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Erasmo Magno, Pozzuoli, in Imprese delle Galere toscane, fine XVI secolo inizio XVII secolo, Firenze, Biblioteca Riccardiana, c

14. Ignazio Fabroni, Pozzuoli, in Ricordi di viaggi e di navigazioni sopra le galere toscane dall’anno 1664 all’anno 1687, seconda metà XVII secolo, Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, c. 196

Le due vedute di Pozzuoli sono realizzate da punti di vista diametralmente opposti; quella di Erasmo è tracciata dal mare, di fronte al porto, mentre quella di Ignazio dai giardini al di sopra della città.

Nel primo disegno, sulla destra, troviamo, a confine con il porto, la chiesa di Santa Maria delle Grazie, edificata agli inizi del XVI secolo, con il campanile merlato e circondata dalle mura bastionate anch'esse merlate.

Al centro, simili a tre grossi scogli, il “ponte de romani”, ovvero i resti di una serie di arcate che sostenevano il molo vecchio, l'antico porto della città.

Sulla sinistra l'autore mette in risalto le due fonti del borgo, importantissime e vitali per gli approvvigionamenti idrici di cui necessitavano le galere; quest'ultimo particolare conferma l'osservazione iniziale secondo la quale Erasmo Magno sia particolarmente interessato a ritrarre, oltre ai sistemi difensivi, i luoghi ove possibile fare scorte e rifornimenti, in questo caso l'acquata. Immediatamente dietro le fonti troviamo il Rione Terra, l'agglomerato urbano che costituiva il primo nucleo abitativo di Pozzuoli e che, grazie alla sua posizione e alla presenza della rocca merlata, permetteva di controllare gli arrivi dei nemici sia da terra che dal mare; Erasmo Magno, forse perché la veduta è stata realizzata in un primo schizzo e rielaborata successivamente quando la memoria della città stava ormai sbiadendo, compie un errore nella resa delle zone circostanti: il Rione Terra si trova infatti a picco sul mare da cui è circondato su tre lati.

Ignazio Fabroni invece si preoccupa di inserire il centro abitato all'interno del suo contesto territoriale, e la città risulta qui giustamente quasi completamente circondato dal mare e immerso nella natura. Emerge anche la vitalità delle acque campane disseminate di numerose imbarcazioni, dalle galere stefaniane ancorate in porto, alle feluche e caicchi in mare aperto.

16. Ignazio Fabroni, Messina, in Ricordi di viaggi e di navigazioni sopra le galere toscane dall’anno 1664 all’anno 1687, seconda metà XVII secolo, Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, c. 195.

15. Erasmo Magno, Messina, in Imprese delle Galere toscane, fine XVI secolo inizio XVII secolo, Firenze, Biblioteca Riccardiana, c. 39.

Nella veduta della città di Messina Erasmo Magno inquadra esclusivamente il grande porto naturale, chiuso dalla penisola di San Raineri a forma di falce. Mostra un promontorio non ancora fortificato completamente, essendo manchevole della Real Cittadella, a pianta stellare, che sarà costruita quasi un secolo dopo.

Sulla sinistra, alla fine della falce di San Raineri, troviamo il forte del Santissimo Salvatore, mentre proseguendo lungo il promontorio scorgiamo la torre della lanterna (qui denominata fanale), detta anche torre del Montorsoli dal nome del suo progettista. Al centro l'arsenale con la sua particolare struttura ad arcate, necessarie per ospitare le imbarcazioni in costruzione e riparazione, che proprio in questo periodo stava vivendo il suo momento più florido, mentre di lì a poco sarebbe stato dismesso in favore di uno completamente nuovo in prossimità della futura Real Cittadella. Sullo sfondo i monti calabresi e la città di Reggio Calabria appena accennata nella sua cinta muraria bastionata e nella fortezza. Messina era la città di partenza di tutte le spedizioni verso oriente.

Il tratto risulta sempre molto più semplice e volto a sottolineare le strutture difensive e il potenziale della città in questione (l'arsenale).

La veduta fabroniana è realizzata orientativamente dalla stessa angolazione, ma il punto di osservazione è più lontano e la città, inquadrata qui nel suo complesso, è ripresa da un'altura presente nella zona urbica circostante, per cui i dettagli degli edifici rappresentati da Erasmo Magno, riportati anche in questa immagine, sono meno chiari; Ignazio Fabroni sembra più interessato a catturare la fisionomia totale di Messina, con la vitalità del porto, il lavoro nelle campagne limitrofe, le fortificazioni, le dimensioni della città, non privilegiando alcuni dettaglio rispetto ad altri.

