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Eccezioni nel sistema di “sostituzione” dell’inerenza degli interessi passivi

3. Gli effetti dell’indebitamento nella formazione del reddito imponibile

3.3 L’inerenza del costo del debito quale elemento di misurazione della capacità contributiva espressa

3.3.5 Eccezioni nel sistema di “sostituzione” dell’inerenza degli interessi passivi

Sebbene rappresenti la forma interpretativa più coerente con la teoria

aziendale dell’impresa nel rapporto tra fonti di finanziamento ed impieghi, la

“sostituzione” forfetaria dell’inerenza per gli interessi passivi pare

comunque soffrire talune eccezioni.

Precisamente, ciò accade con riferimento ai casi in cui specifiche

disposizioni normative ammettano – ovvero, in taluni casi, impongano –

63 a proposito degli imprenditori soggetti passivi dell’Irpef.

172 Si pensi, per esempio, al caso di interessi con natura risarcitoria come gli interessi di mora o gli interessi compensativi che non siano originati da rapporti aventi causa finanziaria.

una connessione tra gli interessi passivi e determinati investimenti

dell’impresa.

Nel caso di acquisto di beni strumentali, materiali o immateriali, qualora

sotto il profilo contabile gli interessi passivi derivanti dai finanziamenti

contratti per il loro acquisto o per la loro costruzione “in economia” siano

stati capitalizzati

173

, la norma fiscale impone di imputarne il valore ad

incremento del relativo costo fiscalmente riconosciuto

174

. Analogamente

accade – naturalmente in coerenza con quanto effettuato sotto il profilo

contabile – anche per i beni immobili alla cui produzione è diretta l’attività

dell’impresa (così detti “immobili merce”), con riferimento agli interessi

derivanti da prestiti contratti per la loro costruzione o ristrutturazione.

Inoltre, ad oggi, l’eventuale capitalizzazione degli interessi risulta essere stata

estesa non solo ai suddetti “immobili merce”

175

, ma anche ad ogni altra

173 Ciò, in conformità a quanto previsto dai principi contabili applicabili, laddove sia rinvenibile un così detto “finanziamento di scopo”. Tuttavia, come visto in precedenza con riguardo agli aspetti aziendalistici dell’indebitamento, sebbene la normativa civilistica e la prassi contabile (nazionale e internazionale) ammettano la capitalizzazione degli interessi passivi, tale possibilità è posta in discussione in quanto evidentemente incoerente rispetto agli assunti dell’economia aziendale e giudicata, nell’ottica della fisiologia dell’impresa, quale fictio iuris concessa esclusivamente sul piano normativo, ma estranea ai principi economici-aziendalistici; cfr. quanto riportato nella nota 27.

174 Nel corso dell’evoluzione legislativa tale disposizione ha rappresentato uno dei tratti maggiormente significativi dell’attuazione principio di derivazione rispetto allo schema reddituale definito dalle risultanze contabili del bilancio. Ciò ha trovato riscontro dapprima nell’articolo 58, comma 2, del D.P.R. n. 597 del 1973, laddove era statuito che

“gli interessi passivi su prestiti contratti per l’acquisizione o la costruzione di beni relativi all’impresa

[…] sono imputati ad aumento del costo dei beni stessi fino al periodo d’imposta anteriore a quello in

cui ne è o può esserne iniziata l’utilizzazione”; in seguito, la norma corrispondente – seppure

con modificazioni di aggiornamento sistematico – è stata inserita nella disposizione generale in materia di valutazioni di cui all’articolo 76, comma 1, lett. b) del D.P.R. n. 917 del 1986 in cui era stabilito che per i “beni materiali ed immateriali strumentali per

l’esercizio dell’impresa si comprendono nel costo, fino al momento della loro entrata in funzione e per la quota ragionevolmente imputabile ai beni medesimi, gli interessi passivi relativi alla loro fabbricazione, interna o presso terzi, nonché gli interessi passivi sui prestiti contratti per la loro acquisizione, a condizione che siano imputati nel bilancio ad incremento del costo stesso”; disposizione,

quest’ultima, confermata, nella sostanza, anche nell’articolo 110, comma 1, lett. b) del vigente Tuir, successivamente alle modifiche introdotte con il D.Lgs. 12 dicembre 2003, n. 344.

