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Edmund Dummer, Veduta di Messina, Ms King's 40, British Library, c 32.

L'immagine relativa alla città di Messina è costituita da due profili; quello in alto inquadra il porto ed il lungomare della città sicula, con in primo piano la falce di San Raineri provvista della fortezza di San Salvatore sulla destra, della lanterna e dell'arsenale vecchio nella zona centrale (quest'ultimo ormai dismesso); sulla sinistra, verso la fine della marina del porto, troviamo il palazzo del Viceré ed il nuovo arsenale. Il suo utilizzo, come afferma lo stesso Dummer, è secondario rispetto a quello di Napoli poiché le risorse economiche del Regno sono concentrate su Palermo. Questo profilo è importante perché testimonia, verso la Porta di Terra Nova, la costruzione di un nuovo forte a pianta stellare sulla sinistra, la Real Cittadella e, al centro della curva naturale della banchina, l'assenza dell'isolotto destinato alla funzione di lazzeretto che era stato demolito ma che continuava ad essere riportato nei disegni del tempo.151

Sul lungomare si affaccia un fronte di edifici molto piacevole alla vista poiché si tratta di palazzi alti, regolari e di pietra da taglio, al di là dei quali si ergono i vari forti ed il campanile del duomo di Santa Maria La Nova. La veduta nel registro inferiore dell'immagine riporta invece il faro, struttura necessaria alla guida dei naviganti verso la città durante le navigazioni notturne. Questo faro si trova sopra una lingua di terra bassa e sabbiosa sita a sud dell'estremità sud-occidentale della Calabria, visibile sulla destra della veduta.152

Alla luce di questi rapidi esempi di illustrazioni di Edmund Dummer possiamo affermare che le principali differenze che intercorrono tra questo tipo di disegni e quelli realizzati da Ignazio Fabroni siano proprio dovute alla loro diversa formazione scolastica.

Nonostante i corsi siano obbligatori per i cavalieri di Santo Stefano, essi restano comunque propedeutici alla formazione di militari, mentre l'apprendistato di Dummer consiste in una formazione da maestro d'ascia a partire dal 1668, anno in cui entra in Marina; durante il suo apprendistato viene inoltre impiegato nell'ufficio dell'ispettorato navale come disegnatore di banchine, poppe di navi, bozzetti ecc..; non è un uomo di elevata cultura, ma per quanto riguarda il disegno si dimostra sempre un abile esecutore nonché conoscitore di un'adeguata terminologia tecnica. 153

151 Lo stesso Ignazio Fabroni rappresenta il lazzeretto nelle due immagini dedicate alla città di Messina, le

carte 184r e 194v-195r, realizzate negli stessi anni in cui Edmund Dummer compiva il suo viaggio nel mar Mediterraneo.

La sua maggiore manualità risulta quindi in parte dovuta ad una preparazione apposita che lo porta, successivamente, ad essere addirittura stipendiato per le sue realizzazioni; non è un dilettante come Ignazio Fabroni, ma un professionista. Non è un vedutista e non vuole quindi trasmettere le sue impressioni ma solamente la realtà di ciò che vede; non è mosso da esigenze pittoriche, ma le sue immagini sono strumentali al chiarimento del punto di osservazione e dei profili di coste rappresentati.

Scheda 1

Titolo Fortezza di Porto Santo Stefano

Data 1669

Dimensione 229x174 mm (la veduta è disposta su due fogli attaccati di rispettivamente 174x113 mm e 174x116 mm)

Numero carta 40r

Tecnica Matita, penna e tratti di sanguigna

Iscrizioni In basso a destra: Fortezza Di Porto S(ant)o Stefano.1669.

Descrizione Veduta in profilo della fortezza di Porto Santo Stefano, costruita tra la fine del XVI e gli inizi del XVII secolo, dopo che la città entrò a far parte dello Stato dei Presidi. In questo disegno la struttura appare in tutta

la sua solidità, non presentando poi sostanziali differenze rispetto a come si presenta attualmente se non per la mancanza odierna delle garitte agli angoli della terrazza inferiore. Dal disegno emerge l'imponente basamento a scarpa che nella parte alta culmina con delle mensole sporgenti su cui poggia il parapetto; è costituita da due corpi di fabbrica di cui, quello più basso, si erge dalla parte del mare. In basso a destra, sulla spiaggia, è visibile la fonte che si trovava nella parte orientale dell'insenatura, con ogni probabilità utilizzata per gli approvvigionamenti idrici dei cavalieri stefaniani; come è possibile notare infatti, in loco è attraccata una piccola scialuppa utilizzata per raggiungere la fonte.