17. Erasmo Magno, Reggio Calabria, in Imprese delle Galere toscane, fine XVI secolo inizio XVII secolo, Firenze, Biblioteca Riccardiana, c. 39v-40r.

18. Ignazio Fabroni, Reggio Calabria, in Ricordi di viaggi e di navigazioni sopra le galere toscane dall’anno 1664 all’anno 1687, seconda metà XVII secolo, Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, c. 189.

La resa della città di Reggio Calabria, per queste due rappresentazioni, non poteva essere più discorde: nel primo disegno Erasmo Magno ci restituisce unicamente la cortina muraria bastionata con la porta a mare e la porta a terra, ed in alto la fortezza aragonese, costruzione a pianta quadrata con quattro torri angolari anch'esse di forma quadrata, fondamentale per la lotta contro le scorrerie turche. La prima particolarità che notiamo è la volontà di mettere in risalto il sistema fortificato; Erasmo Magno, infatti, si disinteressa completamente dell'aspetto urbano, forse perché vede un territorio particolarmente ricco e fertile, quindi preda ambita dei pirati, ma difeso insufficientemente; sottolinea inoltre, nel testo che accompagna ogni immagine presente nel suo manoscritto, che in caso di assedio la città sarebbe stata presa facilmente anche per la sua posizione, poiché situata in pianura e prossima al mare. In primissimo piano sono indicate due fonti, a conferma della volontà di sottolineare i luoghi dei possibili approvvigionamenti.

Ignazio Fabroni realizza invece una veduta in profilo della città presa dal mare, senza cercare di porre l'accento su qualche costruzione in particolare, ma puntando alla resa d'insieme, ed inserendo anche edifici civili e religiosi come la cattedrale metropolitana sulla destra. È una panoramica realistica di Reggio Calabria, ed il cavaliere pistoiese sembra interessato unicamente a restituirci l'immagine della città marittima il più possibile fedele alla realtà per come poteva apparire agli occhi del navigante che passava nello stretto di Messina.

19. Erasmo Magno, Milazzo, in Imprese delle Galere toscane, fine XVI secolo inizio XVII secolo, Firenze, Biblioteca Riccardiana, c. 79bis.

20. Ignazio Fabroni, Milazzo, in Ricordi di viaggi e di navigazioni sopra le galere toscane dall’anno 1664 all’anno 1687, seconda metà XVII secolo, Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, c. 203-204.

Nel disegno della città di Milazzo svetta, al centro del foglio, il castello con la sua cinta bastionata realizzata verso la fine del XV secolo, su una precedente costruzione. All'interno della cortina era racchiusa una vera e propria città murata, con palazzi ed edifici di culto.

La prima cosa che risalta da questo confronto è la mancanza, nel primo disegno, della cupola del Duomo Vecchio, la cui costruzione venne infatti iniziata nel 1608, successivamente quindi al passaggio di Erasmo Magno in questi luoghi. Sulla sinistra il convento di San Francesco di Paola, costruito tra il 1464 e il 1467, ed un casermone con gli

alloggiamenti de spagnioli. Sulla destra il convento dei cappuccini, mentre in basso, sul

mare, il borgo, ed una freccia necessaria per l'orientamento della città, indicante l'ovest in alto (W).

A differenza degli altri disegni in cui Erasmo Magno mostra interesse esclusivamente per le strutture di difesa, nella veduta di Milazzo non sottolinea la presenza del castello scrivendovi sopra il nome, come invece non manca di fare per gli altri rilevanti edifici cittadini, civili e religiosi, come gli alloggi degli spagnoli ed i conventi dei padri francescani e cappuccini. Questo disinteresse è una particolarità rilevante in quanto unica all'interno della carrellata di città scelte per questo elaborato. La motivazione di tale scelta rimane inspiegata, soprattutto se pensiamo che Milazzo era una cittadina provvista di un'imponente struttura difensiva dovuta alla posizione strategica occupata dalla città; il borgo sorge infatti all'inizio di una penisola lunga circa 8 km (Capo Milazzo) nel Mar Tirreno, in direzione nord, nella parte orientale della Sicilia.

Ignazio Fabroni mostra invece una città più compatta e viva, dominata e protetta dall'alto dalla mole imponente del castello. Questa veduta in profilo ha un punto di osservazione molto ravvicinato che permette all'autore di restituirci in modo puntuale persino le caratteristiche strutturali delle abitazioni.