175 Per gli immobili merce originariamente era impedita la patrimonializzazione degli interessi passivi ad essi afferenti ex articolo 62, comma 7, del D.P.R. n. 597 del 1973, fatta eccezione per il caso in cui fosse espressamente richiesta all’Amministrazione finanziaria “per i beni di cui agli artt. 62 e 63, l’adozione di criteri di valutazione diversi da quelli

ivi previsti” (cfr. articolo 75, comma 2, del medesimo testo unico); per una ricostruzione

tipologia di rimanenze di beni o servizi, nel presupposto che, ai fini fiscali,

tali componenti sono comunque assunti secondo il valore correttamente

rappresentato in bilancio

176

.

Ancora più in dettaglio, può rammentarsi la disciplina prevista per i così

detti “immobili patrimonio”, ossia quelli che non presentano caratteristiche

di cespiti strumentali né di beni “merce”: per tali immobili, pur non essendo

riconosciuta alcuna rilevanza fiscale dell’eventuale patrimonializzazione dei

relativi oneri finanziari, è tuttavia prevista un’apposita distinzione, ai fini

della determinazione del reddito, per gli interessi passivi connessi al loro

acquisto (così detti “interessi di finanziamento”) e per quelli derivanti da

finanziamenti diversi da quelli contratti per l’acquisizione (così detti

“interessi di funzionamento”). Infatti, mentre per il primo tipo di interessi è

stabilito l’assoggettamento al regime ordinario di deducibilità

177

, per la

seconda tipologia di oneri finanziari è prevista l’assoluta indeducibilità, in

conformità con quanto previsto per i costi rientranti nel regime di

Plusvalenze iscritte e patrimonializzazione di interessi passivi e costi non documentati o non patrimonializzabili, Il fisco, 13/1995, p. 3371 ss.

176 Detta estensione è avvenuta in via interpretativa – in modo coerente con la riaffermazione del principio di derivazione a seguito della Legge finanziaria per il 2008 – per effetto dell’intervento del Ministero dell’Economia e delle Finanze con la risoluzione 14 febbraio 2008, n. 3/DPF, in cui è stata richiamata la rilevanza dell’applicazione dei corretti principi contabili (in specie, cfr. Principio contabile OIC n. 13 e principio contabile internazionale IAS 23) al fine della misurazione del valore del costo delle rimanenze di beni o servizi; tale valore trova conseguente conferma sul piano fiscale in base al combinato disposto degli articoli 110, comma 1, 92 e 93 del Tuir. La medesima interpretazione è stata ribadita anche dall’Agenzia delle Entrate nella successiva circolare del 21 aprile 2009, n. 19/E. Tale orientamento, che riconosce la capitalizzazione degli interessi passivi relativi a rimanenze diverse dagli immobili alla cui produzione è diretta l’attività dell’impresa, è innovativo rispetto a quanto ammesso in passato, quando – in ragione del circoscritto ambito di applicazione letterale della norma – l’eventuale patrimonializzazione degli oneri finanziari non permetteva comunque di sottrarsi ai limiti di deducibilità previsti con riferimento agli interessi passivi; sul punto, cfr. ASSONIME, circolare 10 novembre 1994, n. 139, passim.

177 Ossia in funzione del meccanismo forfetario attualmente stabilito, rispettivamente, agli articoli 61 e 96 del Tuir. Tuttavia, è fatta salva la piena deducibilità degli interessi passivi relativi a finanziamenti garantiti da ipoteca contratti per l’acquisto di immobili destinati alla locazione, secondo quanto stabilito dall’articolo 1, comma 36, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, norma speciale quest’ultima da collocarsi nella prospettiva del progetto (sebbene per il momento inattuato) di riforma delle disposizioni fiscali in materia di immobili.

tassazione su base fondiaria dei proventi immobiliari

178

.

