• Non ci sono risultati.

Non dimenticherò mai le due immagini le quali restarono incise nella mia mente la prima volta che entrai nella casa ospitale di Bricherasio, dove erano sempre lieta­ mente accolti studiosi d'ogni paese, apostoli dell’idea della pace e del libero scambio, compagni di fede e di lotte politiche. L'una fu quando a capo tavola si assisero il padre Agostino e la mamma Giuseppina Coggiola, i quali avevano nel 1869 fon­ dato il setificio, diretto poi sino alla morte dal figlio Edoardo. Attorno ad essi i figli, numerosi, forse i 12 necessari nel vecchio Piemonte alla esenzione delle imposte. Tutti allora, secondo le età e le attitudini, addetti alla fabbrica. Edoardo era il primogenito ed era, manifestamente e giustamente, l'orgoglio della famiglia, quegli che faceva accorrere nel borgo posto a piè delle prealpi uomini che, in quei primi anni del novecento, erano lustro degli studi e della politica. Ma quella era una famiglia patriarcale, e, qualunque fossero i meriti dei figli, ubbidienza e rispetto erano in primo luogo dovuti ai genitori, versatissimo il padre nell'arte della seta, e donna di alto sentire e di fine conversazione la madre. Coll’andar degli anni, Edoardo prese, a capo tavola, il luogo dei genitori ed a lui si volsero il rispetto e l’ubbidienza prima dovuti ai genitori. Questo era l'uso delle famiglie del medio ceto piemontese d'una volta; quando i figli, ricordava mia madre, non osavano ancora, all'ora dei pasti, star seduti a tavola a fianco dei genitori e dei nonni; ed era uso che faceva le famiglie stabili, assicurava la necessaria preminenza dei migliori e la assistenza di questi verso i meno fortunati non immeritevoli.

L’altra immagine di bene fu quando nel pomeriggio in piccola comitiva si andò ad un borgo della montagna, dove Edoardo doveva tenere un discorso elet­ torale. Era, credo, la seconda volta che egli si presentava candidato al parlamento.

/

EDOARDO GIRETTI 67

(la prima fu nel 1897, ma solo nel 1913 riuscì vittorioso dalle urne, per cadere poscia, a collegio ampliato, nel 1919). Ero stato testimone di altre battaglie elettorali, in un collegio rurale piemontese, a base di discorsi sulle pubbliche piazze, di Viva l'Italia, Avanti Savoia, ordine e libertà, conservazione e progresso ecc., di contumelie personali, di promesse di strade, di appoggi, vantati o reali, governativi e prefettizi e di distribuzione di trippe e di vino ad amici e nemici. Mi parve di entrare in un altro mondo. Il collegio di Bricherasio era allora probabilmente il collegio rurale più colto d'Italia. L’emulazione fra la montagna valdese ed il piano cattolico (Edoardo Giretti apparteneva a quest’ultima sezione e la diffidenza dei valdesi fu per lui ostacolo duro da sormontare) aveva dato frutti che, a guardar bene, erano meravi­ gliosi. La lettura della bibbia tra i « religionari », il commercio epistolare c personale continuato fra i maggiorenti della tavola valdese e le chiese protestanti ginevrine, olandesi ed anglosassoni, avevano fatto le menti aperte ai problemi religiosi cultu­ rali e politici che si agitavano fuor del Piemonte e dell’Italia; ed il clero cattolico aveva dovuto porsi in grado, come accadeva, per altre ragioni, anche nel clero val­ dostano, di reggere al paragone dei pastori protestanti. Cosi fu che in quel giorno nella saletta comunale, dinanzi ad un pubblico attento di montanari, non sentii di­ scorrere di strade promesse e non eseguite, di appoggi sottoprefettizi (tutti sape­ vano che se Edoardo Giretti doveva vincere nella montagna la diffidenza valdese verso un cattolico, nella piana egli doveva combattere l’onnipotente Giolitti, elettore nel grosso borgo di Cavour, che faceva parte del collegio ed ostile al Giretti, il quale non aveva mai curato di iscriversi tra i suoi fidi); ma di propaganda per la pace, di trattato di commercio colla Francia, di dazio sul grano confrontato col macinato e simili serii problemi. Parlò, dopo Giretti, Gaetano Mosca, allora professore di di­ ritto costituzionale all’università di Torino, poi deputato ed ora senatore; ed il tono della adunanza fu quale avrebbe potuto essere quello di una riunione elettorale in un cantone svizzero, avvezzo a secoli di discussione civile e politica. Nonostante le sconfitte ripetute nel 1897, nel 1906, nel 1909, Edoardo persistette a condurre la « sua » propaganda a base di opuscoli, fogli volanti, conferenze su problemi eco­ nomici, finché nel 1913 potè andare per tutta la legislatura di guerra — guerra a cui egli aderì pienamente e sperò foriera di lunga pace — a difendere in Parla­ mento le idee delle quali da un trentennio erasi eretto a sostenitore nel paese in genere e nel suo collegio in particolare. Commemorando Arcangelo Ghisleri, nobi­ lissima figura di educatore, di studioso e di combattente politico, Edoardo Giretti ri­ conosceva a lui il « pieno diritto di applicare a se stesso il motto sublime di Guglielmo il Taciturno : * Non vi è bisogno di sperare per intraprendere né di riuscire per per­ severare ’ ». Quel motto ben poteva applicarsi al Giretti. Se in una parte soltanto dei collegi elettorali italiani un candidato, altrettanto ostinato nel non lasciarsi sco­ raggiare dell’insuccesso ed altrettanto persuaso della bontà delle proprie idee, avesse persistito nell'educare gli elettori ad elevarsi, al di là degli interessi particolari, all’idea dell’interesse generale, non sarebbero allora andati perduti in Piemonte i frutti dell’opera di educazione politica compiuta nel decennio cavourriano.