Sullo sfondo, appena accennato, il profilo della costa. Note

Bibliografia DELLA MONACA-ROSSELLI-TOSI, 1994, p. 12. DELLA MONACA-ROSSELLI-TOSI, 1996, pp. 68-77. NICOLOSI, 1910, pp. 152-153.

Scheda 2

Titolo Convento de P.P. Scarpanti di S. Francesco […] della città di Trapani [...]

Data 1669-70 circa

Dimensioni 191x 134 mm Numero carta 63r

Tecnica Penna e sanguigna

Iscrizioni In basso: Convento de P(adri) P(ellegrini) Scarpanti di S(an) Francesco

Descrizione Veduta in profilo del convento di San Francesco sito a Trapani, città nella parte occidentale della Sicilia, posizionata su una lingua di terra circondata dal mare. Il disegno mostra il complesso conventuale formato dalla chiesa e dal convento di San Francesco d’Assisi, che danno il nome al quartiere islamico caratterizzato da vicoli tortuosi e cortili. La chiesa, già intitolata a San Biagio in epoca normanna, subì un rifacimento nel XIII secolo con l’aggiunta del convento, il secondo francescano in Sicilia; il progetto di questa nuova costruzione è attribuito a Fra Angelo Tancredi; è stata poi riedificata ed ultimata nel XVII secolo dall'architetto messinese Bonaventura Certo. Lo schema interno è a croce latina a navata unica, con cappelle laterali e transetto in stile classicistico- rinascimentale. In epoca barocca venne abbellita internamente con stucchi e pitture. A picco sul mare, è protetto dalle mura di tramontana, erette durante la dominazione spagnola nel Cinquecento.

Nello specchio d'acqua antistante troviamo quattro caicchi di cui due con timoniere e due lasciati ancorati di fronte alla porta a mare.

Note Dopo la soppressione avvenuta con la legge eversiva del 7 luglio 1866 contro le corporazioni religiose, i religiosi Conventuali ritornarono ad officiare la chiesa di San Francesco il primo gennaio 1925. Oggi è una delle parrocchie della città di Trapani.

La datazione è stata ricavata confrontando disegni coevi dello stesso Ignazio ed i diari di bordo del fratello Domenico.

Scheda 3

Titolo Arsenale di Palermo [...]

Data 1670

Dimensioni 216x 150 mm Numero carta 64r

Tecnica Penna e sanguigna

Iscrizioni In basso su tutta la lunghezza del foglio: Arsenale di Palermo che segue

buon porto per le Galere.

A destra: P. Giv 1670. Parti di Palermo, e subito sopra la firma: FI (in monogramma).

Descrizione Questo disegno riproduce l'alzato del nuovo arsenale di Palermo, costruito nella zona del molo nuovo. Il nuovo arsenale di Palermo nasce dall'esigenza di abbandono di un edificio ormai vecchio e non più idoneo, per spazi e posizione, e all'ingrandimento del porto dovuto alla costruzione di un nuovo molo; esso era adibito alla costruzione, al rimessaggio e all’armamento delle galere regie. L'edificio, la cui costruzione fu portata a termine nel 1630, si basa sul progetto dell'architetto palermitano Mariano Smiriglio; presenta una pianta rettangolare con una facciata a due piani: sei grandi arcate al piano terra (di cui quattro fornici nella parte centrale coperti da volte a botte e due portici laterali) che proseguivano nell'atrio retrostante e che ospitavano gli scafi in costruzione che su scivoli venivano poi varati, ed il piano superiore distinto dal piano terra tramite una cornice a marcapiano con funzione di appoggio per un ballatoio sul quale montava la guardia armata. Il ritmo del primo piano è scandito da sei grandi finestre ad edicola classica intervallate da lesene, mentre nella parte centrale notiamo lo stemma borbonico con la testa d’aquila.

Note L'edificio è attualmente sede del Museo del Mare. Bibliografia BELLAFIORE, 1956, p. 102.

DE SETA-DI MAURO, 1980, pp. 70-81. PALERMO, 1816, pp. 138-140.

Scheda 4

Titolo […] Fortezza e lanterna della città di di Palermo [...]