Per effetto delle specifiche disposizioni sopra rammentate, il costo del

debito può risultare così “allocato” su determinate attività e perdere la sua

caratteristica generalità e la sua attitudine a riflettere la componente onerosa

della struttura finanziaria, fuoriuscendo dal regime proprio degli interessi

passivi

179

per entrare in quello previsto in materia di beni d’impresa

178 In base alla legislazione vigente, detto regime è contenuto nell’articolo 90 del Tuir. A questo proposito, è d’uopo rilevare come in ordine alla distinzione di trattamento tra “interessi passivi di finanziamento” e “interessi passivi di funzionamento” sia intervenuto direttamente il legislatore fiscale, il quale con norma di interpretazione autentica, ha stabilito che “tra le spese e gli altri componenti negativi indeducibili di cui al comma

2 dell’articolo 90 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, non si comprendono gli interessi passivi relativi a finanziamenti contratti per l’acquisizione degli immobili indicati al comma 1 dello stesso articolo 90”.

Sul tema è, tuttavia, opportuno rammentare come la suddetta distinzione sia stata originata dall’interpretazione dell’Amministrazione finanziaria, la quale fu inizialmente orientata nel negare tout court la deducibilità degli interessi relativi agli “immobili-patrimonio”; cfr. Ministero delle Finanze, risoluzione 7 marzo 1977, prot. 9/2086. In seguito, mutuando dalla prassi contabile la nozione (come visto, pur dibattuta) di “mutuo di scopo”, la stessa Amministrazione ha ammesso la deducibilità, secondo le regole ordinarie, per gli interessi concernenti mutui finalizzati all’acquisizione ovvero alla manutenzione straordinaria di immobili; cfr. inter alia, Ministero delle Finanze, risoluzione 3 giugno 1977, prot. 9/903; risoluzione 9 gennaio 1980, prot. 9/1099. Tale orientamento è stato, inoltre, avallato da taluna giurisprudenza; cfr. inter alia, Cassazione, sentenza n. 5501/ 1994; Commissione tributaria centrale, decisione n. 5035/1989; Commissione tributaria provinciale di Firenze, decisione 5 febbraio 1983, n. 7625. Ciononostante, tale impostazione è stata, nel corso del tempo, aspramente criticata in dottrina, la quale non ha mancato di sottolineare una duplice incongruità: i)

in primis, il fatto che non vi fosse traccia nella legislazione fiscale dell’epoca di una

distinzione fra interessi di funzionamento e interessi di finanziamento; ii) in secundis, che, ad ogni modo, tale indeducibilità non potesse comunque essere accettata sulla scorta della comprensività del regime di tassazione dei redditi fondiari, posto che gli interessi passivi non risultano presi in considerazione nella formazione delle rendite catastali (al contrario, ne sono espressamente esclusi ai sensi di quanto stabilito all’articolo 7, comma 2, D.P.R. 29 settembre 1973, n. 604 in materia di revisione di estimi e classamento del catasto terreni e del catasto edilizio urbano). Per tali motivi - la cui ratio è tuttora apprezzabile, nonostante il suddetto intervento di interpretazione autentica, sotto il profilo della coerenza teorica con la fisiologia dell’indebitamento dell’impresa - ad avviso della dottrina gli interessi passivi avrebbero dovuto indistintamente sottostare al solo regime di deducibilità ordinaria vigente pro tempore; cfr. F. PISTOLESI, La

deducibilità degli interessi passivi afferenti i fabbricati relativi all’impresa. In particolare, il regime delle società immobiliari, Rivista di diritto tributario, I, 1995, p. 409 ss.; O. POLI, Le società

immobiliari e gli interessi passivi, Bollettino Tributario, 1977, p. 806; S.PANSIERI, Società

immobiliari (in particolare agricole) e deducibilità degli interessi passivi e delle spese generali, Rassegna

Tributaria, II, 1986, p. 345 ss.; L.PERRONE, Le società immobiliari: profili tributari, Diritto e pratica tributaria, I, 1980, p. 839 ss.; Idem, Antiche e nuove perplessità circa la disciplina

tributaria degli immobili strumentali per l’esercizio d’impresa, Rassegna Tributaria, I, 1989, p.

291 ss.

(concorrendo, in tal modo, alla determinazione del risultato imponibile

mediante il processo di ammortamento, il realizzo di plusvalenze o

minusvalenze ovvero la produzione di ricavi dell’impresa)

180

.