Giretti faceva opera di educatore non solo cogli scritti e colla parola, ma col­ l’esempio. Apostolo, oltrecché della pace e della libertà degli scambi, della coopera­ zione, istituì, ventiquattrenne, nel 1888, a Bricherasio un « Panificio cooperativo »

del quale rimase presidente, amministratore, compilatore dei conti e delle relazioni sino a quando, insieme con tante altre istituzioni, anche questa dopo il 1926, seguì le sorti segnate dal mutare dei tempi. Ad un certo punto il presidente, invece delle consuete relazioni annuali, che nessuno storico della coopcrazione in Italia potrà trascurare, riferisce a voce ed a stampa si leggono solo i rendiconti c la relazione dei sindaci. Ma i rendiconti non mutano: e sempre riferiscono i dati sulla farina pani­ ficata, sulle diverse qualità e quantità di pane prodotto per mese e per giorno, sul costo, in totale e per quintale, della farina panificata e del pane prodotto, con la specificazione del costo nei suoi elementi : sale, legna, salari ed assicurazioni sociali, manutenzione, fitto, assicurazione incendi, forza, luce elettrica e coke, cancelleria, posta e stampa, trasporti, imposte e tasse (distintamente per ogni imposta), spese diverse; ed i dati sono così precisi e sistematicamente raccolti da collocare la rac­ colta dei 38 bilanci compilati da Giretti tra le fonti più preziose per la conoscenza dei costi di produzione del pane in un modesto forno cooperativo rurale nel tempo dal 1888 al 1926; così come gli studi pubblicati dal Giretti su « La riforma sociale » intorno ai prezzi ed ai costi dei filati di seta nel secolo scorso sino al 1930 riman­ gono ancora la sintesi migliore delle vicende dell’industria della seta in Italia. Quella sintesi egli l'aveva ricavata dai libri della impresa che egli diresse e fece durare su­ perando, con pazienza e sforzi che a sentirli raccontare da lui sembravano indicibili, le difficoltà le quali nel nostro paese resero tormentosa la vita delle imprese di di­ mensioni medie, insidiate dal lento continuo decadere della bachicoltura, alla quale le donne delle famiglie agricole piemontesi, ognora più insofferenti del lavoro compiuto in comune ed a prò della comunità famigliare, non vogliono più attendere.

