quello nel quale la no- zione di eccezione risulti esprimere non solo una ratio differente rispet- to a quella risposta nella norma, ma anche una modalità operativa per risolvere, in maniera più o meno celata, un conflitto tra regole che esprimono valori e principi differenti.
Proprio dall’analisi delle fattispecie nelle quali tali interessi vengono ad essere posti in relazione attraverso il meccanismo norma-eccezione è possibile ricavare, ove siano interessi riconosciuti su di un piano equi- ordinato, la costituzione materiale che informa l’interpretazione di un ordinamento pluralista10. Attraverso il meccanismo norma-eccezione è
possibile peraltro invertire, sempre alla luce di una costituzione “mate- riale” che informa l’interpretazione sistematica di un ordinamento, la preordinazione che un testo costituzionale riconosce ad uno specifico principio su di un secondo, ritenuto quindi, in sede implementativa, prevalente.
L’individuazione di cosa venga ritenuto eccezionale costituisce lo strumento per fotografare quindi come sia implementato un testo costi-
10 Proprio nella legittimazione del conflitto sociale connesso alla risoluzione, nelle se-
di istituzionalizzate, delle tensioni sorte tra interessi contrapposti, ma giuridicamente rico- nosciuti con l’avvento del costituzionalismo democratico, è possibile rinvenire il cuore delle esperienze costituzionali contemporanee, ossia quell’elemento costitutivamente fondativo della forma di stato anche del sistema costituzionale italiano. Cfr. R. BIN, Che
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tuzionale, sia nel caso in cui ciò avvenga attraverso un bilanciamento legittimamente operato in sede legislativa tra interessi (a fronte del me- desimo grado di tutela assegnato loro nella Costituzione), sia nella si- tuazione in cui l’evoluzione interpretativa del testo costituzionale giun- ga a sfiorare o superare la linea che segna una rottura con l’originaria gerarchia dei valori ivi impressa.
Partendo dal presupposto che per rispondere alla domanda “cosa sia l’eccezione” occorre prestare attenzione alla funzione che essa ha in un ordinamento giuridico, essa è quindi strumento che formalizza un con- temperamento tra interessi confliggenti e che mette in luce i paradigmi usati per implementarli in un ordinamento giuridico pluralista.
L’uso di tale strumento può essere associato a tre problematiche: in primo luogo l’eccezione può far emergere, ove essa sia il risultato di un bilanciamento operato in sede legislativa, una rottura tra costituzione formale e costituzione materiale, in un ambito che attiene quindi alla legittimità sostanziale delle scelte compiute; in secondo luogo la preva- lenza accordata all’uno o dell’altro interesse, che l’eccezione manifesta, si riverbera anche su questioni connesse ad una corretta ripartizione delle competenze tanto nella dialettica sub-nazionale Stato-Regione, quanto a livello sovrannazionale, come avviene, ad esempio, tra UE e Stato membro; in terzo luogo – ove il bilanciamento che conduce a ri- conoscere quale interesse debba prevalere solo in via eccezionale venga operato da organi giurisdizionali – si evidenzia un problema di legitti- mazione democratica delle decisioni assunte in tutte le ipotesi in cui l’interpretazione del testo costituzionale non sia sorretta da parametri che limitino, in qualche modo, una eccessiva discrezionalità11, peraltro
molte volte conseguenza di una colpevole assenza della politica.
