TERAPIA RIPERFUSIVA DELL’IMA
4. DANNO DA ISCHEMIA-RIPERFUSIONE
4.2 EFFETTI BIOCHIMICI DELLA RIPERFUSIONE
Alcune funzioni del miocardio ischemico ritornano alle condizioni di base da pochi secondi ad alcuni minuti dopo la riperfusione precoce, altre, come la deplezione del pool dell’ATP e lo stunning (stordimento) miocardico necessitano da ore a giorni per risolversi.
Il miocardio ischemico sottratto all’evoluzione necrotica va incontro a dei cambiamenti subcellulari adattativi che lo proteggono nei confronti di eventuali successivi episodi di ischemia : queste modificazioni sfruttano l’attivazione di molecole già presenti (early phase) e successivamente la sintesi proteica di molecole prima assenti (delayed phase) che conferiscono un effetto protettivo stabile nel tempo[54]. Questa sorta di memoria ischemica che eleva la soglia di resistenza dei cardiomiociti sopravvissuti alle eventuali situazioni future di ischemia prende il nome di pre-condizionamento ischemico[55][56]. Le vie principali di trasduzione del segnale coinvolte nel conferimento di tale maggiore resistenza risultano quella della fosfochinasi C (PKC) per la fase precoce (prime 12-24 ore) e quella dell’ossido nitrico sintetasi (NOs), della COX II e di HIF-1α (Hypoxia Inducible Factor 1α) neosintetizzati in fase tardiva (dopo 12-24 ore). La PKC in pratica, mediante fosforilazione, determina il blocco dei canali al Ca, mediatori di morte cellulare,
(ROS) intracellulari, l’aumento della sintesi di adenosina, citoprotettiva, e la de- repressione del fattore di trascrizione NF-KB (Nuclear Factor Kappa light chain enhancer of activated B cells) che porta alla neosintesi in fase tardiva di NOs, COX II e HIF- 1α[57][58][59][60]. Il pre-condizionamento ischemico fu scoperto da Murry nel 1986 il quale procedendo a pregressi clampaggi intermittenti di arterie coronarie nei cani, quando determinava l’occlusione stabile del vaso coronarico con evoluzione infartuale registrava un’area di necrosi miocardica ridotta del 75% rispetto ai controlli non pre- condizionati[61].
Dopo un periodo di ischemia, nonostante i meccanismi adattativi sopradescritti, la riperfusione è tuttavia responsabile di plurimi eventi subcellulari, tra i quali alcuni dotati di effetti apparentemente positivi (il ripristino del pH a valori fisiologici, il ripristino della disponibilità di substrati energetici), altri indiscutibilmente negativi, come l’aumento della concentrazione citosolica di ioni Ca e l’aumentata generazione di ROS, che partecipano alla formazione del danno da ischemia–riperfusione, per il quale cardiomiociti che altrimenti sarebbero sopravvissuti vanno incontro a morte per l’innesco di questi nuovi processi di danno.
4.3 DANNO DA ISCHEMIA-RIPERFUSIONE
La base fisiopatologica del danno che si determina durante la fase di ischemia e del danno che si determina durante la fase di riperfusione è comune e si identifica nella modificazione acuta della disponibilità del flusso ematico coronarico, rispettivamente in negativo e in positivo. Recenti studi [62][63][64][65][66] hanno evidenziato il vantaggio che potrebbe essere ottenuto procedendo ad una riperfusione alternata a fasi di ischemia così da prevenire il brusco ripristino delle condizioni precedenti l’occlusione coronarica, modulando ad esempio le modificazioni del pH e della membrana mitocondriale che conseguono alla riperfusione (si parla di post-condizionamento ischemico). Più precisamente, la tecnica consisterebbe nel procedere a cicli di riperfusione-riocclusione mediante sgonfiaggio-gonfiaggio del pallone da angioplastica prima di procedere alla definitiva riperfusione permanente : questa strategia riperfusiva sarebbe in grado di ridurre sensibilmente le dimensioni finali dell’area infartuata proprio mediante la prevenzione del danno da ischemia-riperfusione, che risulta un fattore che apporta un cospicuo contributo alle dimensioni finali dell’infarto. Un ruolo chiave nel meccanismo
del post-condizionamento sembrerebbe avere l’attivazione del pathway associato alla proteina chinasi G cGMP-dipendente[67].
Numerosi fattori sono coinvolti nel danno da ischemia-riperfusione :
• calcio : il calcio è uno dei principali mediatori del danno da ischemia-riperfusione. Il Ca, il K e il Na si accumulano all’interno dei cardiomiociti ischemici per il blocco dell’attività delle pompe ioniche di membrana ATP-dipendenti. Alla riperfusione questo determina, da un lato un eccesso di Ca in presenza di una tensione parziale di ossigeno normalizzata e dall’altro un gradiente osmotico che promuove la formazione di edema intracellulare e interstiziale miocardico.