Quando il 27 dicembre del 1940 Edoardo Giretti mancò ai vivi, potè a lui sembrare che la luce della speranza ueH’aweramento dei suoi ideali di pace e di cooperazione economica e spirituale fosse, in un mondo in guerra e diviso in pic­ coli campi gli uni agli altri chiusi, venuta meno. In un mondo organizzato per la guerra economica, nel quale le iniziative individuali debbono ubbidire agli ordini venuti dal centro, sembrò a lui anche che la sorte delle modeste imprese, come la sua. viventi grazie all'economia più rigida, al lavoro direttivo ed esecutivo dei mem­ bri di una famiglia, fosse segnata nigro lapillo. Come può un'impresa, di cui le spese generali debbono necessariamente contenersi nelle poche migliaia di lire, vi­ vere in un'economia imperniata sulla necessità di condurre pratiche complesse e costose di licenze di importazione ed esportazione, concessioni di cambi e di premi, auto­ rizzazioni varie ministeriali, corporative ed assicurative? Le dimensioni dell'impresa debbono necessariamente crescere, sebbene non per fronteggiare le spese vive delle materie prime, dei combustibili, dei salari, della vendita, dell’amministrazione interna. A tenere questi costi entro i limiti dei prezzi correnti bastavano l'opera sua raffinata dall'esperienza e la collaborazione dei fratelli e delle sorelle; ma nessuna impresa famigliare, la quale non possa, per la natura stessa dell’industria esercitata, allargare grandemente il proprio giro d'affari, può reggere al costo di rappresentanze, nella capitale e nelle città sedi di uffici governativi e corporativi locali, esclusivamente occupate nella trattazione di affari tributari doganali e valutari. Ma a lui si potevano ricordare di nuovo le parole che egli aveva dettato per Arcangelo Ghisleri : « Gli uomini in generale hanno la tendenza a ragguagliare ed a considerare gli

EDOARDO GIRETTI 69

menti della storia alla loro breve vita. Non è così che la storia procede. Per essa gli anni sono secoli, e molte volte è avvenuto, e presumibilmente continuerà ad avve­ nire, che da una situazione giudicata in apparenza disperata, per l’intervento forse soltanto casuale di elementi e motivi insufficientemente prima valutati, si determini, come è il caso per i fenomeni naturali della fisica e della chimica, il definitivo trionfo di una causa a lungo ed aspramente combattuta fra le opposte forze della reazione e del progresso. Chi è colui che può dire oggi come sarà il mondo fra trenta o cinquanta anni? Di certo vi è soltanto il fatto che nessuno può contestare e mettere in dubbio : che tutte indistintamente le continue e meravigliose scoperte ed invenzioni scientifiche, tendono a diminuire ed a sopprimere sempre più le barriere e gli osta­ coli naturali fra tutti i paesi e tutti i continenti del mondo, ed a fare così di tutto questo un solo mercato per lo scambio delle merci e delle idee di una umanità riu­ nita sotto l’egida di una legge e di una tutela comune, e tutta intenta alle opere della produzione per il suo continuo ed illimitato miglioramento ».

Alle idee riassunte nel brano qui riprodotto si inspira tutto ciò che Giretti scrisse e pubblicò per mezzo secolo nel « Giornale degli economisti », nel « Journal des économistes », in « La riforma sociale », in « Vita internazionale », nella « Ri­ vista d’Italia », in « Critica politica », nei congressi per la pace e per il libero scambio, negli opuscoli e volantini di propaganda elettorale, nei discorsi parlamen­ tari, negli atti del « Cobden Club », in articoli e lettere inviate a quotidiani e prin­ cipalmente al « Sole », al « Secolo » ed alla « Gazzetta del popolo ». Non tento la compilazione di una « bibliografia essenziale », come quella che sarebbe appropriata ad un economista cattedratico ; ché l'opera scritta di Edoardo Giretti sparsa in parec­ chie centinaia di numeri e scarsamente raccolta in volumi (ricordo solo « Per la libertà del pane», Torino, Roux, 1901 di 234 pp.; « I danni e le ingiustizie della nuova tariffa doganale », Torino, Lattes, 1922, di 110 pp. ed, in collaborazione col nipote Luciano, « Il protezionismo e la crisi », Torino, Einaudi, 1935, di 170 pp.) era fatta viva dall'azione quotidiana di un uomo che nel tempo stesso attendeva alla industria serica, fondava leghe di contribuenti e per il libero scambio, fu per parecchi anni corrispondente italiano della « Carnegie Foundation for International Peace » di Washington e del « Cobden Club » di Londra e partecipò a tutte le battaglie condotte in Italia da quel piccolo gruppo di uomini che si chiamavano liberisti e non riuscirono mai a diventare un partito. Utopisti, forse. Tra essi teneva luogo sin­ golare Edoardo Giretti che sino a ben oltre i settant’anni vidi sempre sorridente, ot­ timista, fisicamente e spiritualmente giovane, rassegnato a tutto fuorché a riconoscere di aver avuto torto nel mantener fede agli ideali di pace, di cooperazione, di libertà degli scambi di idee e di cose fra gli uomini.

