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CARDIOPATIA ISCHEMICA: IL DOLORE TORACICO

2.2 INFARTO MIOCARDICO ACUTO

La diagnosi di infarto miocardico acuto richiede l’evidenza della necrosi delle cellule miocardiche a seguito di ischemia prolungata. Tale evidenza può essere ottenuta con varie

metodiche: elettrocardiografica (nuove onde Q all’ECG); bioumorale (incremento tipico e significativo dei markers e degli enzimi cardiaci); ecocardiografica (nuove asinergie di contrazione); scintigrafica (nuovi deficit irreversibili di perfusione).

Per la diagnosi clinica devono essere presi in considerazione diversi parametri:

• clinici : dolore toracico di durata prolungata (solitamente superiore ai 30 minuti), eventualmente associato a segni e sintomi di insufficienza ventricolare sinistra (dispnea, rantoli polmonari). Possono essere presenti anche segni e sintomi di chiaro scompenso cardiaco (classi di Killipp) se non può più essere garantita un’adeguata funzione di pompa.

Il dolore probabilmente deriva dalla stimolazione delle terminazioni nervose presenti nel miocardio ischemico ma non necrotico. La persistenza prolungata del dolore è quindi indicativa o di un processo necrotico molto lento (per esempio per la coesistenza di circoli collaterali) o di una area ischemica a rischio molto estesa ai margini della necrosi. Frequentemente il dolore si associa a sudorazione algida, astenia, nausea, vomito, agitazione, pallore, vertigini, palpitazioni, ansia, senso di morte imminente ;

• elettrocardiografici: sopraslivellamento del tratto ST nello STEMI; sottoslivellamento del tratto ST, inversione delle onde T o assenza di alterazioni ECG nell’NSTEMI. Nell’NSTEMI dall’1 al 6 % dei casi l’ECG può essere del tutto normale.

L’alterazione elettrocardiografica considerata più specifica di ischemia miocardica in atto è il sopraslivellamento del tratto ST, comunque bisogna ricordare che anche le pericarditi acute presentano un sopraslivellamento del tratto ST, anche se di entità minore, persistente per alcuni giorni e presente in quasi tutte le derivazioni ; da quanto detto consegue che solo in un quadro clinico compatibile l’ECG non sopraslivellato ma anche sopraslivellato può essere indicativo di ischemia miocardica;

biochimici: la presenza in circolo di sostanze di natura proteica normalmente contenute all’interno delle cellule miocardiche indica che i cardiomiociti sono andati incontro a necrosi e rottura, però il passaggio nel sangue di questi marcatori di citonecrosi richiede alcune ore di tempo e inoltre è necessariamente dipendente dal ripristino del flusso nel territorio necrotico (infatti se la coronaria viene ricanalizzata la comparsa dei markers nel sangue

è più precoce). I marcatori di necrosi oggi correntemente utilizzati sono: la mioglobina, l’isoforma cardiaca della creatinchinasi (CK-Mb) e la troponina (Tn).

Alla troponina è attribuita particolare importanza diagnostica perchè la sua specificità nei confronti del miocardio è del 100%. Tuttavia, la specificità del marcatore nei confronti dell’IMA è molto inferiore, poichè esistono numerose situazioni nelle quali la troponina si altera conseguentemente a situazioni di necrosi miocardica non ischemica, come nella miopericardite acuta, nell’embolia polmonare, nella miocardite, nelle situazioni di shock, dopo cardioversione elettrica. Un altro problema della Tn è la sua elevatissima sensibilità : è stato definito il cut-off diagnostico dell’aumento al di sopra del 99º percentile dell’intervallo di riferimento perché i suoi incrementi si verificano anche per frequenti danni minimi del miocardio, non clinicamente rilevanti

Il picco della Tn è piuttosto tardivo, attorno alla trentesima ora, e dato che la realizzazione nel tempo della curva enzimatica è molto più significativo dei singoli dosaggi essa sarebbe in effetti un ottimo marker di conferma diagnostica tardiva di necrosi miocardica. Da quanto detto deriva che il monitoraggio dei markers di citonecrosi mediante prelievi ematici seriati allorquando l’ECG non è dirimente assume la massima significatività diagnostica (NSTEMI), comunque ad oggi il dosaggio in fase precoce della Tn è senza dubbio considerato un caposaldo per la diagnosi di infarto acuto sia STEMI che NSTEMI.

F

Figura 2.4

In figura 2.4 è rappresentato l’andamento dei markers di citonecrosi nel tempo.

Il dosaggio dei markers di citonecrosi ha assunto oggi anche un valore prognostico (soprattutto per quanto riguarda la troponina), direttamente

CK-MB Mioglobina Troponina Tempo di comparsa dall’insorgenza dei sintomi(h) 4-8 6 30 Picco(h) 16-30 24 6-8 Normalizzazione(h) 96 72 240

correlato sia al picco ematico raggiunto, sia, soprattutto, alla reale entità di liberazione ematica del biomarcatore.