Ciò posto, v’è da chiedersi se la presenza delle suddette specifiche

disposizioni possa sottrarre pregio interpretativo alla tesi della

“sostituzione” del principio di inerenza da parte di meccanismi sintetici e

forfetari, fondata sull’impossibilità di distinguere i finanziamenti attinti

dall’impresa in ragione della loro destinazione

181

.

A tale interrogativo si ritiene ragionevole rispondere negativamente, per due

ordini di motivi.

In primis, in quanto la fisiologia dell’economia dell’azienda – come già

dimostrato – non consente in realtà di ricondurre distintamente gli

investimenti alle provviste finanziarie, così da isolarne i connessi interessi

passivi. Pertanto, un nesso biunivoco tra singoli finanziamenti, correlati

oneri finanziari e determinati impieghi, tale da superare il principio di “unità

del bilancio” può avvenire solo in via teorica e convenzionale, mediante

un’apposita fictio iuris concessa sotto il profilo della rappresentazione

contabile ai fini di una possibile capitalizzazione degli interessi passivi

182

.

Pertanto, la presenza di norme tributarie che derogano al regime

generalmente previsto per il concorso del costo del debito, a favore di una

deducibilità degli interessi passivi, nelle quali sono previste (così come lo erano in precedenza) specifiche eccezioni con riguardo agli interessi oggetto di capitalizzazione, per effetto del combinato disposto delle norme pro tempore vigenti; cfr. articolo 58, comma 2, del D.P.R. n. 597 del 1973, articoli 63 e 76, comma 1, lett. b) del D.P.R. n. 917 del 1986, le cui norme sono state successivamente trasfuse negli articoli 96 e 110, comma 1, lett. b) del Tuir successivamente al D.Lgs. n. 344 del 2003.

180 Sul punto, a titolo di ulteriore conferma esemplificativa si può osservare quanto precisato dall’Agenzia delle Entrate nella circolare del 18 giugno 2008, n. 47/E a proposito degli interessi passivi sostenuti “a servizio di finanziamenti contratti relativamente

all’acquisto di autoveicoli”, per i quali vigono, sul maggior costo fiscalmente riconosciuto di

tali beni per effetto degli oneri capitalizzati, le regole specificamente previste in materia di ammortamenti ex articolo 164 del Tuir, mentre non risulta applicabile il regime sugli interessi passivi di cui all’articolo 96 del medesimo testo unico.

181 Sembra così paventare R.SANTORO, Interessi passivi e sindacato di inerenza (rectius:

deducibilità): il caso degli immobili patrimoniali, Il fisco n. 8/2009, p. 1173 ss.

182 In ogni caso, deve considerarsi quanto affermato sul tema dalla teoria economica e aziendalistica con riferimento alla critica rispetto alla capitalizzazione degli interessi passivi, cfr. precedente nota 27.

puntuale riconducibilità tra interessi passivi e beni dell’impresa, paiono

piuttosto la necessaria conseguenza di adeguamento da parte

dell’ordinamento fiscale sul reddito d’impresa rispetto alla disciplina

contabile, in ottemperanza al più generale principio di derivazione delle

risultanze fiscali dalle impostazioni di bilancio

183

.

In secundis, in quanto le disposizioni contenenti le eccezioni sopra

rammentate mostrano un carattere puntuale - subordinato a determinate

condizioni imposte dalla disciplina contabile - e, per tale motivo, dedicato a

fattispecie specifiche

184

. Conseguentemente, non paiono in grado di alterare

sistematicamente l’impianto degli interessi passivi quale categoria di costi nel

regime del reddito d’impresa.

183 Di ciò può rinvenirsi conferma in dottrina; cfr. G.FALSITTA, Il bilancio di esercizio delle

imprese, cit., p. 34-36, il quale specificava come “appare all’evidenza come il diritto tributario, nelle ipotesi che stiamo considerando, non dia campo libero a scelta alcuna e codifichi come soluzione obbligatoria una delle soluzioni opzionali ritenute legittime in diritto civile, trasformando in obbligo necessario ciò che la normativa civilistica assume come facoltà”.

184 Infatti, nelle norme in materia di deducibilità di interessi passivi l’esclusione degli interessi oggetto di capitalizzazione rappresenta una deroga rispetto al regime ordinariamente previsto.

3.4 Prime conclusioni sul concorso del costo del debito nella