Data 1670 circa

Dimensioni 210x127 mm Numero carta 64r

Tecnica Penna e tratti di sanguigna

Iscrizioni In basso: Principio del Molo con sua Fortezza e Lanterna Della Città di

Palermo in Sicilia.

della fortezza e della lanterna del molo nuovo di Palermo. Il vecchio porto della cala era infatti ormai insufficiente ad ospitare navi mercantili e flotta militare, rendendo necessaria la costruzione di nuove opere di difesa, un nuovo grande arsenale, e l'ingrandimento dell'area portuale; per il nuovo porto fu scelta l'ampia baia a nord della città che si estendeva fino alle falde del monte Pellegrino.

Il molo nord del nuovo porto fu edificato tra 1567 e il 1590 e, dopo esser stato danneggiato da una mareggiata, venne ricostruito nel 1622. Fu opera del senato eccellentissimo sotto il viceré conte di Olivares de Gusman.

All'estremità del molo si trovava la lanterna del disegno, costruita alla fine del XVI secolo ed innalzata due secoli dopo fino a 28,4 metri; aveva una struttura cilindrica e una base fortificata che la rendevano pressoché inespugnabile da eventuali attacchi provenienti dal mare. Il molo era quindi protetto dalla Fortezza che aveva tre baluardi forniti di dieci pezzi di artiglieria; era detto Castelluccio per distinguerlo dal Castellammare, ed inglobava i resti dell’antica tonnara di S. Giorgio e la chiesetta omonima. Era alto 30 metri, aveva una pianta circolare di forma cilindrica e una struttura massiccia interamente percorsa al suo interno da una scala a chiocciola. La lanterna si trovava sul piano di copertura del fortino.

Note Il forte, dopo numerose modifiche, venne definitivamente demolito nel XX secolo per l’ampliamento dei Cantieri navali.

La datazione è stata ricavata confrontando vedute coeve dello stesso Ignazio, disegni presenti nella stessa carta ed i diari di bordo del fratello Domenico.

Bibliografia BELLAFIORE, 1956, pp. 101-102. CHIRCO, 2008, pp. 12-15.

DE SETA- DI MAURO, 1980, pp. 77-92. FATTA, 2002, p. 87.

Scheda 5

Titolo Le quattro Fontane e Magazzini lungo il molo di Palermo

Data 1670 circa

Dimensione 215x141 mm Numero carta 67r

Tecnica Penna e sanguigna

Iscrizioni In basso a sinistra: Le quattro Fontane e Magazzini longo il Molo di

Descrizione Questa veduta prospettica mostra alcuni edifici e costruzioni lungo il Molo Nuovo tra cui i magazzini del grano e la fontana dei Quattro Venti. Nel Seicento questa nuova borgata nella zona settentrionale della città assunse la fisionomia che avrebbe mantenuto fino alla fine del XVIII secolo, acquisendo una chiara destinazione commerciale. Il quartiere si formò verso la metà del XVI secolo in seguito alla costruzione del nuovo porto e all’acquisto della tonnara di San Giorgio da parte del Senato di Palermo, ed era abitato da pescatori e marinai, che prima vivevano nel rione Kalsa e che successivamente vennero spinti a stabilirsi nei pressi dell’antica chiesa di S. Lucia al Borgo, sorta fuori le mura urbane; il quartiere prese il nome di Borgo Fornaja o Borgo Santa Lucia (il primo nome è da attribuire alla famiglia proprietaria, mentre il secondo era legato alla presenza della chiesa di Santa Lucia dei padri conventuali di San Francesco).

Al Borgo si stabilì un consistente numero di Lombardi che inizialmente detenevano il commercio del vino, olio, carbone e altri generi vari, successivamente accaparrandosi il monopolio del mercato del grano, sia come approvvigionamento che come esportazione. I più capaci magazzini sono quelli qui rappresentati, i magazzini detti del Caricatore o dei Quattro Venti, ove veniva depositato il grano in eccesso e costruiti fra il 1664 e il 1703 sulla via del molo, poco oltre la chiesa di Santa Lucia. Sulla destra invece è rappresentata la fontana dei Quattro Venti; il litorale era infatti ricco di sorgenti e dotato di numerose fontane e abbeveratoi. La fontana dei Quattro Venti venne costruita nel 1632 con un padiglione coperto da una cupoletta ed aperto sui quattro lati. Le numerose fontane presenti nella zona però erano già in rovina nel XVIII secolo.

Note La datazione è stata ricavata confrontando vedute coeve dello stesso Ignazio, disegni presenti nella stessa carta ed i diari di bordo del fratello Domenico.

Scheda 6

Titolo […] Villa del Signor Atto Fabroni [...]