La situazione cellulare caratterizzata da ricchezza di ossigeno in un ambiente con abbondanza di calcio può determinare ipercontrattilità dei cardiomiociti e portarli a morte. I miociti irreversibilmente danneggiati dopo la riperfusione danno luogo ad un pattern specifico di necrosi che è definita a bande di contrazione : le bande trasversali eosinofile rilevate all’esame istologico (figura 4.1) sono costituite da pacchetti di sarcomeri ipercontratti come conseguenza dell’esposizione ad elevatissime concentrazioni di ioni Ca di derivazione plasmatica, che penetrano all’interno della cellula, e la granularità basofila associata è proprio dovuta alla mineralizzazione dei depositi intracellulari di calcio.
Figura 4.1
normalizzazione delle concentrazioni ioniche ma questi fenomeni impiegano del tempo per realizzarsi cosicché nella fase iniziale può determinarsi l’ipercontrattilità che, in caso di fragilità citoscheletrica e sarcolemmale, tipica dei cardiomiociti ischemici, può portare a rottura e morte degli stessi ; lo stress meccanico sul cardiomiocita è inoltre aggravato dall’edema intracellulare, che risulta quindi un ulteriore fattore favorente la rottura.
Il ruolo del calcio non si esaurisce con l’ipercontrattilità : l’apertura dei pori regolanti la permeabilità mitocondriale (PTP) e l’attivazione dell’apoptosi sono processi Ca-dipendenti.
I PTP sono canali non selettivi situati sulla membrana mitocondriale interna la cui apertura determina il disaccoppiamento della fosforilazione ossidativa per la caduta del potenziale di membrana con finale deplezione di ATP ; altri stimoli che promuovono la riapertura dei PTP, che rimangono chiusi durante la fase di ischemia, sono il ripristino del valore del pH cellulare fisiologico e lo stress ossidativo[68][69]. La transitoria apertura dei PTP a seguito di una ischemia di breve durata sarebbe uno tra i meccanismi responsabili del pre- condizionamento ischemico[70].
L’apoptosi è la morte cellulare programmata nella quale la cellula prende un ruolo attivo in risposta all’ischemia : il Ca è un cofattore necessario per l’attivazione della via delle kaspasi, la permeabilizzazione mitocondriale permette il rilascio del citocromo C il quale è responsabile di un altro pattern parallelo di attivazione kaspasica, infine il ripristino dell’apporto di ossigeno e glucosio fornisce l’energia necessaria per sostenere biochimicamente l’attivazione di queste vie ;
• pH : durante la riperfusione si ha un rapido wash out dei cataboliti accumulati e tra questi il principale è l’acido lattico. Inoltre le pompe ioniche, con la rinnovata disponibilità di ATP, riprendono a funzionare e gli scambiatori Na+/H+ e Na+/HCO3- provvedono con la loro attività al tamponamento dell’eccesso relativo di acidi. Tutto ciò riporta il pH da valori sensibilmente inferiori a 7.36 (acidosi) a valori fisiologici in tempi molto brevi e questo determina l’apertura dei PTP mitocondriali;
• radicali liberi dell’ossigeno (ROS) : i ROS sono specie reattive dell’ossigeno in quanto chimicamente caratterizzate da un solo elettrone rimasto spaiato
sull’orbitale più esterno. Si tratta di specie chimiche reattive e costantemente in cerca di una configurazione elettronica più stabile, che possono ottenere mediante il legame con un altro radicale o la sottrazione di un elettrone da una qualsiasi molecola vicina. Per la loro stessa natura, i ROS hanno quindi una emivita brevissima, ma nonostante ciò sono responsabili di molteplici danni a livello subcellulare che potenzialmente possono interessare tutte le 3 principali classi di macromolecole organiche come mostrato in figura 4.2 : sulle membrane i ROS inducono la perossidazione lipidica, sulle proteine l’ossidazione delle catene laterali, la frammentazione della sequenza amminoacidica e la formazione di legami crociati proteina-proteina, sul DNA la dimerizzazione tra timine adiacenti sullo stesso filamento e la finale rottura di quest’ultimo.