21. Erasmo Magno, Crotone, in Imprese delle Galere toscane, fine XVI secolo inizio XVII secolo, Firenze, Biblioteca Riccardiana, c. 108.

22. Ignazio Fabroni, Crotone, in Ricordi di viaggi e di navigazioni sopra le galere toscane dall’anno 1664 all’anno 1687, seconda metà XVII secolo, Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, c. 186v-187r.

Subito ad un primo sguardo emerge quanto la rappresentazione della città di Crotone, realizzata da Erasmo Magno, sia poco accurata. Al centro dell'immagine si erge la fortezza, il castello detto di Carlo V, costruito nel IX secolo come difesa dalle incursioni dei Saraceni, ma profondamente modificato verso la metà del XVI sotto la dominazione appunto di Carlo V. In primo piano notiamo la cinta quadrangolare, con tre bastioni pentagonali visibili ed uno presumibilmente nascosto dal mastio cilindrico centrale. La realtà non corrisponde a questa rappresentazione, perché mentre i due bastioni lato mare sono tuttora esistenti, i due vertici lato monte erano e sono tuttora occupati da due torrioni cilindrici di epoca aragonese. Riguardo a questa incongruenza dobbiamo però tenere presente che all'epoca era in corso la progettazione della nuova cinta muraria che prevedeva la demolizione delle torri e la creazione di altri due bastioni pentagonali conformi a quelli più avanzati; è plausibile quindi pensare che Erasmo possa aver disegnato lo stato di progetto. La città risulta circondata da mura bastionate. Sullo sfondo, in lontananza, un altro baluardo di dubbia identificazione.

Ignazio inquadra invece la città da una distanza considerevole, permettendo di identificare con sicurezza solamente la struttura del castello in posizione centrale, in corrispondenza dell'attaccatura dei due fogli su cui è eseguita l'immagine; all'estrema destra invece sembra essere presente una torre di avvistamento a pianta quadrangolare digradante verso l'alto, ma purtroppo di dubbia identificazione. Non ritengo che l'autore sia molto interessato alla restituzione particolareggiata della città, ma solamente desideroso di fornirci un quadro d'insieme di Crotone.

23. Erasmo Magno, Talamone, in Imprese delle Galere toscane, fine XVI secolo inizio XVII secolo, Firenze, Biblioteca Riccardiana, c. 31v.

24. Ignazio Fabroni, Talamone, in Ricordi di viaggi e di navigazioni sopra le galere toscane dall’anno 1664 all’anno 1687, seconda metà XVII secolo, Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, c. 126r.

Anche da questo nuovo confronto, riguardante l'insediamento fortificato di Talamone, risulta evidente come Erasmo Magno privilegi le strutture difensive, come la fortezza a sinistra e il forte sulla destra (la Torre di Talamonaccio), e la possibilità di approvvigionamenti con l'indicazione del mulino centrale.

Erasmo Magno inquadra una città, sulla sinistra, racchiusa dalla cinta muraria aldobrandesca con torri merlate del XIII secolo, danneggiate dalle incursioni piratesche e ricostruite in epoca spagnola. Nella parte superiore della città svetta la rocca aldobrandesca costruita con funzione di avvistamento e difesa, distrutta sempre durante le incursioni dei pirati e ricostruita sotto il dominio spagnolo. Risalta la sezione rettangolare con quattro torri similari agli angoli ad eccezione della torre Nord che risulta più alta e massiccia ma qui non visibile. La Torre di Talamonaccio, risalente all'epoca medievale, ma ampliata e maggiormente fortificata nel XVI secolo sotto il dominio spagnolo, ha una pianta quadrangolare con un imponente basamento a scarpa cordonato.

Il punto di vista delle due vedute è diverso: Erasmo Magno inquadra la città all'interno del porto naturale, mentre Ignazio Fabroni la immortala più da vicino e dalla parte esterna, dalla parte della cinta muraria bastionata, restituendoci l'immagine di un borgo altamente fortificato poiché facente parte della rete di città importanti nella lotta contro le scorribande turche. In lontananza, a nord di Talamone, la Torre di Capo d'Uomo, costruita nella seconda metà del XVI secolo nel luogo in cui sorgeva una torre di epoca precedente, a sezione circolare e con una terrazza sommitale.