Gli operai, donne per lo più, che lavoravano nella sua fabbrica, lo amavano e non pochi gli restavano fedeli per parecchi decenni sino alla morte; ed i com­ paesani, riconoscenti per il bene fatto calmierando il pane con il suo forno coope­ rativo, Io rielessero, sinché poterono, costantemente consigliere comunale.

RECENSIONI

R. G. Hawtrey, A century of B jn t rute. Longmans, Green and Co., London, 1938. Un

voi. in 8°, X-328 pp. Prezzo 10 s. 6 d.

Scopo' del libro è esporre « in qual modo si formò la tradizione della politica del saggio di sconto, quali erano le sue caratteristiche nell'opinione di coloro che per primi lo usarono, fino a qual punto le loro intenzioni trovarono pratica realizzazione nelle vicende che seguirono e qual'è la sua efficacia oggi ed in avvenire ». Il libro perciò può essere diviso in due parti: l'una di carattere storico e l'altra di carattere teorico.

La prima parte, che comprende i capitoli I-V (il V è dedicato ad un confronto tra le variazioni del saggio di sconto con quelle del saggio di interesse dal 1844 al 1932), narra la storia del saggio di sconto della Banca d'Inghilterra dalle origini, vale a dire dalla modi­ ficazione delle leggi sull'usura nel 1833, fino al 1932. E poiché tutti i fatti economici possono influire sullo sconto, tanto che il problema consiste nel determinare i fatti che non agiscono sullo sconto piuttosto che quelli che agiscono, si può facilmente comprendere come questi capitoli rappresentino una vera e propria storia finanziaria dell'Inghilterra durante un secolo, che l'Hawtrey delinea con mano sicura e valendosi in modo particolare di un ampio materiale statistico, raccolto in appendice, riguardante i movimenti dell'oro, le variazioni dell'attività economica e quelle del saggio di interesse a lunga scadenza.

I.'a. attraverso l'esame delle inchieste parlamentari, che ebbero luogo tra il 1832 ed il 1838, ritiene che secondo i direttori della Banca d'Inghilterra la manovra del saggio di sconto permette di modificare il livello dell'attività economica influendo contemporaneamente sull'altezza dei cambi e sull’ammontare della riserva della banca. A questo riguardo si pone in evidenza una particolarità del saggio di sconto. La banca nel modificare il saggio di sconto porge attenzione all'ammontare della riserva; ora un alto saggio di sconto, attirando capitali stranieri, può far crescere la riserva e diminuire in conseguenza il saggio di sconto, prima che la tendenza inflazionistica sia stata neutralizzata. In questo caso è necessario che il saggio di sconto sia nuovamente aumentato perché l'ammontare della riserva è diminuito.

Nella seconda parte, teorica, l'a. propugna la sua nota tesi che la manovra del saggio di sconto fornisce lo strumento più efficace per regolare l'attività economica, mentre invece secondo il Keynes preponderante sarebbe invece l'influenza esercitata dal saggio di interesse. L'Hawtrey ritiene che il saggio d'interesse a lunga scadenza non abbia importanza, o meglio che le sue variazioni siano riflesse in quelle del saggio dello sconto. Infatti è vero che anche un lieve aumento del saggio di interesse, se si presume che sia di breve durata, può indurre

RECENSIONI 71 a differire il finanziamento di un'impresa, il che non sarebbe avvenuto se si fosse ritenuto che l'aumento sarebbe stato permanente. Ma appunto quando l'aumento del saggio d'interesse è considerato temporaneo, si verifica un aumento del saggio di sconto, il che impedisce che si finanzino imprese con anticipazioni a breve scadenza, mentre si attende la diminuzione del saggio di interesse. Molta importanza è pure attribuita al fattore psicologico, al fatto cioè che commercianti e banchieri al più piccolo aumento del saggio di sconto si attendono un ulteriore aumento di esso se tardano ad uniformarsi alle direttive fissate dalla banca. Epperciò in Inghilterra dal 1874 al 1913 il saggio di sconto venne elevato solo otto volte al di sopra del 6 Ve. Particolarmente interessante è la disamina dei rapporti che intercedono tra saggio di interesse e livello dei prezzi e quella degli effetti del saggio di sconto sul capitale fisso e sul capitale circolante.