Dalle considerazioni svolte si può facilmente desumere la scelta di escludere dall’indagine svolta nel presente contributo una nozione di eccezione che la associa all’eccezionalità di un fatto. Se l’eccezione
11 Tanto il problema relativo ad una corretta ripartizione delle competenze tra Stati
membri e Unione, a fronte della mancata armonizzazione della disciplina tesa a bilanciare la protezione dell’ambiente con il principio di libera circolazione delle merci, quanto quel- lo relativo all’assenza di parametri in base ai quali la Corte di giustizia possa operare il medesimo bilanciamento nell’applicazione diretta dei Trattati sono rilevati da L. KRÄMER,
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trovasse la propria ragion d’essere nel rapporto contingente tra una me- desima regola e una sua differenziata implementazione rispetto a situa- zioni diversificate, persino eccezionali, la natura dell’eccezione diver- rebbe, infatti, argomento da discutere non tanto in sede teorico-giuridi- ca, ma all’interno di un dibattito inter-disciplinare vertente sull’adegua- tezza delle conoscenze tecniche – e sui limiti che le sono posti da una intrinseca inintelligibilità del reale – poste a fondamento delle scelte politiche poi trasposte in norme positive. In questo caso si prevede l’ec- cezione perché la parzialità delle conoscenze poste a base della tipizza- zione tassonomica dei fatti che si vorrebbero “normalizzare” porta a ri- tenere come eccezionali fatti che in verità potrebbero non essere consi- derati tali. Per altro verso, in tale ipotesi, l’eccezione risponderebbe an- che all’impossibilità di ricondurre determinati fatti alla normalità su cui la norma riposa. Questo difetto di conoscenza conduce sia a delle lacu- ne, colmate eccezionalmente in via interpretativa, sia all’esclusione di fattispecie, sempre in via eccezionale, dall’applicazione della norma prevista in via generale. Le medesime aporie possono essere dovute, peraltro, anche alla scelta di uno specifico modello di tecnica legislati- va, in cui si prevedano fattispecie casistiche che irrigidiscono tanto la norma quanto l’interpretazione, impedendo sia una ragionevole regola- zione dei fenomeni normati, sia un adeguamento, in via ermeneutica, dell’ordinamento all’evoluzione tecnico-scientifica o economico-socia- le12.
L’analisi della fattispecie in cui il conflitto tra interessi contrapposti viene ad essere risolto attraverso una loro implementazione in norme ed eccezioni esemplificative di differenti rationes verrà svolta a partire dall’interpretazione data agli artt. 34, 35 e 36 del TFUE, in cui si defi-
12 Un esempio dell’uso di tale tecnica è offerto dall’articolo 38 TFUE, che definisce,
attraverso la nozione di prodotto agricolo, l’ambito nel quale si attua una politica agricola comune di competenza dell’Unione. La definizione di prodotto agricolo viene data non individuando un criterio generale, bensì predisponendo un elenco di categorie, specifica- mente menzionate nell’allegato I del TFUE, di prodotti. Rimane all’interprete il compito di individuare la ratio assunta dal legislatore, che nel caso specifico rimanda alle leggi economiche che governano il mercato di alcuni dei prodotti tra quelli qualificabili, però, come frutto di una attività agricola ai sensi dell’art. 2135 c.c. italiano.
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niscono i limiti eccezionalmente posti al principio di libera circolazione delle merci ivi statuito13.
Lo svolgimento di una analisi a livello comunitario è particolarmen- te significativo in quanto permette verificare la funzione dell’eccezione tanto in un ordinamento informato da un assetto valoriale coerente e omogeneo, come deve essere considerato quello originariamente statui- to nei Trattati del 1957, quanto in un sistema giuridico pluralista qual è attualmente quello comunitario, divenuto tale in seguito alle ripetute revisioni degli atti istitutivi che hanno segnato la sua evoluzione fino ai giorni nostri.
2. Il principio di libera circolazione delle merci: gli artt. 34, 35 e 36 TFUE
L’art. 34 TFUE vieta l’introduzione di «restrizioni quantitative al- l’importazione nonché qualsiasi misura di effetto equivalente». Analo- gamente l’art. 35 dispone il divieto di emanare disposizioni che produ- cano delle «restrizioni quantitative all’esportazione e qualsiasi misura di effetto equivalente»14. Queste due norme sono l’espressione di un
principio, quello di libera circolazione delle merci, a sua volta espres- sione di un interesse, quello teso alla creazione di un mercato comune, e di un valore consistente nella volontà di assicurare un mercato interno concorrenziale e non distorsivo.