Queste due immagini ci permettono di inquadrare lo stato difensivo generale dei Presidi spagnoli: una fortezza all'interno dell'insediamento fortificato che si innesta fra due torri di avvistamento; la zona infatti, dal parco dell'Uccellina fino al Poggio Bocca d'Inferno, è particolarmente ricca di rocche e torri di avvistamento, caratteristica che sottolinea come il luogo fosse soggetto alle incursioni piratesche ed avesse quindi la necessità di una maggiore difesa.

25. Erasmo Magno, Porto Ercole, in Imprese delle Galere toscane, fine XVI secolo inizio XVII secolo, Firenze, Biblioteca Riccardiana, c. 32v.

26. Ignazio Fabroni, Porto Ercole, in Ricordi di viaggi e di navigazioni sopra le galere toscane dall’anno 1664 all’anno 1687, seconda metà XVII secolo, Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, c. 197v-198r.

Porto Ercole, inquadrata di fronte nella prima immagine e di lato nella seconda, si mostra come insediamento arroccato sulla collina, racchiuso dalle alte mura medievali bastionate ricostruite in epoca senese, e dominato dall'alto dall'imponente fortezza della Rocca spagnola. Da due torri angolari della fortezza, nella parte sommitale del colle, si snoda la cortina muraria fino al porto antistante la città.

Seppur entrambi i disegni, con le mura e la fortezza così ben definite e robuste, ci restituiscano l'immagine di una città particolarmente potente e solida, Erasmo Magno è concentrato unicamente sulla restituzione del sistema difensivo, mentre nell'immagine di Ignazio Fabroni è presente sempre quel tocco particolare tipico del viaggiatore interessato a mantenere traccia di ciò che vede, ma solo a scopo di memoria privata, lontano dalla volontà di documentare lo stato di fatto della città per conto di terzi o, in generale, per interessi che esulino dal diario personale. Ambedue le immagini propongono una città compatta e scandita dalle possenti mura difensive che ben la incorniciano, dando ad entrambi i cavalieri l'impressione di un insediamento particolarmente potente e difeso, impressione che doveva sicuramente colpire i naviganti che solcavano quei mari.

27. Erasmo Magno, Modone, in Imprese delle Galere toscane, fine XVI secolo inizio XVII secolo, Firenze, Biblioteca Riccardiana, c. 51bis.

28. Ignazio Fabroni, Modone, in Ricordi di viaggi e di navigazioni sopra le galere toscane dall’anno 1664 all’anno 1687, seconda metà XVII secolo, Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, c. 213v-214r.

Modone, al centro del disegno, risulta circondata da alte e spesse mura intervallate da torri merlate. Sulla sinistra, sopra un isolotto collegato alla penisola mediante un ponte di pietra, si trova il castello ottagonale (fanale) costruito nel XIII secolo, splendido esempio di architettura militare, mentre sulla destra la fortezza. Al centro, al di sopra delle mura, svetta il minareto della moschea e, di fronte alla città, una costruzione ad arco con lo scopo di proteggere le navi che attraccavano in porto. In primo piano l'isola della Sapientia.

La veduta, rispetto alle altre, ci mostra un maggiore interesse da parte dell'autore verso l'ambiente circostante, interesse probabilmente dovuto al fatto che Modone, in quel periodo, era città soggetta al dominio turco. La conoscenza del territorio era infatti fondamentale in caso di un ipotetico attacco per la riconquista di una delle due città considerate, nei secoli precedenti, gli “occhi di Venezia”.138 Il disegno risulta comunque sempre più semplicistico

rispetto a quello di Ignazio Fabroni, sebbene Erasmo Magno sottolinei nominalmente gli edifici e spazi cittadini più importanti, permettendo in questo modo, a differenza dell'altro, un'attribuzione certa delle varie strutture.

Il cavaliere pistoiese realizza questa veduta in profilo di Modone durante il periodo in cui la città era posta sotto l'assedio dell'armata veneziana ma, benché si tratti di un insediamento accerchiato dalle forze cristiane, non si mostra minimamente toccato dalle caratteristiche militari-difensive del luogo anche quando riproduce le mura bastionate o la fortezza; vuole solamente fissare il ricordo di un territorio lontano visitato, senza porre l'accento su nessuna costruzione in particolare. Come emerge da ogni confronto, Ignazio Fabroni è molto più attento alla resa dei particolari anche delle strutture di difesa senza che questo denoti un particolare interesse per la loro funzione.