La diagnosi clinica di IMA si avvale secondariamente anche di parametri:

• ecocardiografici : evidenzia di una asinergia di contrazione di nuova comparsa. Le anomalie regionali della cinesi parietale devono essere di nuova insorgenza perché viceversa possono rappresentare l’esito di un pregresso infarto;

• coronarografici : l’indagine emodinamica è invasiva e non esente da rischi perciò la selezione dei pazienti deve essere accurata. Lo scopo della coronarografia nell'IMA è non solo diagnostico, ma soprattutto terapeutico, in quanto indirizzato al trattamento delle lesioni coronariche. L’indagine coronarografica permette di visualizzare l'anatomia dell’albero coronarico. E' da sottolineare che l'assenza di malattia coronarica documentabile alla coronarografia è comunque compatibile con la diagnosi di IMA (ad esempio nella sindrome di Tako-Tsubo) e, al lato opposto, una coronaropatia anche severa ed estesa è spesso presente in assenza di IMA. Le eventuali stenosi riscontrate non sono necessariamente la causa dell’infarto e anzi devono essere valutate in relazione al quadro clinico e agli altri esami strumentali.

Le ultime linee guida della Società Europea di Cardiologia/American Heart Association e American College of Cardiology hanno recentemente elaborato una serie di criteri per la diagnosi di infarto miocardico acuto[35] Sono stati riproposti i criteri per la diagnosi di IMA sottolineando l’importanza sul ruolo chiave della troponina quale biomarcatore sensibile in grado di svelare lo sviluppo di necrosi miocardica, in un contesto clinico compatibile. Secondo la attuale definizione universale di IMA, la diagnosi può essere posta in presenza di un incremento e/o decremento dei marcatori cardiaci (preferibilmente la Tn) con almeno un valore al di sopra del 99º percentile dell’intervallo di riferimento insieme all’evidenza di ischemia miocardica con almeno uno dei seguenti :

• sintomi di ischemia miocardica;

• modificazioni ECG di nuova comparsa indicative di ischemia (alterazioni del tratto ST-T o BBsx di nuova insorgenza);

• evidenza all’imaging di nuova perdita di miocardio vitale o nuove anomalie della motilità regionale;

• identificazione mediante esame angiografico o autoptico di un trombo intracoronarico.

Uno tra i seguenti criteri è invece sufficiente per la diagnosi di infarto miocardico pregresso :

• presenza di onde Q patologiche all’ECG con o senza sintomi, in assenza di cause non ischemiche;

• evidenza all’imaging di una perdita di vitalità e di contrattilità regionale miocardica, in assenza di cause non ischemiche;

• reperti anatomopatologici di pregresso infarto miocardico.

La classificazione universale dell’infarto miocardico ad oggi identifica 6 tipi di infarto : • tipo 1: infarto miocardico spontaneo associato alla rottura, ulcerazione,

fissurazione, erosione o dissezione di placca che esita in una trombosi intraluminale che riduce il flusso di sange in una o più arterie coronarie o provoca una embolizzazione distale ;

• tipo 2: secondario ad una condizione che determina uno squilibrio tra offerta e domanda miocardica di ossigeno, come la disfunzione endoteliale coronarica, il vasospasmo coronarico, l’embolia coronarica, le tachi- o le bradiaritmie, l’anemia, l’insufficienza respiratoria, l’ipotensione e l’ipertensione, con o senza ipertrofia ventricolare sinistra;

• tipo 3: morte cardiaca improvvisa, inaspettata, spesso con sintomi suggestivi di ischemia miocardica, e accompagnata da presumibile sopraslivellamento del tratto ST o BBsx di nuova insorgenza e/o evidenza di trombo recente all’angiografia coronarica e/o all’autopsia ma in cui la morte si manifesti precedentemente al prelievo dei campioni ematici o prima che i marcatori cardiaci compaiano nel sangue;

• tipo 4a: per gli interventi coronarici percutanei, in pazienti con valori di base di troponina nella norma, l’aumento dei marcatori cardiaci al di sopra del 99º percentile dell’intervallo di riferimento è indicativo di necrosi miocardica periprocedurale;

• tipo 4b: trombosi intra-Stent evidenziata angiograficamente o all’autopsia, unitamente all’aumento dei marcatori cardiaci al di sopra del 99° percentile dell’intervallo di riferimento;

• tipo 5: per gli interventi di by-pass coronarico(CABG),in pazienti con valori di base di troponina nella norma, l’aumento dei marcatori cardiaci al di sopra del 99º percentile dell’intervallo di riferimento è indicativo di necrosi miocardica periprocedurale.

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