L’articolo 36 TFUE menziona una serie di beni giuridici, la cui tute- la rende conformi ai Trattati le misure nazionali che possono produrre, apparentemente, una violazione delle norme contenute nei due articoli
13 Si veda L.D
ANIELE, Circolazione delle merci nel diritto comunitario, in Digesto
delle discipline pubblicistiche, III, Torino, 1989, pp. 60-76; G. TESAURO, Diritto del-
l’Unione europea, Padova, 2012.
14 Sulla nozione di misura di effetto equivalente si veda G. T
ESAURO, Diritto del-
l’Unione europea, cit., pp. 397 e ss.; C. NOVI, Le misure di effetto equivalente nella giuri-
sprudenza comunitaria recente, in Giustizia civile, 1995, 3, pp. 107-125; L.DANIELE, Le
restrizioni quantitative e le misure d’effetto equivalente nella giurisprudenza della Corte di giustizia, in Rivista di diritto europeo, 1984, 3, pp. 147-158; L.A.LANZALONE, Misure
ad effetto equivalente e libera circolazione delle merci nel mercato comune europeo, in Giurisprudenza commerciale, 1994, 5, pp. 740-758.
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precedenti, ma che in verità possono risultare legittime ove non costi- tuiscano una misura «di discriminazione arbitraria» o non siano intro- dotte per dissimulare una restrizione del commercio inter-statale15. Tra
tali beni giuridici vengono menzionati non solo la moralità, la sicurezza e l’ordine pubblico, ma anche «la salute delle persone e degli animali o la preservazione dei vegetali»16.
Gli articoli in questione sono stati certamente tra quelli più utilizzati nel percorso giurisprudenziale cui si deve, in larga parte, la costruzione e il rafforzamento dell’ordinamento comunitario17. Si tratta di una «nor-
ma fondamentale nell’economia complessiva del sistema dell’Unione, non priva di una significativa valenza politica»18. Per i limitati scopi del
presente lavoro basterà ricordare come l’applicazione diretta19 di tali
articoli ha permesso in larga parte non solo di costruire un mercato co- mune, ma anche di tutelare un neo-costituito diritto di accesso, in capo
15 Si veda G. T
ESAURO, Diritto dell’Unione europea, cit., pp. 418 e ss.
16 Tale articolo venne originariamente pensato come norma transitoria, in attesa che si
procedesse ad una tendenziale armonizzazione delle norme riferibili all’immissione in commercio dei prodotti. In tale prospettiva le ipotesi derogatorie contemplate dall’art. 36 vennero applicate dalla Corte in senso restrittivo, tanto da inibire una loro interpretazione estensiva in via analogica.
Vi è una stretta somiglianza tra le eccezioni in parola e quelle menzionate nell’art. XX, lett. b, dell’Accordo generale sulle tariffe doganali e sul commercio del 1994. In dottrina si veda L. MIGLIORINO, Le eccezioni “ambientali” ai principi del GATT nella
prassi dei “panels”, in Diritto del commercio internazionale, 1997, pp. 673-693; S. MID- DEI, L’applicabilità delle eccezioni ambientali nel commercio internazionale di prodotti
geneticamente modificati, in V. DELLA FINA (a cura di), Discipline giuridiche dell’inge-
gneria genetica, Milano, 2008.
17 In questo senso «[n]el processo di integrazione europea globalmente considerato, la
realizzazione di un mercato interno delle merci e dei fattori della produzione – lavoro, servizi, capitali – ha avuto da sempre un ruolo centrale» (G. TESAURO, Diritto dell’Unione
europea, cit., p. 365). Tale centralità è stata confermata dalla Corte, la quale ha affermato
che «gli articoli del Trattato relativi alla libera circolazione delle merci, delle persone, dei