138 Le due città chiamate gli “occhi di Venezia” erano Modone e Corone. Tale soprannome deve la sua

origine al fatto che le due città del Peloponneso fossero scali obbligatori per le navi veneziane sulla rotta verso il Levante, grazie alla loro posizione strategica a guardia dell'imbocco del mar Adriatico.

29. Erasmo Magno, Navarino, in Imprese delle Galere toscane, fine XVI secolo inizio XVII secolo, Firenze, Biblioteca Riccardiana, c. 52v.

30. Ignazio Fabroni, Navarino, in Ricordi di viaggi e di navigazioni sopra le galere toscane dall’anno 1664 all’anno 1687, seconda metà XVII secolo, Firenze, Biblioteca Nazionale Centrale, c. 233.

Il disegno di Erasmo Magno ci mostra a sinistra, arroccato sopra una collina, Navarino Vecchio, la vecchia fortezza circondata da mura merlate, ma non reputata più idonea allo scopo difensivo; per piazzarvi batterie di cannoni, sotto il dominio ottomano, vennero costruiti due piccoli bastioni sul mare; successivamente questi bastioni entrarono a far parte di una più vasta fortezza costruita nel 1573 sulla collina retrostante. Lunghe mura collegano la sommità delle fortificazioni con i bastioni a mare. La fortezza è in cima ad una scogliera, in posizione strategica per poter difendere il porto sottostante. Il disegno eseguito da Erasmo Magno, per la fortezza di Navarino Nuovo, risulta essere realizzato a partire dalla base rettangolare su cui successivamente si innesta l'alzato: in questo modo l'autore ci restituisce un'immagine schematica ed estremamente semplificata della struttura; dà quindi importanza solamente alla resa della cortina muraria della nuova fortezza, svuotandola dell'interno. Come al solito il paesaggio circostante è solamente accennato poiché sono reputate rilevanti le fortificazioni che permettono il controllo dell'ingresso del porto.

Anche Ignazio Fabroni non dà attenzione al territorio, a malapena abbozzato e con colori acquarellati surreali, ma a differenza di Erasmo Magno, riproduce l'interno della fortezza nuova con attenzione per i dettagli riuscendo nell'intento di farci riconoscere anche alcuni edifici come la torre del minareto.

Il parallelo tra le vedute realizzate da Ignazio Fabroni ed Erasmo Magno, nasce per confrontare due manoscritti composti nel tentativo di ricercare espedienti per trascorrere il più felicemente possibile i lunghi periodi in mare. Sono entrambi militari portati per il disegno e a cui risulta quindi semplice e agevole, e forse per questo anche più piacevole, tradurre in segni grafici le loro impressioni su un determinato territorio o città.

Questo confronto di immagini, però, ci porta anche inevitabilmente a riflettere sul tipo di rappresentazione effettuata, sui particolari su cui si soffermano gli autori, sul tipo di inquadratura, i colori utilizzati, fino alla scelta delle città.

Mentre Erasmo sembra più attento a questioni pratiche, tracciando con precisione il sistema difensivo delle città rappresentate e scrivendo puntualmente sopra ad ogni costruzione di rilievo cosa esse rappresentino, siano fortezze, rocche, porti o moschee, l'interesse di Ignazio Fabroni non sembra legato ad emergenze effettive e concrete. Il cavaliere pistoiese ha una visione più intima; sembra avere un animo più sensibile che lo

porta a compiere, per quanto possibile, disegni slegati da contesti bellici.139 Non è affatto

mosso da scopi scientifici o letterari, tanto meno artistici; la sua è urgenza di disegnare, bisogno istintivo, necessario dovere di conservazione del ricordo mediante linee, forme e colori.140 Le sue vedute di città rispondono all'esigenza personale di fissare un ricordo,

esigenza tipica del viaggiatore. Per questo motivo i suoi disegni possono essere considerati vedute da cartolina, panoramiche legate a delimitati scorci, sempre riconoscibili, paragonabili alle odierne fotografie scattate per rievocare momenti vissuti e luoghi frequentati. Erasmo Magno risulta invece essere più distaccato e sintetico nella resa dei particolari, attento esclusivamente ad esigenze pratiche legate alla riproduzione degli aspetti difensivi e di approvvigionamento. Le sue vedute sembrano realizzate per documentare una situazione di fatto, quasi come se avesse ricevuto tale incarico, con lo scopo di dare informazioni in modo preciso e puntuale sul sistema difensivo di una determinata città. Il suo tratto, rispetto a quello di Ignazio Fabroni, risulta più schematico,