Figura 4.2
La produzione di una quota modesta di ROS è fisiologica durante il metablosimo aerobico perché la cellula gestisce numerose molecole di ossigeno : esistono allora dei sistemi, enzimatici e non enzimatici, definiti antiossidanti che provvedono normalmente alla inattivazione dei ROS, tra questi il glutatione, le vitamine liposolubili A ed E,la vitamina C (acido ascorbico) e gli enzimi catalasi, superossido-dismutasi e glutatione- perossidasi (che rigenera il glutatione ossidato). Il complesso equilibrio del sistema è illustrato dalla figura 4.3
Figura 4.3
Durante la riperfusione si ha un aumento trasversale della produzione dei ROS, da parte delle cellule endoteliali, dei cardiomiociti e dei leucociti dell’infiltrato infiammatorio, e questo riflette l’incapacità di gestire la brusca riossigenazione tissutale con sbilanciamento relativo della quota di ossigeno e quindi di ROS generati rispetto ai sistemi antiossidanti. Un ulteriore meccanismo che si rende responsabile dell’aumento della quota dei ROS è l’attivazione durante la fase di ischemia della NADPH ossidasi[71][72], che rappresenta la maggior fonte di produzione dello ione superossido. A ciò si deve aggiungere che lo stress ossidativo causa anche la riduzione dell’attività della NOs cosicché viene meno l’effetto cardioprotettivo dell’ NO [73], il quale promuove l’inibizione dell’accumulo dei neutrofili, l’inattivazione dei radicali superossido e ha azione vasodilatante. Bisogna considerare che tutti questi meccanismi lesivi insistono su cardiomiociti già debilitati e più o meno reversibilmente danneggiati dalla precedente ischemia. I ROS infine hanno un’azione anche a livello genico : tramite il pathway di segnalazione mediato da JAK2/STAT3 [74] lo stress ossidativo incrementa i livelli intracellulari del citocromo C, della kaspasi3 e di Bax (pro-apoptotico) e diminuisce quelli di bcl2 (anti-apoptotico);
• velocità di transizione metabolismo anaerobio-aerobio : l’accumulo di lattato che si ha durante la fase ischemica può persistere anche dopo la riperfusione ritardando il normale ritorno al metabolismo aerobio. Inoltre l’enzima piruvato deidrogenasi, che media l’incorporazione delle unità carboniose dal piruvato nei prodotti intermedi del pathway glicolitico ossidativo, rimane inibito dopo la riperfusione per un tempo superiore ai 30 minuti. La ripresa dell’attività della piruvato deidrogenasi correla con il recupero post-ischemico della contrattilità miocardica in maniera indipendente dal secondario aumento dell’ ossidazione del glucosio. Il meccanismo fondamentale è il ripristino del flusso degli atomi di carbonio attraverso l’enzima, quindi la depurazione citosolica dei prodotti accumulati durante la fase anaerobica ischemica [75]. Al momento della ripresa, il livello dell’attività della piruvato deidrogenasi sembra essere correlato alla concentrazione intracellulare di ioni Ca (cioè alla severità del danno ischemico) [76];
• infiammazione : durante la fase ischemica avviene il rilascio di citochine che hanno azione chemiotattica sui neutrofili, che si accumulano soprattutto nelle prime 6 ore dalla riperfusione, rappresentando l’infiltrato infiammatorio acuto dell’infarto, i quali rilasciano enzimi idrolitici e producono ROS[77]. Inoltre alcuni anticorpi di classe M tendono ad accumularsi nei tessuti ischemici e quando viene ripristinato il flusso si determina attivazione complementare. Un ruolo importante nel mantenimento dello stato infiammatorio del miocardio ischemico sembrano avere i fibroblasti attivati[78]. I mediatori pro- infiammatori hanno inoltre anche effetti sull’endotelio, mediando la diapedesi leucocitaria e partecipando alla disfunzione endoteliale;
• disfunzione endoteliale : la produzione di ROS, l’infiltrato infiammatorio, la disostruzione meccanica del vaso e l’edema intramiocardico sono responsabili di una disfunzione endoteliale che esita nell’alterazione della vasodilatazione endotelio-mediata[79], con relativa prevalenza del tono vasocostrittore, e nell’espressione di un fenotipo pro trombotico, promuovente l’attivazione neutrofila e piastrinica.
Tutti questi fattori sono coinvolti nel cosiddetto danno letale da riperfusione, tipologia specifica di danno che si determina soltanto dopo la disostruzione coronarica e conduce a
morte una certa quota di cardiomiociti dell’area a rischio precedentemente esposti ad un danno subletale. Secondo le evidenze attuali, il danno letale da riperfusione è un determinante maggiore delle dimensioni finali dell’infarto, essendo responsabile di circa il 50% dell’estensione finale dell’area infartuata, e quindi della disfunzione ventricolare sinistra e della prognosi a lungo termine[80]. Se quindi l’angioplastica primaria nel paziente con IMA STEMI è da un lato un presidio terapeutico salvavita in acuto, dall’altro è responsabile del meccanismo che più può incidere negativamente sulla prognosi a distanza.
Dalla centralità assunta dal danno da ischemia-riperfusione derivano gli sforzi e le ricerche atti alla sua limitazione.
Esistono dei meccanismi all’interno delle cellule che si oppongono al danno da ischemia- riperfusione :
• mTOR (mammalian target of rapamycin) : l’iperespressione di mTOR [81] è cardioprotettiva e sopprime la risposta infiammatoria ;
• adenosina : lo stimolo alla produzione di adenosina è rappresentato in tutti i tessuti dallo stress metabolico. L’adenosina si lega ai recettori cardiomiocitari A1, A3 e forse anche A2 ed esercita un effetto anti-ischemico mediante l’attivazione del pathway della fosfochinasi C (PKC), che culmina con l’apertura dei canali mitocondriali per il K, e mediante l’induzione della NOs[82]. Il signalling che dipende dall’adenosina è anche coinvolto nei meccanismi cardioprotettivi che realizzano il pre-condizionamento ischemico.