Data 25 Novembre 1670

Dimensioni 215x144 mm Numero carta 74r

Tecnica Penna e acquerello

Novembre 1670 IF (in forma di monogramma).

In basso a destra A Principio del muro del Bottaccio

Descrizione Il disegno riproduce l'alzato di Villa Fabroni, presso la località di Santomato: era la tenuta di caccia e di villeggiatura della famiglia pistoiese che la acquistò tra la fine del XVI e l'inizio del XVII secolo. La Villa nasce in un contesto strategico vista l’importanza della località, poiché questo luogo era l'accesso per l’attraversamento dell’appennino oltre che essere compreso tra le città più importanti della zona (Firenze, Prato e Pistoia), ricca di commerci.

La Villa si mostra con una facciata su cui si aprono, piano per piano, una serie finestre di diverse grandezze ma disposte simmetricamente. Addossata alla facciata, si trova una scala a doppia rampa, decorata con formelle ovali, che permette l'accesso al piano nobile. Immediatamente sopra il portone del piano nobile troviamo lo stemma della famiglia Fabroni. Intorno un immenso giardino con ninfeo e statue oltre che pullulante di splendide piante. Retrostante un gigantesco parco con cappella, voliera, pavoniera, casina del tè, burraia, ghiacciaia e legnaia. Addossata al muro laterale di destra una piccola fontana.

Note Attualmente la Villa di Celle è di proprietà della famiglia Gori, ed è stata trasformata nella sede di una prestigiosa collezione di arte contemporanea.

Il palazzo è stato ampliato con due corpi laterali e la facciata risultata scandita verticalmente da quattro lesene, e sormontata da un timpano centrale con orologio e campana.

Non sappiamo perché Ignazio Fabroni decise di rappresentare la Villa di Celle proprio nel 1670. Dal diario di bordo del fratello Domenico possiamo risalire alle date degli imbarchi dei viaggi di corsa; nel 1670 la squadra stefaniana uscì in ricognizione due volte: il 1 Aprile fino all'11 Giugno, e il 25 Luglio fino al 30 Agosto; il 29 Novembre, data

d'esecuzione dell'immagine in questione, il cavaliere pistoiese era quindi presumibilmente di riposo presso l'abitazione di famiglia, durante il periodo in cui le galere erano alla fonda.

Bibliografia http://issuu.com/dida-unifi/docs/fa2005-e/22, 10 luglio 2014. BFP, Ms. 382, cc. 39r-45v.

Scheda 7

Titolo Vista di Pistoia [...]

Data 1670 circa

Dimensioni 210x142 mm Numero carta 77r

Tecnica Penna e acquerello

del S(ignor) Pazzagli. B Pistoia. C Seravalle. D Montecatini.

Descrizione La veduta riproduce la visuale di cui si godeva dal campo dietro la torre della famiglia Pazzagli, con la vista di Pistoia, Serravalle e Montecatini. La città più vicina all'osservatore è Pistoia che colpisce per la sua forma ancora quadrangolare, tipica dell'età romana.

Due sono gli edifici che spiccano all'interno della città: la torre del campanile e la basilica della Madonna dell'Umiltà.

Il campanile di San Zeno era una torre di guardia longobarda in stile romanico; è diviso in tre ordini di loggette e provvisto di cella campanaria con cuspide, mentre sulla cima del campanile vi sono dei merli a coda di rondine testimonianza dell'antica fede ghibellina della città.

La basilica venne costruita tra il XII e il XIII secolo; l'unica parte visibile in questa veduta è la cupola cinquecentesca che si innesta su una struttura ottagonale, ed è realizzata su progetto del Vasari a cui l'allora duca di Toscana, Cosimo I, affidò la direzione dei lavori dopo la morte del predecessore Ventura Vitoni. A Giorgio Vasari dobbiamo il rialzo del tamburo e la trasformazione del profilo a sesto acuto della cupola in semicircolare; il modello a cui si ispira l'architetto è sicuramente la cupola di Santa Maria del Fiore a Firenze. La cupola ottagonale presenta un rivestimento a laterizi e costoloni in pietra.