Nell'ultimo capitolo intitolato « Passato ed avvenire » l'a. difende la politica del saggio di sconto da alcune critiche che da varie parti sono state mosse circa la sua efficacia. Così, ad esempio, anche se si sviluppasse la tendenza invalsa presso alcuni uomini di affari di tenere depositi inoperosi per finanziare gli investimenti di capitale circolante senza dover ricorrere alle banche, il saggio di sconto conserverebbe la sua efficacia perché il saggio di sconto ed il saggio di interesse corrisposto sui depositi variano nello stesso senso.

Concludendo l'Hawtrey esprime la sua salda convinzione che i vari metodi di con­ trollo o di razionamento del credito sorti in questi ultimi anni non possono sostituire la manovra del saggio di sconto. Infatti anche in un regime collettivista che si serva di moneta, essendo possibile il risparmio, se non si stabilisse un saggio d'interesse si formerebbero gia­ cenze monetarie le quali rappresentano una domanda di beni difficile a soddisfare.

M. T.

Luigi Firpo, Bibliografia degli scritti di Tommaso Campanella. Pubblicazione promossa dalla

Reale Accademia delle scienze di Torino nel III centenario della morte di T. Cam­ panella. Torino, 1940. Un voi. in 8° di VIII-235 pp. Prezzo L. 50.

Questa è invero la migliore delle commemorazioni che potesse essere compiuta nella ricorrenza del terzo centenario della morte del grande filosofo calabrese. Sebbene si tratti di pubblicazione posta fuori del campo proprio della rivista, la additiamo a modello di quel che siffatte fatiche meritorie dovrebbero sempre essere e di quel che talvolta riescono a diventare, quando siano condotte da chi conosce a fondo ed ama lo scrittore studiato ed adopera pazienza indicibile e finezza di intuito, nell’andare alla cerca di fonti sparse, nel vagliarne le attendi­ bilità, nel ricostruire su accenni non sempre precisi e spesso contrastanti il quadro dell'opera letteraria che si vuole illustrare. L’opera del Firpo potrà essere in avvenire integrata da nuovi ritrovamenti di manoscritto o di esemplari ignoti di opere stampate del Campanella; ma per lunghi anni rimarrà per gli studiosi strumento indispensabile di lavoro.

L'a. — dopo una introduzione nella quale dà conto della ragione del suo lavoro e ringrazia il prof. Gioele Solari, il quale avviò lui, come tanti altri, alla ricerca filosofica condotta con rigore di metodo (pp. 3-19), una bibliografia «m inim a» ossia ridotta all'essen­ ziale (pp. 20-21) ed una cronologia della vita e delle opere del C. utile ad orientare il lettore intorno alla datazione dei singoli scritti (pp. 22-30), — descrive le opere campanelliane di­ stintamente in sei gruppi: opere pubblicate vivente l’autore (24 numeri, pp. 31-126); opere postume (25 numeri, pp. 127-165); opere manoscritte (3 numeri, pp. 166-169); opere perdute (48 numeri, pp. 170-197); lettere superstiti (124 numeri, pp. 198-236); e lettere perdute (68 numeri, pp. 237-248). Per ogni numero, il F. fornisce una sommaria esposizione della

genesi dell'opera, della sua redazione c della sua fortuna, un elenco dei manoscritti ed un elenco delle edizioni. Due indici, alfabetico degli scritti elencati nel volume e topografico dei manoscritti superstiti, chiudono il volume.

Il Campanella, il quale scrisse moltissimo e sui più vari argomenti, dedicò ai pro­ blemi economici e sociali, astrazion fatta dal trattato intitolato Oeconomica il quale riguarda il governo della famiglia, due opere: delle quali una è la notissima Città del sole, e l'altra è lo scritto d'occasione variamente intitolato Consultalio ,id tollendam ¡ameni (nell'indice, ma non nel testo) o Consullationes prò tribuni regni augendis od ancora De exigendis tributis (nell'indice) e descritto nel testo come Arbitrii tre sopra l'aumento delle entrate nel regno di

Napoli. Della « C ittì del sole» si possiede ora la buona edizione del Paladino (Napoli, 1920);

ma se ne attende una migliore del Bobbio. Degli « Arbitrii » si ha una buona edizione nel volume II dell'opera dell'Amabile su « T. Campanella ne' castelli di Napoli, in Roma e in Parigi ». Ambi gli scritti attendono l'economista, il quale sappia illustrarli in rapporto

Documenti correlati