L'abitato ritratto sullo sfondo è Serravalle pistoiese, il cui stesso nome ci porta a riflettere sulla dislocazione della città, situata nel passaggio obbligato tra la valle dell’Ombrone e la Valdinievole. La distanza dagli occhi dell'osservatore inizia ad essere notevole, per cui le uniche strutture a cui possiamo attribuire un'identità, anche se incerta, sono la torre longobarda, la Rocca nuova e il campanile della chiesa di Santo Stefano. La torre longobarda, sulla sinistra, chiamata anche impropriamente torre del Barbarossa anche se non esistono documenti che leghino l'imperatore

a questi luoghi, venne costruita nel XII secolo, è alta 42 metri e a base quadrata. Il campanile della chiesa di Santo Stefano, subito accanto sulla destra, nasceva nel XIII come torre all'interno del sistema difensivo della città per essere successivamente riadattato alla nuova funzione. Infine la Rocca nuova o fortezza di Castruccio, costruita dai Lucchesi all'inizio del XIV secolo.

L'ultimo, Montecatini, è talmente lontano che nessuna costruzione di rilievo sembra essere riconoscibile.

Note La datazione è stata ricavata confrontando il disegno in questione con il disegno dell'alzato di Villa Fabroni presso la località di Santomato, realizzate probabilmente durante il medesimo periodo di sosta tra una navigazione e l'altra. Non sappiamo perché Ignazio Fabroni decise di rappresentare la vista di cui si godeva dalla residenza di famiglia, presso la località di Santomato, proprio nel 1670. Dal diario di bordo del fratello Domenico possiamo risalire alle date degli imbarchi dei viaggi di corsa; nel 1670 la squadra stefaniana uscì in ricognizione due volte: il 1 Aprile fino all'11 Giugno, e il 25 Luglio fino al 30 Agosto; il cavaliere pistoiese era quindi presumibilmente di riposo durante il periodo in cui le galere erano alla fonda.

Bibliografia GUERRIERI, 1995, pp. 57-82.

Scheda 8

Titolo Lazzeretto di Portoferraio

Data 1670 circa

Dimensioni 178x113 mm Numero carta 83r

Tecnica Penna e sanguigna

Iscrizioni In basso a sinistra: Lazzeretto Di Porto Ferraio.

Descrizione La veduta inquadra la collina di San Rocco nella parte alta della zona moderna di Portoferraio.

Sulla destra la chiesa di San Rocco, costruita agli inizi del 1584 a spese dei cittadini e terminata nel 1592 grazie a contributi del granduca Ferdinando I. Purtroppo non abbiamo memoria della primitiva facciata, poiché quella attuale risale alla fine del XVIII secolo, quando venne realizzato anche il cimitero annesso alla chiesa destinato alle vittime della peste ed ai giustiziati non ammessi all'interno della città. Inizialmente doveva essere ad un solo vano e con un piccolo loggiato dalla parte che dà verso il monte. Le uniche tracce del passato che si sono conservate solo le tombe di due Cavalieri di Santo Stefano, il Conte Giovan Battista Ferretti di Ancona e Michelangelo Inghirami di Volterra. Sulla sinistra il lazzaretto, struttura poco rilevante architettonicamente parlando, ed oggi scomparsa.

Al centro Ignazio Fabroni ci propone una scena animata con uomini che trasportano, tramite delle corde, il legname necessario per la riparazione dell'albero di trinchetto. Questa ipotesi è sostenuta dall'immagine stessa, con la galera sulla destra in cui evidentemente l'albero di trinchetto non risulta essere in un normale stato, e dal diario del fratello Domenico in cui il cronista racconta di uno speronamento avvenuto tra due galere e la successiva tappa forzata a Portoferraio per le riparazioni necessarie. Oltre alla galera di cui abbiamo appena parlato, sulla destra, nella parte sinistra troviamo invece due feluche.

In basso a sinistra troviamo una freccia orientativa indicante il sud-ovest in alto.

Note La datazione è stata ricavata confrontando il disegno in questione (più che le fattezze il soggetto vero e proprio) con i diari di bordo del fratello Domenico.

Bibliografia BFP, Ms. 382, c. 39r-42v.

MAZZANTI, 1939, pp. 318-321.

http://www.mucchioselvaggio.org/FOTO_C7/NUMERI/40/40-27.pdf, 10

Scheda 9

Titolo Fanale di Livorno

Data 1670-73 circa

Numero carta 84r

Tecnica Penna e sanguigna

Iscrizioni In basso a sinistra: Fanale di Livorno.

Descrizione Questa veduta, in una prospettiva a dir poco elementare, riproduce il Fanale di Livorno; esso era detto anche Fanale dei Pisani poiché realizzato in epoca medievale quando la città labronica faceva appunto parte dei possedimenti pisani, ed è ubicato all'imbocco sud del porto di Livorno. Fu costruito vicino alla città (400 metri dal molo mediceo) in